American Gods
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Forgotten Gods
Shadow ha appena finito di scontare tre anni di prigione per una rapina finita male. E’ un tipo grande e grosso che non parla molto, ma è tutt’altro che stupido: è più che altro un’ombra, proprio come il nome che porta. Poco prima di essere rilasciato scoprirà di aver perso la moglie in un incidente, e rimasto senza più motivi per andare avanti, accetterà l’ambigua offerta di lavoro di un tale Mr. Wednesday, una via di mezzo fra un imbroglione e un mentalista (se non proprio un mago); accetterà di fargli da galoppino/guardia del corpo, ma si renderà presto conto che il signor Mercoledì è molto più di quello che sembra… Mentre si profila all’orizzonte uno scontro finale fra vecchi dei di importazione, e nuovi dei tecnologici e digitali. Shadow finirà invischiato in una vicenda più grande di lui, e dovrà addirittura assumere il ruolo di ago della bilancia.
Vicenda on the road che parla di divinità dimenticate (o che rischiano di finire nel dimenticatoio), American Gods di Neil Gaiman è un fantasy piuttosto atipico: darkissimo come da tradizione per quanto riguarda il suo autore, la narrazione risulta anti retorica e anti epica: scordatevi clamorose ed eroiche battaglie alla Tolkien o sanguinosi duelli alla Howard, qui siamo più dalle parti del sogno (e infatti i sogni saranno fondamentali durante il dipanarsi degli eventi), nonostante gli dei siano umanizzati. E molto spazio è dedicato proprio a loro: dispersi nel vasto continente americano, spesso fragili e soli, gli dei possono davvero esistere, e quindi vivere, solo se ci si ricorda di loro. Ma il cuore dell’uomo è facile da conquistare, quanto la sua memoria è pronta a dimenticare, e a ogni vecchio credo è fin troppo facile sostituirne uno nuovo, magari che stia più al passo coi tempi.
American Gods è un romanzo malinconico e un po’ nostalgico, a tratti originale e quasi spiazzante nel modo in cui tratta gli argomenti che narra; è sempre profondo e mai banale, anche se a volte risulta un po’ troppo misterioso, e non tutto viene spiegato fino in fondo. Ma forse è meglio così: il lettore non dovrebbe mai essere passivo, deve lavorare di fantasia anche lui, o no?
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Gods of America: Civil War
“American Gods” è un romanzo fantasy, almeno stando a come ci viene presentato in quarta di copertina; e sebbene ci siano un gran numero di elementi fantastici, questa storia racchiude molto di più, andando a toccare altri generi come il thriller e il romanzo on the road. In effetti, direi che la definizione più precisa sarebbe di fantasy surreale on the road, perché il protagonista trascorre la maggior parte del volume spostandosi da uno Stato all’altro con i mezzi più disparati, in un viaggio che è tanto fisico quanto onirico.
Prima di addentrarci nelle vicende del romanzo, è necessario partire dalla premessa alla base della storia: ispirato forse dalla sua personale esperienza di migrante, Gaiman immagina che tutti i popoli giunti nel corso dei millenni sul territorio degli attuali Stati Uniti abbiano portato con sé le proprie credenze -in forma di divinità, ma non solo- le quali continuano ad esistere seppur indebolite dalla mancanza di fedeli.
«-Venendo in America la gente ci ha portato con sé. Hanno portato me, Loki e Thor, Anansi e il Dio-Leone, leprecauni, coboldi e banshee, Kubera e Frau Holle e Astaroth, e hanno portato voi. Siamo arrivati fin qui viaggiando nelle loro menti, e abbiamo messo radici. Abbiamo viaggiato con i coloni, attraverso gli oceani, verso nuove terre. [...] Ammettiamolo, esercitiamo una ben scarsa influenza. Li deprediamo, li derubiamo, e sopravviviamo; ci spogliamo, ci prostituiamo e beviamo troppo; lavoriamo alle pompe di benzina e rubiamo e truffiamo e viviamo nelle crepe ai margini della società. Vecchi dèi, in questa nuova terra senza dèi.»
Al contempo, sono comparse sulla scena delle nuove divinità collegate al mondo contemporaneo, come la dea delle telecomunicazioni o il dio della tecnologia, pronte a reclamare la propria fetta di venerazione in ogni forma gli uomini siano disposi ad elargirla.
