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Mian88 Opinione inserita da Mian88    24 Settembre, 2020
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Vita & Diamante

«La prima cosa è dare sempre un nome alle cose. Così sai sempre dove sono. Se non lo sai, non puoi cercarle.»

Vita e Diamante. 1903, due bambini o poco più, dodici dollari cuciti nelle mutande, tanti sogni e tante speranze custodite in due anime di pochi anni che sono partite da quel di Tufo, una frazione di Minturno, basso Lazio, per approdare nel nuovo mondo, negli Stati Uniti. Due giovani rispettivamente di nove e dodici anni che non conoscono la lingua, che non sanno cosa aspettarsi da quella città che tutto sembra tranne che pronta a ospitarli. E tutto è difficile, laggiù. Perfino lo sbarco, perfino la selezione iniziale. Nulla può essere dato per scontato e il rischio di essere rimandati a casa è forte e latente come pochi perché rappresenterebbe la fine di quell’auspicare a un futuro possibile, la fine di quel loro lungo viaggio già prima di essere giunti a quella possibilità agognata.
La mente ben presto si risveglia dal sogno. La disillusione non tarda ad arrivare in quella che è un’America a cavallo fra il diciannovesimo e ventesimo secolo: è un luogo che per l’immigrato italiano si traduce in discriminazione, povertà, scherno, degrado e umiliazione continua. Giorno dopo giorno, in una famiglia diversa, in una serie di legami e di leggi della casa e del padre e della nuova compagna che non tardano a imporsi, sempre più e sempre più concrete queste sono. Ma loro sono lì, si tengono per mano come nel momento in cui sono scesi dalla nave. Come fratelli, in principio, come unico appiglio a quei legami familiari lasciati indietro, come qualcosa di molto diverso dopo. Perché quel sentimento cambia, si evolve, muta. Non sembra avere un nome, all’inizio, e quando lo assume tocca i due giovani esattamente come il lettore. Quei batticuori, quegli istinti, quei primi baci, quelle carezze, quei piccoli gesti, scombussolano tanto i loro quanto chi si avvicina alla lettura.
Ma la vita non sempre è clemente, non sempre è disposta a dare possibilità e ancor meno seconde tali. In un preludio giornaliero qualcosa accadrà e a quel punto ecco che ci interrogheremo su quel sentimento. Perché il tempo passerà, le strade saranno separate, ragioni storiche si susseguiranno, la semplice quotidianità detterà un ritmo diverso a quel che siamo diventati e cosa ne sarà stato di quel sentimento adolescenziale? Quanto questo davvero potrà resistere alle intemperie della vita? Quanto ancora potrà davvero incidere sul decorrere del tempo e sull’esito di una intera esistenza?

«Vita sa che sbaglia, Non ha bisogno di prove, perché aver fede in qualcosa, o in qualcuno, non significa voler toccare la sua ferita, ma volerla guarire. In ogni modo, le creda o no, lei lo ama. E perché aspettare? A che serve? La vita è adesso. Non nel futuro, che potrebbe non venire, non nel passato, che s'è dissolto -siamo noi, qui, ora, come ci siamo ritrovati, con quello che sentiamo oggi diciotto aprile 1912 – perché potremmo non sentirlo più, potremmo cambiare, o essere cambiati, e disperderci in direzioni diverse come gocce di pioggia contro il vetro di una finestra. I sentimenti si sfilacciano, e le promesse non si mantengono. Questo presente passerà, né mai sarà possibile richiamarlo. Perché aspettare? Non abbiamo aspettato abbastanza? Che importanza ha un anello d'oro, la benedizione della legge, l'approvazione della chiesa? La realtà di una casa, uno stipendio e la stessa chiave nelle loro tasche? Tutto questo non la sposerà con Diamante. Lo farà il piacere che accende il viso di lui alla vista del suo, voler cercare, fra milioni di sguardi, i suoi occhi - e allora da oggi sarà la sua sposa.»

