Dettagli Recensione
Interessante ma sopravvalutato
L'indubbio merito dell'autrice è quello di aver realizzato un intreccio con grande sapienza, senza sacrificare alla laboriosità di tale operazione il potente impatto emotivo che investe il lettore sin dalle prime pagine dell'opera.
Il punto debole del romanzo è, per chiunque, come me, ami l'armonia tra le scelte stilistiche, il contenuto e le finalità dell'autore/autrice, la mancanza di equilibrio tra una narrazione che vuole denunciare la spietata drammaticità della guerra ed una sperimentazione stilistica esasperata. Certo, molti esaltano proprio la crudezza dello stile della Kristof. Eppure, a ben guardare, ci sono due considerazioni da fare a tal proposito. La prima concerne l'abuso dell'aggettivo "innovativo". Uno stile secco, crudo, estremamente realistico, violento, non è stato inventato dalla Kristof che, quindi, a voler essere precisi, non ha "innovato" la letteratura contemporanea. La seconda è conseguente la prima. Al di là del gradimento del romanzo (questione soggettiva), bisogna comprendere se lo stile è adeguato al contenuto e alle finalità dell'autrice. Contrariamente a quanto sostenuto da più parti, ritengo che la ricerca affannosa di una scrittura "sperimentale-a-tutti-i-costi" rischi non solo di creare delle aspettative sproporzionate nel lettore (il finale è molto meno sorprendente di quanto si creda), ma, soprattutto, di depotenziare con affettazione e artificiosità una denuncia che conserva la propria forza e la propria sincerità, più per merito della sensibilità del lettore che per la forma in cui è incanalata.
Comunque, è un romanzo che, al di là di questo "squilibrio" tra contenuto e forma, indubbiamente coinvolge il lettore.