Dettagli Recensione
L'atmosfera inconfondibile dell'Oriente.
A mio avviso l'autrice lascia sempre dentro alle proprie storie una specie di aura particolare, che affascina e chiarisce l'idea di quello che viene definito "romanzo onirico". La trama è piuttosto lenta e permette al lettore di capire e immedesimarsi nei protagonisti. Ci si può soffermare sui loro pensieri, sulle loro sensazioni, sui comportamenti e sulle loro singole azioni. Le situazioni a cui la protagonista, Mao, deve far fronte sono tre: le relazioni con i membri del Villaggio dell’amore, compresa la madre; il rapporto con Hachi e il loro lungo addio e la passione per il disegno. Molto curiosa la scelta del nome Hachi (Hachiko in tono familiare) che perfettamente richiama il tema dell'addio e la scelta di nominare Alessandro Giovanni Gerevini, nonchè il curatore della traduzione in italiano dello stesso romanzo, che nel testo assume il ruolo di critico d'arte.
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Hachiko è anche il nome di un cane Akita Inu, diventato famoso per essere sempre stato fedele al proprio padrone. Dopo la morte di quest'ultimo infatti ogni giorno, per quasi dieci anni, Hachiko andò ad aspettarlo alla stazione dove egli era solito prendere il treno per andare al lavoro e dalla quale non era più tornato. A me questa storia fa sentire moltissimo il tema della fedeltà, come anche quello dell'addio e proprio per questo ho parlato di "richiamo" nella recensione!
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Puo' essere che io abbia il risveglio lento e non capisca, magari rileggo piu' tardi :-)