La solitudine dei numeri primi Hot
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la tristezza non si strappa via dal corpo
CONTIENE SPOILER
All'inizio del libro, le prime due parti, quelle datate 1983 e 1984, sono davvero di una tristezza incredibile e si ha la voglia di abbandonarlo. Sono racconti a se stanti che vivono di vita propria. Poi le vite dei protagonisti si uniscono, perché sono due numeri primi, anzi due primi gemelli cioè "due numeri primi separati da un solo numero pari, vicini ma mai abbastanza per toccarsi davvero."
Così le vite di Alice e Mattia scorrono parallelamente e, a volte intrecciandosi, per tutta la lunghezza del libro.
Oltre alla copertina che cattura richiamando lo sguardo, anche la foto interna dello scrittore Paolo Giordano, così giovane, affascinante ed occupato effettivamente in tutt'altro ambito professionale, generano curiosità sul romanzo che, è vero, lega nella lettura in una maniera morbosa e quasi ipnotica. Forse perché tutti, dentro di noi, abbiamo qualcosa di irrisolto che influenza le nostre vite.
La scrittura è scorrevole, moderna e molto interiore. Si conoscono i personaggi attraverso il non detto, anche perché parlano veramente poco ed al momento di dire qualcosa, la pensano sempre, ma sono incapaci di esternarla. Hanno inquietudini viscerali che si portano dietro e che minacciano la loro esistenza rendendola volontariamente vuota. Si sforzano di non essere felici e si autodistruggono. Lei tende all'anoressia fin da giovane, ma nessuno fa concretamente qualcosa per aiutarla e neppure lei se ne rende conto: rifiuta categoricamente il cibo e vive di rabbia. Lui è un genio ed allo stesso tempo un autolesionista.
Non si può non dire che questo libro è molto particolare ed averlo definito un caso letterario gli si addice. Però, mi ha turbata il finale: l'avrei voluto diverso. Ho sperato fino alla fine che qualcosa migliorasse e si risolvesse inaspettatamente anche con un semplice rigo in cui tutto raggiunge un senso più profondo da quello che si era dipanato per tutto il libro. L'interiorità di questi personaggi andrebbe analizzata da un terapeuta, ma non essendoci, ogni giudizio viene affidato al lettore che vede scivolare in un'esistenza vuota le loro vite.
Alice vive l'anoressia come qualcosa che fa parte di lei e a cui non vuole rinunciare, come se fosse il legame più forte che ha con qualcosa. E' incapace di trattenere a sè Mattia e, pur avendolo desiderato ed amato da sempre, dal primo sguardo che ha rivolto su di lui, non ha avuto la forza di afferrare la felicità che avrebbe potuto darle e si è legata ad un uomo Fabio, il quale come personaggio mi ha delusa. Alice, alla fine, è stata abbandonata da tutti: i suoi genitori, Mattia, Fabio. Ed anche lei stessa, conduceva un'estistenza fra la vita e la morte, più incline alla seconda ed all'annientamento di sè. Il marito Fabio mi ha delusa. Pur avendola amata, ad un certo punto, verso la fine del loro rapporto, la accusa di egoismo, quando il vero egoista era proprio lui che era quasi ossessionato dalla voglia di avere un figlio che ormai aveva dimenticato l'amore che l'aveva spinto a sposarla. Nonostante fosse un medico, troppo tardi si accorge di avere una moglie anoressica e non si sforza di aiutarla con la pazienza a risolvere un problema per volta, ma reagisce con rabbia e, spaventato dalla sua reazione collerica, preferisce volatilizzarsa dalla sua vita per sempre, prendendo a mala pena il necessario.
Mattia sfugge ad Alice, pur non volendola abbandonare, pur sapendo che è la cosa più importante che abbia, ma è ossessionato dal doversi punire per la tragica fine della gemella Michela che resta avvolta nel mistero: è morta davvero o sarà viva? Chi è effettivamente la donna in cui Alice ha creduto di vedere l'ossessione che ha torturato Mattia, in tutti quegli anni?
Alice che decide di non parlarne a Mattia mi ha sotterrata. Ancora mi chiedo: perchè?
Poteva cambiare tutto. Si potevano aggiungere altre 300 pagine di ricerca di quella donna misteriosa. Io le avrei lette volentieri, ma forse tutto il contenuto precedente si sarebbe banalizzato.
E poi penso a Mattia: ma quanti anni ci ha messo prima di decidersi a fare sesso? Meno male che il suo cammino si è intrecciato con Nadia. Anche se, poveretta, poi se lo vede sparire dal letto nel modo peggiore: non trovandolo al risveglio, senza nemmeno un messaggio, dopo che lei gli ha dato tanto. Mattia, però, non è un uomo in grado di apprezzare. Lei è disperata e vede in lui l'ultima possibilità di una trentacinquenne per trovare l'altra metà che le manca.
Mattia è, in fondo, la persona sbagliata che ha legami morbosi con il suo passato tormentoso e con Alice, la donna con cui sapeva di essere un primo gemello.
Mi solleva il fatto che Mattia, nell'ultimo capitolo a lui dedicato, guardando l'alba abbia trovato in tasca il biglietto da visita di Nadia, perché mi dà la speranza che la richiamerà ...
Invece, è allucinante l'idea di Alice, totalmente sola con la sua anoressia, che decide di non svelare quella verità (reale sul serio o semplice allucinazione, miraggio di un momento di malessere fisico ed interiore) che potrebbe segnare un finale diverso per tutti i personaggi. Anche se alla conclusione del libro e, di conseguenza, della vita fittizia dei personaggi, le esistenze di una intera famiglia si potevano riaccendere alla speranza, ma Giordano ha scelto un finale diverso. Avvolto nel mistero e nella disperazione.
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la solitudine non decolla...
Storia toccante e dolorosa di due ragazzi che racconta la solitudine di chi si sente diverso, di chi si sente in colpa, di chi non riesce mai a sentire di aver reso contento e soddisfatto ne se stessi nè gli altri; tanto che anche quando si incontra un altro "malato di solitudine", non si riesce, nemmeno con lui, a stabilire un rapporto pieno, aperto, parlato, condiviso...per questo le storie sembrano essere sempre sull'orlo di qualcosa che sta per succedere e che dà una svolta alla loro vita e che, invece, non accadrà. sicuramente un racconto verosimile della solitudine dei nostri tempi.
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menti di giovani complicate ed intriganti
romanzo psicologico per eccellenza, la storia di due ragazzi delusi, ingannati dalla vita e troppo speciali per stare con gli altri ma così simili per arrivare a respingersi e ad autoledersi con un finale non banale e giusto per la situazione che si era creata. quella di Alice e Mattia è la storia di due giovani che nascondono le loro paure e cercano una soluzione ad esse nella solitudine e nella riflessione su loro stessi. ne esce un'analisi introspettiva ben riuscita.
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Essere diversi
E' un romanzo molto triste che però fa capire cosa sia realmente la solitudine ed il sentirsi diversi; permette di comprendere quanto la vita sia difficile per alcuni di noi e come vengano considerati i "numeri primi" della società, così diversi dai comuni stereotipi imposti dai mass media.
La trama ben articolata e ricca di colpi di scena è l'elemento portante del romanzo affiancata dagli importanti temi trattati.
Il linguaggio di questo libro è molto semplice, articolato in frasi brevi ed i messaggi sono sempre molto diretti; questo rende la lettura ancora più coinvolgente e scorrevole.
