Splendore Splendore

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mariaangela Opinione inserita da mariaangela    05 Dicembre, 2018
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“Niente era più atroce di un ricordo magnifico."

Guido e Costantino.
Da bambini crescono insieme ma distanti.

Guido mi ispira subito abbastanza antipatia, la sua casa, la sua famiglia, la sua domestica, la sua solitudine di bambino “privilegiato” che non vuol aver bisogno di nessuno se non delle persone che non hanno bisogno di lui.

Costantino è il figlio del portiere. Per raggiungere la sua abitazione bisogna scendere di un piano, tuttavia ti guarda da tuo pari, oppure ti ignora, oppure si prende ciò che vuole in quel momento.

Guido sembra lottare per costruirsi una personalità; Costantino idee ed azioni già chiare.

Guido così scortese, poco riconoscente, quasi già traditore. Costantino silenziosamente presente.

“E’ tuo fratello?
No, è un mio amico.
E quella parola mi risuonò così minuscola, così falsa. …”

Poi d’improvviso la tenerezza, il cambio di carattere, di sentimenti, di parole, di movimenti, di suoni, di odori. E’talmente repentino che non sono certa di riconoscerne il momento esatto e neanche chi ne sia l’artefice. Non sono certa che abbia spalle forti per sopportare tutto ciò.

“Vidi Costantino fermarsi e dondolare come se all'improvviso avesse perso l’equilibrio. Allora sentii che era ancora innamorato di me.
Che c’è?
Sei il ragazzo più bello che abbia mai visto.”

Le loro anime erano così trasparenti…

Londra. Dove “divertendoti potevi indagare le tue ossessioni, liberare le tue emozioni. Avevi la sensazione di poter scegliere un’altra identità da quella stabilita.”

Tutto nuovamente succede, tutto nuovamente cambia e anche se sembra impossibile il tempo scorre. E’così fastidioso questo scorrere del tempo.

“Ci guardammo e forse pensammo la stessa cosa.”
“Quello che diciamo non è quello che ascoltiamo. Quello che diciamo e ascoltiamo lo sappiamo solo noi. Perché adesso sento che lui è qui per me, che non è per caso. E se anche uscirà da quella porta, così com'è arrivato, incurvandosi in un taxi e salutando da lontano, io so che è venuto a cercarmi perché come me non ha dimenticato, come me ha avuto paura di morire senza avermi rivisto.
Ci guardiamo, e facciamo un piccolo sorriso nello stesso istante.
Fa quel sorriso ineguagliabile. Il sorriso della mia infanzia, di tutto l’amore dato e perduto, di tutti i capelli, di tutti i lavandini dove ci siamo lavati vicini.
Perché Costantino è stato mia madre, quel giorno quando mi prese e mi disse non guardare nel buio, guarda me, guarda questo splendore.”

Poi il passato ritorna, perché non è mai passato. E’ sempre rimasto lì. Ha atteso. Anche se potrà durare solo un istante, che non è un solo istante. E’ un momento sospeso nel tempo.
E’ crudele la Mazzantini. La conosco. La riconosco.
Sembra voler mettere alla prova la capacità di resistenza. Alti e bassi di felicità e sicurezze e rassicurazioni e porti sicuri ed eterni approdi ed improvvisi cedimenti di disperazione e distanze incolmabili non solo di spazio ma di tempo trascorso lontano e non più recuperabile, che sembra cambiarli, impaurirli, allontanarli. E’ un continuo svuotamento di tutto ciò che era loro. Neanche più la fragilità è bella. È tutto schiacciato da paura e risentimento ed egoismo.
“Quella privazione alla quale non avevo mai pensato adesso definiva la mia omosessualità.”

“Se qualcuno ci avesse visti avrebbe riso di noi, ci avrebbe trovati ridicoli, patetici, finocchi. Ma nessuno sapeva la verità, solo noi conoscevamo quella terribile nostalgia dell’amore, che era la nostalgia di noi stessi, della nostra anima profonda.”

“Dormiremo insieme, è questo che penso, che non c’è alcuna fretta perché dormiremo insieme. Sono millenni che non dormiamo insieme. Che non chiudiamo gli occhi vicini. Immagino una vita, la nostra, docile, accoppiata. Darsi la mano, fermarsi a comprare un po’ di viveri, aspettare la notte. Non voglio dovermi separare mai più. E’assurdo farlo.”

“Voglio essere me stesso, Guido. Adesso posso essere me stesso.”

Non so dire che sensazioni mi ha suscitato questo romanzo. Non piacevoli, non felici, di grande tristezza, di grande abbandono, di grandi rimpianti e di grandi rimorsi. Come vedere scorrere tutto davanti agli occhi e non riuscire ad afferrare più nulla.

Splendore. Potrebbe essere uno splendido splendore. Oppure una terribile prigione quando resta intrappolato dentro di noi e non abbiamo il coraggio di liberarlo e di viverlo…

“Chiedere è vergogna di un minuto, non chiedere è vergogna di una vita.”

“Ciao, ragazzo.
Il mio cuore batte così forte.
Ma tu non vergognarti del viaggio.”

Pensa alla bellezza.

Buone prossime letture.

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Paola75 Opinione inserita da Paola75    21 Settembre, 2017
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AMORE CONTRO NATURA

