Stabat Mater
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Signora Madre
Un fagotto piangente posato sulla soglia, il figlio di un atto impuro, di un abuso, del denaro prostituito, della poverta' che non puo' sfamare.
Una neonata che sara' protetta ed educata nell'Ospitale; le suore raccolgono il corpicino e le danno un nome, una data di nascita, archiviano quel segno di riconoscimento che certe madri lasciano sulla figlia, forse un giorno per tornare. Una bambina nuova, una tra le tante, un nessuno come un altro, un'ennesima riga di annotazione nei registri.
Le piccole dell'orfanatrofio crescono senza genitori e senza dolore, finche' non sanno .
"Signora Madre" scrive Cecilia in lettere accorate al Nulla, ormai consapevole di essere nata altrove, grave su di lei in ogni istante il senso di abbandono, di solitudine e angoscia .
Signora Madre, pensa con rammarico in ogni momento che trascorre rinchiusa tra i muri di musica e di canto, nello strazio del suo violino che imita le rondini che non ha mai potuto inseguire, nella nota che infrange sulla scogliera le onde mai viste.
Intenso e struggente , Stabat Mater e' un omaggio alle giovani orfane dell'Ospedale della Pieta' di Venezia, dove nei primi anni del 1700 don Antonio Vivaldi insegno' musica alle voci angeliche e alle sottili e leggere dita delle ospiti.
E' un libro delicato che si veste dei semplici, ingenui abiti delle Figlie di Choro recluse loro malgrado tra le mura del destino imposto da lei, Signora Madre.
Buona lettura.
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Acronimo
Si chiama Cecilia e ha sedici anni; si
Trova ospite dell’Ospedale di Pietà di Venezia essendo stata
Abbandonata in fasce dalla madre. A lei scrive lettere
Basandosi sulla fantasia di suonatrice di violino. Poi
Arriva un nuovo maestro, un prete dai capelli rossi. Si
Tratta niente poco di meno che di Antonio Vivaldi! Il
Maestro le fornisce ispirazioni uniche grazie
Alle quali Cecilia troverà il coraggio di fuggire verso la vita.
Tiziano Scarpa scrive una storia poetica e palpitante
E vince il Premio Strega nel 2009 con un
Romanzo tra immaginazione e documentazione storica.
“Sono stata attraversata dal tempo e dallo spazio, e da tutto quello che essi portano dentro. Alla fine ero stravolta, in un'ora io sono stata musicalmente grandine, musicalmente afa, musicalmente gelo, musicalmente tepore, musicalmente piedi intirizziti, musicalmente pioggia leggera, musicalmente suolo ghiacciato che fa male caderci sopra, musicalmente prato tenero, sono musicalmente stata dentro il sonno di un guardiano di capre, dentro un cane che abbaia, dentro gli occhi di una mosca, sono musicalmente stata nuvola nera, passo ubriaco, bestia terrorizzata e pallottola che la uccide."
Bruno Elpis
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Le note di Venezia
La musica è l'aire iniziale che accompagna il lettore in tutto il libro; è, dunque, la musica, quella di Vivaldi, il "Prete rosso", compositore d'eccezione de "Le quattro stagioni" interpretata dalla protagonista, Cecilia che libera le note iniziali del libro. Cecilia, sin dalla nascita assidua frequentatrice di un famoso orfanatrofio non per sue colpe, il celeberrimo Ospedale della Pietà di Venezia, scrive assiduamente, nell'oscurità e senza sonno, ricordi di una infanzia fatta di solitudine e isolamento, lettere alla propria madre che non conosce e neanche riesce ad immaginare, ella non sa nulla di lei! Ma nei luoghi in cui si appresta a scrivere incontra una strana compagna, la morte o lo testa dai capelli di serpenti, così come lei la definisce, la quale le insegna e le suggerisce le nozioni e i significati della vita, i sentimenti e le atmosfere, i pensieri e i dubbi che ogni adolescente ha. Lunghi discorsi con l'insolito personaggio fanno apprendere a Cecilia la vera essenza della vita, il tutto accompagnato da riflessioni poetiche e dall'immancabile musica che le permettono di maturare e di emanciparsi dalla condizione di subalternità/asservimento in cui sempre è vissuta, odi celestiali che la protagonista assieme alle sue compagne suona per sovvenzionare il proprio orfanatrofio. Originalità, sincerità e intimismo sono le caratteristiche di questo libro, scritto con argume letterario e profondità di pensiero, in cui l'autore introduce tra le righe l'arte della musica e l'interiorità dei suoi personaggi. Sembra quasi che le parole leniscano dolcemente il dolore e sfiorino delicatamente attraverso il corpo come in un'aria musicale.
