Non ti muovere
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"Gli amori che sembrano assurdi certe volte sono i
Titolo questo mio contributo con una frase tratta da un altro libro della Mazzantini (venuto al mondo), perché ben si adatta anche al tema centrale di quest'altro suo romanzo (non ti muovere), con cui l'Autrice ha vinto il premio strega 2002. Per me, è uno di quei libri da cui è faticoso staccarsi, che si legge d'un fiato. Il racconto è travolgente, la scrittura sublime, intensa, più fluida rispetto a "venuto al mondo". Il risultato è una storia che palpita sotto i tuoi occhi mentre scorri le righe, una storia che ti entra dentro, che ti accarezza dolcemente, poi ti scaraventa nel dolore, e a te, lettrice, tocca corde di donna, madre, amante, moglie ignara (?) tradita ... Ci racconta di Italia, di una donna "sciancata", relegata ai margini, con un'infanzia drammatica che riuscirà a rivelare solo al suo più grande amore, Timoteo; Italia che si trascina nella fatica del vivere, che abita una casa di periferia, modesta, umile, in un contesto così apparentemente diverso da quello in cui si trova Timoteo, chirurgo, primario, con frequentazioni altolocate, e profondamente insoddisfatto della sua quotidianità. L'Io narrante è Timoteo, padre di Angela, nata dal matrimonio con Elsa, figura che rimane sullo sfondo, sovrastata da Italia, donna di cui Timoteo è innamoratissimo e a cui rimane legato per anni, mantenendo due vite parallele. Dalla lettura nascono spunti di riflessione su varie tematiche. Propongo qui la riflessione sul concetto di libertà, su quanto l'essere umano possa essere schiavo delle pressioni sociali, ingabbiato in schemi precostituiti e doveri imposti. Timoteo vive una condizione di struggimento continuo, diviso fra gli obblighi derivanti dal suo ruolo e le conseguenti aspettative sociali, e il desiderio di vivere pienamente il suo vero sé, a cui può dar voce solo stando accanto ad Italia.
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Una sedia vuota
Diretto, crudo, disturbante. Eppure ogni pagina chiede la successiva, fino alla fine. E alla fine la storia resta per ciò cui essa dà voce: l'ambivalenza dell'animo umano, le sue più intime contraddizioni, il suo essere amore e disamore (verso sé, verso l'altro), bianco e pure nero.
"Quando è stato? Tre ore fa, forse anche meno. Tre ore fa ero un uomo uguale a tutti gli altri. Com'è subdolo il dolore, come corre."
Timoteo, un affermato chirurgo, "un uomo che ha imparato a dividere, a separare la parte sana da quella malata" salvando molte vite, ma non la sua, si ritrova di colpo dall'altra parte: è solo, in attesa, in una fredda stanza attigua alla sala operatoria dove sua figlia Angela, appena quindicenne, lotta per non morire a seguito di un grave incidente.
Due sedie vuote attorno a lui. Una sedia vuota dentro di lui.
E il lettore, che inizialmente lo incontra nella sua veste più umana, quella di "un padre qualunque, un povero padre sfondato dal dolore, senza saliva in bocca, sudato e freddo tra i capelli", si accomoda su una di quelle sedie, empatizza con lui, lo segue mentre per il dolore scivola lì dove si trova sua figlia, in quello stesso "limbo di tubi", per raccontarle di una donna.
Italia ritorna. Ritorna il suo ricordo, Timoteo ha bisogno che lei si fermi lì, su quella sedia vuota dentro di lui.
Sedici anni prima, un bar di periferia, il caldo soffocante, un guasto all'auto, il malumore, la vodka che gli restituisce "una testa sgarbata".
Capelli decolorati malamente, viso magro, gambe magre, "non era un corpo desiderabile quello, anzi appariva inospitale".
Il lettore lo ascolta, ma quel racconto a mano a mano diventa disturbante, vorrebbe continuare a stare accanto al padre ma scopre l'uomo, la "sua parte malata" e allora ci sono disgusto e rabbia.
Per Timoteo "È l'emorragia della vita che bussa alle tempie". È la "zoppia dell'anima" che non può curarsi solo con il tempo. È un riannodare i ricordi: la violenza commessa, la vergogna, la repulsione, la reiterazione e poi il bisogno, l'inspiegabilità di quell'amore, "Il corpo può amare ciò che la mente disprezza?".
Italia, una donna docile, una derelitta, un mondo alieno, distante da quello di Timoteo in cui tutto è tanto perfetto quanto vuoto, in cui ogni cosa sembra preordinata, "segno preciso nel grafico che la vita aveva tracciato": la sua professione, i suoi colleghi, i convegni, le vacanze, sua moglie Elsa, sua figlia.
"Il vento trascina lontano tutto ciò che credevo di volere".
Italia, tenerezza e pietà al tempo stesso, essa pure anima guastata dal suo passato, eppure giusto incastro nel disordine dell'anima di Timoteo.
È un rintracciare il coraggio mancato, l'occasione perduta. Italia, il loro bambino.
"Guardami, Italia, siediti su questa sedia vuota che ho dentro, e guardami. Davvero sei venuta a riprendermela?... Taglia quella nuvola, Italia, tagliala come una cicogna. Restituiscimi Angela."
"Non ti muovere" diventa allora la preghiera di un padre che non accetta di veder morire sua figlia, è l'urgenza di una pietà nuova, di un perdono definitivo.
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L'agonia dell'attesa
«Angela, perché la vita si riduce a così poco? E dov’è la clemenza? Dov’è il rumore del cuore di mia madre? Dov’è il rumore di tutti i cuori che ho amato? Dammi un cesto, figlia mia, il cestino con cui andavi all’asilo. Voglio metterci dentro, come lucciole nel buio, i bagliori che hanno attraversato la mia vita»
Basta poco per cambiare il corso di una vita. Basta un casco non correttamente allacciato, basta un incontro passeggero in un bar mentre sei in attesa di qualcuno che possa provvedere a sistemarti il guasto della macchina. Timoteo, chirurgo, questo lo sa molto bene. E’ un uomo, è un uomo in attesa, in attesa di scoprire delle sorti della figlia. E nella lotta di questo presente incessante di dolore, di agonia, di incertezza del futuro, egli rivive il passato. Un passato che ritorna, un passato che mai se ne è andato.