CONTIENE SPOILER
E’ la storia di un amore , violento, represso e tormentato tra Guido e Costantino, ambientato negli anni 60 sino ai giorni nostri. Dalla voce narrante di Guido, conosceremo i due protagonisti dalla loro infanzia sino all’età adulta e seguiremo la nascita del loro amore.
Guido nato da una famiglia benestante in un quartiere romano, ateo, anticonformista, vive a Londra, insegnando all'università d'arte. Dopo una relazione profonda con Radija sposa una donna orientale di nome Izumi, la quale ha già una bimba nata da una sua precedente relazione.
Costantino di ceto medio-basso, figlio di un portiere di origini pugliesi, vive a Roma con sua moglie Rossana, una figlia (nella narrazione la Mazzantini la nomina a malapena) e suo figlio disabile Giovanni, è un uomo umile, cordiale e di fede.
I due protagonisti si conoscono sin da piccoli cresciuti nello stesso palazzo, inizialmente Guido lo disprezza per la loro diversità sociale ma pian piano finisce per ammirarlo , mentre si percepisce che Costantino ha buoni sentimenti per questo bimbo solitario e taciturno.
Frequentando lo stesso liceo incominciano a studiarsi a vicenda, un pomeriggio Costantino lo invita ad assistere alla partita di pallanuoto in cui lui giocherà e da quel momento in poi tra i due nasce una profonda amicizia.
Dopo il loro primo incontro sessuale in gita scolastica, Guido irritato dall'accaduto allontanerà Costantino a tal punto da ignorarlo,ma con il passare del tempo ritorneranno di nuovo ad essere amici, dichiarando la loro eterosessualità.
Morta la madre di Guido, Costantino torna in licenza dal servizio militare; al fine di distrarre l'amico per la perdita subita trascorrono un pomeriggio gironzolando per le vie in motorino, Guido offuscato dall'alcool e non riuscendo a guidare decidono di appisolarsi in tenda “ E davvero accadde. E fu contro natura. E davvero vorrei sapere che cos'è la natura... Avremo mai il coraggio di essere noi stessi?"
Da questa frase si evince il tema centrale del libro, l’amore omossessuale per anni nascosto ma che finalmente viene esternato, promettendosi un amore puro, eterno definito da Guido “Splendore”; nonostante ciò si separeranno, si sposeranno e vivranno in due diverse città, avranno incontri fugaci, violenti e passionali, fino a che una notte in spiaggia durante un amplesso verranno aggrediti e da quel momento la loro relazione verrà esposta alla luce del sole.
Guido è pronto ad ammettere la sua diversità affrontando sua moglie, colleghi e amici; esponendosi ad una Londra multietnica e sempre in crescita,diversamente Costantino rifiuta di scontrarsi con una società bigotta tipicamente del sud Italia , si lascia abbindolare dalla sua famiglia e da uomo estremamente devoto rinnega questa sua diversità a tal punto da rinchiudersi in una comunità e iniziare una cura contro questa "malattia"e nemmeno l'amore di Guido riuscirà a portarlo via da tutta questa falsità.
Personalmente questo romanzo mi è piaciuto moltissimo, incluso il finale triste e un pò ambiguo; un tema molto interessante, evidenza le vari opinioni , le differenze culturali ed i vari modi nell'affrontare il proprio destino.Premettendo che questo è il primo libro che leggo della Mazzantini,ciò che non mi è piaciuto è lo stile a tratti indecifrabile e addirittura noioso, avvenimenti storici accaduti in Italia a malapena accennati, così come alcuni dei personaggi;a parte ciò mi ha affascinato tanto e mi ha lasciato un bel ricordo.

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Opinione inserita da Giulia    30 Gennaio, 2016

UN CUORE NORMALE

Diversità. Una parola che fa davvero paura, ma in realtà la Mazzantini con questo libro ci ha dimostrato quanto faccia realmente parte di tutti noi.
Guido e Costantino sono due ragazzi da sempre innamorati, in una storia intricata da cose non dette e mai esplicitamente dimostrate, ma che ci sono state e hanno segnato definitivamente la loro indole. Hanno sempre avuto paura di mostrarsi per ciò che sono, nascondendo la loro Essenza per trasformarla in “Es-senza”, adeguandosi ad un gruppo di voci fuori dal coro che non hanno, però, mai avuto l’opportunità di di urlare quanto fosse importante anche quel tipo di Animo, tormentato e soppresso da un gruppo di menti aliene ad ogni tipo di diversità. Guido e Costantino sono l’esempio di due uomini determinati, ma allo stesso tempo arresi. Quest’ossimoro rispecchia tristemente la realtà di oggi: ogni ragazzo/a omosessuale deve avere il diritto di amare chi vuole, come vuole, quando vuole, senza se e senza ma. In questa storia ho avvertito sofferenza e felicità, resa e ripresa, allontanamenti e avvicinamenti, paura e desiderio, eccesso di ybris, blocco mentale. Ma può la mente di una persona sopportare tutti questi sbalzi? E’ giusto farglieli vivere, quando invece dovrebbero essere soltanto sovrappensieri di una persona innamorata o desiderosa di esserlo? Amare ed essere amati per ciò che si è, ci viene dimostrato che non è sbagliato e non è contro natura. Non restare con mani e piedi legati a terra da pesanti ceppi, ma prendere il volo e spiccare verso nuovi ideali, seppur “diversi” (che poi, cosa vuol dire essere diversi?), seppur pochi, seppur silenziosi ma pur sempre importanti in quanto umani.
La Mazzantini , raccontandoci la storia dei nostri due eroi, ha fatto si che ci arrivasse un messaggio, quello di non cedere dinanzi alla grandezza di un qualcosa più potente di noi (la società,) perché c’è qualcosa più grande di quest’ultima e del suo Ego smisurato, e siamo noi stessi. Guido e Costantino siamo tutti noi, che vogliamo lottare per i nostri diritti, per il nostro Amore e per le nostre parole, affinchè siano di esempio a tutti e affinchè ci portino verso nuovi orizzonti.

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Virè Opinione inserita da Virè    07 Marzo, 2015
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Stavolta mi ha delusa

E' complicato giudicare questo libro, che ho impiegato un anno a terminare. La Mazzantini è una grande autrice e su questo nessun dubbio; come sempre i suoi lavori non sono semplici nè leggeri ed anche questa volta non si smentisce. Il tema è, come sempre, molto interessante: la storia di due ragazzi, poi uomini, che si rincorrono per tutta la vita attratti l'un l'altro da un sentimento che tentano di schivare,ma che li rende inseparabili. Entrambi si costruiscono una vita "normale" tentando di allontanare e ignorare quello che provano, senza però riuscirci.
Lo stile con cui il tutto è raccontato è inconfondibile, ma stavolta ho trovato a volte eccessive le descrizioni delle scene di sesso, per quanto necessarie per portare avanti l'argomento trattato.
Detto questo, le 320 pagine sono decisamente troppe per una narrazione che oltre a descrivere l'attrazione fatale dei due, raccontata dalla voce di uno solo dei protagonisti, non presenta grandi caratteristiche. La vita infatti procede in modo assolutamente normale, senza colpi di scena o eventi imprevisti o meglio senza entrare troppo nel dettaglio di tutti gli episodi che non riguardino gli incontri tra i due. Probabilmente si poteva chiudere il tutto in molte meno pagine, soprattutto per un'autrice come la Mazzantini che in forma breve è in grado di trattare esaurientemente argomenti importanti e toccanti (vedi "Il mare al mattino" o "Zorro"). Avendo scelto in questo caso un romanzo, avrei personalmente trovato più interessante e più dinamico, quindi meno noioso, se si fossero alternate le voci dei due protagonisti, invece di lasciare tutta la storia in mano ad una sola. Trattandosi, per giunta, di due persone che affrontano, dall'inizio alla fine, l'attrazione travolgente che provano l'un l'altro in modo completamente diverso. Resta quindi un po' di delusione per un'autrice che rimane tra le mie preferite e più ammirate; purtroppo stavolta ho dovuto portare a termine la lettura a forza, non vedendo l'ora di arrivare all'ultima pagina per terminare, senza alcun rimpianto, il libro.

