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SALUTE O MALATTIA?
La verità dei libri non coincide mai con quella della vita? E’ la paradossale premessa del romanzo di Diane Setterfield: Vida Winter, gloria della letteratura contemporanea britannica, affida a Margaret Lea, proprietaria con il padre di una libreria antiquaria, l’incarico di scrivere la sua vera biografia e di sgombrare il campo dalle tante menzogne sul suo conto, fatte circolare ad arte da lei personalmente.. Eppure la cosiddetta verità scaturita dalla voce della anziana scrittrice ha i connotati classici di un romanzo: si racconta di vecchie dimore aristocratiche sperdute nella brughiera, di persone che a cominciare dall’aspetto non hanno nulla di comune, anzi paiono uscite dalle pagine delle sorelle Brontë. Pertanto ne “La tredicisema storia” il lettore si trova immerso in una storia per cosi dire tredicesima dopo altre, ovvero nata dall’intreccio di molte storie romanzesche di cui si recepisce chiaramente l’eco, da “Cime tempestose” a “Jane Eyre” a “Cenerentola”. A tenere insieme il filo della tortuosa vicenda sono la passione fanatica per la lettura di Margaret e della scrittura di Wida: le due coprotagoniste hanno personalità del tutto speculare, la vocazione dell’una non esisterebbe senza la devozione dell’altra. Entrambe sono state irreparabilmente segnate da una lacerazione drammatica: frutto di un parto gemellare, la morte improvvisa le ha divise dalla loro metà. Vivono per questo una condizione di privilegiata emarginazione: non hanno amori, amicizie e neppure interessi, patologicamente consacrate alle loro religione.. La loro stessa esistenza è la brutta copia dei libri prediletti: chissà se le cose raccontate da Vida e trascritte nel taccuino da Lea si sono svolte davvero così o sono una trasfigurazione di eventi insignificanti rimossi? L’attività intellettuale nell’una e nell’altra è una tirannia, capace di escludere ogni altra esperienza e ha radici nei traumi dell’infanzia: si tratta di un processo di compensazione, un surrogato della vita in un “altrove” immaginato nel quale ci si può nello stesso tempo occultare e riconoscere. E’ in questo rapporto ambiguo arte/vita è rintracciabile una chiave di lettura assai meno immediata per un testo che ha l’apparenza di una dozzinale storia gotica di fantasmi orchestrata fra apparizioni misteriose, riconoscimenti tardivi, figli ripudiati, incesti, follia e morti apparenti. La Setterfield, nel rimettere a posto alla fine i tasselli del suo arzigogolato puzzle parrebbe convinta della forza catartica ed ordinatrice della letteratura, ma un lieve malessere smorza fin dall’inizio il godimento in chi legge ed è la contraddizione sempre sottesa e mai risolta: la letteratura è salute o malattia?