Che tu sia per me il coltello Che tu sia per me il coltello

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Primrose Opinione inserita da Primrose    21 Ottobre, 2020
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AMORE E COMPASSIONE

In occasione di una festa Yair nota Miriam, un viso tra tanti in un gruppo di persone, uno sguardo e una postura che raccontano il bisogno di isolarsi dalla realtà. Nasce in lui la necessità di confidare a questa donna ciò che non è mai riuscito a rivelare nemmeno a se stesso. E’ l’incontro di due sconosciuti, l’inizio di una relazione scandita dal ritmo delle parole, tratteggiata dall'inchiostro di una penna che la notte non riposa. Si cercano, si studiano e si trovano in un mondo che fiorisce silenzioso e impalpabile ai limiti dell’immaginazione, dove i contorni della realtà si sfrangiano per lasciar spazio ai sogni. Yair e Miriam sono due persone all'apparenza diverse: lui, impulsivo, infantile e insicuro; lei pacata, riflessiva e generosa. Distanti nel carattere eppure simili nelle cicatrici, quasi identici nel tentativo di anestetizzare le proprie ferite affogandole nella monotonia quotidiana. Due cuori allo specchio che si sfiorano timorosi di toccarsi e di abbracciarsi. È insolita e anacronistica la scelta di comunicare tramite lettere eppure il messaggio ricamato sulla trama di queste pagine pare cucito su misura per una realtà materialista e corporea come la nostra, in cui la forma prende spesso il sopravvento sulla sostanza e l’apparire conta più dell’essere. Conoscendo Yair e Miriam si ha la percezione di tuffarsi in un pozzo di sentimenti dal quale emerge, prima fra tutte, la difficoltà di regalarsi agli altri senza filtri e senza maschere, privati dello schermo protettivo della nostra stessa pelle, nudi, fragili e inermi. Non mi limiterei a parlare di un racconto d’amore. Questo è un viaggio introspettivo nei meandri più nascosti della natura umana, in cui EMPATIA e COM-PASSIONE diventano protagoniste e poesia e musica si prendono a braccetto, orchestrate dalla sensibilità di David Grossman. Occorre leggere e rileggere questo romanzo, divorare ogni sua parola perché le lettere di Yair possano frugare come un coltello dentro la nostra anima, sbriciolarla e ricomporla pagina dopo pagina più vigorosa di prima “usando gli stessi pezzi e migliorandone il risultato”. E nella luce di una nuova autoconsapevolezza scopriremo anche noi che “è impossibile non essere belli quando si è felici”

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Kvothe Opinione inserita da Kvothe    14 Mag, 2020
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IL COLTELLO CHE NON HA FUNZIONATO

Non so bene dove iniziare per scrivere di questo libro. E’ un romanzo epistolare scritto in maniera particolare che ho faticato a leggere e ad andare avanti, l’ho trovata una lettura ostica. Non mi sento di consigliarlo. Non è il classico libro che dici “o ti prende o non ti prende” perché c’è altro.

Libro molto famoso e citato tanto ma purtroppo non sono riuscito ad entrare in sintonia con i personaggi e anche se ho trovato originale come scritto, non mi ha convinto e con me non ha scavato chissà che. Non lo ritengo un libro pessimo perché del contenuto c’è ma se ovviamente dalle parole scritte (anche le più belle) mi arriva poco o nulla non ne posso avere un’opinione elevata. Il coltello con me non ha funzionato.

Li ho trovati abbastanza fastidiosi i protagonisti e se in certi romanzi anche se fastidiosi guardando l’insieme si riesce a provare qualcosa qui non è accaduto. E’ una lettura unidirezionale all’inizio e per questo ardua, poi si scioglie e scorre più velocemente. All’ inizio non c’è diciamo quell’attimo di respiro e di botta e risposta che ti aspetteresti da un romanzo epistolare e questo infiacchisce la fluidità. In generale non è la fluidità che mi fa piacere un romanzo ma quello che mi trasmette. Sì ci sono bei pezzi e belle frasi ma i protagonisti mi sono rimasti sempre indigesti e non mi hanno scavato in profondità.

Non so, l’ho trovato un po’ troppo artefatto in certe lettere e il linguaggio usato a volte mi ha infastidito. Ovviamente è una mia opinione personale. Non credo leggerò altri romanzi di questo di autore.

