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Vent'anni dopo
Amelie Nothomb pubblica libri dal 1992, per la precisione uno all'anno. Siamo nel 2012 e questo è il suo ventesimo romanzo. E si vede. Anzi no, non si vede per niente. Sembra quasi che sia stato scritto da un'altra persona e che al tempo stesso l'autrice abbia perso un po'del suo smalto.
In "Uccidere il padre" non c'è quella splendida ironia, quel pungente e comico sarcasmo che mi hanno fatto innamorare di questa donna geniale.
La storia c'è, ma non è ben sviluppata e i personaggi, non tutti ben caratterizzati, non conquistano.
Inoltre tutte le premesse per una svolta migliore si dissolvono come fumo.
Sono appena novantuno pagine, eppure il forte senso di nulla e di vuoto contribuisce enormemente a renderlo tedioso.
Fortunatamente si riconosce la Nothomb nel finale che mi ha piacevolmente colpito e sorpreso, assicurandomi che il libro non è opera di un ghostwriter (e motivo per cui gli ho dato due stelle anzichè una).
Comunque "Uccidere il padre" è da considerare un romanzo di formazione (riuscito in parte) di un protagonista che dalla fanciullezza e una parziale ingenuità diventa un adulto freddo, spietato e calcolatore. Questo forse potrebbe spiegare questo improvviso cambio di stile.
So perfettamente che a tutti capitano degli scivoloni nella vita personale e professionale, e che ho iniziato da poco a leggere quest'autrice e, anche se non nutrivo grandi aspettative per questo libro, mi sono fidata ugualmente della mia amata Amelie.
Ma non mi sarei mai aspettata una delusione così grande. Non posso farci niente, non sono riuscita a "sentire" la Nothomb dei libri degli anni '90.
Concludo dicendo così ai neofiti nothombiani: concentratevi sui primi libri che ha scritto e lasciate questo per ultimo.
Vedrete che gran differenza!
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Commenti
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Sottoscrivo ogni virgola di ciò che hai ottimamente espresso, Cecilia !!!