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Trilogia della città di K.
 
Trilogia della città di K. 2011-05-08 08:51:55 Marghe Cri
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Marghe Cri Opinione inserita da Marghe Cri    08 Mag, 2011
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Un libro da leggere

Non svelerò la trama perché quello che accade ed i personaggi stessi vanno visti in diretta, percorrendo i tre capitoli di questo racconto triste, disperato, rassegnato, violento, sentimentale, fiabesco, un po’ folle.
I tre capitoli hanno quasi una loro vita autonoma, pur proseguendo un unico racconto.
Nel primo (Il grande quaderno) sembra quasi di trovarsi nell’Emile di Rousseau: due gemelli, ancora nell’infanzia, crescono totalmente liberi in una piccola fattoria allargando i propri confini di esplorazione al mondo tutto intorno, ma al posto del precettore col compito di aiutarli ad elaborare le esperienze c’è una nonna ignorante cinica e malevola che li rafforza nella loro volontà e nello sforzo di diventare insensibili a tutto, al dolore come ai sentimenti, e a diventare una cosa sola, un unico essere quasi inscindibile.
Nella seconda e nella terza parte la storia viene riscritta e portata a termine con una serie di colpi di scena ed invenzioni che non è davvero possibile presagire.
Lo stile di scrittura nel primo capitolo è secco incisivo e quasi piatto, la maggior parte dei personaggi è volutamente priva di profondità e la prosa è quasi acerba: frasi brevi e capitoli brevi. Il motivo di questa scelta stilistica sarà chiaro più avanti, proseguendo la lettura.
Nei capitoli successivi lo stile cambia, i personaggi acquistano anima e sentimenti e la storia comincia ad acquisire complessità.
Quello che colpisce maggiormente è il senso di solitudine, di cui sono intrise tutte le pagine, che si arricchisce a volte di sfumature di amore, a volte di rabbia, a volte di odio.
La prosa è magnetica: impossibile lasciare da parte questo libro, difficile staccarsene quando lo si finisce. Sono quasi quattrocento pagine, ma volano via, lasciando la sensazione di essersi immersi in una favola triste in cui tutti i personaggi pare si impegnino a soffrire quanto più possibile.
Riporto una frase del libro, che appare verso la fine:

“La vita è di un'inutilità totale, è non senso, aberrazione, sofferenza infinita, invenzione di un Non-Dio di una malvagità che supera l'immaginazione.”

Lo consiglio: è un libro da leggere, un libro bello, un libro che resta dentro.

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Commenti

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lo iniziai un pò di tempo fa....ma lo abbandonai quasi subito trovando un pò ostico la prima parte, in effetti come dici tu lo stile di scrittura del primo capitolo è molto piatto! Grazie per la recensione interessante che sicuramente mi rifarà riprendere il libro superando lo scoglio iniziale.. a presto
Si, Eleonora, scoprirai che lo stile del primo "libro" ha un suo perchè! Riprendilo in mano, ne vale la pena :)
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