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Vedo, non vedo, vedo
Un uomo fermo a un semaforo in macchina diventa improvvisamente cieco. Ed è l'inizio di un'epidemia, che colpisce prima alcune persone che l'uomo ha incontrato da quando è diventato cieco, e così via, fino a dilagare nella città. I ciechi vivono una cecità bianca, vivono immersi in un muro bianco di latte. Lo stato li rinchiude in un manicomio, lasciandoli isolati, e loro sono costretti ad organizzarsi in una comunità, con regole proprie, fatta di un campionario umano variegato. Colpiscono i modi con cui i ciechi cercano di soddisfare i loro istinti primitivi, colpiscono l'indifferenza, la cattiveria, la violenza. Viene calpestata la dignità umana, vengono lesi i diritti fondamentali, ma i ciechi buoni, restando uniti, riusciranno a sopravvivere. Non hanno alcun nome i protagonisti, sono di volta in volta chiamati con le loro caratteristiche; impari a riconoscere le loro voci, anche se stai solo leggendo, perchè la voce è la vista di chi non vede. Particolarissimo è lo stile di Saramago, che mescola il racconto ai dialoghi in un unico flusso, un mare bianco, in cui anche la punteggiatura è usata in modo anomalo.