La mente ed il ricordo, hanno il sopravvento. La rievocazione è necessaria, è l’unico modo che ha il medico specialista per tenersi attaccato alla speranza, per trattenere quella figlia che sembra destinata ad andarsene, per fare i conti, forse per la prima volta da allora, con sé stesso, perché solo, in quel frangente di quindici anni prima, egli si è davvero conosciuto. Italia. Una vodka di troppo, un jukebox, il caldo. Lei era li. Con il suo corpo minuto e fragile, con i suoi capelli di rafia, con il suo alito di topo e con i suoi vestiti dozzinali. Un connubio di squallore e di disgusto. Una violenza, carne contro carne, volontà piegata, tradimento. Poi, è stato ribrezzo, pentimento, ma anche reiterazione. Quel piatto di pasta al pomodoro, preparato con cura con il prodotti del piccolo orto sito dietro l’appartamento, danno inizio alla confidenza, alla tenerezza, a quegli scheletri nell’armadio che vogliono uscire, alla comprensione, alla complicità, all’amore. Cosa fare, dunque, ora? Lui, una moglie già ce l’ha, ed ogni volta che sembra sul punto di prendere una decisione, ecco che arriva un fattore determinante che gli impedisce di lasciarla per recarsi nel suo cunicolo con la piccola ragazza. E’ forza degli eventi, ne è trascinato. Combattuto, sbattuto, strattonato. Abbandonarsi all’amore vero o nascondersi dietro il conformismo di facciata che ha stilato i confini della sua esistenza?
Le conseguenze, del suo non decidere, della sua debolezza, sono tragiche. Amare. Brutali. Dolorose. Spietate. Disarmanti. Disarmanti come le emozioni e le sensazioni che la storia tra Timoteo e Italia, suscitano. Il lettore alterna molteplici stati d’animo nel proseguo delle vicende. Passa dalla rabbia, allo stupore, alla tenerezza, al disgusto, alla condanna, alla redenzione, al pianto, al sorriso, all’amarezza per le sorti avverse che soventemente toccano i più deboli, al dolore per la perdita, alla sensazione di colpa incipiente e straziante che biasima, che si perpetua, che mai abbandona.
Il tutto, attraverso descrizioni mai banali e mai eccessive, mediante uno stile narrativo fluido ma diretto che è in grado di bilanciare magistralmente i salti temporali continui, nonché, il mix di empatia che l’elaborato è in grado di suscitare.
E se da un lato chi legge è preda dell’ansia e dell’attesa, dall’altro, è vittima delle angosce, delle illusioni, degli esiti che una scelta, se presa o non presa, può determinare. Si immedesima, e non può farne a meno. E’ Timoteo, padre ed amante. E’ Elsa, moglie e madre. E’ Italia, semplicemente.
«Cosa vuol dire amare, figlia mia? Tu lo sai? Amare per me fu tenere il respiro di Italia nelle braccia e accorgermi che ogni altro rumore si era spento. Sono un medico, so riconoscere le pulsazioni del mio cuore, sempre, anche quando non voglio. Te lo giuro, Angela, era di Italia il cuore che batteva dentro di me»
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L'attesa parla al cuore
Non ti muovere, il romanzo di Margaret Mazzantini, è una storia forte e struggente. La storia di un uomo che si confessa, a se stesso, alla figlia, alla vita.
Parlare di un romanzo del quale si è già detto tanto non è facile. Lo faccio a modo mio, con quello che il romanzo mi ha regalato.
Il romanzo, come sappiamo, si apre con un gravissimo incidente: una ragazza di quindici anni scivola sull'asfalto bagnato e cade dal motorino. Una corsa in ospedale. Lo stesso ospedale dove il padre lavora.
In quel tempo che è l'attesa, un'attesa che sembra sterile, ma si riempie di domande, di pensieri, di rimpianti, Timoteo legge dentro se stesso. Per la prima volta con assoluta sincerità. Parla alla vita, all'amore, alla figlia. Affonda, a mani nude, dentro la sua anima. Ricorda l'amore per Italia, una ragazza del Sud che ha amato tanto. Quello che è struggente, dopo il dolore per la figlia, è questo amore ai margini. Timoteo è un noto chirurgo, vive una vita ben corazzata, ma l'amore per Italia lo scardina, gli toglie la corazza. In realtà all'inizio la mente scaccia questa passione. Ma il corpo no. Il corpo la cerca. Il corpo, più della mente, sa riconoscere l'amore. La mente, i suoi filtri, sono spesso una barriera, un limite. Il corpo parla da solo, in maniera istintiva e veritiera. "Avevo faticato ad amarla, l'avevo respinta, allontanata". Forse il protagonista rimane troppo vittima di se stesso, dei suoi sensi di colpa. Ma il viaggio dentro se stesso, la sua preghiera intima e dolorosa, è commovente.
Lo stile della Mazzantini fa il resto, rende la storia toccante. Le parole sembrano sgorgare da una fonte di dolore, sono vere e pregnanti. Secche, senza traboccare. È uno stile unico quello della Mazzantini che, a mio avviso, ha il difetto di arricchire troppo. Le sue arguzie letterarie a volte sono ampollose, eccessive. Rendono l'emozione meno fluida, meno diretta. Si deve entrare nella metafora, nella parola, e poi uscirne, a volte svuotati dell'emozione. Toglierei più che aggiungere.
L'emozione, a volte, non ha bisogno di tante parole.
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Ricordarsi
Nel terzo romanzo della Mazzantini, la storia narrata ruota attorno a un incidente, da cui tutto rinasce e muore. L'incidente è quello di una ragazzina su un motore, ed è quello della vita che ti attraversa in un lampo: è la vita in stand-by di Angela ed è quella di Timoteo, un padre che si ritrova, nel proprio ospedale, a ridare vita alla figlia e nel contempo a una parte di sé di cui silenziosamente si libera, dando sfogo al dolore passato e voce ai suoi fantasmi.
Tutta la storia è un tuffo nel passato, un bagno di ricordi in cui si raccontano le debolezze di un uomo, la tentazione che sembra abbandonarlo quando si crede abbastanza forte da riuscire a non cedervi.
In questo inevitabile scorrere dei ricordi, presente e passato vengono ben scanditi e il linguaggio con cui vengono presentati eventi e colpi di scena, nello stile unico della Mazzantini, è volto ad alternare dolci carezze (dolci quanto illusorie) a veri e propri pugni nello stomaco.
"Non ti muovere" è una sorta di preghiera, un grido muto che riaffiora dal passato risuonando come un eco, una speranza che si ripresenta come un ricordo rimasto vivo e intatto nella memoria.
