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Mi sa che qui gli alieni siamo noi
Il racconto dell’esperienza scolastica di una bambina con sindrome di Asperger scritto da quella bambina che, nonostante i “normodotati” abbiano messo a durissima prova la sua resistenza, è riuscita a diventare una persona. Non come gli altri, per certi aspetti addirittura migliore.
Con un’immagine di copertina in cui una donna se ne sta in un’enorme bolla che sembra racchiudere un mondo e al tempo stesso separarla dal resto, il libro edito dai tipi di uovonero (casa editrice nata nel 2010, in quel di Crema, con l’intenzione di rimuovere le barriere che limitano l’accesso alla lettura sia ai bambini che alle persone con disabilità) porta alla ribalta uno dei tanti lati oscuri della nostra società. E non importa che si viva in Inghilterra, come la protagonista e autrice di questa storia, o in Italia: il problema sembra essere transnazionale, basta guardarsi intorno.
Si tratta della incapacità di interessarsi a qualcuno che non utilizza i nostri codici di comportamento. Si tratta della chiusura aprioristica verso qualcuno che non è come dovrebbe. Questo libro ci racconta com’è stare dall’altra parte, essere uno di quei qualcuno che vengono emarginati nel migliore dei casi, quando non addirittura puniti, perché, ad esempio, non riescono a rispondere correttamente a un saluto. Questo libro ci racconta com’è vivere vent’anni con la sindrome di Asperger prima che un’insegnante illuminata se ne accorga; vivere vent’anni in una scuola e in una realtà familiare di cui non si comprendono le regole e nella quale, di conseguenza, ci si sente come un bambino con qualcosa che non va.
Leggendo il libro di Clare, non ho avuto difficoltà a immedesimarmi nella dolorosa frustrazione che lei e i molti come lei, le cui testimonianze sono all’interno del libro, hanno provato per una lunga parte della loro vita, almeno fino al momento della diagnosi: tutti, intorno a te, ne fanno una questione di buona volontà – ‘se ti impegnassi di più, riusciresti a farlo’, ‘non c’è niente che non va in te, devi solo darti da fare’ - con il risultato di farti sentire stupido o pazzo per il semplice motivo che non riesci a fare qualcosa che per gli altri è molto facile, e non hai idea del perché non ci riesci.
La sindrome di Asperger, la sindrome degli autistici ad alto funzionamento, non è facile da diagnosticare e lascia coloro che ne sono colpiti alla berlina di un mondo che non è pronto ad avvicinarsi, a comprendere e ad accogliere le persone che hanno abilità diverse; l’arroganza di una società che decreta alla maggioranza il potere di decidere cosa è giusto e cosa non lo è, determina l’esclusione e la condanna di chi non è ‘conforme’. E poco importa che queste persone, almeno fino a quando non prendono coscienza del fatto che i disturbi che li affliggono hanno un nome e possono essere affrontati, guardino con occhi stupiti l’incredibile realtà che sta loro di fronte, senza riuscire a capacitarsi del perché esistano certe dinamiche relazionali e comportamentali, senza riuscire a capire che cosa esse significhino per quelli che stanno loro intorno. Per una persona con sindrome di Asperger, gli alieni siamo noi.