«-Sono la scatola scema. Sono la TV. Sono l’occhio che tutto vede e il mondo del tubo catodico. Sono la grande sorella. Sono il tempietto intorno a cui si riunisce la famiglia per pregare.
-Sei la televisione? O qualcuno alla televisione?
-La TV è l’altare. Io sono ciò a cui il pubblico offre i suoi sacrifici.
-E cosa sacrificano?-, chiese Shadow.
-Il loro tempo, soprattutto-, disse Lucy. -A volte le persone che hanno vicino.»
In questo scenario che pare preannunciare uno scontro imminente inizia la storia di Shadow, in prigione da tre anni ma ormai prossimo alla scarcerazione, che durante il viaggio di ritorno a casa incontra Wednesday. Questo enigmatico individuo gli chiede di lavorare alle sue dipendenze come tuttofare e lo introduce nel mondo delle moltissime divinità e creature fantastiche che popolano segretamente il Paese. Con l’approssimarsi della guerra tra vecchi e nuovi dèi, la debolezza mortale di questi esseri millenari si fa sempre più evidente
«-Gli dèi muoiono. E quando muoiono davvero nessuno li piange o li ricorda. È più difficile uccidere le idee, ma prima o poi si uccidono anche quelle.[...]»
ed è qui che l’intervento di Shadow si dimostra fondamentale in più occasioni, dal momento che aiuta Wednesday nella missione di convincere gli altri dèi ad unirsi alla loro fazione.
Da questo spunto si avvia una storia molto più complessa, a tratti perfino troppo, tanto che si ha la sensazione di ricevere un po’ troppe informazioni. Questo problema si evidenzia soprattutto nei brevi racconti che l’autore inserisce di tanto in tanto a fine capitolo: sono storie di personaggi esterni alla vicenda che incontrano delle divinità o di migranti d’altri tempi che portano i vari dèi negli USA; personalmente avrei preferito una racconta di racconti a parte, perché queste storie sono tutte molto interessanti e coinvolgenti ma includerle nel romanzo spezza la narrazione.
Un altro aspetto che non tutti i lettori gradiranno è la caratterizzazione del protagonista. Come detto, Shadow incontra svariate creature sovrannaturali, oltre ad avere continuamente sogni surreali e dover scappare a più riprese dal braccio armato dei nuovi dèi: tutto questo però lo lascia del tutto insensibile. Questo peculiare comportamento trova una giustificazione più in là nel romanzo, come molti altri aspetti poco chiari in un primo momento, ma capisco che possa lasciare perplessi.
Oltre a Shadow abbiamo un ricco cast di personaggi, tra i quali spicca sicuramente il truffaldino Wednesday che è risultato il mio preferito a dispetto di tutte le sue discutibili azioni, mentre ho tutt’ora delle riserve su Laura perché il suo arco narrativo mi è sembrato troppo spesso in balia del caso, come se l’autore la facesse entrare in scena a sorpresa quando non sapeva come proseguire altrimenti.
I veri protagonisti del romanzo si rivelano però essere gli Stati Uniti, tra i quali i personaggi si muovono freneticamente. In fondo non ci potrebbe essere Paese migliore per ambientare questo romanzo, con gli abitanti che rappresentano le più diverse etnie. Oltre ad essere celebrati in questa storia on the road, gli USA mostrano qui anche il loro lato più oscuro: un Paese che non solo fatica a mantenere le vecchie tradizioni, ma crea sempre nuovi dèi andando così a annullare anche quelli moderni,
«-Magari [gli Stati americani] condividono alcuni simboli culturali -i soldi, il governo federale, gli svaghi- e ovviamente il paese è lo stesso, ma quel che crea l’illusione che si tratti di un’unica nazione sono i dollari, il Tonight Show e i McDonald’s, nient’altro.»
un Paese nato dalle intenzioni più positive che le vede spesso annullate in favore dell’interesse personale. Interesse che porta inevitabilmente alla mancanza di fede, perché nessuno percepisce più degli obblighi verso la religione e le credenze, e quindi investe altrimenti le proprie energie.
«-Non è ancora tardi per passare dalla parte dei vincitori. Comunque sei libero di restare dove sei. Essere americano significa poter scegliere. Questo è il miracolo americano. Libertà di fede significa essere liberi di credere nella cosa sbagliata, in fondo. Esattamente come la libertà di parola ti dà diritto di tacere.»
