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AGONE TRAGICO
La “Porta” di Magda Szabò più che un romanzo è un agone da tragedia greca, ovvero un incontro scontro fra due donne: una è scrittrice di fama, l’altra, Emerenc, è invece una figura mitica, una statua di pietra, cresciuta come una piante dalle solide radici nella terra d’Ungheria. Questa è dunque nata dalla memoria di un Paese che “ricopre morti” e “sconfitte”, quella, narratrice in prima persona, l’ha assunta come domestica. Condividono pertanto per anni la medesima casa, eppure una porta chiusa le divide: è quella dove Emerenc protegge con rigore feroce dalle intrusioni estranee un passato tragico, una sorta di museo individuale dove accanto a vecchie foto vive un esercito di gatti randagi. Per penetrare nell’anima segreta dell’anziana domestica la scrittrice devo solo attraversare un pianerottolo: lo fa in “una notte virgiliana” e quel percorso di pochi metri è appunto per lei una discesa nel regno dei morti. Lì le ombre parlano un'altra lingua, fanno altri gesti, hanno reazioni antitetiche alle sue di donna religiosa, colta e razionale; una sapienza secolare ha insegnato loro a dubitare dell’umanità e persino di Dio, per questo hanno eretto una barriera. Il romanzo della Szabò è appunto lo sforzo sovrumano attuato dalla narratrice per sfondare il muro. Tuttavia l’irruzione nell’universo precluso, inevitabilmente violenta, non comporta salvezza né per chi viola né per chi è violato: sopravvive alla frantumazione il senso di colpa dal quale può nascere solo la scrittura.
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Commenti
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molto interessante!!
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metto in wl!