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Una forte carica emotiva
Una strada bagnata, una corsa in motorino, un casco non allacciato, un brutto incidente. Angela lotta tra la vita e la morte, nello stesso ospedale dove Timoteo, suo padre, lavora da anni come chirurgo. E l'uomo è lì, in attesa di scoprire la sorte di sua figlia, lottando con il nefasto presente e tormentato da un passato che ritorna, che non è mai andato via. Proprio lì, al capezzale di una ragazzina che quindici anni prima, con il suo arrivo, decise il destino di molte persone, il medico si abbandona ai ricordi, raccontando a sua figlia, a noi, a se stesso, una storia struggente di passione e miseria, di dolore e gioia, di paura e lacrime. Racconta la sua folle corsa, il suo stop non rispettato, il suo casco non allacciato. Il suo veicolo, però, non era un motorino, era l'amore. Ma all'inizio non era amore, o non sembrava tale. Era caldo opprimente, era una vodka di troppo, era la musica di un jukebox. Era Italia, squallida e poco attraente, con i capelli di rafia e l'alito di topo, con vestiti dozzinali e una casa fatiscente. Era un cane cieco, era il poster di una scimmia, una telefonata senza risposta. Era violenza, carne, tradimento. Poi fu ribrezzo, pentimento, odio, ritorno. Poi divenne un piatto di pasta al pomodoro, la più buona che il dottore avesse mai mangiato. Divenne tenerezza, calore, confidenza, divenne scheletri tirati fuori dall'armadio, comprensione, complicità. Finalmente fu amore, amore vero, ma forse, infondo, lo era sempre stato. Ma Timoteo ha già Elsa, ha già una vita, una posizione. Cosa fare? La scelta non è facile e la situazione peggiora quando entrambe le donne gli comunicano di essere in dolce attesa. L'uomo resta come sospeso in un limbo, finisce per lasciarsi trascinare dagli eventi, incapace di prendere una decisione, combattuto tra l'unico vero amore della sua vita e un insormontabile conformismo di facciata. L'epilogo è tragico e, come troppo spesso avviene, sono i più deboli a farne le spese. Dolcemente cattiva, brutalmente romantica, fortemente empatica, la storia di Timoteo e Italia sprigiona un incalzante mix di emozioni che sconvolgono l'animo del lettore provocando rabbia e stupore, disgusto e tenerezza, pianto e sorrisi. Se risulta notevole la carica emotiva, non sono da meno lo stile ben curato e le descrizioni dettagliate. I continui salti temporali, poi, sono dosati alla perfezione e non spezzettano affatto la lettura, anzi la rendono serrata e interessante. Ma il meglio di sé Margaret Mazzantini lo esprime nella capacità di raccontare i sentimenti dei protagonisti e lo fa talmente bene da trasferirli allo stesso lettore che non può sottrarsi dall'immedesimarsi nei personaggi e rivivere le loro stesse emozioni, avere le stesse paure, tormentarsi con le stesse angosce e illudersi con le medesime speranze. “E quando quella mano fredda, come la pietra dov’era posata, si ferma sulla mia guancia, io so che la amo. La amo, figlia mia, come non ho mai amato nessuno. La amo come un mendicante, come un lupo, come un ramo di ortica. La amo come un taglio nel vetro. La amo perché non amo che lei, le sue ossa, il suo odore di povera.”
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Non ti muovere di Margaret Mazzantini
Ogni volta che leggo un romanzo di Margaret Mazzantini non mi sento solo “piena”, ma straripante: di sapere, di pensieri, di emozioni, di sentimenti, di passione. Insomma: soddisfatta, pienamente soddisfatta!
Ed ora, dopo il suo quarto romanzo, posso affermare che sia la mia scrittrice preferita (per ora non mi ha mai delusa… anzi).
Il protagonista è un padre: Timoteo (chirurgo), al capezzale della figlia, ricoverata presso l’ospedale presso cui lui lavora e in gravissime condizioni a causa di un brutto incidente occorsole mentre era in sella al suo motorino.
Angela, la figlia, è in bilico tra la vita e la morte e il padre si confessa a lei completamente, svelandole tutto di sé: anche e soprattutto il brutto, il marcio. Si spoglia delle finzioni che hanno caratterizzato gran parte della sua vita (soprattutto quella famigliare), per concedersi alla figlia e a noi nudo e crudo.
Timoteo, a mio avviso, è un uomo completamente incapace di amare chiunque in modo adulto e responsabile: non la moglie che lui considera troppo bella, troppo borghese, troppo perfetta; non la figlia che non avrebbe esitato ad abbandonare appena nata, se avesse potuto portare avanti la storia con Italia. E nemmeno Italia, che è stata solo la sua valvola di sfogo, per tutta la durata della loro “relazione”.
Timoteo, quindi, è un grande esempio di cinismo ed egoismo maschile, che io non augurerei a nessuna donna di incontrare sul proprio cammino: capace solo di amare se stesso.
Grande tenerezza ho provato per Italia: una donna onesta, modesta, ma a mio avviso molto forte, nella sua semplicità. Sicuramente troppo “femmina sottomessa”, ma sfido chiunque a non essere completamente straziata dopo una storia di violenza subita da parte del padre, quando era appena dodicenne.
Con Timoteo, la prima volta che va da lei e la prende, Italia rivive quel rapporto malsano e da quel momento in poi si accontenta delle briciole (di tempo e di sentimenti), che lui ogni volta può offrirle ( “E’ così estranea e così vicina a me…Alzo la mano per scaraventarla lontano, lei, i suoi ninnoli, la sua miseria. Invece afferro quel fiore di strass e me la tiro contro. Cerca di mordermi la mano, la sua bocca si agita nel vuoto…Poi le vado addosso con i denti. Le sbrano il mento, le labbra dure di paura… Non assiste alla mia furia. Abbassa il viso sul collo, alza un braccio vago nell’aria, e quel braccio trema…La spingo contro il muro, presto. E prima ancora di presto… lei è una marionetta slentata contro il muro…La mia saliva le cola lungo la schiena, mentre mi muovo nel suo cesto di ossa come un predatore dentro a un nido usurpato. Così faccio scempio di lei, di me, di quel pomeriggio balordo).
In questo romanzo la Mazzantini indaga sui segreti di una “normale” famiglia borghese, dove tutto sembra andare bene, mentre è un matrimonio vuoto, condizionato solo dalle convenzioni sociali (“sono rimasto un ospite fisso in casa mia”). A causa di questo, il marito cerca conforto, comprensione e considerazione tra le braccia di una donna di un ceto inferiore: brutta, insignificante e scialba (“Sai di valere solo nella foia, sai che quando mi stringo il nodo della cravatta prima di andarmene ho già schifo di tutto”). Ma almeno questa donna, al contrario della moglie, non lo giudica e non si aspetta da lui nient’altro, che il poco che lui è disposto a concederle (“ Non siamo amici, né lo saremo mai. Siamo stati amanti prima ancora di conoscerci. Ci siamo scambiati la carne forsennatamente” e ancora “Sarebbero bastate poche carezze a restituirmela, la conoscevo, si lasciava amare senza inutili prove di orgoglio”).
Timoteo è stato cresciuto da una madre borghese, costretta a vivere in un quartiere popolare, senza mai accettare questa situazione. Non permetteva nemmeno al figlio di “mischiarsi” con quella gente, che lui era costretto a spiare dal suo balcone. Già da piccolo, quindi, Timoteo deve fingere che quel mondo in basso non esista , salvo poi volervi ridiscendere da adulto, per mischiarsi a quei poveracci ( “In quelle soste euforiche e patetiche, diventavo il ragazzo temerario che avrei voluto essere e che non ero stato”).
Commovente l’immagine di Angela “salvata” dal sacrificio di Italia, che non è riuscita a salvare nessun altro (né il proprio bambino, né se stessa), ma salva la figlia di lui, ridandole una nuova vita.
