Zia Antonia sapeva di menta
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E bravo l'Ernesto!
Questo è un libretto che si legge veloce, veloce, ma ti lascia il sorriso sulle labbra. Simpatico, ironico, con un qualcosa di frizzantino. Non è un capolavoro della letteratura, non ci racconta una storia epica, non ci fa conoscere personaggi eroici. Però è un bel libro, che in effetti lascia anche qualcosina su cui pensare. Con abilità Vitali ci svela poco a poco i personaggi e il ruolo che svolgono all'interno del racconto. Con altrettanta abilità ci lascia crogiolare nei nostri pregiudizi e nella nostra tendenza a giudicare troppo in fretta. Poi alla fine, proprio all'ultima pagina lancia l'ultima zampata e ci lascia tutti di stucco, Bellano non delude mai.
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Aglio contro menta
Scritta con un ritmo da galop, Zia Antonia sapeva di menta è una commedia degli equivoci che si legge in un amen. La vicenda ha inizio con l’affezionato nipote Ernesto che si reca in visita alla zia Antonia, ricoverata all’ospizio di Bellano gestito dalle suore. Entrato della stanza della congiunta, anziché notare il profumo di mentine di cui la donna fa largo uso avverte un’intensa puzza d’aglio, una stranezza, come lui giustamente considera, perché certe verdure non devono entrare a far parte della dieta dei vecchietti. Interessa così la superiora, che si prende a cuore la faccenda, tanto più che zia Antonia si rifiuta ostinatamente di mangiare fino a quando non salta fuori l’estratto del suo conto corrente bancario. Ed è il denaro, direttamente o indirettamente, il piatto forte intorno al quale c’è chi gira in modo interessato e c’è chi invece se ne tiene, apparentemente, lontano. Fra due fratelli, che prima non si parlavano, ma che ora per esigenze contingenti si riavvicinano, con un medico condotto che scopre in sé una nascosta vocazione di investigatore, con un saldo di conto corrente che, benché apparentemente non movimentato, cambia d’importo, in una perfetta vicenda degli equivoci si snoda la storia, a un ritmo costantemente elevato, da galop, appunto, come il celebre ballo ottocentesco. Poi, all’epilogo, a vicenda apparentemente conclusa, le acque si calmano ed è allora che c’è la sorpresa, una vera e propria ciliegina su una torta indubbiamente ben confezionata, e per di più leggera, snella, con una costante punta di dolce che non stanca, insomma certamente il solito romanzo di Vitali, ma con qualche cosa di più, perché altrimenti non si spiegherebbe perché nei giorni successivi alla lettura ogni tanto torni in mente, lasciando una sensazione di gradevole freschezza.
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Zia Antonia sapeva di…
Può una casa di riposo di un anonimo paese d’Italia diventare luogo del mistero?
Può un’insospettabile vecchietta essere la chiave del giallo?
Ce lo racconta Vitali con il romanzo Zia Antonia sapeva di menta, mettendosi, con fiuto da segugio, sulla scia d’aglio lasciata nella stanza dell’arzilla signora. Un odore così forte da non passare inosservato all’olfatto del nipote Ernesto, abituato all’inconfondibile profumo di mentina che quotidianamente riaffiora sulle labbra della zia, e ai vigili sensori di Suor Speranza che cura, a cucchiaiate di minestrone, l’alimentazione dei suoi ospiti.
La zia però pare non collaborare e chiusa in un ostinato quanto inspiegabile sciopero della fame, reclama il furto del suo estratto conto bancario. Ma chi può averle sottratto un pezzo di carta senza valore?
Bellano diventa teatro di eventi inusuali che mettono in crisi l’idillica quotidianità di provincia e trasforma alcuni dei suoi più comuni abitanti in abili investigatori. Scanditi dal rintocco delle campane e dal chiacchiericcio di piazza si susseguono flash narrativi che, di volta in volta, inquadrano situazioni, personaggi, conversazioni e, con repentini cambi di inquadrature, intessono la rete delle circostanze. Un giallo all’italiana che nei toni e nei ritmi ricorda le atmosfere della fiction per famiglia, dai personaggi stereotipati e dai dialoghi prevedibili, nei quali si intravede fin troppo palesemente il tentativo di insaporire con un pizzico di humour l’assenza di una fabula ben costruita. Non si discosta da quest’impasse neppure lo stile che, più che essere essenziale, finisce per rasentare la banalità. Tutta colpa del titolo che, da abile specchietto per le allodole, fa intravedere qualche cosa che non c’è. E così tra l’intenso odore dell’aglio e il delicato profumo di menta, al lettore non resta che la sgradevole percezione del nulla.
