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A metà strada tra l'incanto e la realtà
La Allende è una donna dalla grande capacità affabulatrice, e se “La casa degli spiriti” mi aveva incantata, “Eva Luna” non mi ha delusa per niente.
Chi si immerge nella lettura di questo romanzo/enciclopedia della vita deve essere consapevole dell’abilità della scrittrice cilena, della sua preziosa capacità di narrare per il gusto di farlo: una volta immersi nella storia – sebbene spesso non sia chiaro il percorso che si sta affrontando – è difficile chiudere le pagine del libro e proseguire a vivere la propria vita.
Perché in “Eva Luna” c’è vita, c’è un cuore pulsante che ti chiede di battere all’unisono con il tuo; e così le pagine ti immettono in un vortice di narrazioni pure e piacevolmente fini a se stesse – mai leggere però – che si rivelano poi nel crescendo del finale, che riconsegna tutta la dignità dovuta alla storia e soprattutto ad Eva, una grandissima figura femminile con ben pochi precedenti.
Una scrittura mai stancante nei suoi mille intrecci e così rassicurante nella sua circolarità (ci sono spesso, anche se in quantità inferiore rispetto a “La casa degli spiriti”, dei sottili richiami ad avvenimenti futuri della trama) porta la narrazione ad un piano di astrazione pura che paradossalmente trova riscontro nella realtà della rivolta e della guerriglia.
Leggere “Eva Luna” vuol dire rimanere con l’amaro in bocca ma vuol dire anche estasiarsi. Vuol dire centellinare ogni singola frase e leggere come se fosse l’ultima ora della vita in cui è concesso il dono della vista.
Isabel Allende: magia e raziocinio, fiaba e verità, prosa e poesia.
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