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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    18 Ottobre, 2016
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Non credo che “ Che tu sia per me il coltello” sia esattamente una storia d’amore. Del resto il riferimento alla frase Che tu sia per me il coltello con cui frugo dentro me stesso è abbastanza chiaro. Forse il romanzo contiene anche una storia d’amore ma è soprattutto una richiesta d’aiuto di un uomo che sta morendo congelato e disidratato per le ferite del suo passato a una sconosciuta che non si capisce perché dovrebbe corrispondere con lui mancando completamente nel loro gioco la molla dell’attrazione fisica (lei non sa chi è lui), sostituita probabilmente dalla curiosità per la situazione anomala. Il romanzo quindi è in forma epistolare (richiama le lettere a Milena di Kafka)e le lettere per la maggior parte del libro sono quelle di lui mentre le lettere di lei sono solo citate e vengono riportate solo dopo che finiscono le lettere di lui. Le lettere sono o vogliono sembrare d'amore. Le lettere di lui sono cioè d’amore ma contengono la strana richiesta di restare lettere e non diventare mai incontri, cosa che fa sorgere dubbi sulla loro vera natura. Le regole del gioco amoroso letterario sono infatti che i due non devono incontrarsi mai e che in un dato giorno smetteranno di scriversi completamente. Le lettere di lui sono molto belle, e all'inizio il romanzo mi è sembrato bellissimo. Forse poteva essere tagliato, nel senso che dopo un po' la lettura diventa un tantino esasperante e ripetitiva. In ogni caso i due riescono a creare un universo parallelo dove si sta bene, fin troppo bene e non si capisce il motivo della data di scadenza della loro corrispondenza. Sembra che lui sia un habitué dell’amore virtuale e cambi donna come un bravo orologiaio fa girare le lancette dell’orologio per un suo bisogno di femminilità che non è una esigenza sessuale ma mentale. Dopo alcune lettere di lei a lui, che però non le risponde più, arriva il finale criptico in cui anche la scrittura si ingarbuglia e c'è una telefonata reale di lui a lei e la narrazione diventa confusa in un alternarsi dei pensieri di lui e di lei. Lui sembra impazzito e le telefona, dopo tante lettere d'amore, per dirle che ha chiuso il figlio fuori casa al freddo e non intende farlo entrare. Si sente l'angoscia del tempo che passa, del freddo, di lei che non sa che fare, della pioggia che cade. Io credo che il finale sia chiaramente simbolico. Penso che il bambino stia a rappresentare una parte dello stesso essere umano che deve essere accolta e amata. Lei è stata scelta da lui come corrispondente in quanto madre in grado di accogliere e curare il bambino congelato che sta in lui e salvarlo. Io voglio credere che lei ci riesca, cioè mi fa piacere pensarlo anche se il finale non è del tutto chiaro. In effetti l'amore quando è amore non ha bisogno di niente altro che di esserci e in un certo senso può non essere molto diverso esserci come madre o amante. La gravidanza di lei mi pare simbolica di questo strano rapporto che consiste nell'accogliere il bambino Yair. Il finale è abbastanza a sorpresa dopo una storia che sembrava nella sua mancanza di avvenimenti molto lineare. E la richiesta d’aiuto e di amore è tenera e lancinante, più di quanto apparisse dalle lettere.

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Amante di Libri Opinione inserita da Amante di Libri    06 Settembre, 2016
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“Amore è il fatto che tu sei per me il coltello co

“Ma io credo, con tutti il cuore, che ci sia un luogo, forse non il giardino dell’Eden, in cui potremo stare insieme. Un luogo che nella realtà non è più grande di una capocchia di spillo, per via delle inevitabili restrizioni; ma per noi sarà grande abbastanza, e lì potrai essere te stesso, chiunque tu sia. Solo di una cosa non sono ancora sicura, ed è questo che mi frena: forse non sei in grado di credere che esista al mondo un luogo in cui tu possa essere te stesso, e sentirti amato. (Perchè, se è così, non crederai mai che qualcuno possa amarti.)”

Ho portato questo libro con me ovunque in questo mese: al mare, in gelateria ma non riuscivo proprio a finirlo. Un agonia assurda, sia per le emozioni che mi scaturiva sia per la storia. Ho provato nei suoi confronti sentimenti contrastanti.
Frasi come questa che apre la mia recensione mi spinsero a decidere di acquistare e leggere questo libro. Frasi, che a mio modesto parere, lasciano il tempo che trovano ora che ho finito il romanzo. Devo partire con l’affermare che la mia non sarà una recensione positiva del romanzo. Partiamo con ordine.

Che tu sia per me il coltello è un romanzo scritto da David Grossman nel 1998. Il titolo riporta a mio parere un chiaro riferimento alla frase scritta da Kafka in una lettera indirizzata alla sua amata Milena: “Amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui frugo dentro me stesso”. Alquanto sublime e profonda. Credo, difatti, che l’autore con tale titolo e palese riferimento più volte nel romanzo, egli volesse sottolineare la stessa natura del rapporto che vi era tra Kafka e Milena con quello tra Yair e Myriam. Assistiamo da entrambe le parti ad un rapporto platonico alimentato solo da lettere confuse e molto spesso inviate da un solo destinatario. La prima parte del libro si concentra su Yair, egli descrive come in un gruppo di persone la figura di Myriam si fosse elevata e fatta notare, portando ad isolare il suo sguardo. Così le scrive una lettera proponendole un rapporto profondo, aperto ed intenso senza vincoli. Ovviamente, si parla di un rapporto epistolario che si presenta sotto forma di supplica accolta da Myriam, la quale si sente sedotta ed incuriosita. Inizialmente, sarà un rapporto unidirezionale in quanto Yair inizia a scrivere ed inviare in maniera ossessiva lettere a Myriam, raccontandogli tutto ciò che fa. Successivamente, questo rapporto per lui si trasforma inizia a sentire il bisogno di scriverle, di aprirsi a lei. Sente che solo lei lo comprende (nonostante l’appagante rapporto con la moglie Maya) aprendo in lui un varco profondo, squarciando la sua anima e frugando dentro di lui come appunto fa un coltello. Pian piano Myriam diventa indispensabile nella sua vita.
“I tuoi occhi così tristi-magari sapessi il motivo-che tuttavia, in ogni lettera, sento pronti a illuminarsi, a spalancarsi. I tuoi occhi alla Giulietta Masina. E con quello sguardo mi chiedi ancora: chi sei? Non so, vorrei essere chiunque il tuo sguardo vede in me. Sì, se solo non avrai paura di vedere- forse sarò.” La seconda parte si apre con lo sfogo di Myriam racchiuso in un quaderno dove inizia a ricopiare le lettere ricevute da lui prendendo coscienza di esserne innamorata, grazie all’intuizione del marito Amos. Tuttavia, la sua condizione di madre di un figlio affetto da una malattia che non viene specificata nel libro la porta a non vivere pienamente la sua condizione di donna confusa. Le mie impressioni sul romanzo sono queste: Innanzitutto, trovo abbastanza pedante e noioso il fatto che il libro si basi per buona parte sulle lettere di Yair. Trovo che il suo interesse nei confronti di Myriam ossessivo e soprattutto carnale (difatti, non fa che ripetere nelle prime lettere quanto desideri averla fisicamente e giacere gridando il suo nome), non rivedo nelle sue parole, parole d’amore. Il linguaggio utilizzato dall’autore tutto sommato è molto semplice ma la struttura del libro provoca confusione al lettore. Non si comprende a cosa si riferisca, in quanto non abbiamo la presenza delle lettere di Myriam. Trovo anche ingiusto il fatto che il confronto tra i due personaggi avvenga solo alla fine del personaggio e che non ci sia un chiarimento e dialogo aperto sui loro reali sentimenti.