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Zia Antonia ed i suoi due strani nipoti
Zia Antonia è ricoverata nell’Ospizio di Bellano : è una cara, dolce vecchietta, alla quale il bravo nipote Ernesto Cervicati, pio, scapolo, rispettoso e delegato dalla zia a seguire i suoi interessi in banca, fornisce in robuste quantità mentini (la zia ne è ghiotta, da qui il titolo del romanzo). La zia ha un secondo nipote, Antonio , bidello di scuola ed iperteso (si cura con abbondanti dosi di aglio, puzzando perennemente e disdegnando la normale terapia farmacologica), della parente si è sempre disinteressato, non frequenta il fratello ed è maritato con una viperetta vogliosa e avida di soldi. La zia ovviamente ha un conto corrente presso la locale Banca e, per errore del postino, non riceve l’abituale rendiconto mensile, che malauguratamente finisce nelle mani dell’arpia e rivela la sua entità : ben cinquantotto milioni ! Grande agitazione in casa di Antonio, manovre convulse per riappacificarsi col fratello Ernesto e per ingraziarsi la suora direttrice dell’ospizio . Ma un ben orchestrato colpo di scena butta all’aria i sogni di grandezza (mettere le mani, all’exitus della zia, sulla metà dell’ingente somma) dello squallido duo . Il funereo evento arriva: zia Antonia muore ed ecco che, all’apertura dell’estratto conto, la cifra risulta diversa , solo cinquantottomila lire ! Si suppone ( l’Autore lo fa intendere ma non lo esplicita chiaramente) che il pio e buon Ernesto, quatto quatto, si sia intestato il grosso del malloppo, facendo credere che i primitivi cinquantotto milioni apparsi sul conto erano solo un banale errore di “zeri” in più. Altri personaggi fanno ala ai protagonisti : Suor Speranza, la burbera direttrice dell’Ospizio, il medico dottor Fastelli, sempre allegro e disponibile, il direttore di Banca Sansicario, consumatore pure lui di aglio, invischiato suo malgrado nelle vicende del contestato conto corrente ed alcune amene figure di suore, tipiche degli ospizi e degli ospedali del tempo che fu. Un romanzo fresco, genuino, che rivela ancora una volta le grandi doti di scrittore brillante di Andrea Vitali, si legge d’un fiato lasciandoti addosso un buon profumo di menta (oltre che di aglio !)
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CAMAMELA
Il romanzo ... anzi, la novella è uno di quei libri che deve stare nel mio comodino, soprattutto in quelle notti in cui voglio addormentarmi riappacificato col mondo.
La trama, infatti, passa in secondo piano. Davanti a tutto ci sono i personaggi, che Vitali racconta con tale talentuosa semplicità che arrivano subito al lettore. Anche perchè sono personaggi noti della commedia dell'arte (a me sono venute in mente le recite teatrali che andavo a vedere all'oratorio): il dottore del paese, la moglie pettegola, il marito tonto, il finto stupido, ecc...
E' stato il mio libro camomilla (anzi camoméla), che mi ha regalato minuti di tranquillità.
Non posso dire di aver apprezzato il talento di Vitali quanto i critici letterari richiamati a fine del libro, tuttavia ne consiglio certamente la lettura, come si consiglia una dolce camomilla per la notte.
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Mentina
Il libro di Andrea Vitali è come una mentina tanto cara alla zia Antonia, piacevole mentre la gusti ma che dura poco, e se hai il mal di gola, non te lo fa passare...
Il giallo è in realtà un pretesto per una commedia delle parti ambientata nel tranquillo paesino dove per tenere un segreto fra tre persone occorre che due siano morte (Benjamin Franklin), siamo negli anni in cui con i milioni di lire si diventa ricchi e ancora è rimasto qualche sogno. La zia Antonia , ricoverata in una casa di riposo riceve una visita misteriosa , un nipote che non aveva mai voluto occuparsene manifesta un pentimento piuttosto sospetto , una cerchia di macchiette si adopera per risolvere l'intrigo che, a onor del vero, è proprio di quelli facili facili, appunto non è un giallo ma una commedia che strappa qualche sorriso ma a me sinceramente Vitali non entusiasma, descrive bene vizi e virtù del paesello ma più in la non va mai , non solo geograficamente, sempre la stessa "solfa", va bene che gli argomenti originali e vergini c'erano solo ai tempi dei Sumeri ma Vitali è "paludoso".
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La forza del'equivoco e la freschezza della menta
Tu sei uno struzzo.
Tu sei un maiale, ma in senso buono.
Tu sei una volpe.
Una fattoria, penserete. Invece no, è Suor Speranza che con il suo cipiglio militare gestisce la casa-ospizio in cui alloggia Zia Antonia. E la vita di una superiora può essere così noiosa che non è peccato paragonare ogni persona ad un animale, anche perchè la Suora è cresciuta in campagna.
E si sa, tra malati e anziani, pasti e medicine il profumo dell'ospizio non è sempre desiderabile.