E' un libro degno di nota e soprattutto di lettura anche se i suoi personaggi non sono entrati nel mio cuore ma sembravano chiedere compassione.
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Anoressia e masochismo come espressioni del dolore
E' un libro molto bello perché descrive l'esperienza del dolore di due adolescenti senza commenti o descrizioni prosaiche. L'autore racconta due storie parallele: quella di una ragazzina menomata a causa di un incidente sciistico che diventa anoressica per punire il padre che l'aveva costretta a sciare quel giorno disgraziato; e quella di un bambino che abbandona la sorellina down nel parco e non se lo perdona; così diventa un adolescente introverso che si ferisce fisicamente per punirsi. Leggendo, si sprofonda in quel baratro che non conosce consolazione, in quel terribile stato d'animo in cui la vita perde ogni significato e diventa un incubo quotidiano, una sofferenza costante.
Utile per capire i disturbi della personalità.
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Un successo falso e presuntuoso.
Vincitore del premio strega 2008, "La solitudine dei numeri primi" è stato definito - con forte presunzione -dalla critica un vero e proprio fenomeno editoriale. In realtà, a distanza di molto tempo, ancora non riesco a spiegarmi il clamoroso successo che continua a riscuotere tutt'oggi tra i giovani lettori. C'è da dire che la scrittura di Paolo Giordano soffre di una esagerata leggerezza, mostrandosi fin troppo fluida e semplice. La storia di due adolescenti altamente complessati e sofferenti prosegue per l'intero libro come la nota dolente di un piano scordato. E' eccessivamente tediosa la condizione immutabile in cui Alice e Mattia risultano impotenti e vittime di un mondo così crudele e piatto. Manca una svolta significativa e sembra che tutto proceda fin troppo velocemente, lasciandosi alle spalle delle possibilità, o semplici casualità, che avrebbero potuto giovare al libro stesso più dinamismo. In conclusione, il successo di Giordano è un falso successo.
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La solitudine dei numeri primi
Su questo libro sono già state spese molte parole, ha diviso, colpito, deluso, ma anche, come nel mio caso, lasciato indifferente. Attratto dall'enorme successo e dai commenti entusiasti e dopo aver vinto un'iniziale diffidenza, ho iniziato a leggerlo. Ammetto che è scorrevole e si procede bene....fin troppo. Si resta in bilico e si percorre una strada fin troppo dritta, che non ha mai una svolta. Si legge e si continua a leggere, ma non c'è mai un fatto eclatante, un colpo di scena che dia quella marcia in più al romanzo. I due protagonisti vivono in modo tormentano, vinti da un fatto traumatico nell'infanzia. L'autore quasi li tortura, gli impedisce di trovare la felicità bloccati da un muro invisibile che li terrà costantemente separati. Mi sembra un libro cattivo nei confronti dei personaggi,una storia che indaga negli angoli più oscuri della psicologia umana. Questo è un libro triste, circondato dal'impossibilità di superare le difficoltà......una narrazione quasi deprimente. Ma la storia non decolla si limita ad avventarsi contro i suoi protagonisti e quella che poteva essere un'idea originale si trasforma nel banale e lascia indifferenti (o meglio ti trasmette tristezza e quasi pietà). Si prova un senso di frustrazione, quasi di pietà, ma non si sente quell'impulso che talvolta spinge a chiudere il libro.. Perché alla fine siamo tutti curiosi di sapere il destino degli altri e vogliamo conoscere le "sventure" altrui. In un vortice di tristezza, frustrazione e quasi depressione, i protagonisti viaggiano inevitabilmente su due linee parallele. Il libro non colpisce né negativamente, né positivamente, lascia semplicemente indifferenti. Non apprezzo lo stile dell'autore, ma sono certo che una storia del genere possa vendere e colpire i lettori, ma come spesso accade...a mio avviso...tanto clamore per nulla (o quasi nulla)...perché in fin dei conti, se ci pensiamo bene, il bello dei libri è questo:ognuno di essi, anche il meno apprezzabile, lascia qualcosa, qualcosa di irremovibile ed indissolubile: un frammento di vita.
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- sì
- no
Sensi di colpa
E' una storia di sopravvivenza ai sensi di colpa. Infonde tristezza perchè è istintivo sentirla quando ci sono bambini che soffrono. In questo libro soffrono entrambi, forse più lui di lei. Ha delle parti toccanti, ma forse l'autore ha voluto un pò troppo agire sulla sensibilità delle persone, come forzando quelli che possono essere i sentimenti che una storia come questa può far scaturire. Migliore, decisamente, il libro piuttosto che il film.
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Cattiveria
Questo libro è cattivo. Non cattivo perchè è mal scritto, anzi, chi apprezza lo stile troverà che le parole scorrono a meraviglia e si incastrano l'una dietro l'altra perfettamente come pezzi di puzzle.
Il libro è cattivo perchè pare che prenda ogni personaggio e lo torturi, senza lasciare indenne nessuno.
I due protagonisti, entrambi reduci di traumi infantili, adolscenze sofferte e dubbie età adulte, sono quelli che soffrono più di tutti. I personaggi secondari, quelli che ruotano attorno a loro, vengono afflitti da più o meno gravi situazioni dolorose.
Il ragazzo innamorato non ricambiato dal protagonista.
L'amica serpe della protagonista, bellissima e vuota, insoddisfatta e gratuitamente crudele.
I genitori del protagonista, inquietati dal loro stesso figlio.
Il marito della protagonista, intrappolato in un matrimonio che desiderava diverso.
Leggendo il libro, mi sono sentita affascinata dalla scorrevole semplicità delle descrizioni ma afflitta dal ciclo di dolore che ogni personaggio attraversava.
Un barlume di speranza si avverte nel finale aperto, che comunque lascia un senso di delusione per le azioni inconcludenti che i due personaggi principali compiono.
E' un libro cattivo ma non un brutto libro. L'ho trovato frustrante ma non noioso; triste ma non disgustoso.
Una lettura che può benissimo essere portata a termine senza il avvertire il bisogno di gettare il libro nel fuoco.
Certo, se qualcuno è alla ricerca di un lieto fine classico, farebbe meglio a puntare altrove la propria attenzione.
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la solitudine dei numeri primi
Non che mi aspettassi granchè. Ok, come già notato da altri il titolo è intrigante, peccato che non sia nemmeno stato partorito dalla fiacca immaginazione dello scrittore, ma sia stato successivamente imposto dalla casa editrice. Tutta la vicenda ruota attorno alle tristi vite dei protagonisti, lui autolesionista incallito, lei anoressica, rapporti familiari difficili, traumi infantili che si ripercuotono nell'età adulta (che originalità!). Entrambi insicuri, affetti da una sorta di comune impotenza esistenziale che li unisce, ma allo stesso tempo li rende incapaci di stare insieme. La trama è piatta, manca un'acuta analisi psicologica dei personaggi e lo stile è quello facile facile che sembra esser tanto gradito da un pubblico pigro. Più che un libro ha la schematicità della sceneggiatura di un film, anzi la netta impressione che ho avuto è stata che l'autore, anzichè approfondire il racconto si limitasse a illustrarlo come se stesse effettivamente descrivendo superficialmente delle scene che passano su uno schermo. Nell'insieme comunque non funziona, si fa leggere facilmente ma manca sia la forma che la sostanza.
