Mancarsi
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Destini che si uniscono
Due vite tra loro parallele sono quelle di Irene e Nicola, un uomo e una donna che non si conoscono ma che hanno due cose in comune: il bistrot dove ogni giorno si concedono quei brevi attimi di solitudine per lasciarsi andare ai propri pensieri e/o osservare le persone e una mancanza, quella dell’amore. Entrambi vengono da un matrimonio ormai concluso; Irene se ne è andata perché non più innamorata del proprio compagno, Nicola è rimasto vedovo nel momento in cui quegli anni di infelicità si stavano sommando soprattutto a seguito della scoperta che la moglie non voleva avere figli. Le loro sono due esistenze apparentemente destinate a non incontrarsi ma, tuttavia, condotte da un unico filo che ha già intessuto quella maglia più grande.
Quella raccontata da De Silva è un’opera intimista, profonda. È una storia introspettiva che tocca le corde più personali e più particolari del vissuto di ciascuno di noi.
De Silva entra piano piano, in punta di piedi e con uno stile narrativo molto diverso da quello a cui siamo abituati con le avventure dell’Avvocato Malinconico ma in ogni caso arriva in modo vivido. L’epilogo aperto lascia al lettore la possibilità di interpretare liberamente il futuro di questi protagonisti, un po’ come accade nella realtà quando certe porte restano aperte per quel divenire incerto, sconosciuto.
Una prosa fresca, chiara, limpida, una storia diretta che coinvolge e resta.
Un regalo, semplicemente inaspettato ma che ha lasciato il segno.
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Appuntamenti col destino...
Un De Silva decisamente diverso dal creatore dell'avvocato Malinconico.
Abbandona per un po' la sua solita ironia e leggerezza (mai banale a mio avviso)...e ci regala una storia breve, ma intensa...profonda e piena di sentimento, ma non sentimentale (niente frasi da "Bacio Perugina", per intenderci).
Qualche piccolo scivolone in realtà c'è...ma perdonabile.
Insomma, entra in punta di piedi, con tocco leggero, dentro due universi che, senza saperlo, si sfiorano, si cercano, si attraggono...senza incontrarsi mai...o quasi.
Ci racconta di una storia d'amore che tarda a presentarsi all'appuntamento col destino.
Ognuno con il proprio vissuto, con la propria storia, Irene e Nicola si ritrovano soli, incapaci di vivere in pieno la libertà ritrovata (lei per scelta, lui per volere del destino),ma con l'assoluta consapevolezza di sapere quello che non desiderano più, quello che non vogliono più essere.
Racconto brevissimo, dal finale aperto, ma a me è piaciuto anche per questo...perché più che raccontarci una storia, De Silva ci propone delle "situazioni" e ci mette nella condizione di fare delle riflessioni.
Riconosco lo sguardo acuto di De Silva, attento a tutto ciò che ci circonda, il suo essere "indagatore" dei comportamenti tipici dell'uomo e della donna moderni, senza falsi moralismi.
Riconosco la sua scrittura semplice, fluida, fresca, che scava senza atteggiarsi troppo, senza pretendere di essere ciò che non è.
Una scrittura onesta.
E poi...come sempre, nei libri io cerco sempre un pezzettino di me, riesco a prendere ciò che mi serve...
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CI SARA' UN ALTRO INCONTRO.
Un libricino che si legge in breve tempo, ma che ho sentito il bisogno di rileggere una seconda volta.
Volevo capire meglio cosa volesse comunicarci questo scrittore, che è abilissimo nell'indagare il non detto, i pensieri taciuti , le scelte dettate dall'impulsività o dal buon senso , gli atteggiamenti di fronte alle prove della vita e alcune forme di approcci relazionali.
Ci abbozza anche qualche sua idea sull'amore e sull'amicizia e le immagini a cui essi si rifanno.
A mio avviso il fulcro di questo racconto sta nell'incontro tra un uomo e una donna, Irene e Nicola; momento che risulta essere il punto d'arrivo di una ricerca e di un'attesa durata a lungo.
Il luogo dove avviene tale evento è il bristot ... (un bar), sito amato da entrambi i due protagonisti.
Un incontro, che diventerà ( si spera) una seconda opportunità di vita per queste due persone che sia pur in modalità diverse hanno vissuto un fallimento di vita e che pare ..si siano in qualche modo cercati.