Il personaggio di Myriam è ciò che salva il libro è una donna forte che riesce a fronteggiare le difficoltà della vita e anche se dalle lettere di lui traspare una figura altezzosa, essa in realtà non lo è. E’ affettuosa, magnanima e benevola non solo nei confronti del figlio ma anche nei confronti di Yair. Tuttavia, comprendo e non comprendo nello stesso tempo il perchè non abbandoni tutto e viva appieno i suoi sentimenti. Il senso di responsabilità nei confronti della sua famiglia la fa apparire una martire costretta a reprimere tutto.

La pioggia finale è abbastanza simbolica, un fiume di lacrime per un rapporto non vissuto. Molte persone hanno trovato questo libro un capolavoro, per carità ognuno di noi ha gusti differenti ma devo dissentire. E’ un libro logorroico, poco avvincente e per nulla accattivante, sorretto e salvato dalle geniali frasi buttate qui e lì che ti penetrano lentamente nell’animo. Ne consiglio la lettura a tutti coloro che non hanno fretta e hanno la pazienza di arrivare sino alla fine. Bisogna essere di uno stato d’animo tranquillo, forse è quello che mi ha fregato o il totale disprezzo per le lettere di adorazione del protagonista. Ciò non toglie che il titolo del libro e la copertina rimangono le cose più affascinanti e che tutt’ora oggi alla sola vista mi emozionano. Il detto mai giudicare il libro dalla copertina, mi sembra quanto più possibile da applicare a tale romanzo.

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Per chi ha letto Lettera a Milena di Kafka
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Martina S. Opinione inserita da Martina S.    12 Giugno, 2016
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Soltanto lettere di "adorazione"

Forse è stato un mio problema, ma ad un certo punto durante la lettura di questo libro, non riuscivo più a distinguere ciò che era reale e ciò che era frutto dell'invenzione dei protagonisti. Inoltre, spesso, non riuscivo a trovare un filo logico nei discorsi. Ho proseguito la lettura circa fino alla centesima pagina, poi mi è stato impossibile continuare. Fino al punto dove sono arrivata, è soltanto una serie di lettere scritte da un uomo, Yair, ad una donna, Myriam. L'uomo scrive lettere di "adorazione" a questa donna semplicemente perché un giorno la scorge da lontano e nota che ha la tendenza ad isolarsi dagli altri. Questa storia è del tutto inverosimile, come se si trattasse di un amore platonico, a tratti davvero incomprensibile e ripetitiva.
Le uniche sfumature positive di questo romanzo, se così può essere definito (dato che in realtà è una raccolta di lettere), sono il registro linguistico e lo stile di scrittura che ho apprezzato.

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irenecarmina Opinione inserita da irenecarmina    09 Settembre, 2014
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CAPOLAVORO STRUGGENTE

Come una lama affilatissima e silenziosa, che tu sia per me il coltello è stato in grado di incidere il mio percorso esistenziale più di ogni altro libro. Intenso, struggente, logorante, non è di facile lettura, ma è uno schiaffo che fa male, un viaggio nella profondità dell'animo umano, un dolore al petto. Grossman è un paroliere eccezionale e la sua sensibilità nel delineare le sfumature psicologiche dei protagonisti è magistralmente straziante. Myriam e Yair si sanno senza conoscersi, si amano senza corpo, si appartengono senza aversi. è un grande libro d'amore e di parole, forse il più grande. Di sicuro, quello a me più caro.

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Se amate oltre voi stessi, se l'amore è lama dolce che vi trafigge allora vi farete del male leggendo questo capolavoro, che è getto d'alcool su una ferita aperta. Ma una ferita, si sa, ha solo bisogno di alcool.
E alla fine del libro, soli distrutti e abbandonati da Grossman, vi chiederete: Myriam dove sei? Yair perché?
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umberto.94 Opinione inserita da umberto.94    01 Marzo, 2014
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ermeneutica e dialettica nella metafora coltello