È con grande maestria che Melania Mazzucco ci prende per mano e ci conduce per quella che è la ricostruzione della storia di due membri della sua stessa famiglia riuscendo a rendere loro omaggio, riportandoli alla memoria, collocandoli nel tempo, lasciandone una traccia che mai potrà essere cancellata. “Vita” è il risultato di un lungo lavoro di ricerca – delle cui tracce sono prova anche le foto site tra le pagine – che ha portato l’autrice a vincere meritatamente il Premio Strega nel 2003. Ed è attraverso la voce dei due eroi che ella ricostruisce la storia del Novecento conducendoci per un lasso temporale che parte soltanto dagli inizi del secolo.

«Purtroppo, come sempre, i visionari sono in anticipo. E fanno di tutto per non realizzare mai ciò che intuiscono. Perché non c’è niente di più disperante di un sogno esaudito.»

Magistrale è anche l’opera di scrittura. A differenza dei soliti lavori della scrittrice qui abbiamo non solo una penna rapida, minuziosa e precisa ma anche una penna che lascia molto spazio all’emozione e all’aspetto empatico. I personaggi, a loro volta, sono perfettamente caratterizzati. Il conoscitore non fatica a entrare con loro in simbiosi, a farne propri i pensieri e le vicissitudini. Arrivano sia i momenti più belli che quelli più difficili e caratterizzati da quelle cadute e da quelle sconfitte dalle quali non sempre è semplice rialzarsi. Entrambi crescono, in modo particolare Diamante che compresa l’importanza di seguire i propri principi e i propri valori si allontana da quella strada che altri avrebbero desiderato fargli intraprendere. Egli, è senza ombra di dubbio, il personaggio che più si imprime nell’animo perché custode di un messaggio importante: egli sceglie di vivere diventando qualcuno che possa essere stimato e preso come modello, sceglie una vita retta e fatta di onestà e senza l’arricchimento facile con la delinquenza e per effetto trasmette ciò anche a chi legge e ci invita a fare altrettanto.

«Le cose sembrano dover durare per sempre, e invece il tempo le sgretola poco a poco, finché, se uno si volta indietro, si rende conto che del passato non è rimasto niente.»

La mia esperienza con “Vita” ha trovato la forza di diventare parola scritta. Ho letto questo romanzo molti anni fa, l’ho iniziato e poi interrotto attorno alla metà perché travolta dall’emozione e dal coinvolgimento tanto che non volevo ultimarlo, poi vi sono tornata per giungere alla fine del viaggio ma non era ancora giunto il momento di separarsi da questi due ragazzi. Vi torno adesso, in occasione di una rilettura occorsa in occasione di un incontro del gruppo di lettura in biblioteca di cui faccio parte. Vi torno con lo spirito di chi non si è mai davvero staccato da un legame instaurato, vi torno con la gioia e la contentezza di chi ha rivissuto le stesse emozioni e ne ha vissute di nuove. Vi torno oggi ma vi tornerò ancora.
Un libro semplicemente da leggere.

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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    13 Agosto, 2020
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Little big Italy

