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Japanese whispers
Kurosawa, Nagatomo, Kawasaki, Fujiyama, Hirohito, Yamamoto. Si, sono proprio le prime parole che mi vengono in testa quando mi dicono di pensare al Giappone, come quando mi chiedono “conosci il francese?”, “Oui, Je suis Caterine Deneuve!”.
La sintesi dell’ovvio, o la tuttologia in una scatola di fiammiferi, scatta subito alla parola Japàn, con l’accento sulla a. Il Giappone per me è un mistero, ma un mistero noioso, che non ti fa venire voglia di svelarlo. Piuttosto lo lascio dentro un cofanetto impolverato.
Per cui: “senso di nausea”, quando vedo mia figlia leggere i manga al contrario e poi impilarli ordinati negli scaffali della sua libreria, sempre più colorata e stracolma. Per me, cresciuto ad Alan Ford e Dare Devils, Goldrake e Heidi (che poi come facevano ad essere realizzati in Giappone? così diversi, eppure …), non resta che andare via rapidamente. Perplesso.
Tenta e ritenta, l’ultima volta sono uscito dalla stanza con “Battle Royal”, forse perché è un libro, o più probabilmente perché esortato dall’ennesimo: “Papà, leggilo!”
Infatti, “Battle Royale” è un best seller assoluto, è un libro cult che ha ispirato diversi manga e videgiochi. Inizia alla grande con quarantadue ragazzi confinati in un’isola che sono costretti ad uccidersi tra loro, il superstite vince. E la battaglia (o il gioco, se volete) si scatena subito, cattiva, violenta, assurda. Richiama immediatamente al “Signore delle Mosche” o a “1984”, sviluppandosi freneticamente e scandita tragicamente dal numero di studenti rimasti, riportati alla fine di ogni capitolo. Alcune morti sono efferate, altre improbabili, altre ancora casuali, tutte quante però descritte dettagliatamente.
Follia allo stato puro, direte? Forse sì. Oppure no. Perché quando ti allarghi troppo, caro Takami, poi rischi di esagerare, vanifichi la dirompenza del messaggio, rischi di non trasferire drammaticità, mantenendo la trama troppo distante dal lettore, e forse anche troppo assurda.
E’ un libro che ha ispirato diversi manga, dicevamo, e forse questo è il suo limite, dopo seicento e passa pagine, rimani un po’ così, come quando mangi sushi con molto appetito. Capolavoro o “boiata pazzesca?”
Voglio salvare qualcosa però. Tengo per me le riflessioni che mi hanno accompagnato durante la lettura. “Ma chi sono io? Shuya o Shogo? Shinji o Yutaka? “La migliore risposta la da, per me, Mitsuko a Hiroki:
“Le persone buone sono così. Ma anche tra loro ci sono quelle che possono diventare cattive. Altre invece finiscono per restare buone tutta la vita. Tu sei una di queste”
Sayonara
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Commenti
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Nooooo, non credo leggerò mai niente di simile! Per me vale la tua seconda frase del secondo periodo: Giappone=mistero, ma un mistero che spesso, fatto salvo qualche autore, preferisco non svelare... Bravo Josh! è sempre un piacere leggerti! :)
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E a me che purtroppo non parlo una parola di francese hai dato un buon suggerimento per quando qualcuno mi porra' la fatidica domanda !!!