La recensione che scriverei è su "Che tu sia per me il coltello" di David Grossman; edizione della collana Oscar Mondadori, Milano 1999 tradotto da Alessandra Shomroni.
In realtà quanto riportato dalle numerose recensioni sul testo mi sembra già talmente ampio ed in larga parte da me condiviso da rendere superflua una ulteriore critica se non una critica (giusto per sottolineare un aspetto a mio parere fondamentale) alle critiche.
In molti commenti colgo una generale tendenza a definire irreale il non-luogo in cui si collocano le vicende di Yaìr e Myriam. Invero nulla vi è di più reale, concreto e del rapporto tra i due. La realtà a cui mi riferisco è la realtà della verità possibile-fondata-conoscibile solo-nel-attraverso il Linguaggio. Nell'opera di Grossman aleggia senza essere descritta (la descrizione è heideggerianamentte un porre-fuori-da-sé) l'ermeneutica più pura, il concetto che "il linguaggio fonda il mondo". Non è un caso che i due corrispondenti possano 'percepire' l'uno i sospiri, gli sguardi e i pensieri dell'altro. Quello che accade è generato dal linguaggio stesso che lo esprime esattamente come il linguaggio esprime la concretezza materiale di due vite che sono reali perché fondate per e nel lógos che intende il fenomeno come "svelamento". E ancora, ciò che di irrazionale si incotra è tale perchè è razionale solo ciò che nell'assoluto riconosce la contrapposizione e dialetticamente la supera. "Nascondi a Maya il mondo della tua immaginazione e a me quello della tua realtà. Come fai a destreggiarti fra tutte quelle porte che si aprono e si chiudono? E qual è il luogo in cui vive veramente, una vita completa?”. Ecco, in questo breve periodo prodotto dal nervosismo di Myriam per il costante rifiuto di Yaìr di rivelarsi, l'esplicitazione di una realtà troppo significante dal significato ancora in fìeri a causa di una completezza assente raggiungibile solo mediante l'aspetto fisico della vita. Completezza che compresa rende Razionale (ragione a questo punto in termini praticamente hegeliani) l'intellettuale e l'estetica (intesa come conoscenza del dato empirico).
Dunque da un lato in entrambi i personaggi la frequentazione epistolare completa il loro 'bilancio esistenziale' nei suddetti termini, dall'altro sempre per i motivi sopra indicati esso non è sufficiente a se stesso.
Ed ecco il coltello. Questo tagliare, scalfire il rivestimento della quotidianità e l'infrazione del senso del pudore a cui siamo assuefatti e che ci permette di mitizzare noi stessi per svelare quanto difficile sia invece il rapporto umano (sia con gli altri che con-in noi stessi).

Il risultato non può che essere un'opera a dir poco travolgente in cui lo scontro tra possibilità e necessità, biasimo ed elogio, contingenza e idealità rende impossibile una lettura diataccata e serenamente superficiale

Tuttavia è un testo intriso anche di psicologismo. Per quanto riguarda il travaglio conscio ed inconscio di Yair e di Myriam dovuto rispettivamente ad un padre e ad una madre decisamente non all'altezza di un figlio e alla loro differenza dai relativi contesti di vita cedo volentieri la parola a chi è in grado di parlarne con il lessico appropriato. Io mi limito a percepire quest'altra forza pontentissima che sprigiona ogni frase dei due e a pensarci su.

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antonelladimartino Opinione inserita da antonelladimartino    30 Gennaio, 2013
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Un po’ troppo per essere amore

Una donna sconosciuta fa un gesto. Un uomo rimane colpito da quel gesto, semplice ma evocativo. Nasce qualcosa, un’esigenza di dialogo. Inizia così una corrispondenza insolita.
Iniziamo leggendo soltanto le parole di lui, che dà inizio allo scambio.

Lui cerca di mantenersi privo di identità, nella speranza di costruire un mondo nuovo, piccolo ed esclusivo, interiore ed estraneo alle mura di casa e al cielo del quotidiano. Lui desidera un mondo di parole, ritagliato su misura per due. Inseguendo i desideri, le parole danno voce ai ricordi nascosti, ai gemelli più oscuri, alle vergogne che non si possono condividere con chi condivide già la vita quotidiana, la carne, la tavola apparecchiata. Ma dei segni sulla carta forse possono sedurre come il corpo, anzi più del corpo. Le parole diventano nutrienti e preziose “come oro, grano e burro”. Un po’ troppo per essere amore.

I sentimenti, materia prima irrinunciabile per la narrativa, in questo romanzo non sono raccontati, ma trasformati in parole. E i segni sulla carta danno vita a qualcosa che è concreto, qualcosa che trasforma la materia in astrazione. Amore? “Un po’ troppo per essere amore.” Così il dialogo si interrompe; iniziano le parole di lei, che ci trascinano verso un finale drammatico, inaspettato.

La scrittura, sontuosa e lenta, avvolge il lettore in una stretta morbida ma insidiosa. Azzardo il solito paragone culinario: questo libro è come le ostriche crude, un piatto che può piacere alla follia o essere sputato nel piatto con disgusto. I personaggi, i drammi, il passato emergono lentamente dalle parole, che fuggono come le immagini di un film. Le emozioni e il coinvolgimento del lettore crescono insieme alle sorprese.

Non è un libro facile. Non è un libro per tutti, ma lo consiglio a tutti. Vale la pena provare.

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CatehEffy Opinione inserita da CatehEffy    24 Gennaio, 2013
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..IN BILICO..

Devo dire che quando ho iniziato il libro, le prime parti, le ho trovate noiose e opprimenti ed ero tentata a chiuderlo e iniziarne un'altro. A mano a mano che leggevo però ho capito il significato che vuole dare il libro ai lettori, i vari sentimenti dei personaggi che li legano tramite parole, scritte da loro stessi. In se è un bel libro, con un finale inaspettato devo dire. Non so se consigliare o meno questo libro, io dico che a secondo dei propri gusti.
Da precisare che questo libro non ha come base una storia, ma ha delle storie all'interno raccontate dai personaggi che messe insieme formano la storia che è il libro.

Una frase che mi ha colpito molto:
"Amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui frugo dentro me stessa".