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Signora Madre, Madre di Dio
La maternità rinnegata restituisce la vita attraverso la musica, che è preghiera. Nella solitudine di Cecilia si riflettono i temi esistenziali della morte, dell'amore, della preghiera, della musica che esprime l'ineffabile, oltre il silenzio, oltre i fantasmi della mente. La parola non basta, rimane in gola, anche se frettolosamente trasformata in lettere dirette a chi non potrà mai leggerle....e si trasforma in musica. Don Antonio Vivaldi trasforma la vita in musica, talora anche la morte...ciò che darà la forza a Cecilia di ritrovare se stessa in un mondo non più popolato dai fantasmi ma dalla cruda identità di ciò che è reale. Questo percorso di vita si compie con l'aiuto silenzioso della Madre di Dio, che per Cecilia è dolce rifugio dall'angoscia, Madre del Dolore, che ben conosce il patire...Stabat Mater...accanto all'umanità consegnatagli dal Figlio....
" ...siete talmente importante che vi metto dappertutto....Dovunque c'è posto voi lo occupate...Siete come l'aria..." (pag. 42)
"...queste lettere...sembrano un abbraccio che si sporge dalla finestra su un cortile vuoto..."(pag. 43)
"...i bambini sono la paura di morire che fugge via dai nostri corpi mortali..." (pag. 46)
"Vorresti che tua madre si prendesse cura della tua morte?" "Si" "Lo ha già fatto mettendoti al mondo" (pag. 35)
" Vedi che vuoi bene alla Madre di Dio...è questo che conta...Volere. Volere bene, non riceverlo. Amare, non essere amati....è molto più disincantato amare che essere amati. Non aspettarsi niente da nessuno..." (pag. 98)
Un'occasione per riascoltare le Quattro Stagioni, Giuditta Trionfante, il racconto di Giuditta ed Oloferne, l'opera del Caravaggio.
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pazzamente raffinato
Io si capisco perchè ha vinto il premio strega. Scarpa scrive di Cecilia come se fosse Cecilia, però è un uomo. Ha uno stile tutto suo, frammentato come l' animo della protagonista. Scarpa ammette di essere anacronistico, quindi bisogna prenderlo con le pinze. Ma per il resto secondo me è fantastico, a una maniera di affrontare alcuni problemi estremamente moderni così sottilmente che quasi non ci si accorge ( mi sono accorta che Cecilia era bulimica solo alla seconda lettura).
Secondo me merita!!!
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Stabat mater
Cecilia è un'orfana cresciuta nell' Ospitale della Pietà di Venezia, abituata a trascorrere le proprie giornate suonando il violino e le proprie notti a scrivere ad una madre mai conosciuta.
Il tormento della giovane si innalza poderoso pagina dopo pagina, dando voce ai tanti interrogativi irrisolti che non si sopiranno mai, poiché è insito nell'essere umano il desiderio di fare luce anche nelle situazioni più buie per cercare le risposte necessarie a placare la propria sete di verità.
Il dramma dell'abbandono, della mancanza di affetti, del calore di una famiglia è struggente e palpabile, descritto con una profondità di termini ed una sensibilità d'animo degni di un grande autore. La narrazione raggiunge attimi sublimi, quando Cecilia da libero sfogo a tutta la disperazione accumulata, cercando un confronto seppur immaginario con la madre, facendo volare la fantasia lontano dal piccolo mondo angusto in cui è reclusa.
Il romanzo scorre abbastanza lento come è giusto che sia, in virtù delle sue qualità di approfondimento psicologico del personaggio, così da dar modo al lettore di giungere ad una perfetta simbiosi con la giovane, fino a respirare quell'aria densa e opprimente che ristagna tra quelle mura e a percepire quella vita rigorosa e priva di amore.
L'inserimento della figura di Antonio Vivaldi all'interno della storia contribuisce a dare colore e sostanza al tema della musica, un elemento importante nella vita delle ragazze ospiti dell'orfanotrofio; grazie alla musica riescono a comunicare le emozioni, i dolori, le speranze e i sogni, insomma una via di fuga perfetta da una vita grigia e desolata.
