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Non lasciamoci
Cominciare una recensione su questo libro non sarà facile; perché sebbene non si tratti del “libro più bello degli ultimi 10 anni” (cito il Time Magazine), mi ha scombinato un bel po’. Sicuramente non potrei partire dalla trama, sarebbe inutile descriverla: il libro è troppo intimo, ha una storia talmente particolare – nella sua semplicità – che “Non lasciarmi” potrebbe avere tante letture quanti lettori.
La storia non decolla subito, ci vogliono un paio di capitoli per sentirsi immersi nel libro, e la colpa è da affibbiare sicuramente all’atmosfera che esce dalla penna di Ishiguro, un’atmosfera surreale, rarefatta e astrusa che ben si confà, però, alla storia. Mi è difficile anche inserire il romanzo all’interno di un genere; magari quello distopico: una distopia etico-scientifica piuttosto che politico-sociale.
“Non lasciarmi” è una storia che lascia il segno perché testimonia la fragilità dell’esistenza. Ma è anche una storia sull’amicizia prima ancora che sull’amore, ed è soprattutto una storia dei ricordi, ricordi che si presentano sia come struttura narrativa che come tema portante dell’opera stessa. A far da sottofondo “Never let me go” – una canzone inventata da Ishiguro – che è più struggente di quel che ad una lettura ‘veloce’ potrebbe sembrare.
Perché la scrittura delicata e appassionante riesce a mostrarsi lucida fino in fondo, quando tutti i pezzi del puzzle ritorno al loro posto e quando ti rendi conto che quello che più ti ha colpito è la rassegnazione dei personaggi di fronte a situazioni talmente angoscianti che il lettore non avrebbe mai potuto sopportare (una solitudine dell’anima ad esempio che si rispecchia nelle ambientazioni spaziose e mai intime, come i campi o il vasto dormitorio) e che paradossalmente è costretto a subire ed accettare. A ricevere tra le mani questo destino inevitabile, questo ciclo di vita e di morte che fa parte di noi stessi, di cui non possiamo e non vogliamo fare a meno.