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... hoo hoo
L’ avvio del romanzo mi è apparso assai promettente. Il meccanismo centrale della costruzione del romanzo sta nella narrazione delle storie dei due protagonisti, Amaome e Tengo, condotta tramite capitoli dedicati all’una e all’altro, rigorosamente alternati. Inizialmente le rispettive vicende si sviluppano su piani paralleli e apparentemente del tutto estranei: ma ovviamente nel lettore si crea l’aspettativa di un progressivo intrecciarsi delle due storie. Lo stesso titolo del romanzo appare promettente: l’associazione al 1984 di Orwell è inevitabile, anche se, appunto, il riferimento deve essere a un anno diverso, ma non si sa quale: la Q sta per question mark, punto interrogativo, ed il gioco è più sottile nella lingua originale, dove la pronuncia della lettera Q è pressoché identica a quella del numero 9. Insomma, il lettore viene messo di fronte a un puzzle e, quindi, all’attesa che esso genera.
Purtroppo, però, ben presto la lettura si è fatta sempre più faticosa – e sempre più irritata - nell’attesa sfibrante quanto a lungo vana della svolta rivelatrice. Man mano che si va avanti aumenta la sensazione che i pezzi del puzzle siano state disegnati e tagliati in modo assai approssimativo, rendendone difficile l’incastro e destando il sospetto che alcuni pezzi siano mancanti. Per di più, il disegno che alla fine si ricava dalla composizione del puzzle sembra mancare di qualsiasi senso compiuto: un disegno astratto dal significato oscuro, oppure uno scarabocchio effettivamente privo di senso? La questione si riflette puntualmente nel titolo, nel senso che il richiamo al 1984 di Orwell appare estremamente labile, anche se un personaggio paragonerà al mondo immaginato da Orwell lo stile di vita di una setta, ed un altro giustificherà l’invenzione dei Little People assimilandola a quella del Grande Fratello (ma pescando dichiaratamente anche in Biancaneve e i sette nani) , ed un altro ancora definirà 1984 come un “immenso bacino da cui attingere citazioni”; davvero troppo poco per stabilire un qualsiasi parallelo.
Direi che al romanzo di Murakami sia mancato l’intervento di un editor capace di trasformarlo, così come uno dei suoi protagonisti, Tengo, riesce a trasformare la storia d’esordio da una giovanissima ragazza, La crisalide d’aria, in uno straordinario successo editoriale. Questo successo ha un ruolo fondamentale nello sviluppo di 1Q84, ma le ragioni per cui essa si riveli “una narrazione davvero unica”, nei contenuti e nella scrittura, rimane uno dei tanti misteri senza risposta salvo, per l’appunto, che per le affermazioni estasiate dei suoi estimatori.
Un editor analogo al Prof. Tengo avrebbe potuto far molto per tagliare tante digressioni sui più disparati temi che interferiscono di continuo con lo sviluppo delle storie, così come anche le prolisse ripetizioni di scene, eventi o antefatti visti o raccontati da diversi personaggi in termini piattamente uniformi; ed avrebbe potuto far molto per sanare tante incongruenze che mettono reiteratamente a dura prova la più volenterosa sospensione dell’incredulità da parte di un lettore appena attento; avrebbe potuto risolvere, o almeno evitare, molte connessioni e questioni enunciate e lasciate a metà; un editor avrebbe senz’altro potuto risparmiarci metafore e immagini assolutamente esorbitanti, non di rado inclini ad una truculenza dagli effetti grotteschi.
La realtà è che, probabilmente, diventa impossibile, quando un autore è divenuto un mostro sacro dal successo garantito da milioni di fedeli seguaci, sottoporne il lavoro ad una seria revisione editoriale. Ed acquista così un sapore di ironica premonizione il giudizio che nel romanzo viene attribuito alla penna di un anonimo recensore, con riguardo a La crisalide d’aria: “… riguardo a cosa siano la crisalide d’aria e i Little People, galleggiamo fino all’ultimo in una piscina piena di misteriosi punti interrogativi. Forse era proprio questo l’intento della scrittrice, ma certamente non saranno pochi i lettori a recepire questa mancanza di chiarezza come una forma di ‘pigrizia’ da parte dell’autrice.”
In conclusione, la lettura di 1Q84, non è riuscita a suscitarmi coinvolgimenti, empatie, sensazioni in misura benché minima avvincenti: né a livello di testa, né a livello di cuore, né a livello di pancia, quantunque il romanzo ambisca palesemente a interessare tutti e tre questi livelli.
(Una versione più estesa e particolareggiata di questo commento, per chi vi sia interessato, è reperibile sul mio blog personale: https://carturco.wordpress.com/2012/06/10/1q84-che-dirne-hoo-hoo/)
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