Per concludere, eccovi la mia solita lamentela sull’edizione italiana. Capisco che si tratti di un libro abbastanza lungo, ma ho riscontrato davvero parecchi errori di mancata revisione e considerate che ho letto la nuova edizione del 2016, non quella dei primi anni 2000. Un problema del tutto soggettivo è rappresentato invece dalla copertina, che è attinente alla storia ma sembra davvero di pessima qualità grafica... si poteva fare di meglio, Mondadori.
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PICCOLA DELUSIONE
Era da tempo che volevo leggere Gaiman e soprattutto questo American Gods. Le mie aspettative erano molto alte forse e purtroppo sono stata leggermente delusa.
Indubbiamente lo scrittore ha fatto un attimo lavoro di ricerca sui miti e leggende e divinità antiche. Non si può negare che lo stile è di quelli che non lasciano spazio a critiche, il lettore viene accompagnato insieme al protagonista verso un mondo di déi e creature mitologiche in modo magistrale.
Ma..il racconto non mi ha preso come mi aspettavo. Ho trovato il percorso verso la guerra tra divinità antiche e quelle nuove troppo lungo. Tante cose non vengono dette e molto viene lasciato al mistero. Il finale chiarisce alcune cose ma mi ha lasciato con l'amaro in bocca, credo che il colpo di scena che doveva esserci non ci sia stato per me.
Non nego che alcune perle di questo romanzo mi siano davvero piaciute, anche l'analisi dell'autore sul mondo moderno con le nuove divinità che impersonificano tecnologia, media e televisione, ma nulla da fare, mi sono dovuta impegnare per finirlo.
In conclusione credo che questo sia un romanzo che non fa per me ma voglio dare un'altra possibilità a Gaiman in futuro.
Tra fantasy e noir
Shadow, dopo tre anni trascorsi in carcere per aver commesso un furto insieme alla moglie Laura e al suo migliore amico, Robbie Burton, è finalmente pronto a tornare alla vita di tutti i giorni. Poco prima del rilascio però gli viene comunicato che sia la moglie che l’amico sono morti, insieme, in un misterioso incidente stradale. Gli unici due appigli che gli erano rimasti, le uniche due speranze di un ritorno alla normalità dopo gli anni di “non-vita” trascorsi in prigione, vengono spazzati via in una volta sola. Sull’aereo che lo riporta a casa, Shadow fa conoscenza con l’enigmatico Mr. Wednesday che gli offre di lavorare per lui come bodyguard. Dopo qualche resistenza il nostro protagonista finisce per accettare.
Quello di Shadow però non è un lavoro che potremmo definire convenzionale, così come convenzionali non sono il suo datore di lavoro, nè i suoi compagni d’affari e tanto meno i suoi concorrenti. Wednesday altri non è che Odino, il Padre di ogni cosa, la somma divinità del pantheon norreno.
La sua missione?
Radunare, con l’aiuto di Shadow le antiche divinità che, approdate insieme alle varie popolazioni che sono giunte in America nel corso dei secoli, adesso non sono più venerate come un tempo e sono finite a vivere di espedienti.
L’obiettivo?
Muovere guerra alle nuove divinità che hanno preso il loro posto nel cuore e nella mente degli uomini: Soldi, Televisione, Media, Tecnologia, (rappresentanti della nuova era della globalizzazione) e acquistare nuovamente il potere perduto. Quello di Shadow è un viaggio in un’America con atmosfere da noir, a tratti volutamente grottesche così come grotteschi e molto “fumettistici” sono alcuni dei personaggi che, persa l’aura divina devono reinventarsi e agire, spesso al di fuori delle regole convenzionali, da bravi trickster (personaggi umani o animali antropomorfi, abili nell’imbroglio). Parallelamente alle avventure del protagonista abbiamo delle parentesi storiche (sempre in chiave romanzata) sui culti portati in America dalle varie ondate migratorie verificatesi nel corso dei secoli e che hanno dato vita a quella sovrapposizione di devozioni, miti, leggende che costituiscono il substrato multiculturale del Nuovo Continente. Ognuno di essi ha avuto una sua “età dell’oro” per poi venire surclassato dal nuovo, così come ogni cosa sulla Terra è destinata a nascere, mutare e perire per lasciare spazio a ciò che verrà dopo. In questo caso il vecchio è rappresentato dalle divinità ormai superate, mentre il nuovo da idoli immateriali che noi esseri umani abbiamo eletto al rango di divinità. Perché alla fine il nocciolo della questione è questo: è l’uomo ad avere in mano le redini della storia. “Se veniamo dimenticati siamo finiti”, dice Mr. Wednesday a Shadow. È l’uomo con le proprie idee, credenze e valori a dare forma al mondo che lo circonda e la memoria gioca un ruolo fondamentale in questo processo.