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Frammenti di una storia che poteva essere racconta
Mattia e Alice sono i risvolti della stessa medaglia, sono due esseri che vivono solamente completandosi a vicenda. Più che vivere però, riescono a sopravvivere. Tra dolori, paure e un segreto che li accomuna, i protagonisti crescono insieme cercando di farsi forza vicendevolmente. Ma non sempre ci riusciranno.
Un libro che vorrebbe essere di grande impatto, spezzettato in episodi significativi che riducono la vita dei protagonisti alle esperienze più importanti. Un libro fatto di gesti cruenti, immagini deboli e suoni sfuocati che ci accompagnano in un triste epilogo che tuttavia riesce a lasciare aperte le porte alla Signora Speranza.
A me non è piaciuto: lo stile non è un granchè e la storia è fin troppo frammentaria, infatti mi ha lasciato l'amaro in bocca. Troppo facile citare gli episodi e poi non concluderli. E non mi interessa la storia del "poi tocca a lettore immaginare". Non così, non in questa maniera.
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Da bellissimo a non so
E' un caso letterario e come tutti i casi letterari nel bene e nel male, secondo me bisogna leggerli, giusto per saperne parlare e per non rimantere impreparati quando il discorso cade su sull'argomento e devo dire che ultimamente mi è capitato spesso. E' un libro molto scorrevole, io l'ho letto in una notte, nonostante le pagine siano parecchie. Onestamente, pagina dopo pagina aspettavo che succedesse qualcosa di sconvolgente, cosa che non è accaduta, se non nelle primissime pagine. La storia è ben costruita e "fila" alla perfezione, però i personaggi sono incapaci di evolversi veramente, nonostante lo scrittore porti il lettore ad aspettare costantemente che "la fenice risorga dalle proprie ceneri". Insomma lì per lì il libro mi è piaciuto moltissimo, ma lasciando passare qualche giorno mi sono resa conto che lascia l'amaro in bocca e secondo me, alla fine non è questo gran libro...ma questa, ripeto, è solo la mia opinione
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La solitudine dei numeri primi
Una storia che mi ha lasciato davvero l'amaro in bocca. Mi ha fatto capire l'importanza del dialogo. Mi ha fatto capire che è davvero stupido tenersi dentro le cose. Questo libro è pieno di parole non dette, gesti mai fatti, solitudine e frustrazione, è pieno di situazioni ormai irrimediabilmente rovinate e che avrebbero potuto essere diverse. E' davvero bello questo romanzo, ma davvero triste. Chi ha dato voto basso a questo libro secondo me è perchè non ha mai provato nulla di simile ai 2 protagonisti, non ha mai avuto troppi pensieri per la testa e troppe poche parole ad uscirgli dalla bocca. Anche se le storie di questo libro sono estreme cio' non significa che siano è inverosimili, purtroppo sono molto più vere di quanto si possa credere...
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mah...
Mah...
Con tutto questo gran parlare del libro, l'ho letto.
Presa come ogni donna dalla curiosità, mi sono predisposta ad un titolo veramente bello (che - a dire il vero - ho dovuto farmi spiegare...per poi giudicarlo bello) per poi leggerlo con calma.
Un inizio che mi è piaciuto.
Poi, non so come dire, ma un senso di insoddisfazione mi ha presa.
Inconcludente forse, oppure a tutti i costi voleva colpire con tutto questo dramma (e io amo i drammatici, in modo estremo) che sembrava un insieme di scene ad effetto che mi han creato solo prurito e voglia di finirlo per andare a vedere dove si andava a parare.
Questo senso del nulla, alla fine...
Si. Un senso di vago in mezzo alla nebbia. Non ho capito (sono probabilmente poco propensa alla lezione) cosa avrebbe dovuto restarmi.
Il film ha seguito l'onda del successo editoriale. E non è stato neanche questo d'aiuto al libro. O viceversa.
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più rumore che un bel libro
come già scritto da "fumeseidue", un gran bel titolo, accattivante, che preannuncia la storia di due persone che per carattere e per impossibilità che non si possono spiegare, non possono "dividersi" con altri.
Beh, la stroia inizia bene, una bella descrizione dei personaggi, un fatto saliente importante...ma poi?
Puff..tutto si smagnetizza in fretta i numeri diventano intricate radici quadrate che si fanno largo nella mente..per fortuna che il libro non ha una lunghezza importante, altrimenti credo che sarebbe tra i primi ad uscire dalla mia libreria per far spazio ad un souvenir di bell'aspetto e colore =)
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Bel lavoro!
L'autore è riuscito a incollarmi alle pagine e questo secondo me è il suo più grande pregio. Ho visto molti commenti, tipo mi è piaciuto, non mi è piaciuto.... ma la domanda è: avevate voglia o no di svoltare pagina e vedere dove andava a parare Giordano?
Il finale è toccante... l'immedesimarsi in Alice forse aiuterebbe a capirlo meglio. L'emotività della protagonista è ben scandita (come quella dell'altro protagonista) e alla fine è come se il cerchio si chiudesse... ovvio che chi ha letto distrattamente o non è andato a fondo nelle proprie emozioni durante la lettura difficilmente è riuscito a scorgere questo invisibile ma tangibile ritorno, da parte di Alice, verso quel punto in cui la sua vita si era infranta. La risoluzione delle sue controversie di lei è ben chiara e credo proprio che Giordano abbia meritato di vincere sia l'opera prima campiello, che il premio strega.
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Una delusione
Questo libro non mi è proprio piaciuto: l'ho trovato noiosissimo, piatto, scialbo e incapace di suscitare la benchè minima emozione nel lettore. Inoltre ho provato una fortissima antipatia per Mattia e Alice, i due protagonisti: due involucri privi di spessore e consistenza, senza nessuna personalità, vuoti e al tempo stesso. E io che pensavo di aver acquistato un ottimo romanzo da leggere... Ma non è stato così.
Non lo consiglio. Tra l'altro questo libro suscita una tristezza infinita: in ogni pagina e dietro ogni angolo c'è un personaggio sfortunato, depresso, con problemi.... Un po'di tristezza in un romanzo ci sta tutta, ma così veramente si esagera! Fa veramente voglia di prendere una corda e impiccarsi.
Per non parlare del finale: la depressione per antonomasia, non soddisfa le aspettative e lascia l'amaro in bocca.
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La solitudine dei numeri primi
Questo romanzo è un’opera prima che ha fatto e fa ancora parlare molto di sé! ma che ha avuto anche il pregio di avvicinare tanti ragazzi e persone alla lettura.
Al momento ancora presente nelle classifiche di vendita, senza dubbio oltre la trama, devono esserci anche altri elementi che né determinano il suo successo come: un titolo troppo accattivante, un’opera prima di un giovane autore premiata con il prestigioso premio Strega, una buona operazione di marketing ed il gioco è fatto.
Il romanzo è certamente in grado di accattivare il lettore, la scrittura è gradevole ed il testo ad eccezione di alcuni punti è scorrevole, le personalità dei due protagonisti sono ben tratteggiate e risulta palpabile il loro senso di inadeguatezza nella vita; una storia dai temi comuni di interesse comune.
Personalmente lo considero un libro discreto, dove l’autore tratta con delicatezza diverse tematiche come: l’anoressia, la solitudine, Il disagio giovanile, la difficoltà di diventare adulti.
Gli argomenti trattati nel libro però sono tanti ed anche troppo complessi per essere esposti tutti in un unico romanzo e quindi, a mio modesto parere, mai abbastanza approfonditi ma solo ben descritti; un peccato perché nel complesso è una buona e reale rappresentazione del conflitto giovanile e dei suoi disagi.