Ma Zia Antonia non ha di questi problemi, protetta da quell'alone di menta che le orbita attorno. Perchè lei magia mentine su mentine. Ogni giorno. E allora perchè, in un luogo in cui l'aglio è bandito perchè indigesto, c'è una puzza d'aglio da tapparti il naso?
Un lavoro per Sherlock Holmes, ma non si può pretendere l'investigatore più famoso di sempre, anche perchè Suor Speranza è decisa a controllare tutto ciò che accade nell'ospizio.
Allora il dottore del paese, il nipote di Zia Antonia, Ernesto, e la Suora stessa indagheranno ascoltando mezze voci, fingendo, ricostruendo e sbagliando, perchè no? Anche perchè entra in gioco Augusta, figlia di salumiere, e si sa, figlia di commerciante (i soldi ce li ha nel sangue), sposa del secondo nipote di Zia Antonia, Antonio (che fantasia i nomi delle famiglie!) e oggetto dei suoi impulsi....ormonali. Augusta infatti è preoccupata, il desiderio coniugale si sta spegnendo (Chissà perchè, roba da arrovellarti il cervello!). Insomma, la storia s'infittisce e i nostri detective sono sempre più disposti all'azione.
E' un libro dominato da tre elementi: la monotonia della vita di provincia,l'equivoco, che genera attraverso false piste l'azione del romanzo, e, come in ogni caso che si ripetta, un bel malloppo, Anche perchè quando interviene il sistema decimale, il confine tra nemico/amico scompare. Soprattutto con qualche zero .......... . Un giallo simpatico, senza forti pretese, ambientato nei classici paesini che intorno alla mia città resitono all'inurbazione, con il rispetto reverenziale per i dottori, le anziane altezzose che vogliono assolutamente provevdere a se stesse, il forte senso religioso e le chiacchiere neanche soffocate tra vicini di casa. Insomma, la classica vita di un paesino, che se posso azzardarmi, avrebebe meritato qualche pagina in più. Ma non si può avere tutto, e i personaggi lo sanno bene.
Cara Zia Antonia, che ventata d'aria nuova! Rigenerante dopo letture pesanti o alla fine di una giornata. Un pizzico d'ironia, a volte persino sarcasmo, fa addormentare con un sorriso. Simpatico, irriverente, stuzzicante: il profumo di Zia Antonia si aggira per la città svelando le dinamiche di un mondo che vive ancora intorno a noi. E sì, le banche creano sempre probemi.
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Che cos'è questa puzza di aglio????
Zia Antonia mangia etti di mentine ogni giorno.
Vive in un convento-ospizio dove la Madre Superiora paragona ogni persona a un animale.
(Tu sei un maialino,tu sei una volpe,tu sei una quaglia e voialtri siete uccellini!)
Ha due nipoti:Ernesto timido e onesto lavoratore e Antonio che non lascia passare giorno senza ricordare alla moglie l’amore carnale che prova per lei.
Diciamola tutta:è assatanato.
Nel paese in cui vive ci sono poi ovviamente i cosiddetti pezzi grossi:il sindaco,il medico,il direttore di banca,l’imprenditore un po’ disonesto.
A un certo punto avviene una cosa strana:se come abbiamo detto Zia Antonia sa di menta,perché nella sua camera c’è una tremenda puzza di aglio?
Per svelare questo mistero i protagonisti si trasformeranno in perfetti Sherlock Holmes di paese.
Curiosità,pettegolezzi,deduzioni sbagliate e una verità che ci verrà sapientemente svelata solo nelle ultime pagine.
Vitali ci regala una deliziosa commedia degli equivoci a cui noi partecipiamo sorridenti e consapevoli (ma non fino in fondo)delle vere e proprie “cantonate”che i personaggi vanno prendendo.
A farla da padrone la noia della vita di provincia che spinge gli abitanti a non farsi i fatti loro contribuendo cosi a creare maggiori malintesi e ambiguità.
La scrittura è fresca (vien quasi naturale paragonarla alla menta!),veloce,leggera e di ottima qualità:l’autore ha piena maestria nell’utilizzo delle parole.
Ci si ritrova a finirlo in un paio d’ore,sorridendo divertiti e chiudendolo con quel senso di soddisfazione che ci avvolge quando comprendiamo di aver letto qualcosa che merita.
Da leggere certamente.
Magari sotto l’ombrellone mentre fate ipotesi e congetture sulla vita dei vostri vicini di sedia a sdraio.
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Un mistero casalingo
L'odore dell'ospedale è un misto di antisettici e dolore, varechina e lacrime versate da chi sospende la proprio vita a tempo indeterminato. La camera di zia Antonia invece profuma sempre di menta, per la piacevole abitudine dell'anziana di masticare mentine tutto il giorno. Ma quando questo odore viene coperto da un imprevedibile lezzo di aglio, il nipote prediletto Ernesto si insospettisce e comincia a indagare assieme al dottor Fastelli e suor Speranza.
