La solitudine dei numeri primi Hot
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Tanto rumore...
...Purtroppo in Italia vende libri chi può contare sui mega cartelloni e le mega locandine che campeggiano nelle vetrine delle librerie.
Questo romanzo ne è la prova.
Sebbene inizialmente godibile, il testo prosegue in modo scontato e le caratteristiche dei personaggi assolutamente sopra le righe peggiorano la situazione.
I temi trattati risultano troppo impegnativi per questo autore, che descrive la storia con stile monocromatico, ossia in nero totale, senza che un barlume di speranza affiori mai..
L'ho finito per dovere...era un regalo.
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Dolore leggero
Bello. Si legge davvero velocemente grazie ad uno stile che, per me, risulta tutt'altro che ridondante. Non amo i paragoni, ognuno fa scuola a se'. Triste e lineare, interessanti i salti temporali che comunque non tolgono niente alla logica del racconto. Menomale che alla fine un raggio di speranza trapela. Da rileggere a distanza di tempo.
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Non citiamo grandi nomi a caso, eh?
"Auto significa, all’incontro torrido delle sere d’estate, carezza di dolce frescura: significa e corsa e volo oltre ogni pioppo della verde pianura, ebbrezza del lontanare verso nuvoloni dorati: visione fantasmagorica di panorami brianzuoli, con Tramaglini in bicicletta e Mondelle e fontane inesauribili di coccodè dentro un polverone accecante, scansati i più zelanti paracarri, i più perniciosi chiodi".
Dyonisus41, Gadda è questo, eh. Mica Moccia col dottorato.
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bello..soprattutto dopo una seconda lettura...
Ho visto una sua intervista in tv e mi ha colpito il titolo, sara' che mi spesso mi sono definita "un numero primo"...e quindi e' scattata la molla di leggerlo...l'ho letto in pochi giorni, o meglio in poche ore...le vite dei protagonisti, entrambi "reduci" da un'infanzia segnata da un trauma, mi hanno colpita...e soprattutto mi ha colpito l'attualita' dei contenuti.
Lamore-indifferenza delle famiglie,l'incapacita' di confrontarsi con loro,la mancanza di un dialogo, la figura dei genitori, presenti ma allo stesso modo assenti nella vita dei figli...
Il bullismo delle compagne di Alice..
Il problema dell'anoressia...
Insomma un libro molto attuale..
Ma la cosa che piu' mi ha colpita e' il rapporto tra i 2 protagonisti...si cercano...ma non riescono davvero a trovarsi..sono davvero come 2 binari paralleli...toccati dallo stesso dolore, dalla stessa sorte ma incapaci di venirsi incontro..
Ognuno chiuso nel suo dolore..e ognuno rassegnato al proprio destino..
Un libro da leggere...e magari da rileggere..per trovare qualcosa che nella prima lettura e' sfuggito..
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Il miglior romanzo italiano di questi ultimi anni
Ma che cosa cercano in un romanzo i lettori ai quali non è piaciuto questo bel romanzo d'esordio di uno scrittore venticinquenne? E' il più bel libro da molti anni a questa parte. prosa "ridondante"? Finalmente una prosa, in un panorama sconfortante di sciattezza, anche nei libri di scrittori alla moda o celebrati. Se la prosa di Giordano è ridondante allora lo è anche quella di Gadda o di Pasolini o di Javier Marías, per citare lo scrittore vivente più grande che oggi ci sia. La prosa di Giordano ha stile. Cosa che manca in genere a quasi tutti gli scrittori italiani di oggi. O si vuole una prosa da messaggini telefonici? Angoscia? senza speranza? Ma che cercano, ripeto, molti lettori in un romanzo? Per la speranza e la consolazione ci sono lo psicologo e il prete. Un romanzo affronta la realtà della sua epoca, e la nostra di speranze non ne dà molte. E poi: c'è speranza nel Werther di Goethe o nella Recherche di Proust? per ritornare a noi, nei romanzi e nei racconti del grandissimo Gadda? in Calvino? c'è speranza nella prosa di Leopardi. a tutt'oggi il migliore osservatori dei "costumi" italiani. Giordano inoltre, per sua e nostra fortuna, non appartiene alla schiera dei letterati o letteratucoli già sbeffeggiati dall'Alfieri, sempre disponibili a seguire una moda e a servire un potente, proviene dalla ricerca scientifica, come Gadda, guarda caso. Forse nasce da questo l'esattezza dell'osservazione e della sua prosa, la lucidità senza lacrime dello sguardo, la secchezza che non addolcisce il dolore. Chi non ha ancora letto il romanzo, lo legga. Quanti poi avendolo letto lo abbiano trovato appunto angosciante, cupo, ridondante, si leggano, per guarire dalla propria superficialità, "La cognizione del dolore" di Gadda. Forse finalmente capiranno che cosa significhi essere scrittore.
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Mah...
Era grande la mia curiosità verso questo libro, le cui recensioni sono a dir poco entusiastiche.