American Gods non è solo un fantasy che coinvolge perché ti porta alla scoperta di luoghi misteriosi e intriganti (così come i personaggi che li abitano) ma è molto di più; è un lavoro maturo, adulto, che ha diversi livelli di lettura. Fa riflettere perché ci sbatte in faccia in modo ironico ed arguto tutti i difetti dell’essere umano e sottolinea come la società in cui viviamo si sia evoluta, purtroppo, non sempre in modo positivo. Il romanzo non è esente da difetti come ad esempio il mancato approfondimento psicologico di alcuni personaggi, primo tra tutti (a mio parere) quello della moglie del protagonista. Tuttavia lo stile dell’autore, l’ironia, la ricchezza di dettagli, la fantasia, il coraggio di mettere mano all’enorme bagaglio culturale della mitologia non solo norrena ma egizia, africana, slava, irlandese, dei nativi americani, ecc.. rende American Gods un’opera interessante ed accattivante per gli appassionati di queste tematiche, e non solo.
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Misere esistenze di divinità fuori moda
La buona e la cattiva notizia.
La buona è che – dopo tre anni scontati in cella per una condanna a sei – Shadow è destinato ad uscire dal carcere con due giorni di anticipo. La cattiva, come gli riferisce il direttore del penitenziario, è che i due giorni gli vengono “condonati” perché la moglie è morta in un incidente stradale quella stessa mattina.
La buona e la cattiva notizia come in una di quelle barzellette ciniche che ogni tanto qualcuno si diverte a raccontare.
Tutto azzerato. Un uomo che negli ultimi tre anni non ha avuto una vita e per i prossimi si trova senza la sua unica ragione di vita. E ora? Da dove ricominciare?
Da un amico che può dargli lavoro, magari. Ma non c'è lavoro se non c'è più l'amico: morto nello stesso incidente d'auto in cui è morta sua moglie. Semplicemente perché i due erano amanti.
Amicizia, fedeltà coniugale, una possibilità d'impiego... tutto sembra crollare. Se non fosse per Wednesday, l'omone che – chissà come – sembra conoscere tutta la storia. Che apre gli occhi a Shadow su ciò che è accaduto mentre lui era in carcere. Che pare determinato a prenderlo al proprio servizio.
Ma chi è l'onnisciente Wednesday? Davvero è la moderna incarnazione del dio Odino?
“Il dolore è dolore anche per quelli come me. Se ti muovi e agisci nel mondo materiale, il mondo materiale agisce su di te. Il dolore ti fa soffrire, esattamente come l'avidità intossica e la lussuria brucia. Magari non moriamo facilmente ed è più che certo che moriamo male, comunque moriamo. Se siamo ancora amati e ricordati qualcosa che ci assomiglia parecchio prende il nostro posto e tutta la stramaledetta storia ricomincia daccapo. Se veniamo dimenticati siamo finiti.”
“American gods”, al netto dei suoi sottintesi, è la storia del rapporto tra uomini e dèi, storia di venerazione o di scollamento. E' dalle umane paure che originano gli dèi, dal bisogno di affidarsi a qualcosa di “alto”; prosperano nella miseria, nella prevaricazione, nell'insopportabile violenza subita dagli uomini per mano di altri uomini. Dèi antropomorfi ma dalla testa di animale, dèi di “nuova generazione” o la cui memoria si situa agli albori dell'umanità, dèi irascibili, miserabili, incattiviti, desiderosi di vendetta verso chi li ha dimenticati, o in guerra con altri dèi...
In questo panorama, Neil Gaiman si diverte a dipingere l'America come una sovrapposizione di culti e devozioni che hanno visto un apice e un tramonto, tante quanti i popoli che sono approdati sulle coste del Nuovo Mondo. Con un'inquietante morale: le vecchie divinità sono “superate”, ridotte all'arte di arrangiarsi, disinnescate da idoli immateriali (il denaro prima degli altri) assurti al ruolo di deità definitive. In una desolante corruzione che, alla fine, è quella dell'uomo.
