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Le benevole
 
Le benevole 2008-06-21 07:18:35 Maristella
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
3.0
Maristella Opinione inserita da Maristella    21 Giugno, 2008
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Anche questo è un uomo

Coronato da una moltitudine di consensi e da altrettante aspre critiche, il romanzo dell’esordiente Jonathan Littell svetta in cima alle classifiche francesi, vincendo anche il Premio Goncourt e il Gran Premio del Romanzo dell’Accademia di Francia e diventando un caso editoriale anche in molti altri paesi. Un’opera imponente che sfiora le 1000 pagine e che non può essere certamente affrontata a cuor leggero per l’argomento doloroso, brutale ed inquietante di cui tratta: la Seconda Guerra mondiale e la visione della dottrina nazionalsocialista che sfocia nell’orrore della Shoah e degli eccidi di massa, questa volta, vista attraverso l’ottica dei carnefici.



La guerra è finita ormai da tempo. Il protagonista, Maximilien Aue, dirige con perizia in Francia una fabbrica di merletti e ripensa al suo passato di ufficiale delle SS nel periodo che parte dal 1937 al 1945. Un lungo e particolareggiato ricordare tutta la storia del nazismo e delle sue gerarchie, alla luce di un’ideologia collettiva e satura di razzismo ed assolutezza che ci fa rivivere le varie campagne di guerra nei paesi dell’est e l’efferatezza degli eccidi di massa, per ricondurci, infine, in una Berlino disfatta ed in fiamme. Gli orrori perpetrati vengono riportati con la freddezza analitica di chi non nutre pentimento per ciò che ha condiviso ed eseguito ma, nello stesso tempo, non si trincera dietro la giustificante frase “ Ho obbedito agli ordini” e in modo crudele e nel contempo disperato ci mostra tutto, senza nulla nascondere, dell’inammissibile oscenità dei pensieri e delle azioni compiute, accompagnandoci in un viaggio all’interno della parte più nera dell’umanità. La vita e le vicende personali di Max Aue si intrecciano fortemente alla Storia evidenziando un personaggio particolare e contorto. Omosessuale, gemello incestuoso, forse matricida, preciso ed efficiente, politicamente convinto anche se non pienamente condividente, amante della musica, della letteratura e della filosofia, vive in un clima di allucinata e criminale“ normalità” che alla fine non pagherà alcuna delle sue colpe né alla Storia stessa né alla vita, perché un destino”benevolo” riuscirà a dissimulare ogni delitto, ammantandolo di tradimento e di freddo calcolo e occultandolo nelle pieghe più profonde ed oscure dell’animo.



Littell, fa muovere il suo personaggio in un’aura di paradossale consuetudine inserita in un contesto di deliri e atrocità collettive e personali e in una quotidianità malata che sembra narcotizzare e manipolare le coscienze fino a ricondurre “l’umano all’inumano totale”.



Ci si sente sprofondare in questo viaggio incredibile e sterminato nella perversione assoluta, accompagnati dalla fatica crescente nel decifrare la nomenclatura delle gerarchie tedesche, incagliati nelle fitte pagine burocratico-militari, distolti da impetuose ondate di erudizione filosofica e filologica, coinvolti dalla follia crescente che dilaga intridendo ogni parola e ogni pensiero di raccapriccianti visioni.



E il disgusto maggiore scaturisce dall’incalzante domanda che il protagonista sembra rivolgere incessantemente al lettore : “ Tu, che sei mio fratello, in quanto umano come me, tu che ora stai in una situazione di calma e privilegio, se ti fossi trovato al mio posto, cosa avresti fatto? Io sono colpevole, tu non lo sei, mi sta bene. Ma saresti capace di dire a te stesso che ciò che ho fatto io l’avresti fatto anche tu?” Parafrasando Primo Levi, ci si potrebbe chiedere: “ Anche questo è un uomo?” Purtroppo, se tutto ciò è accaduto, la probabile risposta potrebbe essere “ Sì, anche questo lo è”.



Le Furie non cercano più vendetta, si tramutano in Eumenidi e non graffiano più l’anima scavando rimorsi e sensi di colpa. Ma non perdono la loro natura e con sottile malvagità elargiscono un ultimo e sinistro dono: la sconvolgente consapevolezza del Male che dimora nell’uomo.

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