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ant Opinione inserita da ant    08 Gennaio, 2015
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Guido e Costantino

Un amore senza fine tra due ragazzi, Guido e Costantino, che stravolge tutti i cliché dei libri romantici a cui siamo generalmente abituati. I due protagonisti abitano nello stesso palazzo,a Roma negli anni 70, in condizioni sociali inizialmente non paritarie, Guido figlio di medio-borghesi, Costantino figlio del portiere vive nel semi-interrato. La storia si sviluppa all'inizio con attrazioni e repulsioni continue tra i due ragazzi, poi complice una gita nell'ultimo anno di liceo, i due si legano e anche se fondamentalmente la frequentazione sarà scarsa, mentalmente e con l'animo non si lasceranno mai più. La forza del romanzo sta proprio, a mio avviso, nel ricordo continuo di uno nei confronti dell'altro dei due protagonisti; le vite di entrambi si divideranno, Guido andrà a vivere a Londra e si sposerà con una orientale, Costantino resta in Italia e andrà avanti soprattutto in funzione dell'accudienza dell'ultimo suo figlio che ha dei problemi. Nonostante la distanza e tutte le vicissitudini che i protagonisti vivranno, il loro legame sarà profondissimo.
La distanza e i legami forti come dicevo sono il leit motiv di questo libro, estrapolo un passaggio che mi ha molto colpito e riguarda l'osservare , da parte di Guido, le domestiche africane del suo palazzo
...""imparai che l'asse da stiro è il regno magico di queste vite, il calore unito all'iterazione del gesto consente loro astensioni totali dal reale, riagganciano il destino interrotto,una palafitta, un lurido mercato di semi e capre. A volte mi mostravano le fotografie dei loro figli, io guardavo quei musi messi in posa, incalliti di povertà""...
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SARY Opinione inserita da SARY    29 Dicembre, 2014
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Natura

Storia di violenza, violazione, odio e amore.
Guido, benestante eccentrico stralunato, Costantino, proletario mite introverso. Abitano mondi diversi ma vicini, si incontrano e si dividono, si ritrovano e si allontanano. Non possono esprimersi liberamente, devono fare i conti in primis con sé stessi, i giudici più severi e intransigenti, poi con gli altri, spettatori violenti e sprezzanti. Intanto la vita non si arresta, prosegue il suo corso ligia al dovere di consumare gli anni, modificare il corpo e la mente. Gioie e dolori costellano le tappe dell’esistenza, per sopportare meglio le pene e per gustare appieno i piaceri è meglio essere fedeli al proprio Io, ma a volte non si può e non si vuole.
Una penna graffiante, cruda che riempie pagine con ipotetici scenari attuali intenzionata a colpire ed affondare senza contegno, non aggiunge zucchero all’amarezza della dura realtà, non concede sconti, si mostra in tutto il suo splendore, consegna pensieri e parole imbevuti di perfezione, grettezza, umanità e crudeltà. Le conclusioni sono lasciate ai lettori, non prende posizione, descrive egregiamente due visioni e due situazioni opposte, la mentalità aperta e quella chiusa, outing e repressione si scontrano, si annusano e prendono le distanze. Scrittrice colta e sapiente, non sempre chiara e trasparente, quasi incurante della comprensione altrui e disattenta all’impatto devastante e frastornante che avrà su chi la legge. Il finale è al contempo un punto interrogativo ed esclamativo.
Concludendo, una lettura che, a prescindere dal grado di piacevolezza, assai personale, scava dentro e si infila, ci vuole tempo per smaltirla, il pensiero si sofferma a lungo.

“E davvero accadde, e fu contro natura, e davvero vorrei sapere cos’è la natura, quell’insieme di alberi e stelle, di sussulti terrestri, di limpide acque, quel genio che ti abita, che ti porta a fronteggiare a mani nude le tue stesse mani e tutte le forze del mondo. Allora fu natura, la nostra natura che esplose e trovò l’espressione più dolce e benevola. Stupiti ci sollevammo, ci piegammo come uomini sulle messi e raccogliemmo il nostro grano in quell’immenso splendore”.

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marie Opinione inserita da marie    11 Luglio, 2014
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storia...vera

La storia di una vita intensa vissuta all’ombra di una venerazione quasi mariana di un amore puro e limpido, indistinto, neutro; è la storia di Guido, un giovane e brillante uomo che riesce a svincolarsi dall’inerzia delle contorsioni relazionali di una famiglia appartenente alla Roma Bene per inseguire il suo sogno intellettuale a Londra. Uno sposo alla ricerca di matrimonio, di un unione assoluta ed unica di spirito e carne, dettata dalla sola voglia di impegno reciproco, immaturo e acerbo, senza regole esterne o limiti. Un esistenza raccontata all’insegna dei percorsi storici della rivoluzione omosessuale, descritta dall’autrice nel bivio vivo tra modernità londinese di uno spirito sessuale schiuso, sfaccettato da perversioni, eccessi e riconoscimento civile e sociale del senso più profondo della libertà e bigottismo omofobo italiano, tormentato da sensi di colpa e violenze perpetrate in virtù di una virilità “cattolica del pene". Un romanzo folle, poetico, stereotipato dalle costrizioni sociali tipici del nostro contemporaneo e decorato da un delicato sentimento indistinto verso una donna, un uomo, un padre e una madre. Una valanga che travolge.

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Opinione inserita da Alessandro    02 Giugno, 2014

Tutto fa un po' male... e quanti stereotipi!!

Sicuramente il libro più duro della Mazzantini.. duro, nudo e crudo.. anche troppo... a volte, soprattutto nella prima parte, si aggrappa a troppi stereotipi (sesso occasionale, paura del contagio, uso di droghe leggere, pregiudizi della società, eterosessualità simulata..)... la seconda parte è più libera, più lirica... l'esperimento della Mazzantini di assumere il punto di vista degli omosessuali è riuscito in minima parte... Tutto fa un po' male, un po' troppo, troppo è dolore, sofferenza e violenza… non c'è solo questo nella vita dei gay, è stereotipato.. A tratti non mi è sembrato di riconoscere una vita, la mia o quella di chiunque altro, mi è mancato il fiato per una totale e ingiusta mancanza di leggerezza che ha permeato interamente il libro... Cos'è questo accanimento su queste due fragili esistenze? Non vi pare eccessivo? Il tentativo di far apparire i protagonisti come eroi è fallito Margaret... Alla fine l'unico atto di eroismo lo compie Guido ma di certo non come coronamento di una vita di fulgido splendore come l'autrice vuole far credere... Cos'è splendore? Solo qualche morso di felicità in una vita intera? La vita di un omosessuale può essere appagante in modo assoluto cara Margaret, non come nel nefasto quadro da te assemblato nel libro. Poi la donna come figura salvifica è un po' troppo rimarcata proprio come la fatale autodistruzione dei protagonisti. Alla fine il messaggio più nobile sarebbe che siamo tutti angeli senza genere piuttosto che fare abuso di parole come "frocio, invertito, perverso" come l'autrice fa in alcune parti del libro (e in generale nelle sue ultime opere in cui il lessico è spinto oltre il licenzioso ma poi per ottenere che cosa? Avere uno slang che piaccia ai giovani?). I gay sono alieni tormentati agli occhi impietosi dell'autrice che solo raramente sembra avere uno sguardo benevolo verso i protagonisti per niente eroici ma ingiustamente condannati a un calvario insensato (per fortuna l'ambientazione è anacronistica). La rivelazione dell’abuso sessuale vuole essere un colpo di scena a effetto ma si rivela l’ennesimo luogo comune di cui è già pieno zeppo il libro. Discorso a parte per la parte finale del libro in cui Guido ha il suo vero riscatto e decide di perseguire un senso di libertà assoluto, di lottare davvero per il suo amore impossibile, e diventa quindi un personaggio molto più interessante e complesso. Anche il finale senza "lieto fine" non mi è dispiaciuto (era tutta la sofferenza che c'era prima ad essere esagerata!) anche se reputo che il gesto estremo di Guido nell'elemento marino in cui tante volte si era fuso insieme a Costantino (relegato in un altrove quasi ultraterreno) rinforzi ulteriormente un amore immaginato e mai raccontato fino in fondo dall'autrice.