Buona Lettura :)

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Lary Opinione inserita da Lary    05 Dicembre, 2012
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L'IRREALE NON E' PER TUTTI

In genere scelgo quali libri leggere in base all’ispirazione del momento, in base a un commento alla radio, o a un argomento che desta la mia curiosità. Raramente affronto un libro consigliatomi . Eppure per -Che tu sia per me il coltello- ho fatto una eccezione.
Non conoscevo la trama né l’autore, e mi sono lasciata “convincere” dal titolo, molto particolare e intrigante.
Mi sono anche lasciata convincere (sbagliando,ora lo so) dalla grande pubblicità che circolava in merito.
Odio quando compro un libro e poi me ne pento, ed è questo uno dei rari casi.
La mia recensione è soggettiva, perché il libro in sé è scritto bene, bella sintassi, bella grammatica, nulla da contestare. Il problema per me è stato che non sono in grado di comprendere libri privi di una trama, privi di un tema, privi di luoghi, e di personaggi con delle storie, con uno scopo.
Il libro, come già scritto in parecchie altre recensioni, inizia improvvisamente con la parte maschile che scrive e scrive e scrive, e io, purtroppo, non riuscivo a capire a chi scrivesse, da dove scrivesse, perché scrivesse. Non capivo la storia passata che ha spinto il personaggio a scrivere, non capivo se stava scrivendo realmente e spedendo le sue lettere a un personaggio reale, o se fosse un interminabile monologo con se stesso.
L’ho portato avanti solo per sfinimento, per poter dire: l’ho letto anche io.
Male.. male.., non si dovrebbe mai leggere con questo scopo.
A metà libro credo, appare la controparte femminile, che a sua volta scrive e pare rispondere a queste lettere. E anche qui non capisco, mi pongo tante, troppe domande: chi sei, dove sei, perché scrivi, cosa ti è successo?
Una tortura.
Chiaramente non sono stata in grado di capire il finale e ho chiuso il libro con l’amaro in bocca. Ammetto il mio fallimento.
Non sconsiglio questo libro perché, ripeto, non è scritto male, ma per chi ama come me leggere di storie con una trama, con luoghi ben raccontati, personaggi con un passato e un presente, non fa per noi.
E’ stata una lettura troppo “irreale” e purtroppo non l’ho apprezzata affatto.
E’ un libro troppo introspettivo, troppo incentrato su due soli personaggi la cui storia ho potuto solo, con molta fatica, immaginare e presupporre.
Non me ne voglia chi ha amato questo libro, ammetto di non esser stata io a comprenderlo, forse sono troppo concreta, non amo leggere elucubrazioni e pensieri astratti.

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Opinione inserita da Alessandro G    15 Giugno, 2012

Una lama che penetra lentamente...

All'inizio non mi piaceva per niente, lo trovavo morboso e noioso e mi trascinavo stancamente pagina dopo pagina. Mi sono anche chiesto chi me l'avesse fatto fare ad iniziarlo, talvolta mi ritrovavo a ridere di ridicolo per quello che leggevo. Mi sembrava che Yair, il protagonista, facesse panegirici patetici verso la sua compagna di penna Myriam solo per nascondere le sue reali intenzioni: portarsela a letto. Ho detestato il personaggio di Yair, trovavo che Grossman a volte esagerasse davvero nel portare a tale livello di esasperazione le elucubrazioni mentali del protagonista. Insomma per buona parte del libro ho pensato che non avrei dato un giudizio positivo su di esso. Il punto di svolta nel giudizio su questo libro è arrivato nella parte della narrazione in cui Yair si condanna ad un esilio volontario a Tel Aviv per "espiare" la colpa di aver perso la testa per Myriam ( e lì compie la sua "purificazione" che poi lo spingerà a prendere definitivamente le distanze dal suo amore visionario). Ma, soprattutto, ho iniziato ad amare davvero il libro quando l'io narrante è diventato quello di Myriam e lo scrittore ha deciso di svelare che in realtà, quello che stavamo leggendo fino a quel momento, non era altro che il diario di Myriam nel quale ella aveva trascritto fedelmente tutte le lettere di Yair. Geniale e davvero chapeau a Grossman per questa finezza narrativa. Il finale del libro comunque è straordinario, la catarsi al cardiopalma dei suoi protagonisti nella parte finale è stata capace di farmi rivalutare il libro intero. E credo che la volontà dell'autore fosse tutta finalizzata a questa corrente ascensionale di emozioni. L'io bambino di Yair è finalmente svelato e portato in salvo dalla vecchiaia precoce di Myriam. Il dolore che ella ha saputo trasformare in polarità di energia poisitiva e da cui egli si è lasciato sopraffare fino a castrarsi tra le righe di una fittissima corrispondenza epistolare come rifugio. Davvero entusiasmante questa idea di Grossman. Il mio giudizio sulla piacevolezza non è altissimo ma in quanto a stile è uno dei libri migliori che abbia mai letto. Consigliato per chi reputa che la nostra parte più vera emerga solo muovendoci a tentoni nel buio dell'inconsapevolezza.

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Domani nella battaglia pensa a me , L'Amore fatale
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leggere libri Opinione inserita da leggere libri    16 Marzo, 2012
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Che tu sia per me il coltello

Non sono in grado di formulare un giudizio coerente su questo libro, che a mio parere è ostico e noioso.
Il personaggio maschile è morboso,inquietante e con qualche turba mentale.
Un romanzo epistolare, troppo riflessivo e introspettivo.
Un amore platonico dove due anime si incontrano scrivendosi lettere, ma che alla fine lascia la sensazione di un amore "malato"...
Che dire...forse si tratta semplicemente di gusti, ma proprio non mi è piaciuto!!