Un ritmo narrativo particolare, quello di Gaiman, che nei passi più esilaranti ricorda Bukowski, e in quelli più “astratti” il Murakami onirico (pur con meno poesia). Ma il romanzo non “sfonda”: il promettente inizio si diluisce nella perenne fuga di Shadow tra i diversi luoghi americani - spesso famosi, come il monte Rushmore – e riprende il suo filo solo nella parte finale, quando l'imponente protagonista assaggia la mortalità degli dèi, alla quale non credeva, e si scopre pronto a sacrificarsi per il suo nume/datore di lavoro.
Le parti migliori, alla fin fine, si rivelano gli interludi e le parentesi storiche sui culti “portati” in America dalle successive ondate migratorie delle diverse civiltà. Un America meticcia come nessuno Stato prima e dopo. Meticcia persino nelle sue divinità.
“Ci piace essere rispettati e venerati, a me piace che raccontino storie sul mio conto, storie in cui risalti la mia intelligenza. E' una debolezza, lo so, sono fatto così. Ci piace essere importanti. In questi tempi bui invece non contiamo niente. Si assisterà alla nascita e alla caduta di altri dèi. Comunque questo rimane un paese che non tollera a lungo il divino. Brahma crea, Visnù conserva, Shiva distrugge, e il terreno è sgombro perché Brahma possa ricominciare daccapo.”
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Solo un affascinante fumettone
Un libro coraggioso che non ha timore di portare all'attenzione dei lettori un tema, all'epoca dell'uscita del libro, originale e desueto: quello degli dei. E' anche apprezzabile il tentativo dell'autore di trasfondere elementi della mitologia classica (nordica) in una novella moderna, mettendo alla prova le divinità coi problemi di tutti i giorni. Tuttavia se il motivo di fondo è apprezzabile, il risultato finale non è altrettanto accattivante. Il background fumettistico di Gaiman risalta troppo in alcuni passaggi e in alcune figure eccessivamente caricaturizzate e stereotipate. Certe altre espressioni o trovate per "portare avanti il discorso" risultano invece essere addirittura troppo ingenue e inadatte al tessuto narrativo di quella che vorrebbe essere una gothic novel, ma che involontariamente a tratti si trasforma in una dark comedy. I personaggi inoltre mancano di quella profondità che invece ci si aspetterebbe di trovare in esseri umani, e non, alle prese con temi così aulici. I rimandi alla mitologia, con i riti e le manie tipiche del pantheon greco sono mal spiegati e invece di creare quel senso di mistero e quell'atmosfera romanticamente gotica, recentemente tornata in voga, fanno degli dei un gruppo di impenitenti vecchietti new age che, per quanto dotati di elevatissima intelligenza, più per inedia che per inadeguatezza, non riescono a stare al passo coi tempi.
A tratti l'ironia dell'autore e del protagonista sono le cose più affascinanti dell'intera vicenda. E' interessante anche il tema della moglie defunta, peccato che come per il resto dei personaggi non sia ben sviluppato e approfondito. L'ambientazione della vicenda, la provincia americana per quanto ben caratterizzata è più adatta a un noir che a una guerra di dei e lo stesso si può dire del protagonista.
In sostanza se si lascia che l'originalità dell'idea abbia la meglio sulla stentata realizzazione del romanzo si può definire American Gods un buon libro che intrattiene e diverte, ma che non verrà ricordato negli anni a venire come è stato invece per i classici inventori di questo genere.
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Gli Dei di America...o di tutte le culture??
Devo dire sinceramente che questo libro mi ha notevolmente spiazzata..
In alcune parti...lo trovo ridicolo, come quando usando una terminologia semplicistica l'autore accenna agli Dei incarnati in sembianze mortali che compiono rapine, lavorano in obitorio...sobillano delle risse, rubano arditamente i soldi dalla cassa come dei volgari ladruncoli o seducono fanciulle...per sentirsi giovani e aitanti...in essi è presente quella follia umana di cui l'umanità è pervasa; sono capricciosi, volubili, laidi, traditori...e chi più ne ha più ne metta...
Ho pensato, sbadigliando...però che noia questi dei...che antipatici...che stolti questi dei...
Molto belle e suggestive mi sono sembrate invece le parti del libro che raccontano le leggende relative agli Dei, le tradizioni foklorali...insomma tutto ciò che l'uomo venerava prima che il dio cristiano facesse capolino nel mondo e raccogliesse su di sè la maggioranza dei consensi.