Quello proposto dall'autore è un racconto che, pur nella sua brevità, brilla di una intensità notevole, toccando momenti poetici raffinati che sondano l'anima e fanno cantare gli angoli più segreti del cuore, mettendo a nudo sofferenza e solitudine, ma anche la brama di libertà che spinge l'uomo a spiccare il volo verso un orizzonte più luminoso.
Amaro e commovente, ottimo mezzo per riflettere sulle condizioni di tutte quelle persone cui il destino ha negato la gioia di nascere e crescere circondate da quel calore che solo l'amore può sprigionare.
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Stabat Mater.
"Questo mi è stato dato in sorte, essere figlia del niente."
Un libro veramente bello...mi è piaciuto per il senso di dolore che trasmette. Quanto può soffrire una figlia/o per l'abbandono subito da piccolo, perchè una madre sceglie di lasciarti nella nicchia dell'Ospitale? perchè non ti vuole crescere? portare con sè? amare?
Un dolore profondo che non ti lascia mai, di giorno di notte, mille pensieri nella mente, mille domande alle quale non sai darti risposta!
La musica è l'unica compagna in quella vita lontana dal mondo, un mondo che le suore non fanno vivere a Cecilia fino a quando lei non sceglie il proprio destino!
Un libro scritto in maniera particolare, pieno di riflessioni, sogni, visioni, meditazioni dove una ragazza alla fine grazie alla musica, al suo maestro Don Antonio Vivaldi esce da quel mondo di clausura e sceglie di vivere la propria vita, finalmente a modo suo con tutti i rischi e i pericoli, ma libera e magari trovando anche la felicità!
"Signora Madre, scrivendovi non ho fatto altro che parlare con un fantasma. Ho cercato di ridare forma a una persona che non di deve essere nella mia vita, che non ci può essere, che mi ha rinnegato, che mi ha fatto intendere chiaramente che io per lei non esisto. Scrivendovi ho toccato con mano che io non sono nient'altro che un fantasma."
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stabat mater
Questo romanzo di Tiziano Scarpa mi ha conquistata per la ricercatezza e la cura del linguaggio.
Mai banale, profondo, a tratti onirico, certo non un libro facile ma davvero di buon livello letterario.
La trama in sè è molto semplice: si tratta della storia di una giovane orfana che nel '700 è ospitata nell'Ospedale della pietà a Venezia.Qui le giovani più dotate vengono istruite alla musica. Il soggiorno di Cecilia coincide con il periodo in cui viene data la cattedra d'insegnante di violino ad un giovane sacerdote: il suo nome è Antonio Vivaldi.
Da qui la vita di Cecilia inizia a cambiare, in modo sempre più radicale. Si tratta di uno squarcio suggestivo sulla vita interiore di una giovane orfana che si interroga sul senso della vita, sulle sue origini e sul suo futuro. Vengono ben descritte anche le condizioni di vita delle orfane presenti nell'Ospedale.
In questo affresco settecentesco la cornice è data dalla musica che entra prepotentemente tra le pagine del libro e coinvolge a tal punto il lettore che in alcuni passaggi sembra quasi di assistere ai concerti descritti. In tutto questo svetta la magnifica figura di Antonio Vivaldi.
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Stabat Mater, di Tiziano Scarpa
Confesso che ci ho messo molto a comprarlo, il libro di Scarpa, (aspettando da bravo ligure diffidente l'uscita dell'edizione economica e perche' no? lo sconto che ogni 2 mesi le case editrici in crisi puntualmente offrono sulle loro pubblicazioni). Non riuscivo a trovare quello stimolo che mi spinge a cominciare un nuovo romanzo appena terminato il precedente. Poi alcune notti fa, insonne in seguito ai disagi del jet leg dell'ultima vacanza, mi sono fatto coraggio dicendomi che al peggio sarei almeno riuscito ad addormentarmi. E invece la sorpresa, tanto piu' gradita in quanto inattesa: l'ho letto tutto d'un fiato quella notte stessa emozionandomi molto, provando tenerezza e compassione per la giovane Cecilia, alla ricerca determinata e risoluta della proprie origini. Ho apprezzato molto la delicatezza ma anche la schiettezza con cui ci viene presentata la protagonista e la lucida determinazione con cui la giovane scrive le sue lettere-diario ad una mamma che sa in partenza che non incontrera' mai.
