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Solitudine
Ancora il racconto di un'ossessione, questa volta davvero sottile e crudele. Simenon supera se stesso nella descrizione dei pensieri torbidi e malati della sua protagonista. In Faubourg Saint-Honorè una quarantenne vive la sua solitaria esistenza chiusa tra le quattro mura del suo appartamento. Dominique non ha mai avuto un uomo, non ha amicizie e la sua famiglia non c'è più, a parte qualche parente lontano. Il suo mondo è racchiuso nella sua casa della quale, per poter avere una fonte di guadagno, ha affittato una stanza ad una coppia di giovani sposi. Parte della sua giornata la donna la trascorre spiando la vita dei suoi affittuari, immaginando, in maniera molto realistica, i loro corpi che si uniscono e, forse, inconsciamente, invidiandoli. Il punto d'attrazione forte, però, è rappresentato dalla finestra dalla quale la protagonista osserva, con ossessiva insistenza, le vicende che si svolgono nelle case dei suoi dirimpettai: gli anziani del piano superiore, suoceri della giovane coppia che vive nell'appartamento al piano inferiore, Hubert ed Antoinette. L'irrequieta e libertina moglie diviene il soggetto prediletto di Dominique e, quando quest'ultima pensa di assistere, unica testimone, ad un possibile omicidio, la situazione precipita: da uno spiare con insistenza nasce un'ossessione vera e propria. Dominique annulla totalmente se stessa e vive la vita di Antoinette, trascorrendo intere giornate ad osservare le finestre della famiglia Rouet, analizzando quello che può vedere con i suoi occhi ed immaginando il resto. Inizia una serie di pedinamenti, di azioni avventate dettate dall'esigenza di avere una vita, anche se rubata, ed allontanare un pò la solitudine di Dominique. Ma i nodi vengono sempre al pettine, non si può fingere per sempre, non si può in eterno rubare identità altrui per riempire il vuoto che ci circonda. E' solo nel finale che comprendiamo davvero, fino in fondo la disperazione e l'isolamento autoimposto in cui vive la nostra protagonista.