Si, c'è il Dio cristiano, il dio indiano, il dio arabo...ma sempre di dio si tratta...
ciò che voglio dire...il libro parla della debolezza degli dei...gli antichi Dei che hanno bisogno dell'adorazione umana per continuare ad esistere e che languiscono di nostalgia e rimpianto..perchè gli uomini moderni sono intenti in altre...nobili occupazioni...
Allora pensano di scatenare una guerra...per riapproprirsi dell'animo delle persone...
Ma la moderna America non è terra adatta agli Dei e le cose non andranno come loro pensavano, come desideravano.
Come saggiamente afferma Shandow, il protagonista di questo libro, l'uomo non ha bisogno dell'adorazione dei suoi simili e vive lo stesso anche senza di essa..
E forse questo è il messaggio sublimale del libro.
Sappiamo noi vivere bene anche quando non siamo acclamati dai nostri simili?
Se la risposta è si, allora siamo più saggi degli Dei....
Di questi dei miserandi descritti in questo libro.
Consigliato, anche se con qualche lieve riserva.
Saluti.
Ginseng666
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L'America non è terra per gli dèi
Shadow non ha avuto vita facile: da giovane, prima di svilupparsi, era vitima dei bulli della scuola; poi, la madre lo lasciò che lui era solo un sedicenne. Solo dopo aver sposato Laura la sua vita sembrava aver preso una giusta piega; fino al giorno della rapina. 3 anni di carcere, di interminabile e faticosissima prigionia. Nulla lo teneva a galla come il pensiero di riabracciare la moglie; ma ora che Laura è morta e lui in libertà...cosa se ne deve fare Shadow?
Sarà l'enigmatico signor Wednesday, incontrato per caso (ma sarà davvero così?) a dare uno scopo alla sua vita resa ormai vuota dalla perdita dell'unica persona in grado di donargli gioia che, tra l'altro, si fotteva pure il suo migliore amico. Shadow inizierà così a lavorare per Wednesday il cui vero nome è in realtà quello di una divinità: propio così, Shadow si troverà a lavorare per gli dèi; per quelli dalla parte del giusto o no? Ma poi cosa è giusto? Il nostro protagonista vivrà un viaggio pazzesco, alla ricerca della giustizia ma soprattutto della verità su sè stesso e su tutto ciò che gli accade. Pagina dopo pagina la vicenda prenderà un'inaspettata piega e Shadow si troverà più a doversi guardare le sue di spalle, che quelle degli dèi da cui è stato ingaggiato.
La guerra è vicina....chi ne uscirà vincitore?
Dunque...prima di scrivere questa recensione, ho dovuto meditare non poco; il romanzo è a dir poco sorprendente, originale e...ricco. Sì, ricco di dettagli, di fantasia, di descrizioni e dialoghi ai limiti dell'assurdo, tanto da risultare qualche volta grotteschi.
In generale, devo proprio dire di aver amato ogni singola maledettissima pagina di questo romanzo. In più:
- ho amato Shadow, (tra l'altro immaginarmelo come il cantante dei Nightwish, non ha aiutato a non innamorarmene), la sua intelligenza e arguzia, la sua bontà d'animo e il suo amore sincero per Laura. Mi è piaciuto molto il suo personaggio, pregi, difetti, fortune e sfighe compresi;
- ho amato quell'imbroglione, nonché pazzo scatenato, di Wednesday, benché abbia trovato la sua figura piuttosto spregevole. Tuttavia il suo senso dell'umorismo ai limiti del cinismo mi hanno davvero fatto fare grasse risate;
- ho adorato tutte le divinità descritte, dalle più conosciute (Horus, Bastet, Thot, Odino, ecc ecc) alle sconosciute; naturalmente, tutte dalla parte degli dèi dimenticati. Le divinità nuove, teoricamente inventate (anche se, parlare di invenzione in un simile romanzo...è davvero difficile e le mie parole risultano essere più esilaranti di tutto l'intreccio messo su da Gaiman ;) ) le ho piuttosto detestate.
Potrei scrivere ancora per molto, ma in verità non riuscirei mai a descrivere pienamente la bellezza di questo romanzo e la ricchezza di dettagli e descrizioni; indubbiamente è una storia mooolto particolare e nettamente....mooolto ben scritta!
