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We’re on a road to nowhere
“Quando sognerai di un mondo che non è mai esistito o di uno che non esisterà mai e in cui sei di nuovo felice, vuol dire che ti sei arreso”
Il mondo al quale fa riferimento il padre mentre ammonisce il figlio, è un mondo senza vita, freddo, pieno di cenere, orrendo, senza speranza. Ma è il mondo reale in cui vivono, è lo scenario apocalittico che attraversano, mentre percorrono la strada che li porterà verso il mare, dove forse sarà rimasto un barlume di vita e quindi una comunità, che potrà accoglierli.
Non sappiamo cosa abbia realmente reso il mondo così, un attacco nucleare ? un meteorite ? il sole ha iniziato a spegnersi ? Non importa. Quello che importa è che dopo pochi anni dall’apocalisse, i sopravvissuti hanno immediatamente perso la coscienza civile, anzi si aggirano come zombi, cannibali moribondi alla ricerca di cibo.
In un mondo così, la voglia di lasciarsi morire è tanta, ma bisogna continuare ad andare avanti, percorrere la strada, perché c’è, ci deve essere, una speranza.
Privo di capitoli e senza interruzioni, Cormac McCarthy scrive un romanzo bellissimo, che descrive con meticolosità i giorni passati da padre e figlio alla disperata ricerca di cibo, e, durante le notti gelate, di un riparo dai frequenti e violentissimi temporali. E in questo peregrinare si interrogano, con brevi e toccanti dialoghi, sulla necessità di continuare a percorrere la strada, senza fermarsi a riflettere sul perché sono ancora vivi, e sulla necessità di mantenere saldi e intoccabili i propri principi etici e morali, in mondo morente, assurdo e crudele.
“Ce la caveremo, vero, papà? Sì. Ce la caveremo. E non succederà niente di male. Esatto. Perché noi portiamo il fuoco. Sì. Perché noi portiamo il fuoco.”
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