Bello, bellissimo, imperdibile, come ogni romanzo di questa scrittrice!
Le frasi o le espressioni che mi sono piaciute:
“Sono un padre qualunque, un povero padre sfondato dal dolore…”;
“Avevo appena quarant’anni e già da un pezzo avevo smesso di indignarmi”;
“Il coraggio, Angela, appartiene agli amori nuovi, gli amori vecchi sono sempre un po’ vili”;
“Ricordo di aver pensato che niente può salvarci da noi stessi”;
“Dammi un cesto figlia mia, il cestino con cui andavi all’asilo. Voglio metterci dentro, come lucciole nel buio, i bagliori che hanno attraversato la mia vita”;
“La nostalgia è un sentimento molto elastico, dentro il quale puoi far transitare tutto quello che ti va”;
“…l’avrei aspettata al buio. Il buio mi nascondeva da me stesso”;
“Il corpo può amare ciò che la mente disprezza”;
“La zoppia dell’anima, quella pensavo, si sarebbe curata solo con il tempo…”;
“Ognuno di noi, Angela, sogna qualcosa che scardini il suo mondo ordinario. Lo sogni seduto sul divano, sbracato in mezzo ai benefit che la vita ti aggiunge ogni giorno”;
“Chi ti ama c’è sempre Angela, c’è prima di conoscerti, c’è prima di te”;
“Credimi, mi sono giudicato molti anni fa, seduto su quel marciapiede. Ed è stato un verdetto senza ritorno”;
“Sepolto quel brivido, quella follia, quel figlio maschio. Cazzate di padri, Angelina, di stupratori che non sanno come crescere. Punto”.
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"Lei c'era già.”
I personaggi di questo romanzo escono dalla pagina scritta scuotendo mente e cuore, entrano nella memoria come gente realmente incontrata e vi restano.
Non si dimentica un amore così ingombrante, improbabile, politicamente scorretto, non si dimenticano Timoteo e Italia, un chirurgo e una spiantata, raccontati dallo stile sanguigno della Mazzantini.
Sorprende la capacità della scrittrice di declinare al maschile pensieri e percezioni, ed
incanta il sapiente gioco di flashback, con il futuro che sorride pietoso all'ignaro passato invitandolo a godere dell'attimo, ricordandogli che ciò che deve accadere accadrà comunque, che al dolore non si sfugge ma neanche alle gioie impreviste.
Il primo strappo ad un'esistenza ovattata alto-borghese è uno stupro, una foia bestiale che affonda le sue radici in un buco dell'anima, trasformando brividi di disgusto in fremiti di desiderio:
“Che posso farci, sposa mia, questa sera ho voglia di infilarmi nel corpo di una donnetta, di strofinarmi addosso la sua testa di rafia”.
L'amore sboccia inaspettato sotto gli occhi stupiti del lettore, emerge dal fango di un'attrazione che sembrava sordida, rende a tratti poetica la prosa:
“La amo come un mendicante, come un lupo, come un ramo di ortica. La amo come un taglio sul vetro. La amo perché non amo che lei, le sue ossa, il suo odore di povera”.
Italia è “l'altra”, brutta, squattrinata e disillusa quanto bella e rampante è la moglie, giornalista in carriera.
Italia per Timoteo è la vita che si rivela, vita vera che spegne ogni altro rumore, che fa male e guarisce:
“Curami, curami...”.
Nella casa di lei, tugurio e rifugio, così diversa dagli ambienti ricercati a cui lui è abituato, si celebra il rito sacro e profano di una passione nascente, seguito da una quotidianità che è già condivisione:
“Ti faccio un piatto di spaghetti?”.
Gli spaghetti più buoni mai mangiati, come quella “dose” di arancini fritti e gustosi consumati in un'osteria all'insaputa della moglie. Perché sono poche le cose che restano nella vita, “giusto quattro stronzate. Ecco, tra quelle quattro stronzate, per me, c'è un piatto fondo da osteria con tre arancini dentro”.
Le emozioni del protagonista arrivano a getto continuo, crude e senza filtri, le sue lacrime ci bagnano, la sua debolezza indigna e impietosisce.
E mentre il cerchio tra passato e presente si chiude, sappiamo che tutto in qualche modo era scritto da tempo nella carne incisa da un bisturi, nel sangue che fuoriesce, nella paura di un giovane studente di Medicina:
“Lei era in quel taglio. Il sangue che temevo era il suo, così come avevo temuto il suo amore. Lei c'era già”.
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Povera Italia.....
.....nel senso umano del termine; leggendo questo libro molto crudo e al tempo stesso toccante, in pieno stile Mazzantini, ho provato sentimenti contrastanti per ogni personaggio presentato. In questo libro non si parla di un rapporto clandestino classico, dove l'amante è vista come l'opposto ad una moglie brutta e sciatta...no qui è l'amante ad essere di molto inferiore alla moglie...eppure la scintilla dell'amore vero scatta lo stesso....alchimia? Assurdità? Non saprei dire...credo che nella vita tutto possa accadere..e allora in quel momento non ci si deve muovere ma vivere il presente con tutto noi stessi.
Per Italia ho provato una pena infinita, per Timoteo all'inizio ho provato rabbia e sgomento che nel presieguo del libro ha lasciato spazio alla comprensione che soppravvivere ad un amore così intenso è peggiore che non morire veramente, ed infine Olga questa moglie bella e perfetta che non si accorge di nulla........impossibile nella vita reale, nel libro però ci stava bene, questa moglie insomma, neutra, non mi ha suscitato nessuna emozione sarà perchè fa la parte della comparsa per tutta la storia.......Direi, un buon libro, per una che apprezza la Mazzantini, e il suo modo molto diretto e tagliente di descrivere le situazioni. Sicuramente da mettere in biblioteca.
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Mai ho provato queste emozioni..
Ho letto vari libri della Mazzantini e ho letto vari libri in generale, ma NESSUNO mi ha preso così tanto da farmi provare emozioni fortissime come quelle della rabbia da un lato e della speranza dall'altro...
Sono una ragazza che non accetta il tradimento nè in amore nè in amicizia nè in famiglia nè in alcun altro rapporto con le persone e soprattutto non tollero l'infedeltà tra due persone che si amano! ed è proprio il tradimento nato in questo libro che mi ha riempito il cuore di odio, non tanto nei confronti di quella povera disgraziata che viveva la vita passivamente, ma nei confronti del protagonista, un uomo che come tanti non sa quello che vuole e quello che ha non lo apprezza. Per tutto il tempo che è durata questa lettura non ho fatto altro che sperare che lui si tesse accorgendo dello sbaglio che stava commettendo... come puoi sposare una donna, giurarle fedeltà, fare con lei un figlio e poi all'improvviso, attirato dalla trasgressione, dalla novità accostare i tuoi sentimenti e regalarli a una persona che in realtà nemmeno ti prende così tanto?! Perchè alla fine ammettiamolo, questa storia di tradimento come tante altre nella realtà si basa su un traditore che tradisce non per amore ma per il semplice gusto di farlo!
e' stata una lettura emozionante e ripeto che mai nessun libro mi è rimasto così impresso nella mente e nel cuore!