Il pregio di questo romanzo è che lascia al lettore degli spazi di riflessione e di discussione sul mondo giovanile e per il finale ci risparmia anche l’happy end.
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titolo: cinque punti
peccato che non sia contemplato il voto per il titolo, gli avrei dato il massimo.
una gran bella idea, questa storia dei numeri primi che nascono soli e muoiono soli, una gran bella idea che era partita bene, con un inizio di trama gradevole, ma poi ....
poi ....
poi.....
poi aspetti che la storia decolli, pensi chissà forse è un diesel diamogli il tempo di carburare,
poi...
poi...
poi arrivi alla fine e sei ancora a rollare a vuoto sulla pista, e ti viene il dubbio che nella cabina manchi il pilota, nei motori un difetto di fabbrica, o che ci sia stato uno sciopero dei benzinai.
il titolo non si meritava un libro così!
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La solitudine dei numeri uno
Lo confesso, pur avendolo letto, non avevo mai avuto alcuna voglia di esprimere una opinione.
Poi il crescente numero di lapidari giudizi negativi (cito a caso: inutile, orrendo, non ci credo, assurdo!), mi ha fatto ricordare “Volevo i Pantaloni”, una meteora letteraria degli anni 80 che si è persa nello spazio più profondo, dopo un prestigioso premio vinto, un grande successo di vendite, e un altrettanto film (c’era Virna Lisi se non ricordo male).
Andiamo adesso però dritti al punto: a me questo libro non è dispiaciuto (si legge: mi è piaciuto), per tre buoni motivi.
1) Si legge tutto di un fiato - Diciamoci la verità, l’inizio è intrigante, e poi i protagonisti ti prendono subito e poi la storia, anche se con qualche salto temporale di troppo, è coinvolgente, e poi si capisce che lo scrittore ci ha messo l’anima, e poi la metafora dei numeri primi è quasi geniale, e poi …
2) Alice e Mattia saranno forse un po’ … sfortunati, ma appaiono credibili - In Mattia riconosco, nella sua evoluzione, un desiderio per quanto sofferto di lasciare indietro le sue radici, che non gli hanno mai permesso veramente di iniziare a crescere. Diverso è il discorso per Alice, che, anche se ancora molto giovane, dovrà fare un primo bilancio, non proprio positivo, della sua vita
3) E’ un libro che fa discutere – Nel senso che, se ne parli, trovi sempre qualcuno che lo ha letto e che è pronto a dire la sua, e oggigiorno riuscire a parlare di libri in contesti sociali (in pizzeria, in salotto con gli amici, con la tua fidanzata) non è poi così male
E poi, ne sono certo, Paolo Giordano non sparirà come Lara Cardella, la scrittrice di Volevo i Pantaloni
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SENZA PAROLE
Ancora la solita schifezza, piena di incongruenze. Non è la trama angosciosa che mi fa dire che sia un brutto libro ma è l'angoscia che provo nel leggere un brutto libro. Ma porca miseria è così difficile correggere le castronate che uno può scrivere senza accorgersene... editor scendete dal vostro olimpo e iniziate a fare il vostro lavoro, che non trovo per nulla difficile dato che anche io senza una laurea mi accorgo delle cose sbagliate scritte nei libri o dello stile che fa il rumore delle unghie passate sulla lavagna.
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la solitudine dei nostri giorni
La vera protagonista del libro è la solitudine , raccontata in tutte le sue sfaccettature tramite le esperienze di due ragazzi definiti speciali ma per questo inesorabilmente diversi e distanti dal mondo che li circonda. Mattia e Alice sono due numeri primi, vicini, ma non abbastanza per toccarsi. Giordano dipinge un quadro cupo e angosciante , senza neanche uno spiraglio di luce , che affascina (o meglio ha affascinato me) proprio per questa sua irreversibilità.
Bravo l’autore che nonostante la giovane età ha saputo rendere bene il racconto della sua opera prima, con uno stile “matematico” che ben si addice all’analisi di situazioni così complicate anche da un punto di vista psicologico.
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dalle stelle alle stalle
questo libro è tra quelli che definisco "limbo". perché è proprio li che si piazza e non lo sposti più. inizia bene, bella la distinzione degli anni, ma poi crolla la trama, inoltre non è realistico nei dettagli e penso che si sia incattivito fin troppo con i protagonisti. riprende tono negli ultimi capitoli... insomma questo libro aiuta ad andare in depressione. è toccante solo a colpi, poi si disperde... di libri tristi ce ne sono (e anche belli) ma questo qui non è triste, è depressivo. qualunque cosa facciano i protagonisti va sempre male... finito di leggerlo un po' ti dispiace, ma di sicuro non lo riprenderai in mano, a meno di leggere quelle parti che entusiasmano.
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interessante e ben scritto
Ho letto questo libro lo scorso anno, naturalmente sull'onda del successo che ha riscosso. Mi sembrava superfluo scrivere l'ennesima recensione, visto che si può dire che hanno già scritto di tutto.
Volevo solo aggiungere che, personalmente, ho trovato interessante come un autore così giovane ed alla sua opera prima, sia stato capace di esprimere l'interiorità dei 2 protagonisti, Alice e Mattia, con la profondità e sensibilità di una persona più "adulta e vissuta". E' questo già un grande merito per un giovane scrittore che non si esprime in modo banale e che ha raccontato una semplice ma toccante storia sulla difficoltà di diventare adulti.
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Diamo tempo al tempo
"La solitudine dei numeri primi": un titolo molto interessante. La storia di due ragazzi con infanzia e adolescenza tormentate, attratti l'uno dall'altra ma troppo distanti per capirsi: come i numeri primi gemelli. Il libro presenta una storia molto triste e che mostra la vita come un posto buio e tetro, fatto solo di solitudine e di delusioni; ma dopo la terza lettura ho trovato qualcosa di buono in tutto questo. Alla fine del libro, proprio nelle ultime righe, appare un barlume di speranza. Quindi alla prima lettura se ne potrebbe dare un giudizio negativo, come succede in tante recensioni, ma leggendolo almeno un'altra volta se ne capisce appieno il significato e si inizia ad apprezzarlo.
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tanto rumore per nulla
La trama delude... per chi è in cerca di un libro vincitore strega, acclamato e consacrato, da memorizzare in un archivio della memoria... bhè, forse rimarrà deluso!
Votato alla rappresentazione univoca della società dei giovani di oggi, composta esclusivamente di personaggi negativi. Non c'è bene, ma solo un male infinito che percorre tutte le pagine del racconto. Spietatezza e delusione e apatia e cattiveria sono le uniche emozioni che si intrecciano in tutta la trama. I ragazzi sono meschine creature che emarginano, e gli adulti, nei piccoli spazi in cui compaiono, sono persone di poco spessore che si lasciano scorrere affianco ciò che la vita ha destinato per loro. L'unica nota positiva, è per la scrittura scorrevole, e per la capacità dell'autore di dotare il personaggio maschile di una mente talmente matematica, che per tutta la storia, lo porta ad analizzare vita e non vita con metodo numerico...
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La superficialità dei numeri primi
Parlare e scrivere di complessità umana è un'impresa ardua e complessa.
Ammetto che il primo capitolo è disarmante e molto promettente.
Poi, il nulla.
Nel senso che è tutto molto triste, ma non c'è un reale calarsi nella solitudine dei personaggi, nel loro mondo interiore, mentale.