Tutti e due hanno vissuto l'impossibilità di realizzare le proprie aspirazioni: Irene che non riusciva più a ridere e che non si sentiva amata, tanto da provare ebbrezze esterne al matrimonio; Nicola che non è riuscito a condividere con la moglie un sano matrimonio.
Entrambi che trovatosi soli, lei per scelta lui per volontà del destino, non trovano il modo sereno e appagante di vivere un lIbertà tanto desiderata.
Irene che "ora si piace e non si piace. Ha un altro vento che la spinge."
Nicola che di fronte ad una cospicua libertà, prova imbarazzo ad usarla".
Confesso che non è stato semplice riflettere e recensire questo libro...Mi ha colpito tantissimo l'aspetto introspettivo; nel contenpo ho avvertito una forte sensazione di gran solitudine che avevo captato dall'immagine scelta per la copertina,(uno scappare soli ma con uno slancio verso un qualcosa) per giungere soltanto nell'ultima pagina a trovare un barlume di speranza...quella speranza che mi piacerebbe venisse concretizzata dall'autore stesso, con la prosecuzione di questo libro.
Ecco che il racconto, offre un punto d'arrivo che può diventare un nuovo punto di partenza...sia pur nell'immaginario del lettore, che , a seconda delle proprie esperineze di vita , può sbizzarrirsi nell'inventarlo.
Se un libro fa riflettere, per me , è cosa buona...è questo libro me ne ha dato la possibilità.
Se un libro suscita voglia di continuare la storia, raggiunge un buon obiettivo e questo con me è avvenuto.
Buona lettura.
Pia
Nella Mancanza l'Amore Si Ritrova
"Mancarsi" di Diego De Silva edito da Einaudi, poche pagine e tanta vita, forse troppa. Storia di un Amore Immenso, un esperimento Ideale di vite che non s'incontrano, quando il caso decide di spostare la mira anche di pochi centimetri. E allora? Dov'è l'Amore? Ebbene? L'Amore è proprio in quella manciata di secondi che non coincidono, che non si trovano, che non s'incrociano. E' la non Storia di Irene e Nicola. Irene, quella che guardando la parete dell'orologio raschiare il tempo realizza in un lampo doloroso che il suo matrimonio è finito, e lui se ne accorge, glielo chiede, come per una connessione abitudinaria alla sua anima percepisce la rottura e le chiede se va tutto bene. Irene sussulta quasi, le verrebbe da urlarglielo che il rapporto s'è crepato. Invece lo rassicura, gli carezza la mano in direzione del polso (gesto tipico che fanno le donne prima di andarsene). Infatti poi lo lascia, da copione va via, più per inerzia che per coraggio, forse. Nicola che non ama più, non ama la sua donna già da tempo ma anche lui è reticente finché un giorno Licia muore, e lui muore un po' con lei. I sensi di colpa, gli anni che ha perso, quello che si sono detti, soprattutto le omissioni però. I silenzi che lasciano il rapporto corrodersi, che hanno lasciato che il suo affondasse, eppure fa male lo stesso averla persa. Ma il dolore che prova è inaspettatamente meno drammatico di quello che dovrebbe, ed è questo che gli sfascia maggiormente la testa, lo rende nervoso, l'inquieta. Un contraccolpo al suo inaridimento di pietas. Irene e Nicola hanno entrambi voglia di reinnamorarsi, ma della persona giusta. Entrambi fermamente convinti che se incontrassero l'anima gemella sarebbe sufficiente uno sguardo. Entrambi frequentatori anacronistici dello stesso bistrot. Frequentatori soprattutto di un passato a suo modo analogo. Ma il tempo fa loro sberleffi e non s'incontrano, una manciata di pochi istanti e lei entra quando lui esce. De Silva genio infinito della sintetizzazione essenziale del senso della vita. A te va il mio elogio. A cosa serve che uno scrittore utilizzi pomposità barocche e virtuosismi per rappresentare il nulla? Tu con la semplicità pregna hai narrato in poche pagine scaglie di infinito. Eppure serve anche lo scrittore prolisso e dalla trama troppo aulica, rappresenta un altro modo di dire. Ma tu, Diego, come non amarti? La tua semplicità non è semplicistica ma magica. E' così difficile dire in modo scorrevole e breve