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la solitudine dei numeri primi.
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mia77 Opinione inserita da mia77    22 Mag, 2014
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Splendore di Margaret Mazzantini

“E davvero accadde, e fu contro natura, e davvero vorrei sapere cos’è la natura…”
Questa frase, a mio avviso, racchiude il senso di questo romanzo.
Un’altra perla di Margaret Mazzantini che, come al solito, scrive con grande maestria e con una scrittura violenta e incisiva, scavando nel profondo dell’animo umano e trattando tematiche attuali, difficili e molto toccanti. In questo caso tratta i temi dell’omofobia, dell’accettazione della diversità, del bisogno di essere sé stessi e di accettare la propria natura e – come sempre – dell’amore, in tutte le sue sfumature (amore romantico, amore filiale, amore carnale e passionale).
Il lettore può essere d’accordo o meno con l’opinione dell’autrice sui temi trattati, ma non si può non prendere atto dello spessore di Margaret Mazzantini e della sua grande capacità di comunicare ed analizzare la profondità dei sentimenti dei suoi personaggi. Anche in questo romanzo, i protagonisti non sono persone perfette, ma personaggi ammaccati e soli, con un grande bisogno di capire chi sono (sono identità frammentate, come le tessere di un mosaico) e cosa vogliono essere. Come negli altri romanzi dell’autrice, anche qui uno dei protagonisti principali è il dolore: stavolta per la scoperta della propria diversità e la difficoltà di accettarsi e di farsi accettare dalla famiglia e dalla società.
Il vocabolario Treccani definisce splendore: luminosità intensa e viva, culmine, magnificenza.
Il vero splendore, nella vita, sarebbe avere il coraggio di essere sé stessi, a dispetto di tutto e di tutti, anche se il percorso per arrivarci è arduo e sofferto.
Nel romanzo troviamo molte dicotomie: morale e libertà, isolamento e famiglia, eros e tanathos, mondo ateo e mondo cattolico, borghesia e proletariato, modernità e provincialismo, che l’autrice ci offre come spunti di riflessione, per capire cosa noi pensiamo a riguardo. Mi piace indugiare fra le pagine dei romanzi di questa superba scrittrice e cercare di immergermi completamente nella storia, a prescindere dalla sua interpretazione personale, per capire cosa io penso delle tematiche trattate. Questo, secondo me, è il senso di un romanzo di questo tipo: quello di pormi degli interrogativi e incitarmi a darmi delle risposte. In questo, l’autrice ha soddisfatto la mia richiesta.
Ciò non toglie che anch’io, come molti altri lettori, sia rimasta un po’ delusa dal finale: avrei preferito un finale diverso, ma sta allo scrittore decidere la trama del suo libro.

Le frasi o le espressioni che mi sono piaciute:
“Amava intensamente mia madre, la guardava come me, allo spasmo di sé stesso: un uccello esotico entrato per errore in quella casa, il tempo di sbattere un po’ tra quelle mura, di toglierci il respiro”;
“Spiate da dietro le persone portano il peso del loro destino, come se nella parte che non possono vedere di sé stesse si addensassero tutte le sofferenze, i pensieri, le speranze individuali e quelle di tutte le generazioni precedenti che paiono accanirsi contro l’ultimo testimone, lo spingono avanti ma intanto sembrano ridere di lui, della sconfitta che egli ripeterà”;
“Ci si innamora quando si fa l’amore, la carne è l’unica spiaggia che le anime hanno”;
“I segreti sono i nostri migliori amanti, i più spregiudicati e tonici. Ci frustano, ci risvegliano di colpo”;
“La strinsi, faticai a trattenere le lacrime. Le sussurrai che lei non era affatto debole, era straordinariamente fragile e potente come tutte le persone forti e profonde”;
“Ma ogni uomo è se stesso sono nel momento in cui smette di ragionare;
“Rivederlo è semplicemente ricongiungermi con la mia vita”;
“Mi sporgevo a guardare il nostro futuro, ma poi arretravo”;
“Io e Costantino non avremmo mai potuto avere un figlio nostro… Sapevo che l’unica persona al mondo con la quale avrei desiderato fare un figlio era lui… E mi sembrava d’ accogliere un urlo molto più profondo, l’impotenza di tutti gli uomini che fanno l’amore e sanno che il loro orgasmo non potrà mai fecondare la creatura che amano”.
Bello, lo consiglio a tutti: soprattutto ai professori delle scuole secondarie di secondo grado, da far leggere ai propri alunni, per iniziare a eliminare l’omofobia delle nostre teste bigotte!

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Frida Pane Opinione inserita da Frida Pane    21 Mag, 2014
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Amore mio oltre le tempeste e i sogni, amore mio

Già, è tempo di “staccare un lavandino dal muro e spaccare un vetro per fuggire dalla menzogna”. E ancora, “è tempo di andare, di lasciare lo spazzolino da denti al suo dentifricio, il pettine alla sua custodia, l’ordine alla sua follia.” Perché il “quadro” siamo noi. ‘Non smettiamo di cercare il nostro sguardo. L’oltraggio è solo uno, non aver cercato se ne avevi la possibilità. Il coraggio contempla sempre una indecenza, un errore che ti corre incontro per avviarti a una nuova verità.’
Solo nostra, scevra da condizionamenti, schemi e convenzioni.
Perché se “la vita è una lampadina sporca appesa a una fune elettrica il cui unico generatore di corrente è l’amore, come possiamo pensare di definire “recinti sessuali”.
Lo so, non è facile. “L’importante è scegliere, dopo devi solo dare gas.”
Ma “non vergogniamoci del viaggio” perché per dirla con Vasco, “ la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia, per vivere davvero ogni momento con ogni suo turbamento, come se fosse l'ultimo”.
Davvero, in tutto il suo splendore.