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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    21 Febbraio, 2012
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Fusione totale

La sua è sempre una scrittura molto difficile, che necessita di grande concentrazione. Questo libro è una storia d'amore fra un uomo e una donna, costruita su un rapporto epistolare. E' una grande illusione, fatta di sole parole scritte che mettono a nudo il nocciolo bianco dell'anima. E' un rapporto libero da ogni vincolo, si conoscono attraverso le loro parole ed è una conoscenza profonda, condividono la parte nascosta di se stessi e mettono a nudo l'un l'altro la radice della propria anima. Le lettere di lui, in ordine cronologico, senza quelle di lei, fanno scoprire molto su di lui. Poi c'è un punto dove c'è un pò di lui e un pò di lei. E poi c'è una parte che è tutta di lei. Lui vuole donare a lei, a parole, tutto quello che è, nel bene e nel male. e in ogni frase si snoda, invisibile, la spirale del suo DNA. In ogni lettera uno impara dell'altro qualcosa di nuovo e inatteso, e nello stesso tempo, uno si separa da qualcosa che pensava o immaginava dell'altro. E' un equilibrio. E' una danza. E' una fusione di anime, che si dimenticano completamente di se stesse per penetrare l'una dentro l'altra.

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pirata miope Opinione inserita da pirata miope    19 Febbraio, 2012
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GEOMETRIA POETICA

“Ho bisogno di un compagno reale per il mio viaggio immaginario” scrive il protagonista del romanzo epistolare di Grossmann alla figura evanescente di donna che vista per caso nei corridoi di un liceo lo ha colpito. Lei è una professoressa, non particolarmente bella: eppure lui inizia a inviarle lettere, la "penetra", confessandosi e offrendosi nel ruolo di confessore. La voce di lei affiora nella seconda parte del libro, sotto forma di un diario, costituito da frammenti più o meno lunghi. Solo nelle terza parte brevissima, punteggiata di frasi di poche righe in grassetto, simili alle gocce di pioggia che in quel momento cadono, i due sfondano la parete che li divide e diventano una presenza concreta l’uno per l’altra. Un romanzo d’amore? Forse, se non fosse che l’universo interiore evocato da entrambi si frantumerebbe se si incontrassero nella realtà materiale. Essi scrivendo diventano “persone musicali”, il loro rapporto è “una geometria poetica” Sbalzati in un’altra dimensione essi rivedono passato e presente come avvolto nell’ovatta: i coniugi, i figli, il lavoro,i viaggi, i conflitti con il proprio alter ego costiusicono i connotati di una esistenza tutto sommato non straordinaria. Ma appunto come tutte le esistenza comuni essa “vive di ciò che non ha”: ecco allora affiorare il fantasma di Kafka, richiamato dal titolo( "Che tu sia per me il coltello" può essere considerato una riscrittura delle "Lettere a Milena")come modello di una parola esulcerante, riflesso di una condizione di disordine psichico dietro la quiete delle apparenze.

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a chi è interessato alle seguenti tematiche: la letteratura israeliana contemporanea-l'esercizio delle riscrittura in letteratura- L'influenza di Kakfa nella letteratura del novecento e contemporanea.
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Brizi Opinione inserita da Brizi    18 Gennaio, 2012
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Noi due non siamo vivi!

Yair inizia a scrivere a Myriam senza nemmeno essersi presentato. Sa già di conoscerla: una sera l’ha vista a un raduno del liceo, ha colto i suoi movimenti nascosti, il modo in cui si è stretta nelle spalle quando suo marito ha detto una parola di troppo, le sue gambe chiare… e sa che è lei che riuscirà a fargli conoscere se stesso. Inizia così una corrispondenza quasi ossessiva che dapprima la spaventa: lei è sposata, ha un figlio, vede questa costruzione parallela alle loro vite come un vero e proprio tradimento, non può aprirsi così a uno sconosciuto. Cosa vuole Yair? È un padre di famiglia, con un lavoro che frutta bene, va spesso all’estero, tradisce sua moglie occasionalmente per il gusto di collezionare avventure. Ma con Myriam è diverso. Lui vuole svelarle ogni dettaglio della sua vita, ogni pensiero, riesumare per lei ricordi che aveva accantonato in un angolo, per capirsi, forse. Vuole che lei sia per lui il coltello con il quale aprire una profonda ferita sulla propria pelle e scavare dentro di sé per osservarsi e far uscire ciò che negli anni precedenti si era accumulato nella consuetudine. Myriam –ecco la sua parte di donna – si lascia andare a questo strano corteggiamento, viene attratta dal poter accudire una mente e anche lei racconta della sua vita, della sua casa con la veranda e i fiori, di quando era bambina, del suo profondo essere madre. Leggendo questo libro, ho visto lentamente un nuovo essere formarsi che però non coincideva né con Myriam, né con Yair. Si è creato con l’audacia sentimentale di lui, la sua inquietudine, il suo passato di bambino quasi già maturo, ma ha iniziato a respirare grazie alla civetteria ostentata di lei, al suo circondare l’altro con i suoi modi di fare inconsapevoli. Si crea così una “non-realtà”, unico posto in cui questo rapporto può vivere e crescere liberamente, senza regole aliene, con leggi che coincidono con i modi di fare dei due corrispondenti, alle loro stesse parole. Una “non-realtà” che è. Questa nuova dimensione sembra essere perfetta per entrambi, in quanto comprende nient’altro che loro, fin quando entrambi capiscono che il loro rapporto sta andando oltre una qualsiasi definizione, come fosse una simbiosi, un tentativo di fondere due anime e due vite. Ciò fa sentire rassicurata Myriam, ma sconvolge Yair che ritrova la propria mente tappezzata di parole e parole e si rende conto che la conoscenza che ha di Myriam è riconducibile solo alle parole delle loro lettere, che il desiderio e l’irraggiungibilità stanno diventando insostenibili.
E come questa storia inizia, così finisce: con la pioggia. Le nuvole si riempiono di pioggia, sono minacciose, Yair e Myriam parlano l’uno con l’altro e con sé stessi. Piove, il distacco avviene improvviso come un libro che si chiude.
Ho impiegato circa tre settimane per leggere questo libro, ogni pagina mi ha lasciato incredula non solo per la capacità dell’autore di creare una realtà, anzi due, irreale ma totalmente plausibile e quotidiana, ma anche perché in ogni pagina mi sentivo sfogliata.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    19 Giugno, 2011
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che tu sia per me il coltello