Quella "solitudine dei numeri primi" del titolo è un concetto meraviglioso, ma tutto cade nella superficialità con cui certe tematiche sono affrontate.
E mi dispiace dirlo, ma per parlare di certi temi, almeno un po', bisogna conoscerli.
Altrimenti è tutta "scena" e ben poca sostanza.
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Angosciante e inutile!
Divorato in meno di due giorni! Ma non fatevi ingannare.... non perchè mi sia piaciuto, ma perchè non vedevo l'ora di togliermelo di dosso!!!. L'ho portato a termine solo per rispetto, perchè un libro non può essere interrotto!!! Può deluderti l'inizio, ma puoi trovare affascinante il finale così da rimanerti impresso. Purtroppo non è questo il caso. Se non l'avessi letto, di certo non ne avrei sentito il bisogno. Mi sono lasciato trascinare dal tanto clamore che ha suscitato, e dalla curiosità. Meno male che l'ho preso sottoprezzo, altrimenti avrei rimpianto come non mai quei 18euro!!!. Per uno come me che è abituato a leggere libri di altro spessore, ciò che mi è rimasto è zero!. E' un libro che potrebbe andare giù a chi si affaccia per la prima volta alla lettura, e a qualche ragazzina alle prese con i primi problemini di cuore...ma probabilmente anche lei ne rimarrà delusa!. L'unico merito che gli dò, è la scrittura scorrevole e mai noiosa, e l'affascinante titolo. Ecco, per questo mi sono lasciato fregare. Solo per il titolo. Come disse Eco del suo "Il nome della rosa", il titolo deve partorire mille interpretazioni, e infatti lo ammetto, "La solitudine dei numeri primi" mi ha fatto pensare a tante cose...ma campate in aria e che lì sono rimaste!. Al centro della vicenda c'è il passaggio di due ragazzi dall'infanzia, segnata da uno spiacevole incidente, all'età adulta. 20 preziosi anni, buttati al vento, fuggendo sempre dalla realtà. Alice e Mattia, tra la famiglia, gli amici e il lavoro, portano dentro e fuori di sé i segni di un passato terribile. La consapevolezza di essere diversi dagli altri non fa che accrescere le barriere che li separano dal mondo fino a portarli a un isolamento atrocemente arreso. Azzeccata qui la metafora con i numeri primi! Ma resta un messaggio orrendo!!! I personaggi sono artefatti, sembrano due manichini che perseverano nel loro autolesionsmo senza mai guardarsi intorni...ma questo li porta conseguentemente ad un isolamento totale, proprio nel momento in cui si sta cercando di riparare "la barca da viaggio". L'idea di fondo è originale, ma a che serve se non fai fare un salto di qualità ai tuoi personaggi?? Che ne rimane di tutto ciò??..Il finale poi è di una delusione... Ennesimo libro "pompato" più di quello che si merita...per me, da dimenticare! e lo farò.. Alla fine rimane solo un profondo grigiore che non è neppure un'emozione, ma un senso di angoscia che non auguro a nessuno con la lettura di un libro.
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Non male...
Mi rendo conto che in un mare di opinioni -che non ho letto, se non fuggevolmente- sia difficile trovare ancora qualcosa da dire. Ma vorrei provare ugualmente.
Io non sarei così assoluta nei giudizi negativi.
Ho letto questo romanzo alcuni anni fa ; letto in due giorni, e mi era piaciuto abbastanza.
L'argomento è sicuramente intrigante. Per me poi lo è stato in special modo, perchè nel mio lavoro ho spesso avuto a che fare con questa tipologia di disturbi, ed ho "ritrovato" nei due infelici protagonisti, dei comportamenti, delle turbe, che purtroppo mi sono noti.
E per questo l'ho sentito ancora più ..mio.
Sul fatto poi che l'autore non abbia approfondito certi punti, sono d'accordo.
Dobbiamo tenere presente che era molto giovane al momento della stesura del romanzo...26 anni, mi pare; inoltre è un fisico, non uno psicologo o similare...come può un ragazzo- perchè E' un ragazzo ( al massimo un giovane uomo)- sapere GIA' quello che si impara solo dopo?
Per imparare le cose della vita, bisogna conoscerle; per conoscerle bisogna VIVERE.
Perchè non avrebbe dovuto vincere lo Strega?
Li ho letti tutti; molti anni fa avevo comprato l'intera collana ,e ce ne sono alcuni che ho trovato molto meno riusciti di questo.
E' vero, è un romanzo di una tristezza infinita, ma la vicenda è così ricca di spunti umani, ad ogni riga...
Lo stile di scrittura, per il mio gusto, è eccellente; scorrevole, essenziale, che non si perde in inutili orpelli, pur cogliendo tutte le sfumature necessarie alla riuscita della storia.
Non mi sento di consigliarlo a tutti, ma ...promosso con Buono.
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Curiosità punita
Non l'ho letto appena uscito e mi sono fatto convincere da alcune recensioni, quelle ufficiali, la cui obbiettività evidentemente lascia a desiderare.
Ho trovato lo stile piuttosto puerile, mentre la dichiarata (vedi intervista all'autore) evoluzione del linguaggio del testo come dei personaggi non è avvertibile se non nel passaggio dell'espressione dal livello di un banale tema di biennio a quello di un esame di maturità.
Trovo pretenzioso inoltre definire il libro un Bildungsroman e sono d'accordo con molti lettori che in Qlibri l'hanno messo in evidenza perché mi hanno confermato che la mia delusione non fosse solitaria: non capisco in cosa i personaggi del romanzo crescerebbero. Non mi pare vi sai una vera maturazione né intima né comportamentale.
Troppi elementi narrativi (personaggi, storie, situazioni) sono disseminati qua e là e lasciati morire dopo appena un cenno che può riempire poche righe come alcune pagine che tuttavia restano a fare il morto sul pelo dell'acqua.
Non nascondo che l'idea della totale incapacità comunicativa è intrigante e, assieme alla scorrevolezza dei primi capitoli e ad un'indubbia efficacia del lancio promozionale, può tenere incollato il lettore nella speranza (vana) che le aspettative vengano esaudite.
Anche l'attrattiva del romanzo introspettivo viene disattesa: stilisticamente essa si esaurisce nella creazione di scene, situazioni, quasi aneddoti che rimangono fluttuanti e poche connessioni creano tra loro e con i filoni portanti della trama. L'introspezione vera dei personaggi è così demandata a pezzi di dialoghi, atteggiamenti che non vengono mai analizzati o evidenziati nemmeno emotivamente attraverso uno stile efficace e tutte le battaglie interiori, i dissidi rimangono inesplorati come se ai personaggi in realtà importasse poco o nulla, interessati a farsi attraversare dalla vita passivamente e soprattutto superficialmente. Forse, in questo, rivedo alcuni atteggiamenti di una buona porzione della gioventù odierna e per quest'unica caratteristica (se nelle intenzioni dell'autore) il romanzo può essere apprezzabile.
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Stupendo... (a metà)
Giordano ti prende lo stomaco nella prima parte del lavoro, per poi lasciarti a bocca asciutta nel finale.