Efficace la figura del giovane e fulvo maestro Vivaldi, che nella seconda parte ruba un po' la scena alla protagonista, ma conferisce brio e ritmo al romanzo.
Sarebbe ora davvero un sogno venire a sapere che uno dei piu' grandi maestri del cinema italiano, Ermanno Olmi, trovasse in questo romanzo lo spunto per tornare al cinema di finzione che pare invece purtroppo non interessargli piu'. Il geniale autore di "Lunga vita alla signora" potrebbe a mio avviso adattare alla perfezione i tempi lenti e le atmosfere magiche del notevole lavoro di Scarpa.
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CERCAVO UN LIBRO DA LEGGERE NEL CESSO
Ebbene,
c'è un tipo di scrittura che è difficile catalogare dentro l'insieme mobile della letteratura. questo è un libro dove il pastiche postmodernista rivela tutta la sua stanchezza. non basta mettere una nota a conclusione di un finale insulso quanto tutto quello che l'ha preceduto, giustificando anacronismi e fantasie eccessive che il lettore attento aveva già captato prima. la trama è priva di spessore, la prevalenza della scrittura autobiografica imita il frammentismo di tardo ottocento risultando una soluzione poco avvincente. ma al di là di questo un lettore con un minimo di aspettativa nei confronti di un libro che ha vinto lo strega resta deluso.
volendo essere buoni e per convincersi di non aver buttato 10 euro dalla finestra, il lettore cerca di trovare qualche appiglio, qualcosa che gli renda iteressante il libro. ma brancola in un baratro di incongruenze. infatti, la prima parte, eccessivamente concentrata sul malessere della ragazza, è una litania sottovoce e disarticolata, un frutto acerbo e caduto, come se lo scrittore volesse dipingere una figura depressa, ma gli mancasse la pazienza per farlo. ovvietà da sceneggiatura di infimo film rosa. allora, lo stile. magari è frammentato perché l'autore vorrebbe riflettere la mancanza di unità nell'interiorità di Cecilia. assolutamente no. è solo una sconclusionata alternanza di periodi che si sudsseguono a casaccio, ripetitivi, monotnoni, noiosi. infine, qualche lumicino lontano lontano sembra fare occhiolino: l'autore riflette sulla musica, sulle parole. specialmente in relazione a quest'ultime c'è da segnalare: a un certo punto cecilia dice di non conoscere il significato di parole come passione amore etc (è una ragazza che viene da fuori a importarle là dentro)... se non nelle sfumature religiose che gli sono state date lì, tra le quattro mura del convento. è vero che possiamo non sentire quello che non sappiamo nominare. ma la maggiore delusione è proprio data dall'incoerenza tra quest'idea e la sua resa stilistica: in altre parti del testo la ragazza seidicenne cecilia utilizza termini che sicuramente le erano (parliamo di sfumatura o di profondità semantica, al di là della storicamente testimoniata esistenza delle stesse all'epoca)sconosciuti, in contesti specifici. la luce viene brutalmente spenta ancora prima di poter palpitare una sola e debole volta. il libro pecca, come molti prodotti di un postmodernismo ormai esautito, di un'enorme incongruenza che ci fa apparire i personaggi come assolutamente poco credibili. è uno schizzo trascritto dietro la lista della spesa.
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Non male..
Buono lo spunto, l'idea di fondo, ma peccato che la prosa risulti a tratti frammentata e poco fluida. Oltre a ciò è presente un certo squilibrio tra lo sviluppo narrativo della prima parte, un po' troppo lunga, e la seconda, troppo breve.
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La debacle di Tiziano Scarpa
“Stabat Mater” è la celebre messa musicata da Vivaldi nel 1711 che ha ispirato il titolo dell’ultimo romanzo del giornalista e scrittore Tiziano Scarpa. La trama gravita intorno alla triste storia di Cecilia, una ragazza sedicenne orfana abbandonata presso l’Ospitale della Pietà di Venezia. Nella prima parte, l’autore ci presenta la protagonista come priva della minima autostima, sola, depressa, malinconica, parla ogni sera con la morte, che assume le sembianze della mitologica Medusa, gira di notte nei punti più tenebrosi ed oscuri dell’Ospitale; questi aspetti misteriosi di Cecilia scompaiono apparentemente quando suona nella piccola orchestra dell’Ospitale, ma invece si manifestano ancora più violentemente nella sua mente.
