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Vestire i panni di un altro
Ogni volta che termino un libro di Saramago e mi accingo a redigere un commento mi sento inadeguata.
Anche un giudizio entusiasta mi sembra sempre povero in confronto alla ricchezza di colori ed umori che le parole di questo grande sanno lasciare nella mente e nel cuore di chi legge.
Ammetto che per chi si trova ad affrontare per la prima volta questo autore ci sono alcune difficoltà da superare: la prosa densa e la punteggiatura e gli a capo mancanti o ridotti al minimo, che rendono una conversazione fra due persone un insieme contratto di domande e risposte separate al massimo da una virgola, il racconto inframezzato frequentemente dai commenti del narratore che si fa a volte personaggio aggiuntivo nel racconto… insomma la prosa di Saramago!
Ma se lo si conosce e si sa cosa si troverà sotto la copertina, tuffarsi nelle sue parole è come sempre una gioia, un ritorno a casa, un insperato incontro con un caro amico.
Saramago affronta il tema classico del “doppio” da par suo.
Il libro parte lentamente e per le prime pagine non c’è trazione da parte dell’autore, lo si legge perché lo si vuole… ma poi, quando si comincia ad entrare nel meccanismo della storia, si viene trascinati senza interruzione verso il finale forse non del tutto inaspettato (gli indizi erano già stati seminati) ma racchiuso in pochissime pagine di forte impatto.
Il mio giudizio? Al di là delle stelline qua sopra: bello, bello, bello… leggetelo!
[…]
Lei lo aveva ascoltato sorpresa, in qualche modo perplessa, il marito non l'aveva abituata ad udire da lui riflessioni del genere, tantomeno nel tono con cui le aveva espresse ora, come se ogni parola venisse già accompagnata dal suo doppio, una specie di rimbombo da caverna popolata, in cui non è possibile sapere chi stia respirando, chi abbia appena mormorato, e chi sospirato.
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Commenti
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Grazie :-)
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