L'inizio è un susseguirsi di eventi che ti sconvolgono e, nello stesso momento, ti tengono incollato al libro (basti pensare che ho divorato qualcosa come 150 pagine in 2 giorni scarsi). Successivamente però, con la maturità dei personaggi, il testo prende una piega quasi scontata e banale. Apprezzo molto lo stile semplice di Giordano (mio concittadino e coetaneo), il libro in di per se è stupendo... purtroppo lo valuto solo grazie alla prima parte. Il finale è deludente. Peccato sprecare un climax che dura 200 pagine con un centinaio di facciate che vanno a rovinare un gran bel potenziale
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Bellissimo
Posso solo dire che le storie di Alice e Mattia sono il riflesso dei problemi di molte persone. E' un libro profondo, capace di penetrare nel lettore e di fargli capire ciò che scrive. Angosciante è la ''presenza'' dei genitori di entrambi i ragazzi; si possono paragonare a dei fantasmi per come non fanno niente per aiutare i figli a superare la crisi che vivono. A mio parere va letto davvero
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PROFONDO DISSIDIO INTERIORE...
La solitudine dei numeri primi... (numeri divisibili solo per 1 o per se stessi) ...è la profonda solitudine di tutte quelle persone sovrastate eternamente da un immenso dolore interiore.. A tal punto, da non trovare mai l'amore, tanto agognato.. Tormentate dalle loro profonde angosce, restano logorati..silenti..SOLI..con il loro eterno dissidio... Senza riuscire a condividere..sentimenti..l'amore..la vita...
Si realizza così, amaramente.. l'incapacità di amare..di chi non riesce ad amare se stesso...
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Aspettative deluse...
Ho comprato il libro solo adesso pur avendolo sempre avuto sotto gli occhi in libreria. Con tutta questa pubblicità per il film che uscirà a giorni mi sono incuriosita, la trama soprattutto sembrava promettere tanto. I primi capitoli non hanno deluso le mie aspettative ma più andavo avanti più avevo l'idea che la psicologia dei protagonisti venisse trattata troppo superficialmente.. bellissima la metefora dei numeri primi, non so se sia stata l'intenzione dell'autore rendere i personaggi non solo così soli ma anche così sterili dal punto di vista umano. Ma ho ritrovato la stessa superficialità nel gestire gli altri personaggi, che non avevano alle spalle le tragedie di Alice e Mattia. La vita scorre sopra tutti loro come qualcosa che li tocca ma in modo non troppo profondo per cui concludono le loro storie con un clamoroso "lasciar perdere".. di conseguenza ho percepito gran parte del libro come lasciato un pò al caso, come se l'idea iniziale (veramente molto buona) e la metafora dei numeri prima, da sole dovessero sostenere l'intera trama.. lo consiglierei comunque, perchè qualcosa di buono mi ha lasciato, ma ridimensionerei sicuramente il polverone che ha sollevato!
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Un polverone...qualcosa impolvera
Sicuramente un polverone alzato spropositatamente,
sicuramente dovuto all'età dell'autore, all'indiscussa particolarità della vicenda narrata e a questa meravigliosa, delicata, calzante metafora dei numeri primi.
Come tutti i polveroni, anche questo libro qualcosa lascia impolverato:
ho letto il romanzo appena pubblicato e ricordo tutt'ora non solo l'interezza della vicenda, ma anche i vari episodi più toccanti...e credo che sia fondamentale per uno scrittore "impressionare" la memoria del lettore, seppur con uno stile elementare, secco, acerbo.
Innumerevoli e delicatissimi i temi affrontati, mai approfonditi dall'autore, forse volutamente, forse perchè non vissuti e non suoi (i ringraziamenti finali all'amicA sono illuminanti in tal senso, sminuenti quasi l'opera...ero impressionata da come Giordano potesse, seppur superficialmente, conoscere ciò che passa nella mente di chi ha disturbi alimentari...quella innocua frase mi ha aperto un mondo), forse perchè dobbiamo riconoscere a questo ragazzo l'intelligenza di non aver azzardato troppo.
Amara la fine...ma un finale drammatico o lieto toglierebbe forza alla metafora dei numeri primi e non porterebbe alla luce l'apatia, la depressione, l'incapacità di agire per la propria felicità e di farsi amare di chi non ama sè stesso per primo.
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Molto Molto bello!!!
Leggendo altri commenti ho visto molti entusiasti del libro e altri profondamente scontenti.
che dire il mondo è bello perché è vario, ciò che piace a me può non essere ciò che piace a voi.
in questo romanzo ho rivisto molti volti che vedo passare tutti i giorni per strada, ragazzi che sono scontenti della vita, delusi da questo mondo che non offre nulla. a volte troppa televisione fa male, leggere aiuta. un buonissimo libro, storia veloce da leggere, i personaggi sono ricchi di sfaccettature, la storia è piacevole. un tranquillo spaccato quotidiano odierno ben raccontato.
scrittore giovane e brillante, ricordatevi che è nato nell'82 è lo ha scritto a vent'anni diamogli il tempo di maturare; secondo me il buon giorno si è già intravisto da questa opera prima. in attesa di vedere se il giovane Costanto ne ha realizzato un ottimo film.
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tanto polverone per nulla
Non riesco ancora a capire il motivo per cui questo libro è stato spinto così tanto, per non parlare del polverone dei media di competenza... è scritto da cani, con una storia che promette tanto e che alla fine non esprime nessun concetto valido per definire l'insieme. Si legge bene, per carità, ma ho la sensazione che il merito va alla casa editrice, e al editing che contraddistingue tutte le opere di Mondadori... e non all'autore, altrimenti non avrebbe lasciato tanto desiderare con lo stile di scrittura, che a tratti sembra un tema libero della prima media... Chissà quanti numeri gli passavano per la testa a Giordano quanto ha deciso di fare lo scrittore...
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Per fortuna ho aspettato la versione economica!!!
Ho aspettato a leggere questo libro, perchè sono sempre titubante quando leggo commenti sui giornali tipo "caso letterario"!!
La trama può essere interessante, anche l'analogia tra la vita dei protagonisti e il significato dei numeri primi, ma tutto viene scritto in maniera troppo superficiale rispetto ai temi trattati che sono invece complessi. I primi due capitoli conivolgono, ma l'interesse rimane appeso in quelle poche pagine e alla curiosità di capire se arrivando alla fine si trova un senso, che io non sono riuscita a trovare nelle pagine precedenti.
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Tanto scalpore per un libro discreto
Intorno a questo libro si è aizzato un vero e proprio polverone alla sua uscita. Pareva il libro della svolta, dell'innovazione...A mio giudizio è un buon libro, piacevole, che in certi punti, attraverso metafore davvero toccanti, cm la più nota, attinente ai numeri primi appunto, sa emozionare. L'inizio offre ottimi presupposti, la storia dopo è un pò trascinata fino ad un finale che lascia l'amaro in bocca. E' un libro che si, posso consigliare tranquillamente, ridimensionando però le aspettative che si sono create intorno.
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....parte bene e poi...crolla!
la timidezza...l'insicurezza...a livelli talmente alti da condizionare le scelte di vita!!! Lavoro, amore, amicizie...tutto gira intorno alla propria capacità di affrontare o meno le conseguenze sociali della propria scelta. L'ho trovato interessante perchè il tema che tratta è alquanto profondo...fa riflettere per forza...peccato che...strada facendo la storia...crolla, perde di interesse e arriva ad un finale che mai e poi mai ad inizio libro avrei immaginato! era assolutamente meglio qualcosa di drammatico e tristissimo piuttosto che il nulla! Comunque come libro d'esordio non è male affatto...e ho sentito dire che sta per uscire il film.