come l'Amore possa essere ingarbugliato ma anche umanamente banale, di una banalità quasi bambina e capricciosa. In poche pagine caro Diego hai narrato di temi difficili e sublimi. L'Amore nella manchevolezza e nella mancanza, è quell'Amore privo di fine perché un inizio non ce l'ha. E' una specie di Amore privilegiato, un vezzo per autolesionisti, Amanti del frammento, dell'emozione accesa fra gola e stomaco e per i folli. Tanto più si ama quanto più non si potrebbe. Nella mancanza, per l'appunto, in ciò che non si può toccare, provare, sentire, avere, in ciò che non si può corrompere. Gli Amori Impossibili sono indistruttibili "ciò che al trapano resiste" per dirla alla Montale, perché un Amore incorporeo e intangibile, non può essere scalfito. Immortale ciò che si svolge fra le menti e non fra corpi. Sono gli Amori che non nascono quelli che rimangono. E' come la libertà, e questo lo spiega bene il meraviglioso Marcello Veneziani in "Ritorno al Sud". Ebbene ci dice che la libertà la desideriamo quando non l'abbiamo, quando aneliamo a lei, piuttosto che quando l'abbiamo realmente, è una condizione piuttosto di distanza tra l'aspirazione a raggiungerla e il suo ambito compimento che non nell'avverarsi in sé, così L'Amore di De Silva. Irene e Nicola si amano e non lo sanno. Ma questo non significa appunto che non si amano comunque, chi di noi può davvero dire che un Amore Inconsapevole sia meno valevole di un Amore Conscio (che magari avendo perso il suo mistero e la sua imprevedibilità si risolve in pesante routine?). Le critiche a Diego per la sua "semplicità" romanzesca rispetto a "Non avevo capito niente" le rispetto ma non le condivido. Non è una semplicità sciatta la sua. E' una semplicità eccelsa, come quella di Antoine De Saint-Exupéry. Che ne sappiamo poi noi degli Amori degli altri, anche del loro "invissuto"? A volte possediamo solo ciò che non abbiamo avuto. -Chiara Nirta-
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Meglio mancarsi prima che lasciarsi dopo...
L'unica persona di cui si avverte la mancanza leggendo 'Mancarsi' è Vincenzo Malinconico... se non avessi letto 'Non avevo capito niente' probabilmente questo libricino non m'avrebbe infastidito così tanto.. ma non riesco proprio a sopportare che dalla stessa penna che ha dato vita a quel meraviglioso personaggio siano stati partoriti i protagonisti Irene e Nicola di questo romanzo, talmente stereotipati da risultare vuoti, insignificanti, quasi irritanti nella loro banalità.
Nicola è solo perchè ha perso la moglie in un incidente stradale, una moglie di cui era completamente succube e che non amava abbastanza, pur non avendo avuto mai il coraggio di ammetterlo, nè a se stesso nè tantomeno alla moglie. Irene è sola perchè è stato sufficiente uno sguardo 'audace' nei suoi confronti da parte del collega del marito durante una cena per farle desiderare di scoparselo senza troppi rimorsi, decidendo poi di abbandonare sia l'amante sia il marito cornuto.
Inoltre, i due tizi sopra citati frequentano abitualmente lo stesso luogo, un bistrot (scusate l'ignoranza, ma esistono i bistrot in Italia?), senza però mai incontrarsi... ed a questo mancato incontro sembra alludere il titolo.
Io però mi chiedo: per quale motivo questi due estranei dovrebbero incontrarsi? Perchè un incontro tra i due dovrebbe dar vita alla coppia perfetta, all'amore eterno? Sulla base di quale teoria due persone sole, ma che sembrano non disdegnare la libertà acquisita, dovrebbero trarre giovamento da un incontro casuale che non si concluda semplicemente con un sano e fugace accoppiamento sessuale ma che si prolunghi in eterno, nei secoli dei secoli, amen?...
Mi dispiace dirlo, ma questo libro manca di tutto, manca di una storia, di un senso, di sentimento.. è una raccolta di riflessioni sull'amore, belle frasi ed anche ben scritte, con cui De Silva cerca di colmare l'aridità dei due protagonisti ma sono riflessioni troppo scontate, ovvie e generalizzate da risultare impersonali.