Un uomo che inizia a scrivere ad una donna, non una donna presa a caso, ma la donna che con il suo gesto sembra volersi isolare dagli altri.
Forse in questo gesto così impercettibile, Yair sente qualcosa di profondo, sente come un contatto con questa sconosciuta, una sorta di scossa che lo spinge a scriverle.
Inizia così un continuo e fitto scambio di lettere che scuotono non solo l'anima di Myriam, ma che sconvolgono anche il fragile equilibrio di Yair.
Parole che si susseguono, parole che portano al passato, al presente e alla loro complicità che si instaura da subito, perchè entrambi è come se avessero il desiderio di confidarsi con l'altro, di potersi mettere a nudo, di mettersi in gioco di trovare un rifugio tutto loro con un loro linguaggio, con un loro ritmo. Lettere che diventano sia per Myriam che per Yair dei diari necessari per comprendere se stessi, oltre che per toccare l'anima dell'altro, e l'altro come elemento fondamentale per conoscersi.
E' dal mio punto di vista, più "semplice" ( e lo scrivo tra virgolette ) confidarsi con una persona sconosciuta, ed è forse per questo motivo che sia Myriam che Yair cercano di non cadere mai nella tentazione di incontrarsi?!! Forse per non complicare ulteriormente le loro vite, già complesse, forse per preservare una unicità creata con le sole parole.
Per il lettore che entra in contatto (almeno per buona parte del libro) con le sole lettere di Yair, non è sempre facile decifrare la complessità dei loro discorsi, è un espediente che Grossman utilizza in maniera magistrale, facendo tenere sempre alta l'attenzione per essere in grado di comprendere al meglio i contenuti così intimi dei due protagonisti.

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darkala92 Opinione inserita da darkala92    25 Mag, 2011
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Tra realtà e immaginazione

“Che tu sia per me il coltello” è una lotta, probabilmente quella più dura da portare avanti, perchè conoscere se stessi risulta il percorso più articolato e più complesso da seguire. Non tutti riescono ad avere il quadro completo della situazione, quasi nessuno è riuscito a ricomporre tutto il puzzle così da ottenere un bel quadro da appendere alla parete, semmai per poter ammirare giorno dopo giorno le fatiche subite per raggiungere la meta. Conoscere se stessi è lo scopo dell'esistenza, in fin dei conti, ed è quello che preme ognuno di noi.. eppure ci ostiniamo ancora a voler conoscere ciò che c'è aldilà del nostro corpo. “L'existence avant l'essence”: L' Esistenza prima dell'essenza. Non tutti sono a conoscenza della propria esistenza. E' questo il male dei nostri giorni.

C'è chi intraprende questo percorso meditando in solitudine, isolato dalla società; c'è chi si reca dallo psicologo. C'è invece chi scrive delle lettere.. lettere ad una donna, la quale diventa soltanto il pretesto di questo percorso immaginario che Yair, protagonista del romanzo, sta cercando di compiere. I risultati non saranno poi così soddisfacenti, perchè quante più risposte si cercano, tante più domande si ottengono. I pensieri si susseguono così velocemente, gli attimi scorrono perpetuamente, ma la vita e il suo significato ci sfugge.. il tutto diventa sempre più lontano, forse inesistente.

Yair è un uomo, oserei chiamarlo “homo duplex”, perchè si riscontrano in lui varie personalità, vari mondi: l'infanzia contro la maturità, la quiete e la tempesta, l'amore e l'odio, la vita e la morte.
La vita è un velo che ti lascia vedere ciò che c'è aldilà di esso, in maniera però sfocata e irrazionale. Può darsi che l'esistenza non sia altro che questo. L'uomo non può conoscere se stesso, non è in grado di farlo.

“Che tu sia per me il coltello” è un romanzo epistolare talmente tanto intimo, talmente tanto radicato nell'anima del protagonista – forse dell'autore stesso – che mi sono vergognata, a volte, a leggerne le pagine, quasi come se volessi oltrepassare quel limite sottile tra un individuo e la sua essenza.. come se non avessi rispettato la sua privacy.
L'autore, che si è rivelato una vera e propria scoperta, ha messo in gioco più di quanto altri scrittori, i quali si sono prestati a lasciarci grandi romanzi psicologici, hanno fatto. Si percepisce la discesa verso i meandri dell'anima con questo libro. Si ha voglia di risalire ogni tanto, perchè il buio fa paura. Soprattutto questo buio.. un'oscurità che non permette di intravedere molti spiragli, che ti lascia così, abbandonato a te stesso.

E' un mondo invisibile e irreale, in cui Yair cerca di opporre, invece, la vita reale. Myriam riporta: “Non capisco, non ti capisco. Nascondi a Maya il mondo della tua immaginazione e a me quello della tua realtà. Come fai a destreggiarti fra tutte quelle porte che si aprono e si chiudono? E qual è il luogo in cui vive veramente, una vita completa?”. Sarà questo dissidio che porterà alla rottura quell'equilibrio fragile ed instabile che ognuno di noi ha, esattamente come a Yair è successo, il quale ha scoperto, con lo scorrere del tempo, quanto questo percorso epistolare lo stesse uccidendo, anziché fortificarlo.

