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Il vero significato del “carpe diem”
Anni fa regalai questo romanzo a mia mamma, ripromettendomi di leggerlo anch’io, poiché mi ispirava parecchio (nonostante la mia solida diffidenza verso i best seller).
Ho rimandato fino alla settimana scorsa, solleticata dalla visione del film (“Il Riccio”) tratto dal romanzo (che gli è nettamente superiore).
In un pomeriggio me lo sono gustato, parola per parola, sensazione per sensazione.
Non sarà l’opera letterario del secolo, ha limiti e difetti, ma pure tanti pregi e mi è piaciuto davvero tanto (… e commosso in ugual misura).
Ho apprezzato i richiami letterari e filosofici, mai pacchianamente ostentati, ma dosati e riconsiderati in chiave personale e calati nella vita vissuta di ogni giorno.
C’è una buona dose di ironia, così come un gusto (molto nipponico-zen per certi versi, oserei affermare) per l’indugio sull’istante, sull’attimo di riflessione, sulla bellezza, sull’eternità pur nel caotico fluire della quotidianità, sulla scoperta dell’essenza delle minuzie solo apparentemente insignificanti, sul gusto e la rivelazione dei particolari.
Un concetto mi ha toccato particolarmente, il fatto di quanto spesso siamo ciechi. Vediamo superficialmente, non ci soffermiamo ad osservare, a capire e cogliere ciò che ci sta intorno. Ciò capita persino (o soprattutto?) con le persone: le “inquadriamo” sbadatamente, senza soffermarci su sfumature che svelerebbero un universo interiore ricchissimo.
Perché?
Forse il mondo odierno non permette facilmente di soffermarsi a carpire l’essenza fugace di quello che ci circonda o anche di uno sguardo. Nella fretta, nel turbine, nell’alienazione che l’attuale modus vivendi ci impone, ci si dimentica della bellezza e di quanto può donare... E di quanto possiamo, con poco, donare noi agli altri.
Probabilmente è una questione pure di autodifesa: la necessità di proteggere lo scrigno più prezioso del nostro io, così vulnerabile e purtroppo incompreso, fa erigere mura così alte che persino noi stessi non riusciamo più a sbirciare oltre attraverso qualche breccia.
Questo romanzo schiude il vero significato del “carpe diem”: non la ricerca affannosa di sterili emozioni, di un vissuto che alla fin fine risulta vuoto, bensì “forse essere vivi è proprio questo: andare alla ricerca degli istanti che muoiono […]alla ricerca dei sempre nel mai. La bellezza, qui, in questo mondo” (citazione dal romanzo).
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complimenti!!!