Ho trovato la prosa di Giordano inutilmente ridondante in certi punti. Il ricorso continuo a metafore, metonimie, figure retoriche a volte sembra quasi un esercizio stilistico fine a se stesso. Nello sforzo di apprire adulta, la narrazione diventa paradossalmente infantilistica.
Il tratteggio dei personaggi è incredibilmente efficace ed incredibilmente superficiale allo stesso tempo. Qualcuno potrebbe dire che in questo sta la bellezza del libro. Io dico che, dopotutto, restano troppi spazi vuoti che si prestano a troppi dubbi e domande e che rendono difficile, se non impossibile, dare forma alla storia. Infine, bellissimo, struggente e forte il ritratto della spietata solitudine dei protagonisti ma definire catartico il finale mi sembra eccessivo. Piuttosto, è il trionfo della sconfitta, della cristallizzazione definitiva dell'incomunicabilità. Bravissimo Giordano a ritrarre i problemi della nostra epoca, ma da uno scrittore giovane mi aspetto un briciolo di speranza, che non significa banalizzare l'opera con uno scontato happy end, ma dare almeno un senso compiuto alla storia. Non è una svolta, è la definitiva caduta nel baratro. Come dire, un'ottima capacità di analisi e zero di sintesi. Un'equazione incompiuta.
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Interessante esordio ...
Un romanzo che si legge davvero bene grazie allo stile narrativo scorrevole e capace. Linguisticamente interessante per quei termini prelevati dal mondo scientifico ma trasposti nella narrazione con sensibilità e grande pertinenza. Certo i protagonisti mi sembrano condannati all'infelicità non tanto per quanto gli accade ma per scelta: non riescono a godere di niente! Come se l'autore li avesse intrappolati in un destino senza vie di uscita. Interessante esordio per Paolo Giordano
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L'ho letto così
La Solitudine dei numeri primi
Paolo Giordano
Suscita antipatia da subito l’ingombrante figura del padre di Alice, la protagonista del racconto; l’uomo cerca nella figlia il riscatto delle proprie frustrazioni, sottoponendola, ancora bambina, ad un estenuante allenamento sciistico tanto intenso quanto sgradito alla piccola che rimane vittima di un incidente di cui porterà i segni a vita.
L’oppressivo genitore mi ha fatto tornare in mente un episodio visto recentemente in televisione, di un padre, allenatore della propria figlia nuotatrice, che ha tentato di malmenarla al termine di una deludente prestazione sportiva. Il tutto davanti a migliaia di attoniti spettatori che seguivano i campionati di nuoto sul posto e in televisione.
Proseguendo nella lettura conosciamo l’altro protagonista, Mattia, vittima dell’incapacità dei genitori di coalizzarsi nell’affrontare i problemi quando piombano con tutta la loro forza devastante sulla normale quotidianità di una vita tranquillamente preordinata.
Dimentichi dell’esigenza di consentire, comunque, al bambino una sana crescita, i genitori di Mattia lo caricano di responsabilità sovradimensionate alla maturità della sua fase evolutiva, tanto da farlo rimanere schiacciato sotto il peso delle conseguenze di un errore di valutazione tipico della sua età.
La singolarità di queste esperienze pregresse renderà i due protagonisti simili ai numeri primi gemelli, finendo per creare problemi anche ai numeri naturali che hanno la malaugurata sorte di trovarsi inseriti tra di essi, rimanendo vittime delle loro inconsce, sottili perversioni.
Nell’evoluzione delle rispettive esistenze i due protagonisti devono relazionarsi, loro malgrado, con altri personaggi ben caratterizzati : Denis, l’amico omosessuale; Viola, bella e impossibile; la falange compatta e spietata delle quattro compagne; Soledad, la governante complice; i genitori, ansiogeni e ansiosi; e poi ancora Nadia, innamorata di Mattia, e Fabio che sposerà Alice .
Il bagaglio di problemi che tutti loro portano in dotazione è tipico del mondo
attuale: anoressia, bulimia, omosessualità, bullismo, solitudine. Problemi che affondano le radici nel fertile humus delle conflittualità famigliari irrisolte, dei lutti non elaborati, delle aspettative disattese.
L’incapacità di imprimere una svolta positiva al loro percorso di vita deriva dall’anaffettività di Mattia e dall’insicurezza di Alice, e dal loro imprevedibile agire, governato dai fantasmi del traumatico vissuto degli anni giovanili.
Sorprendente il finale che sembra suggerito dalla maturità esperenziale di una persona adulta e non da un giovane scrittore; costituisce il giusto approdo dei protagonisti ad una indipendenza fisica ed emotiva a cui dovrebbero tendere tutti gli esseri umani, ma che si conquista solo dopo aver percorso gli itinerari delle assurdità e delle contraddizioni di questo mondo.
Le ultime quattro parole a chiusura del racconto dissipano quel sottile velo di tristezza che ha avvolto la storia, svelando una Alice ormai affrancata dal dolore, che si appresta ad affrontare la vita con un approccio ottimista e con una piena consapevolezza di sé.