La federa di un cuscino come valigia, dodici dollari cuciti nell'unico paio di mutande, un carico pesantissimo di responsabilità, una dose consistente di sogni e speranze sono il bagaglio con cui Diamante e Vita sbarcano negli Stati Uniti all'inizio dello scorso secolo. Hanno lasciato Tufo, frazione di Minturno, nel basso Lazio, per correre incontro ad un futuro ricco di opportunità, ad un ventaglio di possibilità che solo l'America, terra dei sogni per eccellenza, può offrire. Ma l'America a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo è ben lontana dall'essere il luogo paradisiaco che ogni immigrato sogna di raggiungere lasciando il suolo natio. Ad aspettare i due giovani avventurieri ci sono stenti, miseria, sfruttamento, diffidenza, pregiudizi, lacrime e sudore. La statua della libertà svetta su New York annunciando un mondo migliore, ma ai suoi piedi, per chi sbarca, ci sono umiliazione, scherno, degrado. Diamante, dodici anni, tiene la mano di Vita, nove, con l'atteggiamento protettivo di un fratello maggiore. I due però non sono fratelli, anche se è quello lo spirito con cui affrontano il distacco da casa, la lunga e faticosa traversata, l'impatto crudo e incomprensibile con il nuovo mondo. Il loro legame, nel tempo, si trasforma. Lo spirito fraterno lascia il posto ad un sentimento strano, nuovo, diverso. Il filo che li lega è sempre lo stesso, ma cambia il modo in cui li tiene avvinti. Quando cominciano i primi turbamenti, gli inspiegabili batticuori, gli inevitabili pruriti, non può nascere altro che amore. Ma quanto può incidere un sentimento adolescenziale su un'intera vita? Quanto può resistere l'amore alle sferzanti frustate del destino? Per scoprirlo non possiamo far altro che imbarcarci con i due protagonisti sulla nave guidata dalla brava Melania Mazzucco, immedesimandoci in loro e in tutti coloro che, a tutte le latitudini e in ogni epoca, sono costretti a lasciare tutto, perché ciò che hanno non è sufficiente a permettere una vita decente; a sopportare fatica, abusi, discriminazione per ritagliarsi uno spazietto nel mondo che sia più confortevole, più sicuro, più dignitoso. La speranza, in questi casi, è l'elemento imprescindibile per poter andare avanti, ma altrettanto indispensabile è l'amore, vero motore della vita di tutti noi. "Vita sa che sbaglia, Non ha bisogno di prove, perché aver fede in qualcosa, o in qualcuno, non significa voler toccare la sua ferita, ma volerla guarire. In ogni modo, le creda o no, lei lo ama. E perché aspettare? A che serve? La vita è adesso. Non nel futuro, che potrebbe non venire, non nel passato, che s'è dissolto -siamo noi, qui, ora, come ci siamo ritrovati, con quello che sentiamo oggi diciotto aprile millenovecentododici- perché potremmo non sentirlo più, potremmo cambiare, o essere cambiati, e disperderci in direzioni diverse come gocce di pioggia contro il vetro di una finestra. I sentimenti si sfilacciano, e le promesse non si mantengono. Questo presente passerà, né mai sarà possibile richiamarlo. Perché aspettare? Non abbiamo aspettato abbastanza? Che importanza ha un anello d'oro, la benedizione della legge, l'approvazione della chiesa? La realtà di una casa, uno stipendio e la stessa chiave nelle loro tasche? Tutto questo non la sposerà con Diamante. Lo farà il piacere che accende il viso di lui alla vista del suo, voler cercare, fra milioni di sguardi, i suoi occhi - e allora da oggi sarà la sua sposa."

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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    29 Marzo, 2020
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Un romanzo epico


