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Dal matrimonio c'è da aspettarsi di tutto
La storia incredibile di un matrimonio a suo modo incredibile, raccontata non come un colpo di scena sensazionale, ma come una semplice alternativa di fronte alla quale mettere la propria vita. E decidere. Il passato che ritorna o il futuro che s’impone?
Siamo ai margini di San Francisco, ancora nell’eco della seconda guerra mondiale, in un quartiere di ex-militari; una coppia come tante, una casa come tante, un figlio. E una porta, come nell’immagine di copertina, che si spalanca su una stanza, nella quale si intravede un’altra porta, aperta pure questa: più simile a un buco nero che forse non si è mai chiuso.
“Crediamo tutti di conoscere la persona che amiamo.” Le parole dell’inizio folgorano il lettore e lo scaraventano in uno stato di attesa e di perplessità. In realtà è solo il disegno dell’esistenza, sono le linee che ciascuno traccia, che mano a mano vengono a comporsi in qualcosa di sempre più definito: se ci si accorgesse di avere sbagliato, non basterebbe girare pagina e ricominciare, o accartocciare il foglio e spingerlo lontano dal proprio tavolo di lavoro.
Questo romanzo, scritto da un uomo che racconta attraverso la sua protagonista femminile, e poi, piano piano attraverso gli altri due attori, che prepotentemente muovono i fili come burattinai occulti, parla di sentimenti, e non ce n’è di giusti e di sbagliati, di autentici o fuorvianti: c’è la verità di tutto l’amore di cui si è capaci. Con una scrittura piana, su un livello più alto del reale, più raffinato e potente. Un modo di descrivere che sembra voler costruire un modello di cartone della scena, personaggi, luci, suoni che acquistano tangibilità, vita propria ad ogni riga. Da rileggere.