Sono frasi che descrivono il naturale e fisiologico decadimento dell'energia che lega una coppia e che si degrada col tempo e con la quotidianità, affermazioni che tutti possiamo condividere e che forse De Silva sa esprimere e descrivere meglio di noi altri che spesso preferiamo pure non confidare questi pensieri a nessuno e pertanto rimangono relegati nella nostra mente; e ci fa piacere leggerli in un libro, perchè come dice lo stesso De Silva, è come se finalmente trovassimo il coraggio di parlarne... ma non c'è niente di nuovo, niente che già non sia noto, basta solo guardarsi dentro a fondo.
"Funziona così anche nell'amore, dove si tace molto di più di quanto si dica. Persino nell'amicizia, che dovrebbe essere il luogo dove la parola non conosce inibizioni e divieti. Ci censuriamo continuamente per paura di deludere, offendere, restare soli. Non difendiamo i nostri pensieri e li svendiamo per poco o niente, barattandoli con la dose minima di quieto vivere che ci lascia in quella tollerabile infelicità che non capiamo nemmeno di cosa sia fatta, eattamente. Siamo piuttosto ignoranti in materia d'infelicità, soprattutto della nostra. E' per via di questa reticenza che quando ritroviamo i nostri pensieri nei libri, sembra che ce li tolgano di bocca con tutte le parole. Allora li rivalutiamo. Ci viene voglia di riprenderceli, di difenderli. In un certo senso, cominciamo a parlare."
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Un romanzetto.
E' il primo romanzo che leggo di questo autore e non sono proprio riuscito ad entusiasmarmi.. La co-protagonista della storia, Irene, se dovesse esser assunta come attuale modello di riferimento, lo troverei quanto meno imbarazzante. Lascia il marito (non si sa perchè: noia? fine della passione? assenza d'interessi in comune? boh!) dopo una tresca con un collega di lui (sposato) nella quale, peraltro, decide di non volersi impegnare più di tanto. E, infatti, ne decreta la fine. Poi comincia a trascorrere un tot numero di ore da sola in un bistrot, sorta di pesciolino rosso in un acquario. Ammette con sé stessa di stare lì per rimorchiare, ma il suo atteggiamento nei confronti di chi prova ad avvicinarla è a dir poco supponente. Non manca neppure un pizzico di cattiveria, che la signora (l'autore è connivente?) cerca di spacciare per atto eroico: lo sputtanamento pubblico di un avventore che la corteggia a distanza nonostante sia in compagnia della propria ragazza. E dopo la descrizione "ad abundantiam" della superficialità, della pochezza nonché dell'immoralità di quanti cercano di abbordarla, ecco che lei non trova assolutamente riprovevole il fatto di portarsi a letto un collega d'ufficio, più giovane e belloccio, con l'unico, dichiarato, fine di farci sesso "usa e getta", avendolo, per il resto, già catalogato negativamente. Al co-protagonista maschile, Nicola, viene dedicato spazio inferiore. D'indole tranquilla e sottomessa, quanto meno nel suo rapporto coniugale, il nostro conserva tali caratteristiche anche allorché resta vedovo. I due personaggi s'incrociano solo alla fine del romanzo. Finale aperto. Personalmente augurerei a Nicola, bevuto il suo passito, di uscirsene dal bistrot senza guardarsi troppo intorno.
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Sotto questo sole meglio...leggere!
Guardate questa copertina: sembra essere perfetta per un thriller all'italiana, e invece..
Se nella narrativa quello che viene raccontato dopo il primo bacio viene definito pornografia, come si chiama quello che viene scritto prima del suddetto?
"Mancarsi" di Diego De Silva ci parla proprio di questo.
Il suo romanzo breve (lo si legge in mezza giornata) racconta due vite, quella di Nicola e Irene e si conclude proprio con il primo sguardo tra i due.
Nicola è vedovo da poco e sta affrontando il suo lutto ripercorrendo varie fasi della sua vita coniugale: il giorno del matrimonio, il momento in cui si è dichiarato finalmente pronto ad avere un figlio e si è scontrato con il netto rifiuto di sua moglie, le serate trascorse al bistrot dove i camerieri riservavano loro lo stesso tavolo da anni e il cuoco sapeva esattamente quali pietanze avrebbero ordinato fino ad arrivare al tragico giorno in cui una telefonata sul cellulare gli annunciava la morte della sua consorte.