“La storia di una famiglia senza storia è la sua leggenda.” Così Melania Mazzucco in uno dei capitoli conclusivi del suo romanzo “Vita”. Si, perché ciascun individuo ha la sua storia personale e le sue origini hanno diritto alla stessa dignità celebrativa che si riconosce alle grandi famiglie.
Si possono trascorrere anni accanto alle persone più familiari, accanto ai padri, alle madri, agli stessi figli e con essi spesso si parla poco, li si conosce superficialmente, ne si coglie l’essenziale, quanto basta. È dopo la perdita di uno di loro che si sente l’esigenza di squarciare quella barriera che ci separava per entrare nel loro vero mondo e cercare di capire quanto di quel mondo noi stessi facessimo parte. Se poi la perdita è di un padre o di una madre si sente più urgente il bisogno di chiarire a se stessi chi veramente siamo, da dove proveniamo, cosa ci ha reso quello che siamo.
In questa prospettiva la Mazzucco ricostruisce la vita di Diamante e Vita, svelandoci a poco a poco quanto la sua esistenza stessa sia intrecciata alla loro.
Il romanzo si apre e si chiude con due capitoli, entrambi intitolati “I miei luoghi deserti”. Non è un caso che i luoghi qui descritti nel loro aspro e arido aspetto in terra campana, vengano definiti deserti: deserti non solo per il suolo dall’apparenza sterile, ma deserti perché abbandonati da chi ha nutrito una speranza di vita migliore. Eppure questi luoghi deserti sono anche quelli che richiamano l’emigrante con una forza straordinaria e lacerante. Tufo è dunque il luogo di partenza per Vita e Diamante bambini, ma è anche il luogo dove avrebbero desiderato tornare. Nasce così su quella scialuppa della nave che li avrebbe condotti in America, nascosti e abbracciati per farsi coraggio e ripararsi dal freddo, quel legame profondo che sarebbe durato tutta una vita, nonostante le separazioni, le delusioni, i tradimenti, alimentato dalla speranza e dalla illusione di poter realizzare un sogno. Ma la vita dell’emigrante è dura e difficile, anche nel paese che ti promette benessere e libertà. “La prima immagine che offre l’America è incoraggiante – la Statua della Libertà. Ma proprio sotto quella statua gli emigranti vengono recintati come animali e avviati alle scoraggianti procedure per lo sbarco”.
Qui inizia la vita americana di Diamante e Vita, una esistenza difficile fatta di umiliazioni e sopraffazioni, ma anche di sentimenti teneri, di promesse e di progetti, una esistenza di cui porteranno per sempre le tracce sul corpo e nell’anima.
Scrivere una biografia significa intraprendere un viaggio nella memoria, nelle cose del passato, significa avere il coraggio di rivivere eventi che hanno segnato la nostra vita, a volte addirittura di viverli questi eventi in prima persona, se di essi non siamo stati i protagonisti. Si dice che è crudele alimentare la memoria di ciò che ha causato dolore, che dimenticare allevierebbe le pene, ma è proprio la memoria, per quanto dolorosa che ci aiuta a mantenere la nostra umanità, che ci aiuta a tenere vivo in noi il senso di humanitas e pietas che fanno parte della nostra cultura.
Imperdibile, dunque, questo romanzo della Mazzucco, epico, coinvolgente, emozionante

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Giulian Opinione inserita da Giulian    16 Dicembre, 2019
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Un eroico passato

Devo ammettere che, soprattutto all’inizio, ho faticato un po’ a leggere questo libro. La (pur motivata) frammentazione del racconto, l’andirivieni nei tempi e nei momenti narrativi, l’alternanza fra romanzo e relazione storica, l’esposizione gradualmente allusiva e non direttamente esplicita degli eventi... tutto ciò richiede un buon impegno da parte del lettore. Questo vale anche per il linguaggio, piuttosto mutevole, a volte colto, più spesso gergale e improntato sul discorso diretto libero, con frequenti cambi di soggetto e di punti di vista, che dà la sensazione di una scrittura di getto, molto improvvisata e poco curata (ma è solo una sensazione). In realtà il libro è frutto di una ricerca estremamente meticolosa, fra archivi, documenti e testimonianze e, anche se la ricostruzione della storia dei Mazzucco ha portato a risultati solo parziali, il romanzo riesce a trasmettere in modo assai vivido la realtà degli emigranti italiani in America fra ‘800 e ‘900. Soprattutto nel finale, viene data particolare (e a mio parere esagerata) enfasi alla passione amorosa adolescenziale fra i due protagonisti, Diamante e Vera, che lascia un retrogusto malinconico, un po’ troppo “rosa”, alla lettura. Nel complesso comunque ti rimane un segno, perché il libro ci mette a contatto in maniera assai realistica con un difficile ma eroico passato che ha interessato milioni di italiani e di cui rischiamo sempre di non vedere (o meglio di non voler guardare) la drammatica reiterazione nel presente da parte di tanti altri attorno a noi.