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Non capisco il successo
L'avevo chiesto come regalo, incuriosita dal titolo e dal fatto che l'autore fosse un giovane fisico come me.
Finalmente ho trovato il tempo per leggerlo.
Che delusione.
Mi pare eccessivo chiamare "romanzo di formazione" il racconto della vita di persone che non mostrano cambiare nulla di se' nel corso di oltre trent'anni. Numerose scene al limite dell'assurdo, rigidita' e manie che distruggono esistenze senza che nulla di sensato vada loro incontro. Un finale che non sembra tale, dal poco che conclude.
L'unica relazione che sembra avere un senso compiuto e' quella con Viola, che viene effettivamente ripresa e risolta. In modo angosciante, ma viene conclusa. Il resto e' tutto in sospeso: a partire dal padre di Alice, poi Denis, Fabio... Non c'e' nulla che dia un nerbo a queste storie che si intrecciano, proprio come nulla si sa della vita della piccola Michela.
Un dipinto abbozzato, fatto di mille particolari abbozzati.
Nessuno si prende responsabilita' di dare una svolta alla propria storia, a partire dall'autore.
Mah. Chissa' se il film avra' qualche pregio in piu'.
A me proprio non e' piaciuto.
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Orrendo!
Mi dispiace essere in disaccordo con tutti gli altri utenti, ma trovo questo libro davvero terribile!
Come in molti casi, la pubblicità mi ha indotto all'acquisto del quale sono stata profondamete delusa. La trama è povera e scadente. La mancanza di un finale non fa altro che aumentare la delusione della lettura.
Non lo rileggerò mai né lo consiglierò a nessuno.
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Un romanzo d'esordio molto promettente
"La solitudine dei numeri primi" è tra i migliori romanzi d'esordio che abbia mai letto. E' scorrevole e rapisce subito il lettore. L'autore assimila due bambini poi giovani e poi adulti ad una coppia di numeri primi in una riflessione molto poetica e amara che sottende l'intero racconto. A volte essere spiccatamente speciali condanna alla solitudine e a volte la vita crea l'illusione di poterla spezzare. E' un romanzo senza sentimentalismi, asciutto, originale, interessante. Insomma, mi sento di consigliarne caldamente la lettura.
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Numeri primi o numeri anonimi?
Un romanzo bellissimo, scritto con chiarezza espressiva, dettagliata caratterizzazione dei personaggi e approfondimento tematico.
Che cosa significa essere numeri primi? In essi si può identificare una certa duplicità: da una parte l'eccezionalità nell'esistere, dall'altra la difficoltà ad integrarsi nell'ambito sociale. In Mattia e Alice questa eccezionalità è accentuata dalle vicende personali, che hanno creato in loro una sofferenza intensa; nello stesso tempo sono riusciti a sviluppare superiori capacità intellettive ed una sensibilità al di sopra della media. I cosiddetti "normali" li emarginano per paura, invidia od altro. E poi com'è possibile per Mattia ed Alice soffermarsi su temi banali o superficiali, mentre le loro anime sono scosse da forti inquietudini e vorrebbero trovare qualcuno con cui instaurare una comunicazione del profondo, che permetta ad essi di trovare il vero senso della vita e di sfuggire ai fantasmi interiori? Questi numeri primi sono destinati ad incontrarsi e in loro nasce la speranza di poter scacciare le paure, donandosi. Così non è, ma a me piace pensare che in questa società per tanti versi troppo omologata possa trovare posto anche chi si distacca dall'ovvio e voglia far valere la supremazia dell'interiorità. E' meglio essere numeri primi o numeri anonimi?
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Still undecided
Non saprei dire se il libro mi sia piaciuto o meno. Di certo non è un brutto libro, ma non lo definirei nemmeno bello. Senza dubbio è un libro profondo, ma, almeno per quanto mi riguarda, troppo cupo. Capisco che l'autore abbia voluto essere realistico, e che di storie rosee e a lieto fine ce ne sono a migliaia, ma durante l'intera lettura del libro mi sono sentita "oppressa" da un senso di angoscia davvero forte, e ho avuto la sensazione che, nella ricerca del realismo dei fatti, l'autore si sia spinto un po' troppo in là, come se, volendo a tutti i costi evitare d'inserire elementi "positivi" nella vita dei protagonisti, si sia allontanato dal realismo ricercato, perché, benché sia vero che alcune esistenze sono veramente quasi totalmente infelici, di solito qualche evento piacevole arriva a rischiarare, anche se debolmente e magari non a lungo, anche le vite più cupe. Per me la lettura di questo libro è stata quasi una "sofferenza" (non trovo un termine più adatto), quasi come se il dolore e il senso di disagio, smarimento e inadeguatezza dei protagonisti si trasferisse dalle pagine a me che leggevo.
Solo negli ultimi due capitoli ho trovato un minimo di senso di pace, serenità e tranquillità.
Una delle cose che più mi hanno colpito è stato la mancanza di volontà dei protagonisti nel cambiare le cose, o anche solo di tentare di dare una svolta al proprio destino. Capisco che fossero segnati, ma la totale passività nell'accettare gli eventi, e il rifiuto di prendere ogni tipo di decisione mi ha davvero sconcertata. Ed è stata una caratteristica che ho riscontrato non solo nei due protagonisti, ma in quasi tutti i personaggi principali, come i genitori di Mattia e quelli di Alice, soprattutto il padre. E non si trattava solamente di rifiutarsi di agire, ma anche solo che di parlare: i dialoghi sono stati la cosa di cui più ho sentito la mancanza, ne percepivo proprio l'assenza. Tutti quei silenzi, quando per sistemare alcune cose sarabbero probabilmente bastate solo poche semplici parole. Non a caso il capitolo che ho preferito è stato il penultimo, l'unico in cui Alice e Mattia siano stati in grado di comunuicarsi veramente qualcosa attraverso le proprie parole, con le loro voci e non per mezzo di vaghi gesti soggettivamente interpretabili.
Ho apprezzato molto le descrizioni, e, ovviamente, la metafora dei numeri primi gemelli, ma ho trovato un po' fastidiose e irreali le continue metafore e parallismi col mondo fisico e quello matematico, benché efficaci nel descrivere introspettivamente il personaggio di Mattia. Anche la narrazione non mi ha suscitato particolari emozioni, e ho ricollegato anche questo fatto alla mente logico-razionale della'autore. (Ma forse questa è solo un'opinione influenzata dalla mia scarsa simpatia nei confronti delle materie scientiche).
Benché non mi abbia entusiasmata, non mi sento di sconsigliarlo, anche perché credo che, dopotutto, ogni libro valga la pena di essere letto. :)
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Curarsi si puo'
Vivamente sconsigliato a chi e' interessato ai temi dell'anoressia e dell'autolesionismo, poiche' non dice nulla di interessante in proposito. I disturbi mentali si possono curare, oggi, pero' bisogna avere quel minimo di fiducia negli altri che in questi personaggi egoisti manca totalmente. Piacevole lo stile, ma tant'e'. Da un premio Strega ci si deve aspettare ben altro. Per dirla alla Nanni Moretti: ''continuiamo cosi', facciamoci del male.......''
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Pollice in su :)
Onestamente, non capisco perchè tanta gente si lamenta del finale aperto. Di sicuro Giordano non è stato, non è e non sarà l'unico ad utilizzarne uno, ed è davvero da bambini lamentarsene, come chi desidera la "seconda serie" di un cartone animato. Certo, non è stato come tutti se l'aspettavano (e cioè con Mattia e Alice che finalmente iniziano a vivere insieme) ma altrimenti sarebbe stato un pò troppo prevedibile, o no?