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"non ti muovere"...come potrei?mi coinvolgi!
Una mattina qualunque in libreria,alla ricerca del mio libro,quello dove perdersi ed emozionarsi. Non avevo mai letto un romanzo della Mazzantini,così mi sono chiesta"perchè non iniziare proprio oggi?"ed è così che ho acquistato "Non ti muovere"
Credo che ognuno di noi possa trovare un pò di se stessi nelle storie che legge e anche in questo caso,ci sarà sicuramente qualcuno che ha visto un pò di se in Timo o Italia.
Lui,un chiururgo,un padre,un marito,un uomo poco coraggioso e arrabbiato con la vita.
Lei,una donna umile,poco piacevole agli occhi eppure così piacevole da amare.
La storia è concentrata sul racconto di Timo verso la figlia,Angela,che per via di quel casco non allacciato,ora è lì appesa ad un filo tra la vita e la morte.
Una confessione da padre a figlia,della sua storia d'amore segreta,violenta eppur così bella,unica.Perchè chi ti ama c'e sempre,c'è prima di conoscerti.
E per quanto sbagliata e tormentata sia stata la loro storia,Timo sa che non basterà il velo della morte che è calato su Italia,proprio quando aveva deciso di iniziare un'avventura,la loro avventura,a farla dimenticare.
A discapito di molte persone che trovano poco coinvolgente questa storia,io credo che invece sia un romanzo a dir poco sconvolgente e commovente. E questo proprio perchè ho ritrovato un pò di me in Timo. E ringrazio la Mazzantini per aver scritto questo romanzo,uno dei pochi che mi abbia colpito così profondamente. E' riuscita ad immedesimarsi perfettamente nell'altro sesso,nella psicologia maschile e credo che questa dote appartenga a pochi scrittori.
"Cosa vuol dire amare,figlia mia?tu lo sai?
Per me amare fu tenere il respiro di Italia nelle braccia e accorgermi che ogni altro rumore si era spento..."
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Gramigna.
Un chirurgo, un buon marito, una persona realizzata. Un uomo, con paure, scheletri, coraggio mancato da far rivivere. Un monologo per riuscire a respirare di nuovo, per dare aria alla sua ragione di vita. Quella vita che ora è sotto i ferri per un casco non allacciato. Quella vita che è l’unico spiraglio per rivedere la luce.
Unico perché la persona che ha fatto conoscere l’amore a Timo, lo ha lasciato quando nel suo ventre la vita è cessata. Si perché Italia è morta quando quel piccolo cuoricino ha smesso di battere, e dopo è stato solo una lunga attesa in una sala anonima. Ed è li che Timo la sta aspettando, in quella stessa stanza, ma questa volta lui non può fare niente, non può cercare di salvare la sua bambina. Ora è nelle mani di Italia.
Timo ha conosciuto l’amore in un pomeriggio caldo, con un goccetto di Vodka a stomaco vuoto.
Ha conosciuto il corpo di Italia senza guardarlo, senza guardala.
E insieme non si sono mossi. Si sono amati. Si sono visti.
La trama può sembrare scontata, ma la vera forza del romanzo sta nella scrittura, in quello che la Mazzantini ti vuole far vedere, assaporare, ammirare, odiare.
Descrive totalmente ciascun personaggio in ogni sua sfaccettatura, emozione, sfumatura, raccogliendo tutto il male e il bene che egli racchiude, senza sconti.
E magari qualche lettore ci può rivedersi in Timo o qualche donna in Italia.
Son persone vere, persone che vivono in noi stessi.
Ed è questo che mi piace di Margeret Mazzantini.
Il modo semplice di farti conoscere l’amore attraverso occhi diversi.
“.. Non siamo programmati per appartenerci, siamo programmati per vivere insieme, per condividere lo stesso bidet..”
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Saper cambiare il proprio abito
La quindicenne Angela ha un grave incidente con lo scooter. Viene trasportata d'urgenza in ospedale ed è identificata da un'anestesista: la ragazza è figlia dell’amico Timoteo, chirurgo del medesimo ospedale.
Nell’apprensione di una spasmodica attesa, dinnanzi alla figlia la cui vita è appesa a un filo, il padre ripensa al passato e idealmente si confessa con la figlia. Perché nella sua intimità ha un enorme segreto e forse è giunto il momento di rivelarlo.
Nel passato di Timoteo c’è stata la passione per una ragazza di borgata, Italia. Con lei, l’uomo è rinato e ha riscoperto se stesso in un momento critico. L’amore è nato casualmente, da un atto vile, ma poi si trasforma, assume alternativamente i connotati di un’ossessione e di un sentimento vero e proprio. Tuttavia il rapporto con Italia è minato dalla condizione borghese, imbevuta di ipocrisie, di Timoteo.
Il soliloquio reale diviene un viaggio nel tempo e nello spazio, attraverso un paese che reca il nome della donna amata e perduta: Italia.
Tra i rimorsi per una vigliaccheria che ha indotto Italia ad abortire contraendo la setticemia, il monologo assume il ritmo di una corsa disperata, in un vano viaggio di ritorno alle origini. E l’immaginaria confessione alla figlia agonizzante rappresenta forse lo strumento per un’improbabile catarsi, un’occasione di riscatto dalla mediocrità di un’esistenza di stimato professionista, di tiepido marito, di padre assente.
La storia cattura, per certi versi indigna, per altri aspetti commuove, per alcuni passaggi può apparire poco credibile.
Vero è che, a parer mio, il romanzo rivela le doti narrative della Mazzantini: l’autrice riesce a immedesimarsi perfettamente nella psicologia e nella fisiologia dell’altro sesso attraverso un io narrante che è maschile a tutti gli effetti. E il “saper cambiare il proprio abito” è davvero una grande abilità tanto per uno scrittore, quanto per una scrittrice.
Bruno Elpis
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Soppravalutata
Trovo che la Mazzantini sia sopravvalutata. Sono infiniti i difetti che ho trovato a questo libro, ma il principale è il linguaggio. Il libro consiste nel flusso di coscienza di un borghese della peggior specie, senza alcun spessore morale, e lei gli mette in bocca parole forbite del tutto stonate rispetto al personaggio. Per esempio, per dire che l'amante aveva la maglia pezzata di sudore sotto le ascelle, il protagonista parla di "gore di sudore"; ma il peggio lo ha fatto quando per dire "scrostare una latrina" fa dire al protagonista "scozzonare una latrina", dove scozzonare significa, invece, "ammaestrare". Questa discrasia mi ha disturbato durante tutta la lettura; un inutile sfoggio di una forbitezza nel concreto del tutto inesistente. Trovo che quanto descritto guasti irrimediabilmente un romanzo che altrimenti avrebbe potuto essere più piacevole, anche se mai lo si sarebbe potuto considerare un capolavoro.
