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L'ombra di quel che eravamo
Tre amici si ritrovano in una vecchia officina di Santiago del Cile. Hanno alle spalle una militanza politica di sinistra ai tempi di Salvador Allende, poi costretti all'esilio o alla clandestinità. Il tempo li ha cambiati; chi ha la pancia, chi non ha più la chioma rigogliosa, chi stenta a riprendersi da una delusione amorosa. Sono convocati da un non meglio precisato "specialista" per compiere una nuova, ultima azione rivoluzionaria; una rapina, e nell'attesa ricordano, con nostalgia, rimpianto, tra dolore e ironia i tempi passati, le speranze, ma anche le torture subite.
Il destino ci mette lo zampino e lo specialista non arriverà, colpito da un giradischi scagliato fuori da una finestra nel bel mezzo di una lite coniugale ed è proprio con l'autore del lancio del giradischi, una vecchia loro conoscenza che proveranno anche questa volta a giocarsela. Intanto un poliziotto indaga sulla misteriosa morte dello "specialista"...
Una storia, intricata e divertente. tutto il romanzo è intriso da un'ironia affettuosa e commossa del ricordo, una generazione e le sue utopie, il coraggio e la fiducia nella realizzazione di un sogno. Ma anche il risveglio brusco inflitto dall'orrore imposto da Pinochet e dalla violenza della dittatura, la solitudine dell'esilio e della clandestinità... E poi c'è l'oggi: una normalità posticcia, viene detto nel romanzo, una normalità che sta scuotendosi dalla rimozione praticata a lungo dai governi democratici.
Luis Sepúlveda presenta con leggerezza ed ironia, contenuti duri. La sua drammatica testimonianza personale, il ricordo delle torture e degli orrori, più volte narrato, qui si fa rielaborazione interiore compiuta e limpida. Un libro importante, da leggere, per chi ha ancora lucida memoria della tragedia cilena e per chi, troppo giovane, ne sa poco perché molto poco gli è stato raccontato.