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mariac Opinione inserita da mariac    08 Mag, 2014
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SPLENDORE

La Mazzantini, con questo romanzo, gioca con la tristezza e la malinconia offrendoci un racconto in cui la riflessione è d’obbligo. Lotta contro il pregiudizio sessista e ti costringe ad accompagnarla lungo questo cammino. Con l’intento di creare un forte legame tra il lettore e i personaggi, usa le armi della retorica convenzionale facendone, a mio parere, un uso intensivo. Pur collocando la vicenda in un periodo la cui individuazione ci è consentita solo attraverso riferimenti storici e culturali legati al nord Europa, il ricorso costante a luoghi comuni rischia di far sprofondare, almeno, la prima parte della storia nella banalità. Ed è proprio nella fase iniziale in cui si avverte fatica per la lettura. Non ho compreso perché la Mazzantini abbia sentito la necessità di dipingere la famiglia borghese come atea e anaffattiva e al contrario quella indigente come timorata di Dio e perché, inoltre, caricare sulle spalle di entrambe i personaggi il macigno di una violenza per aprire in loro stessi il dubbio dell’omosessualità.
I protagonisti come è comprensibilmente immaginabile crescono senza avere mai piena consapevolezza di se e senza mai trovare il coraggio di affrontare il necessario per trovarla. Si lasciano portare avanti dagli eventi, indossano la veste dell’arrendevolezza. Si cercheranno per anni senza mai veramente trovarsi, si accontenteranno di rubare l’amore anziché condurlo a qualcosa di più grande. E’ estremamente romantico e altrettanto fatalista mantenere una fedeltà di sentimenti nel tempo e loro lo fanno. Sapere che l’amore è possibile solo quando sono insieme. L’amore, che attraversa i decenni, è scandito dalle rivoluzioni culturali che interessano solo una parte del mondo e non certo l’Italia a cui sono inesorabilmente e solidamente ancorati e da cui subiranno il colpo finale e vedere cosi affossare l’agoniato progetto di vita su cui nessuno dei due ha mai creduto fino in fondo.
Il lettore spera fino all’ultima riga di sapere Guido e Costantino finalmente in pace con se stessi e anche in questo caso la Mazzantini sfrutta la docilità dei caratteri e la caparbietà del condizionamento del mondo esterno.
Se è possibile poter rimproverare all’autrice di aver lasciato una grande amarezza e senso di solitudine non posso smettere di pensare a quanto questa storia sia realistica e verosimilmente vissuta da quanti hanno condotto e ancora conducono una vita di apparenze, quanti cedono senza nemmeno lottare per la propria identità sessuale. Il mondo è discriminante, l’uomo lo è, è impaurito ed è appiattito dagli stereotipi. Sente il bisogno di specificare in una discussione che il collega, l’amico o il vicino di casa è omossessuale, ha necessità del coming out, ha bisogno di essere rassicurato prima di affezionarsi ad un cantante o ad un attore. Avverte a sua volta il pregiudizio per essersi schierato a favore o contro certe evoluzioni.
Ho trovato lo stile molto simile a “Nessuno si salva da solo”, il ritmo incalzante della narrazione, il ricorso ai flash back, l’introspezione e l’autocritica sono tratti comuni ma alla Mazzantini posso perdonare qualsiasi cosa. Scrive delle storie piene di dignitoso dolore, decoroso e annientato orgoglio, sempre singolari per l’uso della retorica e originali per la costruzione dei periodi.

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Jane Marple Opinione inserita da Jane Marple    09 Aprile, 2014
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«Tutto era già accaduto, molto tempo prima»

CONTIENE SPOILER
Splendore è il tempo dell’amore senza categoria. Senza età, sesso o classe sociale, ciò che resta dell’individuo è solo la necessità di condividere quel che si è scoperti di essere.
Guido e Costantino vivono agli antipodi, ai poli di una scala che separa senza mai farsi ponte.
Guido è il figlio della borghesia, della solitudine e dell’assenza. Rinchiuso nella sua prigione dorata, all’ombra di una famiglia sfatta ma scagionata dal mito, Guido si aggrappa ai sensi per fiutare la vita: ascolta le voci che dall’androne salgono fino alla sua porta, si avventa sul cortile lanciando un mosaico dalla finestra, annusa di nascosto quel calore domestico che esala dalla guardiola.
Lì, oltre le grate, vive il figlio del portiere: Costantino. È un bambino robusto, educato al cattolicesimo e alla reverenza, schiavo di un’esistenza segnata e in attesa di un riscatto sociale.
Guido e Costantino sono agli antipodi, eppure mai così vicini nel rifuggire il riflesso della propria innocenza violata. Una fuga che arriva sino agli smarrimenti dell’adolescenza quando, al pari dell’ultimo anno di scuola, questa è in procinto di volgere al termine. A riempire i giorni della giovinezza un viavai di volti con i quali prendere tempo, rinnovando indelebili ricordi e attendendo incontri ormai prossimi.
Sulle soglie della maturità, senza più viltà e senza più coraggio, Guido e Costantino si scoprono finalmente vivi, liberi, amanti.
Come le onde, però, anche le vite sono flussi in movimento, facili prede delle correnti e in balia delle maree. Nel rifiuto di sé è semplice perdersi così come è naturale ritrovarsi seguendo l’eco di un richiamo senza nome né scampo. Qui, nel vortice delle apparenze e dei sotterfugi, tra illusioni e rinnegamenti, si compiono le stagioni di una felicità a fasi alterne che non riesce a sopravvivere alla prevedibilità delle convenzioni, alla meschinità della violenza, all’ipocrisia del ravvedimento.
Il ritorno agli antipodi è talvolta l’unica direzione possibile, anche quando la consapevolezza di aver perduto la parte più autentica di sé si fa certezza, in un viaggio a ritroso, verso l’infanzia e lungo tutta una vita che non ha mai smesso di cercare se stessa nell’eterno splendore dell’innamoramento.
A distanza di dodici anni da Non ti muovere, Margaret Mazzantini riscrive l’amore controverso che non segue logiche né calcoli, ma si abbandona all’istinto più puro e irragionevole. Fulcro dell’intero romanzo è il mare che segna le tappe cruciali della vita del protagonista per diventare metafora dell’esistenza stessa. Seguendo uno schema circolare, la vita sentimentale e sessuale di Guido si apre tra le onde e qui vi ritorna sul finale del romanzo, attraverso il ricordo di un moto perpetuo che ora è posto al di fuori di sé, nella contemplazione di un altro innocente stregato dalla stessa corrente.
La complessità dei personaggi e la difficoltà dei temi purtroppo non preservano l’autrice dalla banalità e così il lettore incorre continuamente in immagini stereotipate, in luoghi comuni e in una fabula fin troppo scontata. A farne le spese è soprattutto Costantino e il finale della sua storia, laddove il matrimonio di facciata, il figlio malato, il pestaggio e la redenzione nella comunità ecclesiale lo riducono a semplice manichino senza qualità. La focalizzazione interna, invece, salva Guido e solleva gli astanti che gli ruotano intorno – dalla moglie Izumi alla figlia adottiva Leni – a cammei di gran lunga più suggestivi.