Nella seconda parte, tutto cambia all’arrivo del noto musicista Antonio Vivaldi: il celebre compositore scopre immediatamente il talento della giovane orfana e la convince, nonostante la sua riluttanza, ad essere uno dei due primi violini dell’orchestra.
L’intero romanzo, molto breve, è composto dalle lettere che Cecilia scrive alla mamma, sperando che essa un giorno ritorni a prenderla da quel luogo in cui tutto le sembra essere ora familiare, ora alieno, ora chiaro, ora oscuro.
Uno stile molto distinto, periodi brevi ma intensi, fanno emergere sicuramente il talento di Tiziano Scarpa, ma resta sicuramente l’unico elemento positivo del romanzo: scene confuse e squallide, una tristezza radicata in ogni parola e trama poco interessante fanno chiedere se questo scritto abbia davvero meritato il prestigioso “Premio Strega” del 2009. Persino il palato dell’appassionato più fine non può leggere con soddisfazione l’ultimo prodotto di Scarpa, dove parti nelle latrine, ricorrenti allusioni a feci ed elementi ben poco invitanti ed anche scene d’apparente follia, come quella in cui Cecilia, per non farsi sorprendere nella sua scampagnata notturna, osserva, senza aiutarlo, Vivaldi che si strozza a causa di un’ostia, ma solo pregando che non gli succeda nulla. Questo evento forse rappresenta meglio lo stato d’ordinaria follia in cui si svolgono gli eventi nel famigerato Ospitale e che è presente nella contorta mente di Cecilia, un personaggio che alterna troppo sovente un’eccessiva maturità a caratteristiche da bimba viziata.
Altra pecca: il romanzo è, per così dire, “sproporzionato”, infatti, la prima pesante parte consta di novanta pagine che narrano della misera vita nell’Ospitale e dei complessi che Cecilia si crea, dedicando quindi solo le ultime 50 pagine alla seconda parte, troppo breve, più interessante del romanzo, dove finalmente compare Antonio Vivaldi.
Infine, il finale è deludente: il lettore spera sicuramente in qualcosa di felice dopo circa 140 pagine di tristezza e depressione, ma questa speranza è da ritenersi vana.
Questo romanzo non s’aveva da fare, citando Manzoni.
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restituitemi i soldi spesi per il libro
La prosa poetica è la scrittura che caratterizzerebbe questo romanzo breve. Ma io del romanzo, breve o non breve che sia, non ci ho trovato nulla. Una trama che non c’è. Se poi lanciare un ritmo (il "voi" dei dialoghi, si sa, intriga ma ciò non è mica merito dell'autore) e seguirlo nella varie peripezie dei dialoghi e della scrittura significa offrire una trama al lettore, allora vabbé: abbiamo il romanzo breve. Io non so fino a che punto intriga il lettore questo testo per palati forti (palati forte, forse nel senso che ci vuole forza e coraggio a leggerlo fino alla fine). Posso solo dire cosa ha suscito in me Stabat Mater. Autentica noia!
Il finale è abbandonato a se stesso, e rivela gli sforzi profusi dall’autore nel condurre una non trama, un lasci e corri.
Laddove dall’inizio fino in prossimità dell’epilogo si strazia il lettore con una sorta di canto del morto - di un’improbabile orfanella che dialoga con la sua morte, di un’orfanella che si diletta a scrivere lettere struggenti alla madre - un finale psichedelico ti offre un lieto fine inaspettato: e inaccettabile, perché a quel punto il lettore si aspetta la tragedia.
Inizi a leggere che correlativi oggettivi ti mostrano un’orfana ricoperta di merda, scusate il termine, ma è proprio così che Scarpa mostra le scene: una piramide di M. Per raccontarci il dramma attinge chissà dove, e si capisce che tutto è di seconda mano: l’orfana nel romanzo non viene resa, l'orfanatrofio nisba: ci sono espedienti di prosa poetica che cercano disperatamente di convincerti che quel personaggio è una adolescente orfana. Non convince nemmeno un palo luce. L’unico dialogo convincente è quello che l’orfana fa con la sua morte: la morte con i capelli a serpente. Ma questo dialogo fatto da anafore per allocchi è troncato nel finale, buttato in un canto e non si capisce la sua funzione nel romanzo. Il personaggio morte è liquidato, dimenticato. Il finale del romanzo traduce in tutte le lingue il libro: una voce narrante e un abbandonarsi al ritmo, un gloriarsi di sé (autore), specchiarsi nello specchio e dirsi quanto son bello! Poi che diavolo ci azzecca Vivaldi! I luoghi sono mostrati in penombra: quattro tocchi, perché se apri gli occhi forse vedi troppe cose che non vanno. Non c’è respiro, in compenso c'è il nulla mischiato col niente. Una prosa vetusta.
