Dettagli Recensione
più interessante che emozionante
Il romanzo d'esordio di Littell merita senz'altro di essere letto. Dietro si intuisce un enorme lavoro di documentazione storica: qualche volta, anzi, l'autore ne fa sfoggio aperto, appesantendo e allungando non poco il suo racconto con continui riferimenti alla gerarchia militare, inserendo centinaia di nomi senza quasi mai presentare i personaggi che compaiono sulla scena (il che è senz'altro voluto, ma spesso non aiuta a seguire la storia). Il capitolo forse migliore, più forte, è quello iniziale: quello nel quale l'ex nazista ci chiama suoi "fratelli umani", chiedendosi e chiedendoci che cosa ciascuno di noi avrebbe fatto al suo posto. Nel prosieguo del racconto non mancano molte pagine riuscite: le descrizioni dei tremendi eccidi in Ucraina, l'idea del progressivo 'abituarsi' del protagonista (e di noi lettori con lui) agli orrori che compie o semplicemente vede, molti momenti della tragedia di Stalingrado e dell'ultimo periodo di Berlino prima della caduta. Ma altre parti sono assai criticabili: tutte le digressioni sulla vita privata del protagonista, che ce lo dipingono come un uomo incapace di una normale vita affettiva (ha solo occasionali relazioni omosessuali, e un rapporto malsano con la sorella gemella; probabilmente uccide sua madre, e di certo il suo migliore amico), non aiutano a rafforzare la tesi proposta con tanta efficacia nelle pagine iniziali del libro. E molte parti sono troppo lunghe o troppo tecniche. Insomma, chi lo ha paragonato a "Guerra e pace" probabilmente non ha letto "Guerra e pace"... Detto questo, la lettura è sicuramente consigliata, ma si tratta di un libro che interessa come un saggio (molto acute alcune osservazioni, per esempio, sulle vere ragioni 'psicologiche' dello sterminio degli ebrei), ma quasi mai emoziona come un grande romanzo.