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Troppo delusa
E' l'unico libro della Mazzantini che ho letto e forse anche l'ultimo ! Ultimo perché, ammetto di sbagliare in questo, mi affido a pareri di amici che mi confermano che gli altri libri non sono un granché.
Sono rimasta molto delusa da questo libro. Tutti mettevano in luce i Romanzi della Mazzantini come qualcosa di favoloso.
**SPOILER**
Questo racconto viene introdotto dall'incidente di una ragazza che finisce in un ospedale. In quest'ospedale lavora come medico suo padre che viene a sapere dell'incidente.
Vorrei criticare questa parte del racconto. Nel romanzo non intravedo molto interesse da parte di suo padre per sua figlia che sà che sta per morire ( anche se non morirà alla fine). Cioè, lei sta per essere operata, tu pensi che morirà sicuro, e cosa fai, pensi all'amante? Mi sembra abbastanza poco veritiero, un vero genitore si distruggerebbe al pensiero della propria figlia che sta soccombere.
In ogni caso,la figlia di questo dottore sta per morire e lui inizia a parlare della sua storia con la sua amante.
Da ciò posso dire che, alla fin fine, l'incidente, è stata una scusa per introdurre il vero racconto e porlo al pubblico sotto forma di un romanzo di una storia d'amore alternativa anche se è la solita storiella di due amanti.
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Buon stile, pessima trama
Di lei amo lo stile e l'abilità descrittiva. Me la sono immaginata in giro, tra la folla, incazzata e un po' depressa. E le vengono in mente un sacco di idee e si sfoga e il pretesto per sfogarsi lo trova così, scrivendoci questo libro rabbioso e arrogante. La trama a mio parere non c'è. Non l'ho trovata. C'è solo un inizio incalzante, gravido di aspettative che muore prima della metà. Non esistono personaggi fatta eccezione per Italia. Un personaggio carnale, brutto, inizialmente insipido, schizzato così. Italia regge tutta la storia, la fa' stare in piedi e procedere. Ma gli altri, dove sono? La madre non esiste, è l'ennesimo stereotipo. E lui idem. L'ho letto con piacere, di questo libro mi sono piaciute solo le immagini. Non vi ho trovato idee, concetti, pensieri. Solo un grande dolore buttato li' per caso.
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Io non mi muovo ma...
...cara Mazzantini, che ne diresti di emozionarmi di più?
Premetto che questo è il mio primo incontro con l'autrice, che ho deciso di conoscere dato la sua notevole fama.
Ho iniziato con 'Non ti muovere', una lettura diversa da ciò che mi aspettavo ma a suo modo gradevole.
Angela scivola dal motorino ed è grave, la corsa in ospedale, deve essere operata. In quello stesso ospedale dove lavora Timoteo, suo padre. Il dolore è tanto per Timoteo. Il dolore nel vedere sua figlia morire, la sua incapacità di starle vicino. E l'ombra di un retroscena passato, buio, una menzogna che non ha necessità di essere svelata, ma che inizia a pesare troppo.
Una lettura coinvolgente, capace di incollare alle pagine. L'ho finito in breve tempo, mi ha trascinata grazie ad una storia intensa e diretta.
Detto ciò vi domanderete come mai non ho dato il massimo dei voti, perciò voglio puntualizzare una cosa: le caratteristiche sopraelencate per me non sono (state) sufficienti a farmelo apprezzare appieno.
Partiamo dallo stile: distinto, lessicalmente ricco, richiede un certo impegno per goderlo totalmente, cosa che io non ho fatto poiché spesso l'ho trovato poco scorrevole, con un linguaggio non idoneo al personaggio (cioè Timoteo, è lui che racconta tutte le vicende).
Per carità, il nostro medico è sicuramente una persona coltissima, ma i monologhi interiori con certe parole, metafore, rimandi quasi filosofici alla lunga è piuttosto noioso, stancante, certe cose poi non riuscivo neanche capirle perché si spaziava da una cosa all'altra senza concludere mai niente per bene, un disorientamento costante che ha reso il tutto troppo irreale per farmelo apprezzare.
Sarà per questo che non mi ha emozionata granché.
Per quanto riguarda i contenuti, si hanno passi di calma piatta e situazioni più interessanti, ma nulla di molto 'vicino', sempre sulla stessa lunghezza d'onda, sempre con un certo distacco.
Io non sono riuscita percepire il dolore di Timoteo, né il suo grande Amore per Italia (ma forse è colpa mia: amor non lo può intendere chi non lo prova...), né molti suoi comportamenti che mi sono parsi semplicemente insensati.
Troppe cose accennate da una parte, troppo poche in altre, troppe immaginate e troppo poche ben delineate. E poi i continui salti temporali, i continui salti di luoghi, situazioni, una volta con la moglie, una volta dall'amante, una volta con l'amico... è un'alternarsi di balzi che mi hanno fatto perdere spesso il filo.
Capisco che si tratta pur sempre di un discorso con se stessi e per se stessi, intimo, Timoteo parla di se anche se vorrebbe parlare alla figlia... ma questo esclude un coinvolgimento emotivo del lettore? Io non lo so, questo non è il genere che di solito leggo, e non so se ho sbagliato prospettiva o cos'altro.
In definitiva è stata una lettura particolare, che si fa leggere volentieri, ma mi è parsa altresì inconcludente, 'astratta', mi ha lasciata spaesata. Insipida. Una cosa da vedere, ma che non si può toccare.
Comunque la consiglio se conoscete l'autrice o se leggete abitualmente questo genere di romanzi.
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- no
STRUGGENTE..
Uno dei libri più belli che abbia mai letto. Quello di Timoteo è l'esame a cui andremo tutti incontro; è un bel libro perchè è reale, contemporaneo e quindi nuovo. Margaret è una delle mie preferite.Lo stile è struggente, sono riuscita a commuovermi e provare un forte senso d'angoscia nel giro di una pagina. Unico sgarro: la descrizione di Italia, della sua vita, della sua casa, dei rapporti passionali tra lei ed il protagonista sono sicuramente stati il cardine di tutta la storia ma ad un tratto c'è stato qualcosa di troppo spinto, esagerato che mi ha infastidito. Per il resto libro fantastico.
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Com'è facile farci piangere!
L'unica cosa che la salva è che scrive bene .Per il resto le sue storie sono un insieme strappalacrime di disgrazie e luoghi comuni.E' troppo facile far piangere:scrive di tutte le cose brutte di cui abbiamo paura, di tutti i dispiaceri che prima o poi ognuno di noi passa,di tutti gli orrori che possono accadere.
