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Incontro di due solitudini
Un uomo mediocre, una vita banale, un lavoro ripetitivo, una famiglia del tutto normale… ma la guerra, si sa, riesce a stravolgere ogni cosa. Siamo nel 1940 e i tedeschi minacciano i confini francesi, ovunque orde di profughi cercano disperatamente di fuggire: i treni vengono presi d’assalto, chi ha un’auto si immerge in enormi ingorghi e gli altri vanno a piedi. Marcel Féron ha una moglie, Jeanne, incinta di quasi otto mesi, ed una bambina, Sophie; decidono, dopo mille tentennamenti, di scappare e, all’improvviso, si trovano su di un treno in scomparti separati. Inizia l’avventura di Marcel, stipato su un vagone merci che viene separato dal resto del treno, dividendo numerose famiglie. Il protagonista non sa più dove siano la moglie e la figlia ed inizia a vivere in una sorta di dimensione parallela, del tutto distinta dalla sua vita precedente e da quella futura. Il vagone è un microcosmo a sé stante, dove le persone si abituano le une alle altre e creano una quotidianità nata dall’arte di arrangiarsi e dalla comune paura per il proprio destino. Sul treno sale una donna, silenziosa, vestita di nero e senza bagagli; Marcel ne resta colpito da subito, sente che la solitudine di lei è simile alla sua e vuole cercare di capire il perché di tante cose. Una notte, Marcel e Anna fanno l’amore e tutto cambia, inizia un percorso a due fatto di silenzi, gesti e sguardi di comprensione. Anna legge nel pensiero dell’uomo, interpreta il suo mutismo e lo rapporta al suo, senza bisogno di inutili e vacue parole. I due vivono un amore passionale e totale, il primo nella vita di Marcel che non pensa nemmeno per un attimo di tradire Jeanne: quella è un’altra vita, una realtà distinta e separata dal presente. Gli innamorati non diranno niente del loro passato, si limiteranno a vivere il presente con intensità, sanno che per loro non c’è futuro e allora evitano semplicemente di pensarci. Intorno l’orrore della guerra è quasi ovattato, Marcel non ne sente il dramma, per lui è una cosa lontana, nel suo orizzonte c’è solo Anna, con la quale costruisce una quotidianità falsamente normale durante la quale trovano persino spazio la gioia e la meraviglia per la vista del mare, che Marcel non conosceva: « L’acqua aveva lo stesso colore del cielo e, poiché rifletteva la luce, e come il sole era nello stesso tempo sotto e sopra, non esistevano più confini, e mi venne alla mente la parola “infinito”». La vita reale, ovviamente, ritorna e chiede il conto, i due si separano ed il finale, in una certa misura prevedibile, ci lascia comunque ammutoliti.
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