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Alto
Senza dubbio una lettura per "palati fini", pur avendo paradossalmente un retrogusto che oserei definire "pulp"!
Profondissimi gli spunti di riflessione esistenziale, un romanzo fine, un'atmosfera che ingabbia il lettore alla sua stessa coscienza, mai così esplicito da cadere nel banale, è musica anche per chi è poco sensibile ad essa.
E' vero, la seconda parte, anzi l'ultima, pare volare, tuttavia basta seguire le tracce lasciate lungo il percorso precedente per capire che non è così. A quel punto rimane solo lo spazio della fantasia e della speranza che ciascun lettore, a suo modo e se vorrà, colmerà.
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strabat mater
Il libro è bello, ma sinceramente credo ci sia di meglio in giro, e Tiziano Scarpa, che io stimo ed ammiro molto ha scritto di meglio secondo me.Una prima metà del libro pesante e tormentata, una seconda metà rapidissima, quasi a compensare la prima. Alla fine non mi ha lasciato niente di particolarmente rilevante.Ci sono alcune frasi meravigliose però e forse per queste merita di essere letto.
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stabat mater
Al contrario di chi lo ha reputato noioso e addirittura...di difficile lettura, io ho trovato invece in questo libro grande eleganza nella scrittura unita (e non sempre è rintracciabile nella nostra narrativa) a originalità e profondità di pensiero. Alcune frasi sono assolutamente da annotare, come da non dimenticare anche la descrizione di episodi della vita di Cecilia e della sua lenta crescita verso la piena consapevolezza di sè stessa. E poi io sono d'accordo con il principio sacrosanto che l'arte (in questo caso la musica)rappresentano vie di salvezza uniche per recuperare stima di sè, autonomia e indipendenza.
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Non ci siamo
al contrario di molti di voi io mi chiedo come è possibile che questo libro abbia vinto un premio e per di più il premio Strega!
L'esistenza di questa ragazza è una continua sofferenza che si risolve in modo molto veloce (troppo)alla fine con l'incontro del Prete Rosso.
Incongruenze storiche a parte, ho trovato il libro privo di pathos e in realtà la trama lascia un po' a desiderare.
Una delusione. Forse son io che mi aspettavo molto, forse troppo, da un libro tanto decantato e sono stata delusa...boh!
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una voce fuori coro
Contrariamente alle altre recensioni lette, a me il libro di Scarpa decisamente non è piaciuto... Posto che l' autore sappia indubbiamente scrivere, il libro a me è risultato pesante e non coinvolgente, nonostante il dialogare continuo della protagonista con la madre mai conosciuta e con la figura della Morte sia originale, ma aspettavo una svolta più decisa e "viva" con l' entrata in scena di Vivaldi, che invece agevola solo un finale raccontato con poco entusiasmo e quasi "tirato via"... Detto questo, io non lo consiglio, tenendo però ben presente che di certo non si tratta del mio genere preferito
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da non perdere
Scarpa è uno degli autori più interessanti della letteratura contemporanea. Ogni sua opera contiene forti elementi di novità rispetto alle precedenti, sa stupire e coinvolgere. "Stabat Mater" ha il dono dello stile assoluto, della musicalità del ritmo narrativo e della poesia di atmosfere. Da leggere. Strega meritato.
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Rappresentazione musicale dell'angoscia
Tiziano Scarpa con il suo Stabat mater fa parte dei 12 per lo Strega e scommetto sul suo inserimento nella cinquina. Prosa poetica la sua, di un’intensità costante e ricca di evocazioni esistenziali. L’uomo (in questo caso Cecilia, l’orfanella di 16 anni) che si confronta con il (non)senso della vita e con la morte. L’angoscia è protagonista assoluta della narrazione, solo un po’ addolcita dalla potente possibilità espressiva della musica (qui quella di Vivaldi).
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