Lo stile. Lo stile è sublime. Tutto questo cammino, alquanto complesso e concentrato, non presenta, quindi, una trama concreta. Questo è un libro senza trama, in fin dei conti. Ciò mi riporta alla citazione di G. Flaubert: “Ce qui me semble beau, ce que je voudrais faire, c’est un livre sur rien, un livre sans attache extérieure, qui se tiendrait de lui-même par la force interne de son style, comme la terre sans être soutenue se tient en l’air, un livre qui n’aurait presque pas de sujet ou du moins où le sujet serait presque invisible, si cela se peut. Les œuvres les plus belles sont celles où il y a le moins de matière.”, quello che noi conosciamo come “L'art pour l'art”, l'amore per lo stile e per “l'estetismo letterario”.
Grossman ha avuto la capacità di parlare di argomenti tanto irreali senza cadere MAI nella banalità, MAI nello scontato. Uno stile perfetto. Inimitabile. Imperdibile.

“Amore è il fatto che tu sia per me il coltello con cui frugo dentro me stesso".

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crisk Opinione inserita da crisk    23 Gennaio, 2011
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"Amore è: che tu sia per me il coltello con il qua

“Che tu sia per me il coltello” citazione di Kafka da cui Grossman estrapola il titolo di questo incantevole romanzo epistolare. Da un incontro, tra la folla, Yair individua Myriam che lo colpisce per un suo insignificante gesto; “Ma sei tu quella che ho visto stringersi nelle braccia con un cauto sorriso”, dal quale si costruisce un’idea e pensa, anzi ne è convinto che lei possa accettare la proposta di instaurare un rapporto particolare e intimo. Yair sin dalla prima lettera sottolinea l’esigenza di raccontarsi scrivendo. “Non che la mia vita sia così interessante ma mi piacerebbe darti qualcosa che altrimenti non saprei a chi dare”….”Non voglio incontrarti e interferire nella tua vita…” Infatti, non lo farà mai, lui non entrerà mai nella sua vita reale e quotidiana ma invaderà la sua anima. Con la sola forza dell’immaginazione Yair riesce a toccarla a incontrarla e sentirsi appagato. Una trama tenera e delicata dove il fascino delle parole assume sfumature irreali e seduttive, unica protagonista l’anima. Il tema è affine a quello scritto da Kafka in “Lettere a Milena”, da cui Grossman si è ispirato non solo per il titolo. In “Lettere a Milena” i protagonisti si incontrano più volte, la loro storia d’amore fondava più radici nella realtà, la storia di Yair e Myriam è fatta di immaginazione. Un rapporto a scadenza, segreto e intimo. “Questo incrociarsi di lettere deve cessare, Milena, ci fanno impazzire, non si ricorda che cosa si è scritto, a che cosa si riceve risposta e, comunque sia, si trema sempre”……”Myriam, questa è l’ultima lettera ….non ti scriverò più…. Se non fossi un tale idiota avrei potuto essere felice con te, non importa come, il mondo ce l’avrebbe permesso”. L’aspetto straordinario di questo romanzo è quello di trasmettere l’intensità dell’utilizzo delle parole. Attraverso la scrittura, forse, ci si può conoscere in maniera perfino più profonda mettendo in luce frammenti più intimi dell’anima, di quanto potrebbe rivelare un incontro reale. Di forte attualità visto lo spazio che ha recuperato la comunicazione scritta attraverso l’uso di sms e chat.

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Indigowitch Opinione inserita da Indigowitch    17 Novembre, 2010
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Imprevedibile e profondo

Ho scoperto Grossman con questo romanzo, ed è stata una bella sorpresa.
Trovo che quest’autore, così come un altro celebre scrittore israeliano, Yeoshua, sia capace di fornire spunti di riflessione interessanti, spiazzanti, delle belle boccate di ossigeno per la letteratura odierna, che diventa sempre più vista e rivista, cotta e stracotta.
Gli amori epistolari non sono una novità: sono più vecchi di Matusalemme.
Ma in questo caso parlare di amore è un po’ generico, azzardato, direi.
Yair, protagonista maschile della storia, decide di aprire il suo animo a una donna che conosce appena di vista, e, per farlo, le invia una lettera.
Il suo appello, disinteressato e quasi implorante, viene accolto con placido consenso da Miriam, la donna in questione, che dimostra altrettanta voglia di esprimere il suo mondo interiore.
Entrambi i protagonisti vivono delle situazioni familiari particolari, appena accennate, ma i due non vogliono tanto parlare della realtà contingente, quanto comunicare, comunicare incessantemente i loro pensieri, le loro riflessioni, senza seguire degli schemi, solo per il gusto di sentirsi letti, capiti.
Il punto di forza dell’opera è il valore che viene dato alla parola, alla necessità di lacerare la solitudine più nascosta, alla difficoltà di interagire anche con le persone più care che abbiamo accanto.
Non ci sono stantie e prevedibili conseguenze sentimentali in questo affascinante scambio di lettere.
Sarebbe anche sbagliato dire, tuttavia, che non si crei un rapporto speciale tra i due protagonisti.
Ho apprezzato la delicatezza, la profondità e l’originalità di quest’opera, che, scritta da un autore più banale, avrebbe rischiato l’effetto sciropposo da romanzetto rosa.
Il calibro di un autore si vede soprattutto in questo: partire da premesse apparentemente semplici e ordinarie per costruire una storia che di prevedibile ha ben poco.
Si potrebbe rimanere spiazzati dall’atmosfera irrisolta nella quale galleggia il romanzo, ma se è vero che molti eventi della nostra vita rimangono indecifrabili, allora sarà più facile capire le scelte dell’autore.

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