Dettagli Recensione
L' incomunicabilità delle memorie, tutte le vite.
Il romanzo di Coe, ormai consueto esempio di una narrazione impeccabilmente rispettosa del senso del romanzo europeo moderno (per intenderci, da Joyce ad oggi) , delizia la voglia di forma con il ritmo delicato e forte quanto la memoria e i suoi malinconici, inevitabili artigli. Lo troviamo in libreria nell' intensa e ottima traduzione di Delfina Vezzoli.
Questione assai cara all' autore: la saga famigliare, gli abissi della perdita, i recuperi, le lontananze, l' ineffabile sentimento che lega gli esseri umani allo scorrere delle loro vite.
Confesso che leggendolo, tra tutte le altre cose, ciò che mi colpisce maggiormente è la comparazione mirabile che Coe riesce a mettere sul piatto: la storia e la melodia che costruisce una trama per chi ha voluto o ha avuto la fortuna di ascoltare.
Una insegue l' altra e l' altra fugge, come spesso accade nelle cose dell' amore. Una staffetta in cui la promessa di scambio di rado viene mantenuta dai protagonisti ma che sempre si ritrova su piani diversamente leggibili e intraducibili se a tutti i costi si volesse rimanere legati, certezza illusoria, ad un unico linguaggio.
La narrazione è forte, in questo romanzo; nello stesso tempo, la commozione e l' emozione che le vicende trasmettono, paiono deflagrare, come un lungo pianto o una ambigua risata nervosa, in un vorticoso balletto di frantumi, proprio nell' attimo in cui la priorità vanitosa che ci caratterizza e ci condanna, ci imporrebbe di trattenere l' istante di bellezza o la fitta pungente di turbamento. Forse è questo il sentimento più prossimo a quello che Gill intuisce aspettando una telefonata, nelle ultime pagine:
"Gill riattaccò e rimase lì in piedi stordita, in mezzo alla cucina, con i pensieri che ancora le mulinavano in testa. Un mosaico fatto di...coincidenze? Era questo che erano, tutti loro? Se solo fosse riuscita a prendere le distanze, per vedere il disegno più chiaramente. Ma purtroppo stava diventando ancor più confuso (...)"
Le immagini fotografiche che Rosamund racconta utilizzando un registratore, trasmettono certo un fardello emotivo ma nel contempo il mezzo stesso, e il tempo che è trascorso, impongono la consapevolezza della distanza: la nostalgia. E ce lo suggerisce direttamente l' autore. Quel senso dolce e pungente di qualcosa che non ritorna ma che è stato e noi non possiamo far altro che cullare quella dolcezza di cose perdute dentro le nostre e altre vite, tenerla come un tesoro doloroso ma inevitabile.
Forse la stessa inevitabilità che viene dichiaratamente conferita alla figura ritratta di Imogen :
"Non è miracoloso , che sia riuscita a cogliere tutto questo - a cogliere lo spirito di una persona, a esternarlo, a renderlo permanente e immutabile, usando niente di più di una miscela di pigmenti e olio vegetale? Lo trovo notevole ciò che può fae un artista. L' hai colta in pieno, dissi allora a Ruth. Hai catturato la sua essenza. Lei non aveva una grande opinione del quadro, come ho detto. 'Cosa vuoi dire?' rispose 'E' solo una somiglianza' .Era una delle sue parole più sfavorevoli, più negative - 'somiglianza' . 'No', insistetti. E' più di questo. Hai detto qualcosa di Imogen in questo quadro. Hai dimostrato qualcosa su di lei'
Ruth trovò da ridire sul mio modo di esprimermi e mi chiese cosa avesse dimostrato esattamente quel quadro. Al che risposi che aveva dimostrato la tua inevitabilità."
Il tempo, il tempo è, lì, altrove, dove e quanto. Noi ci passiamo dentro e lui ci attraversa e ci consuma, lasciandoci sì, qualcosa che se ne va con noi e se ne abbiamo la forza e ce ne prendiamo lo spazio, ne diamo il residuo a qualcuno. Un residuo, che a quel punto è impastato con la nostra identità, con la qualità unica che fa di noi esseri unici; ognuno di noi è un mondo, tutte le vite sono diverse.
Il libro che ho tra le mani è ricco di immagini ma anche di traduzioni di sensi (un altro modo per raccontare una metafora, se vogliamo) In particolare l' immagine che segue mi fa pensare, se chiudo gli occhi, ad un evento noto e appartenente al periodo delle avanguardie dell' arte figurativa del XX secolo. Naturalmente, l'immagine che ha forma nella mia memoria, è mediata dal mio immaginario e da altre coordinate:
"e adesso la quinta fotografia per te, Imogen. Un paesaggio invernale. Il parco giochi di Row Heat, a Bournville, in una delle giornate dei primi gelidi mesi del 1945 (...) In primo piano, imbacuccate in giacconi pesanti e berretti di lana, ci sono due figure: io , a undici anni, e Beatrix, a quattordici. Beatrix stringe un guinzaglio nella mano sinistra a cui è legato Bonaparte, seduto impaziente ai suoi piedi. Entrambe le ragazze sorridono felici, ignare del disastro che sta per abbattersi su di loro. (...)
Qui è dove possiamo vedere il terzo strato della fotografia -le figure dei pattinatori. Alcuni sono ritratti in movimento, simili a macchie confuse che sfrecciano davanti all' obiettivo; altri sono colti in strani momenti di immobilità scomposta: le braccia spalancate nel tentativo di restare in equilibrio, le ginocchia goffamente alzate a mezz' aria (...) Hanno tutti un' espressione molto intensa, catturati così dalla foto che li ha ridotti a un' immobilità innaturale, proprio mentre sono ale prese con un' attività dinamica e allegra come pattinare sul ghiaccio - simili alle figure imbalsamate nel fiume di lava a Pompei, catturate nel momento dell' ultima lotta prima della morte (...) ...tutto accadde in un attimo. Beatrix decise che era ora che Bonaparte facesse un ò di sano esercizio. Liberò la stupida bestia dal guinzaglio, e aspettò che cominciasse a correre in tondo, come amava fare di solito. Questa volta, però, Bonaparte fece qualcosa di totalmente diverso. Senza esitazione, sfrecciò via verso il perimetro del parco, in una linea perfettamente diritta. (...)All' inizio lo osservammo, tutti e tre sorridendo, contenti di assistere a quello sfogo di energia compressa. Correndo sollevava piccole folate di neve con le zampe. Poi, nel giro di pochi secondi ci rendemmo conto di quel che stava accadendo. Bonaparte non si sarebbe fermato, non sarebbe tornato indietro (...)"
"La pioggia prima che cada" è un segno; la pioggia cadrà ma gli istanti odorosi e i segnali luminosi restano impressi nella coscienza dei sensi, come in una foto che si può rivedere, sempre che si rimanga nel tempo biologico per poterlo fare. Voglio concludere con un omaggio alla voce che ci racconta le immagini ("questo è per te cara Rosamund, per ricambiare il dono stupefacente di aver raccontato") E' una frase di Jung:
" Virtù non è il dominio e l' eliminazione delle immagini, bensì dare loro un ordine".
(recensione pubblicata sulla rivista online "Spigolature" )
Indicazioni utili
Turno di notte, Waters
L' età verde, Mishima
La famiglia Winshaw, Coe
Il capro espiatorio, Du Maurier
Commenti
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Ordina
|
grande Dany!!!
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Ivan