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“Tutto sommato va bene anche così”
Revolutionary road è il pantano della classe media. Romanzo ambientato nei sobborghi benestanti di New York negli anni ’60, raffigura quella palude dove annegano le ambizioni di chi non sa bene cosa fare della propria vita, di chi non maneggia con disinvoltura le proprie ambizioni. Piccoli avvenimenti per piccole vite, per piccole persone. Il sogno americano si arena in queste sabbie mobili, di chi non trova il suo posto nel mondo.
Frank e April Wheeler, la giovane coppia di sposi con due figli di cui si raccontano le vicende fino al tragico epilogo, coltivano una tensione oscura sotto l’apparente vita “normale”: perché non tentare nuove strade? Perché non accendersi nuove possibilità? Perché rinunciare a credere di essere speciali?
Frank e April ci credono per un po’, oh sì, si convincono di potercela fare, ma poi il disorientamento, l’improvvisazione tutta sbagliata, tutta deragliante, tutta isterica, prendono il sopravvento e condizionano gli eventi, in questo romanzo che non lascia scampo, che sopprime la volontà di cambiamento quando non alimentata da una determinazione feroce .
C’è anche il pazzo che dice la verità a tutti, che disvela segreti e meschinerie, che sottolinea la follia di una vita al di fuori delle convenzioni: non è una trovata così originale, ma conferisce al romanzo una forte spinta centrifuga, con i personaggi che continuano a schizzare via dal centro senza considerare i loro limiti e si trovano costretti ad affrontare la tragedia che soffoca tutto, quando lo fanno.
Un romanzo sull’impossibilità di uscirne fuori e di prendere un secondo treno.