Dettagli Recensione
In viaggio verso se stesso.
Prima di leggere questo libro avevo letto diverse recensioni e opinioni, più che altro incuriosito non tanto dal libro in sé, quanto dello scrittore Kerouac, padre della Beat Generation. Personaggio enigmatico e controverso, un po’ come tutti gli altri scrittori appartenenti alla Beat. Per quello che riguarda il libro in sé, anche qui i commenti erano contrastanti, tra chi lo definiva un capolavoro da leggere in una notte (…una notte insonne…) e chi lo definiva un libro molto molto sopravvalutato. Diciamo che dopo averlo letto, in una settimana, mi piazzo nel mezzo. Credo onestamente che il libro sia un bel libro, ma che in alcuni casi si faccia fatica ad andare avanti. Il libro, come molti sapranno già, parla della storia del protagonista Sal (Kerouac) e del suo amico Dean (Neal Cassidy) che in periodi differenti per ben 4 volte attraversano l’America con mezzi di fortuna, incontrando le persone più strane e visitando i luoghi più disparati dell’ America del 1950. Lo stile, al contrario di quello che pensavo, è molto “pulito”. Poche sono le parolacce o i termini scurrili e anche le scene di sesso ( che mi aspettavo più intense e più dettagliate, stile Bukowski) in realtà sono toccate solo superficialmente. Sembra quasi una storia raccontata da un ragazzo per bene che improvvisamente perde la testa e decide di fare questi viaggi… In risposta a chi dice che il libro in fin dei conti non parla di nulla dico che è pur vero che letta oggi nel 2012 questa storia può sembrare vuota di contenuti ed a tratti monotona, ma credo che il segreto di questo libro stia proprio nel riuscire (più di molti altri) ad immedesimarsi nel protagonista e quindi cercare di fare questi viaggi nel 1950. Ecco così che il libro guadagna molti punti e diventa interessante sia per capire l’ambiente americano nel 1950, sia per capire le idee ed i pensieri del “giovane ribelle” Kerouac, che perdendosi per l’America cerca di trovare innanzitutto se stesso. Invece, una delle grosse pecche di questo libro sta nel soffermarsi, da parte dell’autore, eccessivamente su scene o situazioni poco rilevanti o di nessuna importanza per lungo lungo tempo. Il libro diventa così lento e pesante in alcuni passaggi. In conclusione un libro che si legge, ma certo, onestamente, dal “manifesto della Beat” mi aspettavo qualcosa di più…
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Ciao,
Amalia