Dettagli Recensione
La guerra, tragica e sporca avventura
Il libro, allegato ad un settimanale, era dimenticato in uno scaffale da anni. Ogni tanto gli lanciavo un'occhiata distratta, ma il titolo mi sembrava un po' melenso, perciò lo ignoravo. Le recensioni scritte su questo portale mi hanno incuriosito e ho deciso di leggerlo.
E' un romanzo denso, con personaggi forti e ben delineati, che si muovono sullo sfondo della guerra civile spagnola. La guerra, tragica e sporca avventura, la Spagna, paese generoso e sanguinario, fascisti e repubblicani, avversari che si macchiano di delitti efferati: tutto viene racchiuso e raccontato da Hemingway nello spazio di tre giorni, giorni che si dilatano perché vissuti intensamente dal protagonista, il volontario americano Robert Jordan, “l'Inglés”.
Gli ordini sono quelli di far saltare un ponte, e l'appoggio dei guerilleros locali, accampati in una caverna, è di fondamentale importanza per la riuscita di un piano che si rivelerà sempre più difficile, se non disperato. Nella caverna, tra stufati e tazze di vino, in un'atmosfera un po' da Far West, dove è sempre consigliabile tenere un'arma a portata di mano, l'americano trova l'amore della sua vita, qualche alleato fidato e qualche canaglia.
Ci sono pagine che non si dimenticano, come la sfilata di civili fascisti, o presunti tali, dati in pasto ad una folla inferocita che li massacra a bastonate (sembra davvero di sentire l'odore nauseante di sangue e sudore). La curiosità che suscita il racconto della vicenda nell'americano, che vorrebbe “scrivere quello che abbiamo fatto noi, non quello che gli altri ci hanno fatto”, è probabilmente la stessa dell'autore, che non vuole dimenticare l'importanza della pietà verso qualunque essere umano.
“Qué puta es la guerra”, ripetono da entrambe le parti, ma con un pensiero di fondo: uccidere è necessario per la causa e solo i codardi si sottraggono al loro dovere.
“Morire era niente e El Sordo non aveva dentro di sé una visione chiara della morte né la temeva. Ma vivere era l'immagine di un campo di grano che ondeggia al vento sul fianco di una collina. Vivere era un falco nel cielo. Vivere era una giarra di terra piena d'acqua nella polvere della trebbiatura, col grano lanciato in aria e la pula che vola. Vivere era un cavallo tra le cosce e un fucile sotto una gamba e una collina e una valle e un fiume fiancheggiato d'alberi sulle rive, e l'estremo della valle e le colline al di là”. Pensieri di un combattente repubblicano accerchiato da soldati fascisti, estremo e toccante inno alla vita.
L'idea della morte e la necessità di combattere, resistere, amare finchè si resta in vita percorre l'intero romanzo, e le pagine finali trasmettono l'ansia che precede il combattimento. Si sta dalla parte di personaggi divenuti ormai familiari e di cui conosciamo le aspirazioni più profonde, ma a qualcuno toccherà soccombere.
Emozionante osservare con gli occhi di uno di loro il sorgere dell'alba e sentire gli ultimi battiti del suo cuore.