Dettagli Recensione
Top 500 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
La versione di Barney di Mordecai Richler
La versione di Barney pubblicato in Italia nel 2001, è stato un caso letterario clamoroso; un libro irriverente e politically incorrect e una autobiografia non dichiarata (sempre smentita da Richler) nella quale si riversano le esperienze vissute dal settantenne Barney Panofsky. È ritornato d’attualità quando il film del regista canadese Richard J. Lewis, tratto dall’opera letteraria, è stato presentato al festival di Venezia. Barney Panofsky è interpretato da Paul Giamatti, nel cast figurano anche Dustin Hoffman (nella parte del padre), Rosamund Pike e in un cameo David Cronenberg. In Italia è uscito nelle sale il 14 gennaio 2011.
Il film non è all’altezza del libro, non basta fumare e bere in continuazione per farsene l’dea di un uomo perso nei suoi vizi e nelle sue dissolutezze, il Barney letterario è un uomo complesso, a volte, contraddittorio, squallido e anche volgare, ma capace di provare un grande amore per una donna e per i figli. Consacrato come figura strabordante nei suoi eccessi, nel mettere in luce e alla berlina il conformismo sociale e sbeffeggiare l’establishment culturale ( letterario, artistico, televisivo…), è un personaggio scomodo, sempre pronto a sgomitare, ma geniale e anche simpatico.
Incipit: “Tutta colpa di Terry ( McIver che insinua volgari calunnie sul suo conto). E’ lui il mio sassolino nella scarpa. E se devo essere sincero, è per togliermelo che ho deciso di cacciarmi in questo casino, cioè di raccontare la vera storia della mia vita dissipata.” Così inizia, con un pretesto letterario, il racconto della vita di Barney Panofsky, proveniente dal quartiere ebraico di Montréal, approda a Parigi con velleità letterarie per poi far ritorno in Canada dove tramite una sua società di produzione che non a caso si chiama Totally Unnecessary Productions, sforna serie televisive antesignani della tv trash, abbastanza fesse che gli rendono successo e denaro. Tre mogli e tante altre donne intercalano i suoi settanta e passa anni. Clara, l’artista sciroccata, faceva parte del gruppo di sciamannati che frequentava a Parigi, sua moglie per poco tempo. La seconda signora Panofsky, una miliardaria, logorroica detestabile. La terza moglie è l’amata Miriam dalla quale avrà due figli; Miriam la donna di quasi tutta la sua vita, sempre rimpianta e mai dimenticata. Tra flash back, l’immancabile sigaro ( Davidoff o Montecristo) tra le labbra, il bicchiere di whisky ( il Macallan “single malt” e il Cardhu) in mano, si consuma in volute di fumo e afrori alcolici e di donne la sua esistenza, una miniera di battute corrosive e dissacranti corredano affermazioni e dialoghi, in un crescendo di fellonie che fanno, poi, solo sorridere. Barney è un personaggio che fin dalla prime pagine ami o detesti, non ci sono alternative, vizi e virtù del mondo da lui frequentato ci offrono spaccati di storia contemporanea imperdibili. Quanta arte sia sedicente, mistificazione è espresso negli obbrobri dell’amico Leo “Che lavorava ai suoi immani trittici mischiando i colori in grandi secchi, e poi applicandoli sulla tela con uno strofinaccio da cucina. A volte lo faceva mulinare sopra la testa, poi arretrava di qualche passo e lo lanciava e lo faceva lanciare anche agli amici! Quarant’anni dopo le sue “opere” sarebbero state esposte alla Tate, al Guggenheim, al MOMA, alla National Gallery di Washington e contese all’asta da piazzisti di titoli ad alto rischio e speculatori vari.” È un libro spassoso e anche amaro uscito dalla penna di uno degli scrittori più ironici e sferzanti, il suo linguaggio, venato di umorismo nero di stampo ebraico e a tratti scurrile, è ricco di digressioni, divagazioni e citazioni a gogo. Leggendo la storia di Barney è facile confonderla con quella reale dell’autore, quando soprattutto si rivolge a chi legge scrivendo: “ Ma questa è la mia storia, ed è l’unica che ho, quindi se non vi di spiace vorrei raccontarla a modo mio.