Per concludere, vorrei citare una minuscola parte introduttiva (per così dire) che Gaiman stesso pone all'inizio del suo romanzo, intitolandola "Avvertenza per i viaggiatori":
"Non è una guida, questo libro, ma un'opera di narrativa, e sebbene nella narrazione emerga una geografia degli Stati Uniti che non è completamente inventata -molti luoghi esistono e vi sono sentieri che possono essere percorsi o tracciati- mi sono preso qualche libertà, meno di quelle che si potrebbe pensare, però me le sono prese.
Non ho chiesto a nessuno autorizzazioni a inserire attrazioni turistiche che esistono davvero: è probabile che i proprietari di Rock City, della House on the Rock e i cacciatori che possiedono il motel al centro dell'America si stupiscano di vederli qui.
Di altri luoghi, invece, ho cambiato l'ubicazione: la città di Lakeside, per esempio, e la fattoria con il frassino a un'ora da Blacksburg. Chi vuole potrà provare a cercarle, e magari le troverà.
Va da sé che tutte le persone, vive o morte, nominate nel libro, sono frutto della mia immaginazione, oppure usate in modo immaginario. Soltanto gli dèi sono reali."
Non penso ci sia altro da aggiungere, qui Gaiman rende benissimo l'idea di questo favoloso romanzo...in particolare con la frase finale.
Concludo dicendo che ho apprezzato lo stile di Gaiman (che ormai rientra nella mia personale top five degli autori) e la storia raccontata: quest'uomo è un pozzo inesauribile di idee; balzane, magari, ma sorprendentemente...come dire? Fantasiose!
Inoltre, non si commetta l'errore di considerare questo romanzo come una semplice storiella (che poi, dati i tantissimi dettagli, non è nemmeno poi così semplice), poichè lancia dei messaggi importantissimi e molto belli. Vi auguro di riuscire a coglierli.
Altrimenti, vi godrete comunque un'ottima storia!
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Un viaggio meraviglioso
Chi non ha mai guardato supercar e gli sarebbe piaciuto essere il passeggero sulla mitica KITT? chi non ha mai esplorato a fondo il mondo di GTA San Andreas ascoltando Xradio? Chi non ha mai desiderato fare la Route 69 su un'Harley? Ecco questo libro è per voi!
Sono tanti gli spunti di interesse di questo magnifico pezzo di letteratura.
innanzitutto un piccolo riassunto della storia: Shadow esce di galera. Rimasto senza famiglia e senza lavoro decide, suo malgrado, di lavorare per un tizio ambiguo che si fa chiamare Wednesday. Quest'ultimo si rivela essere Odino e cerca l'aiuto di Shadow per preparare una battaglia che riunirebbe le vecchie divinità (ormai senza veneratori) contro le nuove (Televisione, Tecnologia ecc).
DA subito si nota la bellezza con cui Gaiman sviluppa i personaggi: tutti molto dettagliati e unici; ognuno dotato di morale propria e incredibilmente singolare.
La storia, anche se a volte un pò pomposa e prolissa, si rivela interessantissima fino al colpo di scena finale.
Ma la cosa che rende questo libro un masterpiece è il suo viaggio nell'americanità. Gaiman ricrea quell'America che va oltre New York e Los Angeles, la sua è l'America vera: quella dei piccoli paesini che tengono sul cartellone il numero di abitanti e sono ultra orgogliosi dei piccolli successi della locale squadra di pallavolo di 13enni, quella dove i vecchi del paese raccontano solo storie di pesca e di caccia, quella delle macchine a buon mercato e di ristoranti tutti uguali. Quella che come diceva Ned Flanders è "Quell'inutile distesa di terra tra Los Angeles e New York chiamata America".
Questa è una visione reale, scritta su una storia fantastica (nel senso di basata su fantasia), di un paese che forse dovremmo conoscere meglio senza l'ausilio delle varie sit-com della FOX.
PS: Neil Gaiman è la versione Americana di Victor Pelevin, e viceversa costui è la versione Russa di Gaiman, se vi siete appassionati a questo libro date una chance anche a Pelevin
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Gaiman, tra mito e fantasia
C’era una volta Neil Gaiman, uno scrittore che scriveva da dio e che aveva deciso di scrivere un libro sugli dei. C’è riuscito, e il risultato del lungo lavoro è “American Gods”.