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luvina Opinione inserita da luvina    11 Marzo, 2014
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Splendore

Dopo aver molto amato altri due libri della Mazzantini “Non ti muovere” e “Venuto al mondo” e un po’ meno “Ognuno si salva da solo”, ho acquistato quest’ultimo romanzo con grandi speranze anche perché mi attirava molto il suo tema portante: l’amore omosessuale.
Peccato però che ne sia rimasta delusa. So di andare magari controcorrente ma credo che ogni lettore abbia un suo metro di giudizio, un’empatia nei confronti dei personaggi, un piacere nel leggere lo stile e la scrittura di un determinato autore. Ecco, a parte la sempre splendida e musicale costruzione delle frasi della Mazzantini, per il resto questo romanzo ha tradito le mie aspettative. L’autrice ci conduce attraverso la voce narrante di Guido, uno dei due protagonisti, lungo un periodo che va dai primi anni ‘60 ai giorni nostri; attraverseremo gli anni del liceo, la contestazione giovanile, gli hippies, gli anni ’80, ci sposteremo dalla Grecia classica delle gite scolastiche alla Londra multietnica e vitale ferita dall’Aids e dagli attentati, ad una Roma molto borghese. Ci sono vari richiami all’ellenismo, età dell’oro dell’omosessualità, a cominciare dal modellino di guerriero chiamato da Guido acheo come Achille e Patroclo e acheo diverrà poi per lui Costantino, fino allo scegliere la Grecia, il suo mare, le sue spiagge come luogo simbolo di iniziazione, di libertà e sogno di vita (il chiosco bar).
E’ la storia di due bambini, poi ragazzi, poi uomini, Guido e Costantino, la storia del loro amarsi, lasciarsi, ritrovarsi, perdersi di nuovo; è anche la storia di due vite che scorrono parallele a migliaia di chilometri l’una dall’altra. Ecco, questa per me è una delle pecche del romanzo: non è l’amore che li fa ritrovare ogni volta dopo anni ma la mancanza di coraggio di mostrarsi agli altri per quel che si è e allora si cerca la persona che ci conosce e che ci è simile, che millanta come noi. Questa mancanza di coraggio è accresciuta dai rispettivi matrimoni etero, il nascondersi dietro sentimenti e vite “normali”. A mio avviso il fulcro del romanzo è la differenza intesa come sessuale, di ceto, sociologica; l’autrice svela subito già nell’incipit –“Era il figlio del portiere”- la differenza di origini che si ripercuoterà per tutto il romanzo fino alla fine mentre la differenza sociologica è affidata sia al contrasto fra la Londra moderna, cosmopolita, i campus universitari inglesi e l’ambiente chiuso e provinciale dell’Italia sia al modo in cui verrà metabolizzata (accettata??) l’omosessualità dei rispettivi mariti da Izumi, moglie di Guido e da Rossana, moglie di Costantino. E siamo arrivati ad un altro motivo del mio disamore, l’aggressione: è vero che l’omofobia nella società attuale è lungi dall’essere stata debellata ma perché farla accadere in Italia? Perché in uno dei luoghi più belli e turistici del nostro Paese? Mi ha dato l’impressione che l’autrice abbia indugiato sul luogo comune che vede il Sud come arretrato, violento e maschilista. Bisogna nascondere la nostra gioia per non offendere gli dei e quindi Guido e Costantino vengono aggrediti proprio quando si sentono felici e apparentemente padroni del loro futuro; col passare degli anni Guido ha imparato ad accettare la sua omosessualità e pensa di poter vivere liberamente il suo amore mentre Costantino non ci riesce e resta ancorato alla sua vita di provincia anche per il legame forte che lo lega al figlio disabile. Il personaggio di Costantino è sempre delineato per tutto il romanzo come quasi inferiore a Guido, fisicamente, intellettualmente, nulla lo riscatta; Guido è il perenne ignavo però borghese, progressista, è lui il vero ed unico protagonista. Non ho apprezzato Guido né tantomeno Costantino, i personaggi più interessanti per me sono stati l’amico Knut e Leni, figlia acquisita di Guido, splendido esempio di giovane solida, aperta, moderna.
Il finale del libro è l’apoteosi degli stereotipi, di quell’ipocrisia tutta italiana (non me l’aspettavo proprio dalla Mazzantini), della mancanza assoluta di coraggio. L’incontro finale dei due in una comune non meglio identificata fra un Costantino ormai vinto, rassegnato, catturato dalla ragnatela appiccicosa del perbenismo, da una religione (???) che tutto perdona a patto che ci si annulli fisicamente e psicologicamente e un Guido ormai quasi libero e ancora capace di sognare che viene egoisticamente tirato dentro questa nuova vita new age per essere messo a conoscenza del segreto che dovrebbe “salvare” il suo amico (altra enorme ipocrisia credere che omosessuali si diventi per cause esterne, dobbiamo allora credere che questo amore non sia mai esistito come sentimento in sé). Concludendo, tutto il romanzo mi è sembrato un po’ troppo pretenzioso con un finale decisamente sconcertante; qualsiasi riferimento allo splendore (??) mi è parso forzato, nebuloso, quasi come se l’autrice abbia scelto il titolo per poi adattarci il romanzo. Non ho ancora capito dov’è ne cos’è lo splendore in questa storia.
(P.S. In realtà il romanzo mi è sembrato una riedizione più lunga in chiave italiana di quel capolavoro di sole 47 pagine che è “Brokeback Mountain” al quale non si avvicina neanche lontanamente)

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Maybe Opinione inserita da Maybe    03 Febbraio, 2014
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Splendore

Margaret Mazzantini è un'autrice che amo molto perché riesce sempre a ferire il lettore con maestria. Affila la lama o la penna (nel suo caso) e poi ti trafigge.
“Splendore” inizialmente l'ho trovato faticoso, ripetitivo e pesante.
Lo stile mi era sembrato forzato e poco fluido a differenza delle altre volte. Oltretutto ho avuto l'impressione di trovarmi davanti un mix di Fabio Volo e Moccia. Ovviamente mi sbagliavo.
L'ho lasciato da parte per un certo periodo e poi l'ho ripreso in mano, curiosa di sapere che fine avrebbero fatto Guido e Costantino, i due protagonisti del romanzo.