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Opinione inserita da Maria Scapin    19 Dicembre, 2014

un romanzo da leggere assolutamente

mi riesce impossibile non apprezzare questo romanzo perché non racconta solo la vita del nonno e del padre dell’autrice, ma si tratta di una vera e propria testimonianza della nostra storia passata, in cui tutti possiamo rispecchiarci.
È incredibile come una volta gli italiani fossero considerati indistintamente degli assassini, dei nullafacenti, dei buoni a nulla, dei falliti.
Eppure l’America li accoglieva e dava loro la possibilità di riacquistare un po’ di dignità.
È facile giudicare la crudeltà con cui questi emigrati furono abbandonati alla fame e trattati come degli animali in un porcile, spesso derisi dai propri compatrioti che in qualche modo erano riusciti ad abitare nei quartieri vicini al Central Park o in quelli popolati dai primi moderni grattacieli.
Ma vogliamo parlare del “buon padre di famiglia” italiano che convinceva il figlio ad abbandonare la propria terra per cercare di far fortuna all’estero e per inviare al genitore i soldi con cui poterlo mantenere? Per lo più con soli 12 dollari cuciti nelle mutande?
È un romanzo che fa nascere un miscuglio di sentimenti, molto spesso contradditori, perché laddove la descrizione del quartiere degradato di Little Italy stimola dispiacere e compassione per i poveri che vi risiedevano, poi nel capitolo successivo, un’assistente sociale americana, piena di umiltà e benevolenza, bussa alla porta di una misera pensione e viene rifiutata in maniera diffidente, nonostante cercasse solo di dare il suo contributo nel miglioramento delle loro condizioni sociali.
Io penso che la scrittrice, descrivendo uno dei periodi più bui della storia italiana, volesse lasciarci un messaggio importante: anche nella situazione più miserevole, c’è sempre la possibilità di scegliere ciò che è giusto, di scegliere il bene.
Melania Mazzucco ha intitolato Vita il suo romanzo perché forse tutte le vicende girano attorno a questa ragazza sorprendente e piena di Vita, appunto.
Ma secondo me, il vero protagonista è Diamante, un ragazzo tenace che preferisce tenersi stretto i propri valori piuttosto di seguire l’esempio dell’amico Rocco.
Per un periodo si fa trasportare anche lui dal desiderio di ricchezza, offertogli dalla Mano Nera attraverso azioni violente e pericolose, ma poi sceglie di costruire il suo futuro facendo uso solo delle sue capacità, senza dover rubare o uccidere, ma diventando qualcuno che potesse essere stimato e non inseguito continuamente dalla polizia.
Anche quando appare scontato giustificare la scelta del male perché costretti da determinate circostanze, io penso che un uomo potrà finalmente sentirsi libero quando sceglierà la cosa giusta da fare, indipendentemente dalla difficile situazione in cui si trova.
E Diamante ce lo ha dimostrato: preferì la libertà alla ricchezza.

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Melandri Opinione inserita da Melandri    07 Febbraio, 2014
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LA DISTANZA DI UN SOGNO

Hanno attraversato l’oceano carichi del solo peso dei propri sogni.
Come bagaglio una federa sgualcita, qualche dollaro americano, forse una foto.
Sbarcano in migliaia ad Ellis Island, vengono schedati, annotati, palpeggiati e umiliati, mentre dietro di loro svetta altissima la Statua della Libertà. Sono gli immigrati italiani e non, che tra la fine dell’Ottocento e l’inzio del Novecento si riversano in masse pulciose e disordinate a New York.

Tra loro, ci sono due ragazzini, Diamante e Vita.
Il padre di Diamante ha tentato per due volte di emigrare ma entrambe le volte è stato rispedito a casa. Diamante diventa quindi colui che porterà sulle sue spalle il sogno del padre, ben più pesante del suo.

La storia di questi due bambini, cresciuti in una terra sconosciuta e apparentemente arida di promesse che come uno specchio abbaglia e rende ciechi chi è alla ricerca di un domani, è anche la storia del nonno di Melania Mazzucco, Diamante, e della bambina agganciato alla cui mano attraverserà l’Atlantico, Vita.