Prendete un uomo comune, un po’ incolto, detenuto da tre anni in carcere per amore (la moglie lo convinse a partecipare ad una rapina), senza sogni nel cassetto e con poca voglia di vivere. Fatelo uscire dal carcere per fine della pena e dategli due brutte notizie: la moglie in sua assenza l’ha tradito felicemente con il migliore amico di lui, Robbie, e i due (moglie e amico infedele) sono morti in un incidente stradale. Fate incontrare Shadow – questo è il suo nome, questo è il suo stile di vita, un’ombra ("Uno è soprattutto ciò che gli altri pensano che sia")– sull’aereo di ritorno con Wednesday, un tipo strano che gli offre un lavoro altrettanto strano e misterioso. Infilatevi nella mente di Shadow e vivete con lui gli strani e quanto mai vari incontri con gli amici sgangherati di Wednesday, tutti provenienti dall’Europa, che continuano a ripetergli che “la tempesta sta per arrivare”. E la tempesta non è niente meno che la lotta tra gli antichi dei (primi tra tutti Wednesday, oops, Odino) e i nuovi dei: internet, televisione, carta di credito e via dicendo. Non aggiungo altro alla trama, sia mai vi venisse in mente di leggerlo.
La storia avrebbe potuto evolversi in un milione di modi, dalla lotta fino all’ultimo sangue tra gli dei all’approfondimento psicologico del processo sociale di cambiamento degli dei da venerare, fino ad una connotazione più ‘gothic’, visto che il libro stesso si presenta come una ‘gothic novel’. Ciò su cui Gaiman si concentra, a sorpresa, è invece il viaggio itinerante di Shadow e di Wednesday in un’America provinciale intelligentemente dissacrata e sconsacrata, quasi come fosse dimenticata (apparentemente) dagli dei; un viaggio che serve a Wednesday per reclutare tutti i vecchi dei in attesa della battaglia. Ed è proprio questa attesa che rende la lettura concitata e permette a Gaiman di non esaminare troppo le dinamiche tra gli dei.
La storia è geniale e lo sviluppo particolare che ne consegue mi è piaciuto, ma se dovessi trovare un difetto a questo libro indicherei l’approfondimento psicologico presente ma che basta in parte al lettore, non solo della moglie defunta o degli dei (a volte stereotipati, ma spesso descritti con un’abilità introspettiva travolgente) ma anche dello stesso Shadow.
In ogni caso, il libro risulta piacevole alla lettura ed è pregno di significati velati narrati in una ‘novel’ con le caratteristiche di una favola ma con un ritmo surreale e onirico.
Ancora una volta Gaiman ha codificato un nuovo genere, e ancora una volta gliene sono grata.
C’era una volta Neil Gaiman.
Errata corrige: c’è Neil Gaiman, e da lui mi aspetto ancora tanti, tantissimi libri!
"La narrativa ci permette di entrare in altre menti, in altri luoghi, di guardare con altri occhi. E poi nel racconto ci fermiamo, prima di morire, op-pure un sostituto muore per noi, che restiamo in buona salute, e nel mondo di là della storia voltiamo pagina o chiudiamo il libro, tornando alla nostra esistenza.
Una vita che come ogni vita è uguale e diversa da qualsiasi altra"
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american gods
E' un libro che ho gustato realmente,che ti prende dalle prime pagine.
L'idea di base su cui si sviluppa la trama mi è piaciuta moltissimo, ho trovato davvero accattivante la descrizione delle vecchie divinità pagane che senza l'adorazione dei loro fedeli cercano di tirare a campare come possono, ricorrendo anche a mezzi piuttosto discutibili, e anche quella delle nuove divinità; rappresentazioni dei nuovi oggetti di culto di cui la società moderna è imbevuta.
Anche se alcune parti mi hanno annoiato nell'insieme questo romanzo rimane davvero gradevole.Da leggere se si cerca un fantasy dallo stile un po' più maturo
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Una volta è pure troppo...
Ammetto che non si tratta del mio genere preferito e che l'ho letto spinto dai commenti entusiasti degli altri...
In definitiva tra "dei" veri o presunti, morti che ritornano in vita, animali che parlano e altre cosucce l'ho trovato piuttosto stucchevole, la trama è banalissima e scontata, fantasioso si ma la fantasia non vola.
Provate a leggere Philip J. Farmer o Dan Simmons del ciclo di Hyperion e capite cosa intendo per fantasia che "vola"...
Rileggerlo in continuazione ? Per me una volta è anche troppo...
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