Dettagli Recensione
Profumi di malinconia in cucina....
Ho sempre avuto una certa riluttanza a comprare subito, quei libri che vengono definiti dei best seller internazionali, quelli che vendono, come questo, qualcosa come 6 milioni di copie..... li compro, ma quando ci cade sopra un po' di silenzio, in modo da lasciare alla mia opinione personale l'ausilio di comportarsi come meglio crede; anche questa volta non è stato diverso.
Potrei definire questo libro caldo e avviluppante come una zuppa di miso con alga nori.
96 pagine di spremuta di cuore. Un' ulteriore divisione in due parti di quello che rimane della spremuta. Un racconto aggiuntivo che esula dalla trama di Kitchen ma non dalle sue tematiche di morte e magia.
E allora, cominciamo:
Quando ho aperto le pagine di questo libricino, ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto perchè sicuramente si sarebbe parlato di cucina, ma, avendo letto molti romanzi moderni giapponesi avevo quel sano timore che tutela una mente gioiosa e gaia nei confronti dell'universo e la mette in guardia da quel senso di tristezza, solitudine e pesantezza che permea moltissimi romanzi moderni del Sol Levante.
In effetti non è che mi sbagliassi più di tanto......Banana è surreale e introspettiva, è riflessiva ma istintiva, è una giovane scrittrice che racconta qualcosa di tremendamente difficile come la morte delle persone care, con cura e con un pizzico di magia.
Mikage, la nostra protagonista, si ritroverà ad un certo punto della sua giovane vita ad essere sola. Morta l'unica persona che ancora costituiva la sua famiglia, sua nonna, proverà un infinito e interminabile senso di vuoto e di solitudine colmabile solo ed in minima parte, dalla cucina di casa sua, calda e accogliente. Dopo questo accadimento il romanzo prenderà una piega inaspettata e l'autrice ci mostrerà come alle volte possiamo essere felici anche se ci ritroviamo con i piedi in una famiglia che non è quella della nascita ma quella che possiamo e decidiamo di scegliere.
Così farà Mikage, accettando l'invito di un giovane amico di sua nonna di andare a vivere con lui e la madre.
Da questo momento in poi l'utrice in un vortice di buoni sentimenti e di recupero delle ferite dell'anima, aprirà le porte alla speranza, porte che rimarranno aperte fino al principio della seconda parte del romanzo, dove putroppo, il lettore riceverà un colpo basso, e perderà un po' la bussola tra il nonsense di un'altra morte e il desiderio di chiudere il libro e catalogarlo come assurdamente crudele, eppure....
Eppure non ci si riesce perchè è proprio li che la curiosità che fa di noi animali istintivi a volte, ci porta a divorare la seconda parte del libro, bella tanto e forse più della prima; tra odori di cucina, sapori di amore e talento culinario della nostra Mikage si alterneranno sentimenti contrastanti nelle pagine del libricino.
Non mi piace svelare molto recensendo un libro, altrimenti il gusto di leggerlo dove va? posso però farvi assaporare il sapore dolce che ho provato leggendo queste pagine.....Banana Yoshimoto affronta un argomento molto difficile e nonostante la malinconia, nonostante quel senso di vuoto che solo chi perde qualcuno puo' sentire davvero, ti fa pensare che sia possibile essere felici per il semplice fatto che si decide di esserlo; "si, decido di essere felice perchè so' che solo in questo modo potrò vivere davvero senza avere metà del cuore in cielo e metà in terra" (questo è il messaggio diretto che arriva), ed il bello è che Mikage capirà questa immensa verità solo concretizzando ed osservando i suoi sentimenti, sarà coscientemente, padrona del suo cuore.
Banana abbandona ogni precauzione e liberamente canta la canzone della speranza, non ci saranno ruoli ben definiti, libertà negate, giudizi ipocriti, tutto semplicemente fluirà e starà all'intelligenza ed apertura del lettore lasciarsi andare e percorrere insieme all'autrice le strade sconosciute del non giudizio.
Inutile dirvi che il libro mi è piaciuto, inutile ancora di più dirvi che vale la pena leggerlo.
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Per quanto potessi essere affamata, io sono una professionista. Quel katsudon era preparato con assoluta maestria. Si poteva definirlo un capolavoro. Buona la qualità della carne, gustoso il sapore del sughetto, perfetto il punto di cottura di uova e cipolle, buona la qualità del riso, anch'esso cotto al punto giusto. Non c'era il più piccolo difetto....
Romina C.