Irene ha divorziato, frequenta lo stesso bistrot di Nicola e a loro insaputa condividono lo stesso tavolo: gli uomini continuano a provarci con lei senza risultato; Irene non crede più nelle relazioni, l'aver tradito il marito l'ha sconvolta e non si reputa pronta per gettarsi a capofitto in un'altra storia d'amore.
Con uno stile molto simile a quello del documentario De Silva analizza minuziosamente i motivi alla base delle scelte dei due protagonisti, li accusa e in un certo senso li giudica come un estraneo farebbe nella vita normale, dando per la prima volta testimonianza di come un autore può non considerare propri pargoli i suoi protagonisti, difendendoli da tutto e da tutti.
Gli scrittori italiani (o quelli che si reputano tali) hanno un elemento in comune: nei loro romanzi ci sono sempre digressioni antropologiche che li spingono a scrivere pagine e pagine su cose come far fronte ad una tragedia improvvisa, comunicare agli amici la fine di una storia d'amore e così via.
La differenza tra farlo in "stile Baci Perugina" e farlo con criterio sta nel modo: Diego De Silva non si esime dal porsi sul pulpito, ma la maturità che traspare dalle sue parole ci da l'impressione che ciò di cui parla è qualcosa di realmente vissuto.
Altri autori di best sellers che hanno la nostra cittadinanza si rendono solo ridicoli.
E si, sto parlando di te, Fabio Volo.
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Fammi entrare
Fammi entrare (nella tua vita), è la richiesta di queste due anime bruciate dal passato, incapaci di vivere al di fuori di quanto è rimasto loro dal precedente matrimonio, ognuna , secondo l'autore dovrebbe entrare nella vita dell'altro ad accendere la luce.
Fammi entrare è anche la richiesta del lettore all'autore : quello di De Silva sembra un saggio, un'analisi da fuori, quasi che i due protagonisti venissero osservati mentre si mouvono sotto una teca di vetro. Asettica e formale.
I personaggi di contorno sono delineati nettamente , senza incertezze, odiosa Licia per esempio, mentre i protagonisti riflettono nei comportamenti le incertezze del loro vissuto e dei loro sentimenti.
Manca qualcosa, empatia per esempio, Irene non suscita particolare simpatia, si reca in un bistrot con un fine ben preciso che non è semplicemente rimorchiare, ma sentirsi ancora desiderata, cercata.
Ma finisce immancabilmente per giudicare in modo pessimo chiunque la avvicini (fantastico il modo in cui demolisce un avventore che le fa delle avance pur essendo in compagnia della fidanzata), un giudizio secco, netto, quasi a voler dimostrare a se stessa che stare seduta li è una scelta sbagliata in partenza.
Poi c'è Nicola, vedovo di una moglie talmente acida e insensibile che la sua morte sconvolge il lettore meno di qualche commento risentito di Nicola.
Nicola, che vive di consuetudini, non ha quasi vita sociale, riflette sulle amarezze che il legame con Licia gli ha lasciato "Ogni volta che abbiamo provato a parlare ci siamo allontanati un pò di più".
De Silva filosofeggia, ha delle belle iperboli, ma a volte è sfiancante, ci sono periodi che tra virgole e parentesi sono lunghi una pagina. Oh ma un punto ogni tanto no ?
De Silva vuol farci credere che incontrandosi in questo bistrot che entrambi frequentano sfiorandosi senza mai trovarsi, Irene e Nicola si completeranno, come se fossero in cerca l'uno dell'altra senza saperlo, ma forse, grazie ad un simpatico cameriere potrebbero avere davvero una possibilità di incontrarsi.
In realtà da , come li descrive De Silva, la premessa iniziale "sono fatti l'uno per l'altra" mi pare traballante, troppo dura, inasprita e disillusa lei, troppo spento lui, tanto che mi verrebbe da dire : Nicola, dà retta a un fesso, esci in fretta da quel bistrot che una Licia nella vita basta e avanza...però chi può dirlo, l'amore è un'alchimia di cui nessuno ha la formula esatta,
a volte bisogna rischiare. Lo faranno Irene e Nicola ?
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Il signor Destino
Breve romanzo con due protagonisti, Nicola e Irene, lui vedovo e lei divorziata. Non si conoscono, ma hanno una storia alle spalle che li rende affini, la fine del proprio matrimonio. Entrambi sono alla ricerca di qualcosa che li completi, l’anima gemella. Il destino unirà le loro strade o resteranno sempre separati?