La sensazione che mi è rimasta una volta terminata la lettura è stata sicuramente la tristezza. La tristezza fa da sfondo a tutte le vicende che si susseguono. La tristezza di due persone che si amano ma possono farlo solo di nascosto e in silenzio, con colpevolezza. Perché queste due persone non sono un uomo e una donna. Sono appunto Guido e Costantino. Due bambini che crescono e coltivano un sentimento profondo, un amore forte e tumultuoso, fatto perlopiù di ostacoli. Ostacoli che la nostra società ci mette di fronte ogni giorno. Ostacoli che vincolano le nostre scelte, i nostri modi di essere, che sono tutti diversi. Ostacoli che sono i giudizi che noi diamo agli altri, dall'alto delle nostre presunzioni, del nostro modo di pensare. Molti dicono che non si sceglie di chi ci si innamora. Io invece dico di sì. Guido ha scelto di innamorarsi del suo amico Costantino e il suo amico Costantino ha scelto di innamorarsi di Guido. Lo hanno scelto loro questo amore, questa sofferenza. In questa storia violenta, piena di dolore e passione che quasi si possono toccare, l'autrice ha voluto farci scavare e ciò che ne emerge è l'affetto. Perché è una storia che racconta più affetti. Quello di un padre per i suoi figli. Quello di una madre. Quello di due amanti. E più amanti ancora. Tutti i personaggi sono descritti magistralmente, come solo la Mazzantini è in grado di fare.

"Splendore" secondo me è una storia soprattutto di vigliaccheria. La vigliaccheria che ci portiamo addosso tutti, come una croce, pesantissima. La vigliaccheria di essere noi stessi, che sembra quasi uno sgarbo alla società benpensante in cui viviamo. E quindi preferiamo vestire ruoli più adatti, più consoni. Le emozioni che proviamo le dobbiamo accantonare per fare spazio a ciò che è più a modo. Così, pur non smettendo di amare e di amarci, preferiamo non farlo vedere, per non intaccare gli occhi dei nostri giudici, che possono essere i nostri figli, i nostri insegnanti, gli spazzini, noi stessi.

Ecco quindi che ci neghiamo lo “splendore” della vita, preferendo non viverla come vorremmo, ma vivendola come vorrebbero gli altri.

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AndCor Opinione inserita da AndCor    31 Gennaio, 2014
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Due gocce brillanti in un oceano stanco e opaco

Guido e Costantino sono i due protagonisti omosessuali di questo romanzo dai toni forti e pungenti. Due protagonisti dai caratteri e dalle esperienze di vita opposte, ma ai quali il destino sussurrerà la necessità di legarsi in un rapporto unico ed indissolubile che nessuna componente fisica dovrà mai scalfire.
E la penna della Mazzantini è contemporaneamente infida, perfida e mediatrice nel far conoscere i due ragazzi, nel farli dichiarare l'un l'altro e nell'iniziare così un vorticoso trovarsi, perdersi, ritrovarsi, riperdersi, per poi rincontrarsi e riallontanarsi nuovamente. Come se un destino masochista voglia spudoratamente prendersi gioco dei due amanti, burattini da manovrare mediante invisibili fili che si allungano e si accorciano a proprio piacimento.
Almeno sino a quando non sopraggiunge un finale contraddittorio, più amaro che dolce, che inevitabilmente spiazza un lettore ormai attento ed affezionato ai due amanti, ma che tuttavia vuole lasciarci con una lezione di vita basata sulla speranza, sul sogno e sulla certezza che tutto questo non può e non deve finire.

La drammaturga italiana cuce le vicende del suo libro regalandoci un affascinante tour intercontinentale: toccheremo sporadicamente l'America, attraverseremo una Londra rilucente, descritta dal narratore Guido come 'Un luogo aperto e caotico dove potermi nascondere e respirare...', passando per una Roma in abito da sera e brulicante di vita, fino ad una Matera sfuggente e ad un lembo di terra calabro-lucano tradizionalista e tanto, troppo integralista per accettare un rapporto così 'diverso' dai consueti canoni prestabiliti. Sempre che si possa parlare di schemi e di razionalità in un argomento irrazionale e imprevedibile quale è l'Amore.

Parafrasando il titolo, lo stile, indubbiamente splendido, si può definire come il "miglior punto di forza" del romanzo.
Perché il ritmo è fluido, il lessico è accattivante e ricco di fascino, il linguaggio varia in maniera perfetta dal colloquiale al formale sino al lirico, e l'esperienza cinematografica dell'autrice regala quel tocco di charme in più ad una lettura davvero piacevole e qualitativa.
Focalizzandoci sugli aspetti prettamente tematici, possiamo parlare di un'indignata Mazzantini che vuole tanto provocare noi lettori quanto denunciare una società moderna tanto, troppo esasperata ed ancorata alle maschere novecentesche del Pirandello che fu.
Perché i due protagonisti si chiedono con sofferenza e rabbia se 'Avremo mai il coraggio di essere noi stessi?', ma è un quesito che l'autrice vuole allargare anche a ciascuno di noi. Per farci comprendere appieno quale sia il valore delle nostre idee, dei nostri usi e costumi, delle nostre qualità, dei nostri pensieri e dei nostri modi di essere. Mettendo da parte, per una benedetta volta, il confronto conformistico col mondo per poter così apprezzare ogni singola sfaccettatura della nostra esclusiva soggettività.
Semplicemente 'Perché il vero scandalo sarebbe non aver cercato se stessi. E alla fine sappiamo che ognuno di noi può essere soltanto quello che è. E che il vero splendore è la nostra singola, sofferta, diversità.".

Un libro di ricerca interiore, di analisi esistenziale, che vuole stimolarci ad abbattere le barriere di una vuota e anonima retorica al fine di scavare a fondo e recuperare la nostra essenza più pura, il nostro noumeno più recondito. Il tutto circondato da una linda introspezione e da una immensa sensibilità della Mazzantini nello scandagliare una questione tanto attuale quanto delicata che accompagna non solo il protagonista lungo tutta la sua vita, ma che è oggi parte integrante di tante persone senza nome e senza volto costrette spesso a sopportare in silenzio i pregiudizi di una società ipocrita ed improntata su un concetto di 'rispetto ed accettazione del prossimo' alquanto discutibile. Senza dimenticare le magiche ambientazioni di sfondo, delle quali una penna di grandissima qualità lascia indelebili tracce tanto nei personaggi quanto in ogni persona che legge questo romanzo.

Perché 'è su questo tavolo di metallo sporco che si consuma l’amore, è su questo mare silenzioso e rapito come noi, è tutto questo il nostro splendore'.

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stella79 Opinione inserita da stella79    27 Gennaio, 2014
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ATTIMI DI SPLENDORE

Parto col dire che non ho un particolare apprezzamento per lo stile della Mazzantini, pur riconoscendone l'indiscutibile valore. L'uso insistito del linguaggio aulico risulta certe volte faticoso, soprattutto quando va a cozzare con immagini forti, molto dure, come avviene nel caso di questo libro. Pensavo di trovare una storia d'amore, e invece mi sono scontrata con il racconto di un dolore disperato. Un dolore senza sbocco, rasserenato appena da alcuni attimi di splendore, così rari ed episodici che ti scordi anche di averli intravisti. I due protagonisti si allontanano continuamente, chiusi nel loro personale senso di inadeguatezza, troppo soli e distanti per amarsi veramente. La figura di Costantino, così delicatamente delineata nella prima parte del romanzo, progressivamente si ingrigisce fino al finale che, sinceramente, non mi è apparso all'altezza delle potenzialità del libro. Un tema così delicato e profondo come l'amore tra persone dello stesso sesso viene risolto in modo amaro, scontatamente triste, addirttura banale.
Non posso dire che il libro non mi sia piaciuto, ma trovo che dalla penna della Mazzantini ci si potesse aspettare di più, non tanto a livello stilistico o di intreccio, ma da un punto di vista più generale. La speranza non traspare mai, come se non esistesse un punto di vista diverso. Peccato: avrebbe potuto essere un capolavoro, è un buon libro.

