Dettagli Recensione
un libro terapeutico
Che cosa succede a un uomo se perde il talento che ha fatto di lui un grande attore? Se a un dato momento della sua vita artistica sente che non è più in grado di calarsi nei panni di qualcun altro senza la netta consapevolezza di essere ridicolo e suscitare lo stupore maligno del pubblico venuto a osannarlo? Nel caso del protagonista dell’ultimo folgorante romanzo di Philip Roth, L’umiliazione, succede che non è affatto facile accettare questa nuova condizione. E infatti, fin dal suo primo apparire sul proscenio del romanzo, Simon Axler, mostro sacro del teatro drammatico newyorkese, è sull’orlo di una perniciosa crisi di nervi. Al punto che i precedenti successi a teatro come nella vita, che pure non sono mancati, è come se non fossero mai esistiti. Solo i fallimenti, solo le sconfitte sembrano far cassa al cospetto di questa nuova, umiliante condizione di uomo privato del suo talento di artista.
Axler scopre che la limacciosa sensazione di inadeguatezza è la condizione di molti esseri umani, uomini e donne, giunti al capolinea dopo una vita di tribolazioni. Illuminate a questo riguardo il periodo in una clinica psichiatrica, dove conoscerà altri come lui, per giunta senza i suoi successi alle spalle, che sono lì perché il pensiero di farla finita stava per avere il sopravvento. Come Sybil la casalinga, che prima di fare i conti con se stessa, vorrebbe regolarli con il marito famoso che ha abusato della figlia. Dal giorno in cui scopre il marito con la bambina, Sybil capisce che la sua la sua psiche non sarà mai più le stessa a causa dell’oltraggio subìto, perciò non esita a chiedere ad Axler di fare il lavoro sporco per lei come se questa fosse una richiesta del tutto normale.
Fra le persone messe fuori uso dall’esistenza ricorrono sogni comuni. C’è chi sogna di rendersi ridicolo a teatro e chi si sogna nudo in posti affollati. Essere inadeguati a se stessi e agli altri, come se all’improvviso tutto quello che facciamo, perfino la cosa più banale, agisse in noi con il preciso scopo di smascherarci di fronte agli altri che ci giudicano.
Prima però di seguire il protagonista fino al fondo della sua discesa agli inferi, Roth sembra volerci ricordare che l’istinto di sopravvivenza può aprire parentesi salvifiche, allorché ci illudiamo di aver trovato quello che occorre se non per ribaltare almeno per tacitare la forza oscura che ci sta trascinando sempre più in basso. Per Axler la parentesi ha il nome di una donna, Peegen. A costei si aggrappa come un naufrago. A quarant’anni Peegen non è più giovane ma è molto più giovane di lui, che ne ha 65. Per Axler però la differenza d’età non è un problema. Nemmeno è un problema il fatto che la donna è figlia di due vecchi amici. Nemmeno che Peegen non sia mai stata con un uomo prima di lui, perché lesbica.
Prima della loro relazione, Axler pensava che la ragazza fosse nel giusto a seguire la propria inclinazione sessuale e non il suo opposto. Ora si illude o, meglio, quando lei decide di porre fine all’esperimento sbagliato, capisce di essersi illuso che la scelta con lui fosse altrettanto percorribile.
La parabola disegnata da Axler si potrebbe forse trasformare in un cerchio se tornassimo un attimo al punto di partenza, quando ci chiedevamo che cosa succede se un uomo perde il talento. Partendo di qui potremmo chiederci: se il talento lo si può perdere così inopinatamente, forse lo si può anche acquistare così, all’improvviso? Nel senso, ci può essere una prima volta anche per il talento, o no? Ci piace pensare che quello che ci può venir tolto con tanta destrezza giorno dopo giorno dalle fatiche della vita, lo possiamo giorno dopo giorno sentir crescere dentro di noi come frutto di un lavoro interiore. Come frutto del nostro leggerci dentro, in compagnia di uno strizzacervelli oppure no oppure ni… nel senso di per un po’.
Del resto, l’analista esperto nel lavoro con gli attori viene proposto ad Axler dal suo agente. Ma nel dramma che gli ha confezionato Roth, Axler ha il destino tracciato. Il biglietto da visita dell’analista verrà dimenticato fra le prime pagine di Lungo viaggio verso la notte, un celebre dramma americano dal titolo chiaramente evocativo, in cui il Nostro avrebbe potuto tornare a recitare nella parte di un padre senza più amore per nessuno.
Philp Roth, L’umiliazione
Einaudi, Torino 2010
€ 17,50