E’ la cronaca di due fallimenti coniugali. La narrazione è a due voci, a capitoli alterni. I protagonisti descrivono la vita matrimoniale, ci sono rari flash d’amore, tanti ricordi guastati da rabbia, risentimento, sensi di colpa. Prevale per buona parte del libro una visione cupa, acida e pessimista dei rapporti. De Silva ha la capacità di mettere in discussione le certezze altrui. Solo verso la fine del libro si intravede un barlume di speranza.
La quarta di copertina inganna, il lettore parte già con il piede sbagliato. Lo stile è impeccabile, scrive benissimo. Ci sono tanti spunti di riflessione, a voler essere obiettivi alcune considerazioni sono veritiere, rispecchiano parte del mondo reale. E’ interessante perché è un’indagine psicologica, i protagonisti sono messi a nudo. Forse qualcuno potrà ritrovarsi nei ragionamenti di Nicola, altri nei comportamenti di Irene, io non ho parteggiato per nessuno, mi sono sentita estranea e lontana da loro.
Ho letto questo libro velocemente e con una punta di fastidio, ma solo perché l’ho trovato troppo distante dal mio sentire. O forse sono io che non ho colto del tutto? Può essere. Lo consiglio comunque a tutti per porsi delle domande.
“C’innamoriamo di minuzie, di riflessi in cui vediamo l’altra persona come pensiamo che nessuno l’abbia mai vista e mai la potrà vedere, e custodiamo questi atti di unicità in forma d’immagine, anche se negli anni sbiadisce”
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Innamorarsi e sobillarsi…
“L’unico vero possesso dell’uomo è nelle cose che ha perduto.” Franz Werfel
Diego De Silva ci prova sempre a dimostrare le sue capacità di scrittore brillante attraverso i vari generi, dal sentimentale, al sociale, al noir, all’ironico e divertente fino a questo piccolo, fin troppo striminzito vademecum sulle coincidenze amorose. E’ stato un po’ come rivivere il più intenso e coinvolgente “La donna di scorta” per le tematiche sui tradimenti, le disillusioni e gli amori finiti, ma in chiave decisamente minore.
Pensandoci bene in effetti per l’intento del messaggio che De Silva ha voluto lanciare in “Mancarsi” non bastano lunghi racconti o pagine rattoppanti per fare cumulo, ma basta mettere gli elementi essenziali e appropriati e il gioco è fatto.
I personaggi cardine sono Irene e Nicola, separata la prima e vedovo il secondo, un uomo e una donna come tanti, che non si conoscono ma che vivono vicini e per tante casualità non si sfiorano mai, sono due di noi come ce ne sono tanti, frequentano lo stesso bistrot e non si sono incrociati mai fino a quando attraverso quel poster di Buster Keaton…..
Il loro trascorso amoroso e le loro aspettative future sono il punto di partenza per la riprova che la vita va vissuta in seno all’amore, con tutte le sue sfaccettature e le sue debolezze, perché l’amore da tutto all’inizio e poi col tempo si sgretola e diventa un’ istantanea sbiadita senza colori e senza entusiasmo, si fa il conto delle sottrazioni e si arriva all’azzeramento, fino al fallimento. Solo allora si diventa liberi e si ha più tempo dilazionabile e i giorni durano il doppio e dilapidare tutta questa libertà da soli toglie valore e la imbruttisce, questa è la solitudine. Solo chi crede e si fida ancora dell’amore può riscattarsi senza rimpiangere il passato e rivivere incondizionatamente a cuore aperto le emozioni dell’amore.
…aggiungo io “finché dura.”
Eppure in “Mancarsi” manca qualcosa, quel qualcosa di essenziale per il mio gusto personale, come l’empatia e l’emozione, c'è poco slancio nell’immedesimazione della lettura, forse la presenza delle troppe parentesi e i concetti troppo generalizzati che riducono in una bolgia di frasi e aforismi da sottolineare e rileggere nel tempo.
“Vogliamo che la persona che amiamo ci dica d’essersi innamorata di noi perché un giorno, senza neanche pensarci, l’abbiamo toccata in un punto in cui non sapeva di essere sensibile, come certe carezze che arrivano molto in fondo per conto loro.”