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...a chi ama Margaret Mazzantini!
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Opinione inserita da serena gargano    09 Gennaio, 2014

il dolore della violenza contro se stessi

Per quanto apprezzi la precedente produzione dell'autrice, ho iniziato a leggere quest'ultimo romanzo della Mazzantini priva di qualsiasi "pregiudizio positivo", considerata soprattutto la delusione patita per il suo precedente, farraginoso, "Nessuno si salva da solo".
Ed ho alfin concluso che "Splendore" sia un libro bellissimo.
Non certo piacevole nel senso di rincuorante, ma estremamente vero, capace di farti sentire in modo palpabile le forti emozioni più o meno represse dei suoi protagonisti, con le loro caratteristiche psicologie, con il loro particolare carattere, con le loro opposte specificità che si incontrano con la massima naturalezza nella loro irresistibile storia d'amore.
Inizialmente, pur apprezzandolo da subito, non ne ero particolarmente entusiasta perché la trama aveva il difetto di assomigliare troppo alla storia narrata nel pur bellissimo film "Brokeback mountain" di Ang Lee; mi suonava di già detto, di già sentito, pur nella verità trasudante dalla narrazione.
Ma la seconda parte del romanzo si distacca dalla scoperta dell'omosessualità - su cui in fondo si incentrava la parte principale e migliore del film - per seguire, con una commossa partecipazione che coinvolge anche il lettore, l'evoluzione contrastata della storia quarantennale tra Guido e Costantino.
Magistrale ed emozionante è il contrasto tra l'ambiente "costruito" - che sia la Roma caciarona o piuttosto una Londra a volte psichedelica a volte campagnola - in cui i due uomini faticano ad affermarsi con la propria personalità, e invece il contesto naturale dell'acqua, del mare in cui più volte - nei momenti topici della narrazione - i protagonisti si immergono per ritrovare tutta la naturalezza della propria persona, sentire almeno per un momento la speranza di poter splendere nella verità del proprio essere, potersi liberare di ogni inutile condizionamento che impedisce quella felicità a cui tutti dovrebbero aver diritto.
E poi mi ha colpito moltissimo la constatazione che il libro è pieno di dolore - contenuto e sopportato con dignità da tutti, anche dai personaggi minori costruiti con maestria dalla penna della Mazzantini, come la moglie giapponese di Guido - ma che contemporaneamente non si può parteggiare per nessuno, non ci sono "buoni" o "cattivi" in questa storia, tutti hanno le loro ragioni e questa sofferenza non è davvero addebitabile a nessuno dei personaggi della storia.
Infatti - al di là di figure di sfondo (il vecchio, i ragazzacci di paese) che non sono nemmeno persone, ma espressioni materializzate della stolta cattiveria immanente nella sclerotizzata "cultura" degli uomini - tutti fanno quello che possono, quello che devono, quello che ritengono giusto e possibile per vivere al meglio la vita propria e far vivere al meglio la vita degli altri.
Ma nonostante ciò tutti soffrono ineluttabilmente, non riuscendo ad imboccare subito e senza condizionamenti la difficilissima strada stretta di un abbandono senza riserve ai propri sentimenti.
L'ingiustizia della loro storia mi è rimasta dentro per giorni, come un dolore quasi personale.
Se la buona letteratura serve a far ragionare e ad emozionare, questo romanzo è un ottimo romanzo perché centra entrambi questi obiettivi.
Consigliatissimo, complimenti alla grande sensibilità di Margaret Mazzantini.

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bucintoro Opinione inserita da bucintoro    29 Dicembre, 2013
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splendore

quando si dice mazzantini si dice alta qualità di lettura. ho letto tutto della nostra e libri come non ti muovere o venuto al mondo non possono lasciare indifferenti . in questo caso, pur con la solita maestria e bellezza di scrittura, non mi soddisfa pienamente. mi spiego meglio: tratta di un argomento attualissimo e di delicata natura, l'omosessualità. è il finale che lascia alquanto interdetti, troppo duro e triste. ottima invece l'idea di parlarne e di scriverne sempre di più ,nella speranza che un giorno si possa considerare del tutto normale l'amore tra persone dello stesso sesso. ciò che conta è l'amore, a prescindere !!.

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Opinione inserita da MBovary    29 Dicembre, 2013

Lo Splendore della rassegnazione

Un romanzo in grado di suscitare, parola dopo parola, un complesso miscuglio di emozioni. Empatia, rabbia, tristezza, delusione. Una storia che racconta anni e anni di lunghi e dolorosi avvenimenti, bugie, amori, rancori. E' forte la denuncia sociale nei riguardi dell'omosessualità, bistrattata, soffocata, malmenata e malcelata, vissuta in prima persona dal protagonista. Risulta difficile non lasciarsi trascinare dalle vicende raccontate e dalle emozioni descritte. Ho letto questo libro in poche ore. Mi sono immersa nela trama, per poi incorporare in pieno il senso reale del titolo. Lo Splendore dell'amore fine a se stesso, dei sogni impossibili da realizzare, del domani che non potrà arrivare mai, della rassegnazione massima, che prende serenamente, alla fine, il posto del coraggio e della speranza.

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piquadro Opinione inserita da piquadro    19 Dicembre, 2013
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Dov'è la speranza?

Attenzione contiene spoiler!

Ho divorato questo libro. Mi piace lo stile della Mazzantini, mi colpisce il cuore. La storia è intensa e struggente, mi sono commossa e ho sentito forte la rabbia per l'ingiustizia di una società che non accetta l'amore omosessuale. Poteva essere una meravigliosa storia d'amore, un libro di speranza, non solo per i protagonisti ma anche per tutti noi. Invece mi delude, mi delude moltissimo il finale, così triste e ingiusto. Ma la cosa che ho odiato di più è stato l'associare una meravigliosa storia d 'amore a uno stupro, l'insinuare l 'idea che la violenza possa aver portato Costantino sulla strada dell 'omosessualità, dalla quale poi guarisce (o fugge). Probabilmente è un'interpretazione dettata dagli stessi stereotipi che rifuggo, che odio e combatto. Ma secondo me la Mazzantini ha perso un'occasione. Mi lascia con l 'amaro in bocca, mi lascia senza la speranza.

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