A me la storia è piaciuta davvero moltissimo, anche se nutro abbastanza antipatia per quel che è il personaggio di Alice: un misto fra la ragazza che sprizza allegria, la ragazza esiliata, la ragazza depressa, l'unica ragazza normale nella gabbia di matti ecc... trovo che cambi idee troppo velocemente e sinceramente non ci trovo nessuna giustificazione nel mollare il marito in quel modo e a non voler farsi curare con una tale testardaggine.
Al contrario invece, ho preso molto a cuore il personaggio di Denis, che è uno dei miei preferiti e mi è dispiaciuto davvero molto vedere come è scomparso nel giro di due o tre capitoli, e poi riapparso d'improvviso tanto per allungare il libro ma, anche lì, per nemmeno due capitoli.
A parer mio, Giordano avrebbe dovuto soffermarsi di più su quelli che sono i personaggi secondari perchè, in fondo, anche loro vivono in una propria solitudine.
Il libro mi è piaciuto perchè ho fin da subito adorato l'idea dei numeri primi, a differenza di altri non trovo la storia vuota e superficiale ma profonda, che narra di gente che affronta la vita in modo timido e insicuro.
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un giovane davvero maturo
Paolo Giordano ha saputo affrontare dei temi davvero scottanti in modo molto maturo e realistico! ha dimosrato di avere un'ottima intelligenza sotto tutti gli aspetti! concreto fino in fondo, perche e' vero certe persone non riescono a guarire dalla solitudine, Mattia si nasconde dentro i suoi numeri e autoferendosi fisicamente provocandosi dei tagli e Alice rifiuta il cibo denunciando un rifiuto alla vita. in certi momenti ti viene voglia urlare "Mattia non e' colpa tua, eri solo un bambino che per una volta ha avuto il coraggio di ribellarsi e provare a vivere la sus infanzia come i suoi coetanei..." coinvolgente! complimenti un giovane talento e mio avviso molto maturo per la sua givane eta', mi auguro che scriva ancora!
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in bilico
Devo ammettere che paolo giordano ha avuto il potere di destabilizzarmi: non riesco ad esprimere un parere chiaro e nitido su questo romanzo. l'ho terminato qualche settimana fa, ho aspettato per chiarirmi le idee, ma resto sempre in bilico.. mi è piaciuto? non mi è piaciuto? sono giunta alla conclusione che sia forse riduttivo giudicare un romanzo di questo tipo con i criteri del bello, voglio quindi solo chiudere gli occhi e apprezzarne l'effetto, la sensazione che mi ha dato e che mi dà tutt'ora, questa sensazione di bilico.. bilico sul mio giudizio altalenante, bilico in cui vivono costantemente i due protagonisti.
sicuramente il tema della diversità è stato affrontato milioni di volte in letteratura, ma dell'autore apprezzo la freschezza e lo stile asciutto ed efficace: giordano dà voce a chi di solito voce non ha, o la tiene troppo bassa per catturare l'attenzione ed essere ascoltato, e lo fa in modo semplice, pulito, giovane. mattia e alice esprimono sottovoce il loro vivere ai margini, il loro vivere per loro stessi, i tentativi di apertura al mondo, gli insuccessi. a mio parere il loro non è un grido disperato, semplicemente si cullano dolcemente nel loro dolore e nella loro diversità; a loro opposto è denis, che decide di aprirsi e annullare il suo disagio, ubriacandolo nel pieno della vita.
questo romanzo ha inesorabilmente catturato la mia attenzione all'inizio, l'ha leggermente assopita nel mezzo per risvegliarla bruscamente alla fine. ottima la conclusione, davvero la più efficace che l'autore potesse trovare e credo che possa rappresentare nel suo piccolo l'intero romanzo: l'atmosfera di sospensione che si vive leggendo le ultime pagine è quella che pervade le intere vite dei due protagonisti e ci lascia così.. in bilico.. come sempre in bilico, sul limite che confina ciò che è ritenuto normale, reale, razionale, sul quale riescono a vivere sospesi alice e mattia.
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ragazze interrotte
la mala educazione emotiva
Le vite dei protagonisti Alice e Mattia, personaggi inventati da Paolo Giordano ma la cui esistenza teorica è almeno possibilmente vera, pare abbiano un peso specifico tale da schiacciarli a terra e costringerli a girare eternamente intorno ad un nucleo, rappresentato da un evento passato, che determina un destino ineluttabile in cui l’unica cosa che sembra veramente contare sono le conseguenze. La loro storia è magnifica e terribile, elegantemente profumata, ma pericolosamente tagliente.
Al di la dei fatti, che tutti ormai conoscono perché il libro è stato pubblicato più di un anno fa, c’è da dire che i due personaggi principali, così importanti da narrare, così attraenti e speciali, sono soprattutto due grandissimi stupidi.
Questi due numeri primi gemelli, seppure rari, si incontrano, proprio loro, tra una moltitudine di persone. Ma, nonostante la fortunata casualità di questo incontro, a seguito di tutta una serie di cose non dette, di fraintendimenti, di sentimenti non dichiarati, di piccole paure e vergogne mai realmente affrontate, non riescono a mettere in atto le azioni necessarie per rompere l’incantesimo che li separa.
Basterebbe in fondo così poco, così poco per uscire da quelle ormai inutili solitudini che condannano Mattia, in un finale solo apparentemente assolvente ma che in realtà lascia intravvedere tutta l’amarezza di una vita mal spesa, a vivere con una donna che gli si è parata davanti una sera e che lo ha scelto tra tanti perché le è sembrato il più originale; Alice, che in quanto donna è sempre condannata a scontare di più, a vagare su questa terra sola, irrisolta e malata ma incapace di soccombere. Il che, forse, la porterà fino alla fine dei sui giorni a tormentarsi tra i se e i ma come solo le donne sanno fare.
Mi ricordo di un romando che ho letto tanti anni fa: Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Anche in questo romanzo i protagonisti sono un ragazzo e una ragazza che si amano e che per una circostanza, verso la fine della loro adolescenza, si devono separare. L’ho comprato perché ne parlavano tutti, ed effettivamente ne valeva la pena. Ne valeva la pena anche per Sandro Veronesi che nella sua recensione scriveva: “E bello, questo romanzo, perché […] Provo a immaginare: liceali sparsi per i corridoi delle scuole, seduti a terra, a leggere in un angolo […]”
E io mi permetto di scrivere, a proposito della solitudine dei numeri primi: “ E bello, questo romanzo, perché parla di cose importanti, perché porta in primo piano le vite degli imperfetti, dei solitari, degli outsiders. Perché non perde tempo a raccontare quanto la vita possa essere meravigliosa anche se problematica, perché affronta di petto la possibilità che non sempre ci sia un lieto fine a tutto. Provo a immaginare: ragazzi e non, intenti a leggere; che arrivano all’ultima parola trattenendo il fiato. Commossi e po’ scontenti chiudono il libro. Ci pensano a caldo e a freddo e poi concludono che, diversamente da quanto Mattia e Alice decidono di fare, non esiste nessuna ragione al mondo, nessuna conseguenza, paura, dubbio, nessuna presunta correttezza, norma o consuetudine comunemente condivisa, che giustifichi lo sbattere ai rovi la rara possibilità di essere felici veramente.
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Uto di Andrea De Carlo
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