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Odore di morte
"Una volta entravo e uscivo di galera, buttavo giù porte, fracassavo finestre, bevevo ventinove giorni su trenta. Ora me ne sto seduto davanti a questo computer con la radio accesa, ad ascoltare musica classica. Stasera non sto nemmeno bevendo. Anch'io mi sono dato una regolata. Per che cosa? Voglio arrivare a ottanta, novant'anni? Non mi importa di morire... ma non quest'anno, okay?"
Per chi ha letto altri libri di Bukowski capisce subito la differenza; per chi non li ha letti, pure.
Lo zio Hank, come egli stesso ha affermato, ha cominciato a condurre una vita molto più moderata, più pacata. Comincia a sentire l'odore della cara, vecchia morte, che sebbene egli non reputi un vero nemico, sente il suo passo farsi sempre più vicino e vendicativo.
Sono un insieme di racconti che vanno dal '91 al '93 (morirà nel '94 di tubercolosi), e Bukowski, credo, avesse paura. Ebbene sì, potrà essere un'affermazione azzardata, forse sbagliata ma, secondo me, ha paura. In TUTTI i racconti, e dico tutti, accenna alla morte, al termine della sua vita, all'indifferenza che tenta di provare nei suoi confronti, ma che non riesce mai a mostrare. Ha paura. Vuol rinviare il più possibile la fine di una vita che egli ribadisce più volte essere monotona, squallida, i cui giorni vanno 'sprecati' alle corse, luogo in cui sente l'odore della merda, che però sembra essergli di conforto.
Il tema dell'artista e della letteratura/scrittura è anche fortemente trattato.
Critica la società che ha creato nuovi 'scrittori' che non debbano essere assolutamente reputati tali, poichè rappresentano dei soggetti stereotipati, modellati e perfettamente plagiati dalla società contemporanea. No alla nuova letteratura. No alla tv. No alla musica, se non quella classica. No alle convenzioni.
Un ultimo grido disperato di un uomo combattuto tra la sua voglia di vivere e la sua pessima capacità nel farlo.
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