E’ un romanzo romantico e severo, privo di abbellimenti superflui e carico di immagini molto realistiche.
Il lavoro di ricerca che l’autrice ha compiuto è decisamente notevole. L’intreccio tra il romanzo e la storia reale della sua famiglia è scritto con stile superbo ma la lettura risente comunque dei frequenti cambi di fronte.

Per i giornali di allora e per gli americani stessi, gli immigrati furono sinonimo di delinquenza, sporcizia e degrado. Questo non è contestabile, ma non bisogna dimenticarsi che furono proprio gli immigrati di quel periodo a costruire buona parte della loro patriottica America.

Sonetto di E.Lazarus, inciso sul piedistallo della Statua della Libertà:

“Tenetevi, o antiche terre, la vostra vana pompa - grida essa con le silenti labbra - Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti miserabili delle vostre coste affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata”

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katia 73 Opinione inserita da katia 73    01 Agosto, 2012
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Vita

Come al solito libro consigliato dalla Stefania, commessa che non sbaglia un colpo con me !! Questa volta poco convinta l’ho preso in biblioteca, non ero sicurissima che mi sarebbe piaciuto non avevo mai letto nulla della Mazzucco, ottima scrittrice.

E’ principalmente la storia di Vita e Diamante, due bambini che nel 1902 attraversano l’oceano, con 12 dollari cuciti nelle mutande, per arrivare in America, un grande sacrificio per i loro genitori lasciarli andare ma la speranza di una vita migliore per questi due ragazzini, e molti che come loro sono emigrati, era davvero grande.
All’arrivo li aspetta Agnello il padre di Vita che vive li con il figlio più grande già da molti anni , ma li aspettano anche il duro lavoro per guadagnarsi quel poco che riescono a mangiare e tanta, tanta miseria, l’America regala un sogno ma mette fine alla loro infanzia .

La Mazzucco ci regala questo splendido libro mettendo insieme foto, ricordi di suo padre e altre testimonianze , vecchi documenti ritrovati per caso perché questa è la storia della sua famiglia che si incrocia con altre famiglie di emigranti in un’epoca in cui il sogno americano era veramente un sogno per migliaia di persone .
Bellissime le ambientazioni, le descrizioni dei luoghi sono molto accurate e raramente risultano noiose, davvero ben approfonditi i personaggi, non solo i due protagonisti ma anche tutti gli altri che conosciamo durante la lettura , certo la mia eroina è stata Vita, all’inizio è una bambina forte , testarda , che sa quello che vuole e poi diventerà una donna sicura di sé , sempre un po’ distante però dalla vita reale, sempre un po’ nel suo mondo, immersa nel sogno americano Vita riesce a fare dell’America la sua terra.

Veniamo ora alle note dolenti, il libro è molto lento, l’inizio poi lentissimo, non sono riuscita ad amarlo subito , inoltre certi salti temporali e alcuni capitoli in cui lei descrive le sue ricerche (nel bel mezzo della narrazione) hanno disturbato un po’ la mia lettura, insomma a volte mi sono un po’ persa. Credo che sia un libro che si apprezza del tutto solo una volta finito, lascia grandi emozioni e la certezza di aver incontrato comunque un’ottima scrittrice .
Lo consiglio perché narra una pagina dolorosa della nostra storia ma molto interessante, direi che merita il nostro tempo .

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ant Opinione inserita da ant    26 Luglio, 2012
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Storie di emigrazione

Un testo molto bello, ricco di digressioni coinvolgenti sia da un punto umano che paesaggistico. I protagonisti sono 2 ragazzi,Diamante e Vita, che nei primi del novecento dal basso Lazio emigrano negli USA. La Mazzucco è bravissima a descrivere tutte le sensazioni ed emozioni che provano i protagonisti, a cominciare dalla sbarco a New York per continuare poi con tutte le vicissitudini e situazioni particolari legate alla scuola,lavoro etc affrontate dai protagonisti. Il romanzo poi ad un certo punto arriva ad un bivio e le strade di Vita e Diamante si separano, ma sarà una circostanza particolare, che non vi svelo, a farli riavvicinare.
Struggente e importante per non dimenticare mai le masse di emigrati che dall'Italia andarono negli Usa.