Non so...questo tipo di libro non mi entra dentro..fa leva su emozioni troppo facili da smuovere.Mi fa piangere come una pazza ma non mi fa riflettere.E dopo che ho pianto non mi è restato dentro niente di nuovo da quello che già avevo, perchè ha parlato solo di cose che ognuno di noi già sa.Ecco, forse è questo il punto:i suoi libri ci piacciono perchè sono banali,perchè non ci portano mai lontano da ciò che siamo e che sappiamo già di essere. E allora non mi piacciono più, perchè uno scrittore non ci deve far piacere la banalità,ma ci deve scuotere con idee e pensieri che escono fuori dai nostri schemi e ci deve far pensare ,nel bene o nel male, ma pensare.
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Ricordi e segreti
Non ti muovere nasce dalle contraddizioni insite nell’animo umano, quelle contraddizioni sopite da sempre che emergono con forza di fronte ad eventi sconvolgenti. Un mattino piovoso, un incidente stradale terribile, una corsa in ambulanza contro il compiersi di un destino crudele. Angela, un’adolescente di appena quindici anni, viene trasportata in gravissime condizioni nello stesso ospedale dove suo padre è uno stimato chirurgo. Per la prima volta Timoteo vive quel groviglio di emozioni, dalla paura all’inadeguatezza all’impotenza, che assale chi attende al di là di una sala operatoria. E questa attesa divorante lo conduce a mettere in discussione se stesso attraverso un lungo e dettagliato racconto, un’introspezione dolorosa nella propria anima e nel tempo. Lui, professionista di successo dall’esistenza oramai appiattita, al suo fianco una donna forte e brillante, circondato da un contesto colto e borghese, ripercorre quella parte della sua vita che oramai credeva sepolta nell’oblio. Inghiottito dalle passate emozioni, risucchiato dai ricordi, da odori forti e colori scuri, rivela quel segreto che lo ha condotto lontano fisicamente e mentalmente dal suo mondo e dalla sua normalità, quella passione amorosa che mai avrebbe pensato essere sua e della quale gli rimane ora solo una scarpa rossa. Una confessione dolorosa a sua figlia, ma in realtà a se stesso. Il libro ha ispirato l’omonimo film diretto da Sergio Castellitto.
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Un grido nel vuoto
Non ti muovere è un grido, il grido di un padre, di un'amante, di un marito: è il grido di un uomo che non sa afferrare la vita, ma che vi scivola attorno in una danza quasi surreale. Timoteo è un professionista affermato, stanco della beatitudine che la serenità del matrimonio e della vita borghese gli ha portato, sceglie, perciò, la via del grottesco, di tutto ciò che è animale, sporco, freddo e sudicio: sceglie Italia. Nasce questo amore, un sentimento profondo e altalenante, fatto di salite ripide e di ricadute inaspettate. Il loro è un odio, un disprezzo che diventa amore puro, perchè lei, così lasciva e fragile, pronta a soccombere di fronte alla violenza e alle prevaricazioni, è quella "sedia vuota" dove Timoteo non riuscirà mai a sedersi. Italia è quel grido nel vuoto a cui Timoteo accorre quando la figlia è in fin di vita, è il richiamo ad un mondo che è avulso da tutto ciò che conosce. Mancanza, dolore e animo, tutto in solo libro, vincitrice del prestigioso premio Strega, in uno stile unico e ricco.
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ispirato a lettera al mio giudice?
non ti muovere; è un'incredibile coincidenza o Margaret Mazzantini si è ispirata fortemente al romanzo di Georges Simenon "lettera al mio giudice"? la trama, la caratterizzazione psicologica dei personaggi e l'impostazione della confessione in prima persona sono troppo simili per ritenere che sia una coincidenza.
mi sembra purtroppo che l'autrice di "non ti muovere" abbia completamento tratto la sua storia da "lettera al mio giudice" apportando giusto qualche dovuta modifica. ecco che forse ci si spiega come la Mazzantini sia riuscita ad interpretare cosi bene la psicologia e caratterizzazione di un personaggio maschile.
mi dispiace, ho sempre pensato che la Mazzantini fosse una brava scrittice, ma non le si può attribuire il merito di questo romanzo che invece va a Simenon, perchè non basta fantasticare sopra ad una storia già scritta per farla propria.
c'è un unico merito e va a Simenon.
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Un senso 2....
Premetto che adoro lo stile della Mazzantini, e che questo, insieme a Venuto al mondo, rappresenta per me la sua produzione più felice.
Detto ciò, dopo avere letto l'opinione di Elfina, avrei potuto anche rinunciare a scriverne un commento, perchè è assolutamente rispondente alla mia!
Ma scriverò due parole in merito; mi è rimasto nel cuore!
Una storia d'amore splendida, e nello stesso tempo terribile, che ti scuote fin nel profondo...
Una storia nata NONOSTANTE TUTTO.
Il degrado materiale e morale in cui vive Italia e la differenza di ambiente, di culture, non impediscono la nascita di questo amore impetuoso , che trascende ogni buonsenso.
Questo amore che non avrebbe dovuto essere, neppure cominciare, nasce e cresce, a dispetto dei travagli interiori di Timoteo, della sua bella ed ignara moglie (che sta per renderlo padre), del suo "rifiutarlo" per poi andarlo a cercare!
A questo proposito c'è un brano che meglio di tutti mi ha reso l'idea dello stato d'animo di Timoteo.
E' un brano che ho letto molte volte, perchè lo "sento" particolarmente.
In questo brano, Timoteo ricorda quando aveva tentato di interrompere la sua storia con Italia.I suoi tentativi inutili e patetici di dimenticarla....
"......................
Mi ero iscritto ad una palestra. Ci andavo la sera dopo l'ospedale, mi chiudevo in quel locale senza aria, in mezzo ad altri uomini incastrati dentro macchine da sforzo, e sudavo.
Sputavo sudore sulla cyclette, convinto che questo esercizio mi avrebbe aiutato ad espellere anche le scorie interne.
Facevo scattere la leva del rapporto, dovevo faticare di più, inerpicarmi lungo una salita fittizia. Abbassavo la testa, chiudevo gli occhi e spingevo i muscoli.
Tornavo a casa, svuotavo la sacca con i panni madidi per terra accanto alla lavatrice, e mi sentivo più pronto per andare di là, ad affrontare quel clima di fiaba fasulla.
La pancia di mia moglie cresceva.
.................................................. .................................................. .............................
Una sera l'onda mi raggiunse potente. L'onda nera della malinconia, del disastro.
La vita mi cadeva addosso.
Non bastava pedalare nel vuoto per essere salvi.
Il male non si staccava da me, rimaneva fermo come quella bicicletta senza ruote.
Quella sera le telefonai.".
Il film è uno dei pochi , nella mia carriera di cine-amatrice, che io abbia ritenuto all'altezza del romanzo.
Che rimane comunque ineguagliabile.
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Un senso...
Ho letto il libro incuriosita dal titolo.
Mi aspettavo una storia del tutto diversa. Un libro letto in metropolitana. E considerando il caos della metropolitana nelle ore di punta riuscivo comunque a immergermi completamente nella lettura.