Narrato con scrittura secca, priva di sbavature, il racconto sembra risentire della formazione scientifica del giovane scrittore, laureato in fisica, che spesso coglie spunti per evidenziare il suo bagaglio culturale. Lo fa nel titolare i capitoli (Principio di Archimede, Messa a fuoco…), nel riportare le osservazioni di Mattia sempre attente al dettaglio fisico-matematico: tensione superficiale del liquido, direzione degli assi cartesiani, complicate sequenze numeriche. Viene analizzata con freddezza anche una magica aurora sul Mare del Nord, studiata nelle componenti date dalle spinte centrifughe e centripete, dalle forze sbilanciate, dalla meccanica.
Coerente e consequenziale, il racconto viaggia sui binari della razionalità senza deragliare nel becero sentimentalismo.
Tecnicamente ineccepibile nella costruzione della storia e dei personaggi che vengono sezionati con il distacco emotivo di un anatomopatologo la narrazione risente, comunque, dell’assenza di quel pathos che coinvolge il lettore impegnandolo emotivamente.
Decisamente apprezzabile che l’autore abbia ignorato l’inflazionata consuetudine giovanilistica di far ricorso a testi o titoli di canzoni per esprimere sensazioni o sentimenti. Si nota, però, qualche “ Uaooo…” di troppo; giusto per ricordarci che a scrivere è un giovane di 26 anni, laureato in fisica, con dottorato di ricerca, al suo primo romanzo.
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LO SENTO QUASI MIO
Concordo con chi prima di me ha detto che in realtà tutti alla fine ci aspettiamo qualcosa..
Questo libro mi ha coinvolta a tal punto da sentirlo quasi mio, da provare fastidio nel leggere i commenti negativi ed esso rivolti.
Adoro il modo in cui è scritto, senza badar molto alla forma, bensì al contenuto.
Ci sono 3 frasi che custodirò nel cuore.
Frasi che appena lette mi hanno lasciata a bocca aperta.
Ma le parole non bastano per descriverlo, nn gli danno il giusto valore: leggetelo.
Bello, davvero bello.
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"Primi gemelli"
I numeri primi sono divisibili solo per se stessi e per uno. Fra questi, esistono poi dei numeri ancora più particolari che gli studiosi hanno definito “primi gemelli”: sono due numeri primi separati da un unico numero come ad esempio il 17 e il 19 o il 41 e il 43. Mattia ed Alice, i protagonisti di questo romanzo, sono così, due "primi gemelli", che viaggiano sullo stesso binario ma destinati a non incontrarsi mai. Sono due universi implosi, incapaci di aprirsi al mondo che li circonda, di superare il baratro della solitudine e dell'inadeguatezza che caratterizza la loro esistenza. Questo è un libro delicato e terribile allo stesso tempo, al posto degli adolescenti belli e perfetti, emergono due protagonisti imperfetti e marginali. Buona lettura:)
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La solitudine dei numeri primi
Considerando la giovane età dell’autore e la sua opera prima pensavo non ne valesse la pena, poi grazie ad un articolo sulla Stampa ed al consiglio di un’amica l’ho affrontato divorandolo in quattro sere non consecutive.
Bellissimi i due primi capitoli che segnano la vita, come spesso succede anche nella realtà, dei due protagonisti. E poi via, via il dipanarsi della vita e delle vicissitudini dei personaggi fino ad arrivare ad un finale assolutamente non scontato, molto piacevole anche se non condivisibile, a causa di un speranza inconscia del lettore di vedere chiudere la storia in maniera edulcorata.
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e Roth (di Pastorale Americana)
la solitudine dei numeri primi
ho letto il libro come si dice.. tutto d'un fiato e l'ho trovato profondamente malinconico per tutte le pagine fin quando, alla fine finalmente, i protagonisti capiscono che per loro vivere significa accettare davvero questa solitudine che certo, per la stessa natura umana è angosciante, ma che nel libro acquista una tale profondità da risultare indispensabile ai protagonisti; mi è molto piaciuto verificare come tutti i piccoli atti mancati abbiano scatenato tutte le conseguenze perchè è poi davvero così anche nella vita. comunque, ho trovato il libro splendido!
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Non di mio gradimento
Purtroppo non sono dello stesso avviso della lettrice precedente. Anche se la scrittura è notevole, per essere un'opera prima e per un autore così giovane, ho provato solo angoscia. E questa angoscia mi è rimasta dentro per diversi giorni. La descrizione dei personaggi non mi è parsa molto credibile; nel senso che i disagi mentali che viaggiano sullo sfondo ma che allo stesso tempo sono i protagonisti, secondo me, non avrebbero portato i due ragazzi ad una vita tanto lunga. Inoltre, tanta negatività ed un finale veramente molto deludente che lascia un grande vuoto oltre all'amaro in bocca.
Non mi è piaciuto. Mi spiace.
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