Un libro spassoso e irriverente che incentra la narrazione su tipologie umane tutt'altro che inusuali, il nipote amorevole, il cugino gretto e odioso, la moglie appariscente e avida, la suora che tutto vede e controlla. Quello che distingue la narrazione è la fantasia dello scrittore, la scorrevolezza e l'imprevedibilità delle azioni dei singoli che portano il lettore lontano da un copione che appare scontato dalle prime righe. C'è la comicità di un autore che osserva i suoi protagonisti con occhio sornione e critico, ridendo di loro assieme a noi.
Come primo approccio a Vitali, non posso che promuoverlo, con il beneficio del dubbio. Si, perché la leggerezza che mi è rimasta addosso terminata la lettura, non si risolve del tutto in convinzione.
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Bravo Andrea!
Attratta dal titolo, come spesso mi accade, mi sono fatta trascinare nella lettura di questa storia che mi ha ricordato un po' l'atmosfera simpatica di una 'commedia all'italiana' fatta di equivoci, intrecci e colpi di scena che lasciano in sospeso la trama fino alla fine, regalando un finale inaspettato.
Mi sono avvicinata all'autore attraverso questo libro, quindi non posso fare un raffronto con i precedenti, ma posso affermare che la lettura è stata piacevole, veloce, il linguaggio semplice e allo stesso tempo ricercato. Il giudizio non può che essere positivo.
Credo che approfondirò la conoscenza dell'autore leggendo altri suoi romanzi.
Consigliato a chi ha voglia di passare un pomeriggio o una serata in assoluto relax in compagnia di Zia Antonia e della sua famiglia.
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"Zia Antonia sapeva di menta" - Il commento di Bru
“Da che se la ricordava, la zia aveva sempre avuto intorno a sé quell’orbitale profumato, frutto di chili e chili di caramelle e mentini succhiati nell’arco di una vita intera”.
Se, dunque, nella camera d’ospizio di zia Antonia, la madre superiora, suor Speranza, e il mite nipote Ernesto avvertono uno sgradevole odore d’aglio, qualcosa di strano deve essere successo!
Tanto più che la dolce ottuagenaria, l’Antonia del titolo, si trincera dietro a una caparbia volontà di rifiutare il cibo.
Nella costante alternanza tra l’aromatico profumo della menta e il nauseante odore dell’aglio, indagano sullo strano caso, con il principale intento di sottrarre l’anziana zia a una morte per inedia, suor Speranza, il fedele nipote Ernesto Cervicati, che per la zia ha sempre avuto grandi attenzioni e profondo rispetto, e il medico – immancabile nei romanzi di Votali - il dottor Aloisio Fastelli.
La pista dell’odore d’aglio conduce a due personaggi a dir poco sospetti: il fratello Antonio Cervicati, bidello dall’intensa attività sessuale da qualche giorno scemata per imprecisati motivi, e il direttore dell’agenzia locale della Banca di Credito Orobica, il Sansicario.
La storia corre rapida tra scenette buffe ritratte dalla consueta ironia di Vitali, che si diffonde benefica sull’intreccio grottesco e talvolta paradossale.
Alcuni passaggi sono davvero spassosi. Come le congetture della moglie di Antonio, l’Augusta, insospettita dall’inerzia amatoria del suo coniuge. O gli equivoci che nascono dai rintocchi funebri del campanile. O le condotte ispirate dalle cupidigia di Antonio, che vorrebbe mettere le mani sul presunto patrimonio liquido dell’anziana.
Le caratterizzazioni di Vitali utilizzano un originale espediente: l’atlante animale” di suor Speranza ossia l’abitudine della religiosa di paragonare le persone a un animale.
Un romanzo tutto da gustare: per l’ironia che l’autore diffonde, per le situazioni da commedia ai limiti della farsa, per il linguaggio narrativo articolato in frasi brevi e veloci, infarcite di qualche termine desueto o ripescato dal dialetto, per i dialoghi divertenti e incalzanti. E per le riflessioni inevitabili sulla senilità, quelle che il romanzo ha instillato in …
… Bruno Elpis
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Il ritorno di Vitali!
Dopo una prova abbastanza deludente, ritroviamo un Vitali con lo smalto di un tempo. La storia della Zia Antonia, giunta al termine della sua vita, e della lotta per la ricca eredità. Tra goffaggini, incomprensioni e colpo di scena finale, la storia si snoda con il solito colorito e simpatico stile Vitaliano con protagonisti i bellanesi: il medico, il prevosto, la madre superiora ed i due fratelli che si contendono l'eredità della vecchia zia.
Simpatico, si legge d'un fiato
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