Ho immaginato i personaggi fin nei minimi particolari, e ho cercato di calarmi nel personaggio maschile.
Non tanto in Italia, ma in Timoteo cercando di capire il suo stato d'animo difronte alla tragica fine di un amore clandestino scaturito dalla voglia di evadere, di togliersi quel vestito cucito su misura che lo fa apparire e non essere.
Credo che il racconto sia stato appositamente scritto in maniera non lineare, senza seguire una cronologia perfetta degli eventi. In tal modo la Mazzantini riesce a catturare l'attenzione del lettore trasformandola in curiosità.
Una curiosità che va al di là del capire come andrà a fine. E' una curiosità concentrata soprattutto su un'analisi quasi psicologica dei personaggi, non solo di Italia e Timoteo, ma anche di sua moglie, degli amici e anche di Angela.
Dopo aver letto il libro ho visto anche il film e per la prima volta non sono stata affatto delusa. Al contrario, ho ritrovato molti aspetti che avevo immaginato leggendo.
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L'istinto o la ragione?
Una storia che lascia l'amaro in bocca; un uomo diviso tra ragione e sentimento....si ritrova un giorno a rievocare mentalmente la sua storia d'amore con Italia, mentre la figlia giovanissima è in sala operatoria a causa di un incidente...
Diviso tra il cuore, quindi questa passione giovanile e la mente che gli consiglia comunque di scegliere la donna che il destino gli ha messo accanto, sarà costretto per uno scherzo della sorte a scegliere la seconda...ma in questo modo perderà l'amore della sua vita....Una tragica scomparsa...e il ritorno a una vita normale...
Devo dire che pur apprezzando questo libro che ci conduce nell'oscurità della mente dell'uomo, capace di ogni genere di bruttura, di intrigo e di inganno, non posso dire di aver apprezzato altrettanto il film con Sergio Castellitto...
L'ho trovato incolore e insipido...
Consiglio questa lettura con qualche riserva, per i contenuti di un'opera che comunque trovo interessante...
Astenetevi da vedere il film...per quanto manifesti la tragicità della vicenda, secondo me non è ben riuscito....
Saluti.
Ginseng666
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- sì
- no
non muovetevi! leggete
Ma insomma bisogno sempre costruire dei personaggi-eroi per conquistare i lettori?io l'ho trovato toccante perche' quello che percevivo lo sentivo molto reale,Italia e' una figura davverao molto triste e commovente ma ci pensate che figure cosi ne esistono davvero?e figure come Timoteo anche,un matrimonio sbagliato con una donna ricco-borghese troppo diversa da lui,un infanzia difficile,una carriera importante raggiunta per dimostrare a stesso e al padre che valeva qualcosa,si innamora di Italia perche' la sente sicuramente emotivamente piu' vicina,lei che e' veramente felice anche solo per in paio di scarpe rosse...e quando decide di voler restare con lei...in tragico finale...il rapporto discatto con la figlia perche' e' nata quando lui ha perso Italia...ma poi l'incidente della figlia gli fa comprendere quanto le vuole bene....e racconta,certo anche e soprattutto alla sua coscienza....ma ditemi questo non vi sembra umanemente reale o preferite gli eroi dei romanzetti rosa? Scritto in modo magnifico la Mazzantini e' sempre in grado di svelare in modo profondo le inquietudini dell'animo umano!
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un'autrice che riesce ad immesimarsi in un uomo
devo dire che la Mazantini dimostra di avere una sensibilita' molto forte, in questo libro si e' messa nei panni di un uomo infelice parlando in prima persona, un uomo sposato ma triste, infelice che si innamora di una povera giovane donna disperata forse perche' sente piu' vicina lei che la moglie (una piccola-borghese) perche' ancha lui prima di diventare uno stimato medico professionista era povero, un'infanzia infelice. tutto questo lo racconta alla figlia adolescente in coma dopo un incidente, pregandola di non morire. Una storia che narra di sentimenti forti e combattuti, una giovane donna disperata che riesce a mettere a nudo i sentimenti di un uomo fortemente combattuto. La Mazzantini riesce sempre a toccare le corde piu' profonde dell'anima
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Deludente
So bene che questo romanzo di Margaret Mazzantiniha ricevuto premi lusinghieri e che è stato rapidamente tradotto in film da suo marito Sergio Castellitto: un film non certo memorabile.
Ho ripreso il volume tra le mani e debbo dire che mi è sembrato ancora una volta uno di quei libri fortemente sponsorizzati dai media e indipendentemente dal loro valore nonché già pronti ad essere trasformati senza troppi problemi in sceneggiature di film.
Dietro a questo libro si possono riconoscere da un lato l'influenza di G.Simenon, non il Simenon del commissario Maigret, ma dei forse meno noti romanzi con protagonisti di mezza età scontenti della loro vita e in crisi esistenziale , dall'altro il filone dei romazi rosa (Peverelli, Gasperini) con personaggi patetici.
Rispetto l'opinione di chi trova interessante questo romanzo ed ama la scrittura della Mazzantini, ma, onestamente debbo dissentire.
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Deprimente
Quando ho acquistato il libro ero molto curiosa ed entusiasta di cominciare a leggerlo. Man mano che procedevo nella lettura mi sono quasi pentita della scelta...
La caratteristica che proprio non sono riuscita ad apprezzare della Mazzantini è lo stile che ho trovato troppo patetico.
La storia è deprimente; la protagonista femminile, Italia, mi ha fatto provare pena e pietà per tutta la durata della storia, mentre il protagonista maschile mi ha fatto rabbia e ribrezzo, non sono riuscita a comprendere questo suo amore travolgente che lo porta a comportarsi in modo ingiustificabile verso la sua famiglia. Mi sembra un "inetto", incapace di vivere la propria vita con coraggio. Bruttissima la sua figura come padre, assente e senza un vero rapporto con la figlia alla quale fa questa lunga ed immaginaria confessione, a mio parere, inutilmente o forse solo per scaricarsi la coscienza...
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Bocciato!
Questo romanzo, di cui si parlava come si parla di un capolavoro, è lento, non banale ma neanche eccezionale nella trama, appesantito da uno stile che non mi ha convinto. Se fosse stato più lungo delle 295 pagine che lo compongono, portarne a termine la lettura sarebbe stata un'impresa titanica e probabilmente avrei cominciato a saltare pagine su pagine per arrivare alla fine. Capitoli mal costruiti e collocati, a mio avviso. Ricordi che inseguono il presente e si manifestano senza chiarezza, sovrapponendosi tra loro. Il risultato è una confusione appena leggibile, non adeguatamente sostenuta dalla narrazione sotto forma di monologo. Avendo visto prima il film, ero titubante nei confronti del libro. Mi sono sempre chiesto con che spirito e gusto ci si potesse calare tra le pagine di un romanzo dopo averne visto la trasposizione cinematografica. Adesso ho la risposta: NESSUNO!
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