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LE NOSTRE RELAZIONI
Leggere questo libro è come utilizzare uno strumento delicato e allo stesso tempo inesorabile per addentrarsi negli schemi delle relazioni uomo-donna e spremerne i contenuti, farne venire fuori gli inevitabili clichè ma anche le mille sfumature che differenziano le storie d'amore l'una dall'altra. Stile leggero, quasi tenero ma contemporaneamente spietato nel far emergere le difficoltà di una vita insieme, dei rapporti umani. E' impossibile non riconoscersi almeno in qualcosa che De Silva descrive, difficile non identificarsi in qualche aspetto di Nicola e Irene, davvero arduo non condividerne i ragionamenti, i vissuti, le emozioni. Un romanzo breve ma intenso, carico di significati, piacevole e interessante perchè ci porta al centro delle cose e che, una volta arrivati alla fine, ci fa pensare per forza alla veridicità delle nostre relazioni.
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Sliding doors
Piccolo libro, veramente splendido. Sia per la storia d'amore che non è tale in nessuna pagina del libro, sia per lo stile e la scrittura, che lascia davvero senza parole. Nicola ed Irene hanno ognuno la propria vita e la propria storia, i propri desideri e dolori. La loro vita ci viene raccontata a capitoli alterni ed il punto di vista è quello di un osservatore esterno. Entrambi hanno bisogno di riscoprire la felicità che nella loro vita si è spenta. La potrebbero trovare l'uno nell'altro se solo si incontrassero e si conoscessero. Per tutto il libro di fatto si incontrano i loro pensieri ed i loro bisogni, ma loro non lo sanno. Alla fine cè la svolta. Forse. Perchè anche alla fine non si sa come va a finire. Bella l'idea di fondo. Stupefacente la proprietà di linguaggio. Uno scrittore che mi ha conquistato e che non abbandonerò più.
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Sentire la mancanza o non incrociarsi mai?
Il libro si legge in un paio d'ore ma è denso di spunti di riflessione. Come ho scritto nel titolo dell'opinione MANCARSI vuol dire sia sentire la mancanza di qualcuno che non c'è più o ci illudevamo ci fosse (sguardo rivolto al passato) sia non incrociarsi mai perché per un soffio si sbagliano i tempi di un incontro (sguardo rivolto al futuro). Per Irene e Nicola sono questi i due aspetti in gioco, lasciarsi alle spalle un passato difficile e trovare un motivo per guardare avanti.... galeotto fu quel manifesto di Buster Keaton....
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L'intrico dei pensieri
De Silva ha la capacità di mettere sulla carta i pensieri segreti dei due personaggi, che poi sono anche i pensieri di ognuno di noi. L'intrico a volte razionale, a volte no, dei fili delle ragioni e delle emozioni che occupano la nostra mente di giorno in giorno, e che non dichiariamo a nessuno perchè sembrano banali, o inutili. E invece sono gli stessi di Irene e Nicola, e di chissà quanti altri. Due vite con un passato già chiuso e un futuro da aprire, forse, a partire dall'ultima pagina.
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Quante volte ridete insieme?
"Il dolore e la felicità sono fatti soprattutto di cianfrusaglie,paccottiglia,ingombri di soffitta di cui non riusciamo a disfarci anche quando abbiamo smesso definitivamente di usarli ed escludiamo possano tornarci utili."
Sono di Irene,separata, e Nicola,vedovo, questa paccottiglia. I due cercano di dimenticarla quella soffitta dove dolori,incomprensioni e momenti di felicità sono stati accumulati durante gli anni condivisi con i rispettivi partner. Tutti e due i protagosti di questo romanzo breve cercano di costruirsi una nuova vita, ma la vecchia sembra un mantra di ricordi e abitudini che ritorna imperterrito.
Tutti e due frequentano lo stesso bistrot , le loro esistenze si sfiorano senza incontrarsi, si siedono allo stesso tavolino in orari diversi,innamorati dello stesso poster che decora la parete accanto che ritrae Buster Keaton , tutti e due sono serviti da Pavel, attento cameriere ukraino segretamente innamorato di Irene.
Tutti e due sono "favorevoli" alle emozioni. S'incontreranno?
Diego De Silva ha una capacità fuori dal comune di descrivere la psicologia dei personaggi, dopo poche righe sei preso da Nicola,sedotto da Irene,deluso da Licia, emozionato da Walter Chieri.
Le loro domande sono anche le tue e cerchi risposte arrivando senza accorgertene all'ultimo rigo.
di Luigi De Rosa
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