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libri dove si narra delle difficoltà di ambientamento in posti sconosciuti
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Fermìn90 Opinione inserita da Fermìn90    08 Giugno, 2011
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Una storia, tante storie...

La Mazzucco racconta la storia di due ragazzini Vita e Diamante che a soli nove e dodici anni , si ritrovano su una nave diretta a New York alla ricerca di una vita migliore. L’autrice prende spunto dalle tante lettere, dai documenti di archivio e dagli aneddoti ripescati dal cassetto della memoria dei suoi parenti per scrivere questo romanzo, che in definitiva diventa una bella biografia (o quasi) della sua famiglia. Ma in realtà si tratta di tante storie , storie di tutti coloro che nel corso del 900 sono stati costretti a migrare in terra straniera; la condizione di questi migranti è descritta in maniera sorprendentemente viva ed efficace: considerati come criminali, costretti a qualunque tipo di privazione e sacrificio, sfruttati dalla mano nera. Durante la narrazione ci sono degli intermezzi in cui l’autrice ci parla delle sue lunghe e accurate ricerche , che sinceramente sono un tantino pesanti e creano confusione nell’economia generale del racconto, che comunque risulta ben scritto.
Un tema molto affascinante (e anche particolarmente attuale) che coinvolge un po’ tutti: è stato strano per me leggere sul monumento di Ellis Island , l’isoletta di fronte New York dove gli emigranti sbarcavano sotto lo sguardo fisso della statua della libertà, i nomi dei miei antenati. Bisogna ricordare perché in fondo è vero quello che dice l’autrice : “La gente pensa che i ricordi rendano tristi. Invece è vero il contrario. Si diventa tristi quando si dimentica”

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Opinione inserita da marco 70    25 Agosto, 2009

vita

Forse è stata la lunghezza ritenuta eccessiva(ormai i lettori sopportano romanzi lunghi piu' di 500 pagine solo se sono dei thriller ),forse sono i diversi flashback temporali che rendono non facilissima la conprensione del romanzo ,in ogni caso quest'opera non ha avuto quel successo completo che meritava.La storia d'amore fra Vita e Diamante viene descritta in pagine veramente notevoli,sensuali,poetiche,commoventi.

Il tema dell'immigrazione italiana in USA viene descritta con competenza e cognizione di causa(si nota che c'è alle spalle un lavoro di ricerca anche familiare notevole). .

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A chi ama i grandi romanzi d'amore ma apprezza anche il bello scrivere.
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    23 Luglio, 2009
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VITA

L'autrice costruisce questo romanzo raccogliendo lettere e ricordi di famiglia. Lo sfondo è quello americano e più precisamente, i primi sbarchi di emigranti italiani tra fine ottocento e primo novecento. La storia prende vita dalle vicissitudini di due ragazzini che affrontano soli la grande avventura del tempo, ossia imbarcarsi per la "terra promessa" in cerca di fortuna, o almeno, di qualcosa di meglio rispetto alla grama vita di paese.

Il racconto delle condizioni di vita di questi poveri italiani, raggiunge un realismo totalizzante:il lettore si sente parte di quella miseria aberrante,respirando gli odori nauseabondi di quegli alloggi e vedendo il degrado a cui sono costretti per riuscire a guadagnare qualche dollaro.Sembra quasi di sfogliare un album fotografico.

Il giudizio sull'opera è positivo perchè riesce a toccare il cuore;unico neo stilistico,alcuni bruschi passaggi durante la narrazione, dove il lettore rischia di smarrirsi.

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