La solitudine dei numeri primi La solitudine dei numeri primi Hot

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Lalyra Opinione inserita da Lalyra    28 Giugno, 2021
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L'incompletezza dell'esistenza

Questo romanzo è stato per lungo tempo sui ripiani della mia libreria, nonostante la voglia di leggerlo e la storia di Alice e Mattia mi abbia sempre incuriosita.
In questi giorni era arrivato evidentemente il momento "giusto" per leggerlo, e l'ho capito con un semplice segnale a conferma di ciò, perchè l'ho letteralmente divorato in due giorni.
La narrazione scorre veloce, si fa davvero leggere con facilità, ed i capitoli, spesso alternati nella trattazione delle vicende dei due protagonisti, rendono molto bene il punto di vista di entrambi, in particolare nelle vicende che li riguardano, quelle in cui i due destini si sono intrecciati.
Si tratta di un romanzo che affronta molti temi, primo fra tutti, come si evince dal titolo, quello della solitudine. Una solitudine amara, figlia dell'incomprensione, delle parole non dette, delle emozioni non pienamente espresse, che ha come cardine i due protagonisti ma attorno ai quali si scoprono numerose relazioni che fanno da satellite ai loro sentimenti senza mai approfondire gli abissi che nascondono e portano con sè. Una solitudine che provano questi due adolescenti diventati adulti vivendosi accanto, sfiorandosi, ma senza mai davvero toccarsi, e che in alcuni tratti sembrano condividere, immaginando se stessi come le uniche anime in grado di comprendersi davvero e per questo sentendosi uniti in questo legame, unico e indissolubile.

Una frase molto bella del romanzo che cito di seguito riassume tutto ciò: "Se lui si fosse spostato, lei l'avrebbe percepito in qualche modo. Perchè lei e Mattia erano uniti da un filo elastico e invisibile, sepolto sotto un mucchio di cose di poca importanza, un filo che poteva esistere soltanto fra due come loro: due che avevano riconosciuto la propria solitudine l'uno nell'altra".

Ma non solo solitudine: è un romanzo che parla di perdita, di bullismo, di relazione con il proprio corpo che sfocia nell'anoressia e nell'autolesionismo, di relazioni genitori-figli, con le loro incomprensioni e quella cecità da parte degli adulti di fronte ai silenzi dei figli.
Questo altro tema in particolare fa da sfondo all'intero romanzo, perchè la vera solitudine Alice e Mattia la provano nell'inesistenza del legame con i loro genitori, presenti-assenti, nell'incapacità di comunicare e comprendersi vicendevolmente, aspetto che si ripercuote in moltissimi frangenti della loro esistenza.
Nel complesso, per certi versi ho apprezzato la trama e la capacità dell'autore di rendere con chiarezza le emozioni provate, ma non credo mi abbia convinto del tutto, forse perchè mi aspettavo qualcosa di più da questo romanzo di cui si è parlato e scritto molto.
Potrei dire che non mi ha emozionato molto, mi ha lasciato un po' di domande su questioni e temi che invece avrei preferito fossero approfondite un po' di più, in particolare nel finale, e che invece trovo siano stati un po' abbandonati tra le pagine prima di concludersi.
Forse perchè da inguaribile romantica mi sarei aspettata un finale diverso, ma mi sento comunque di consigliarne la lettura perchè è una piacevole lettura, sicuramente non leggera ma apprezzabile da chi crede nella forza dei legami, quelli unici e indissolubili, quelli che crescono con te, che restano nonostante i mutamenti della vita, quelli che sanno salvare, prima di tutto da se stessi.

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Altri romanzi italiani contemporanei, a me personalmente ha ricordato un po' la prosa di Alessandro D'Avenia.
Per quanto riguarda la trama, anche a chi ha letto e apprezzato Un giorno di David Nicholls.
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cristiano75 Opinione inserita da cristiano75    13 Ottobre, 2019
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Un buon romanzo italiano

Non sono un grande lettore di romanzi italiani, soprattutto di quelli contemporanei.
Però questo libro di Giordano, il suo primo, mi ha piacevolmente colpito.
Non ci sono personaggi di altissimo spessore, non c'è un intreccio complicato.
Bensì la piacevolezza del racconto è racchiuso nel grande senso di umanità che pervade la narrazione dall'inizio alla fine.
C'è l'amicizia fra questi due ragazzini dell'Italia settentrionale, che riescono a emergere da un mondo dove gli adulti oramai hanno finito di sognare e portano al baratro anche le piccole anime con cui hanno a che fare.
I ragazzini sono come due "numeri primi gemelli" vicinissimi tra loro, ma comunque mai in totale contatto, che sembrano sempre sul punto di collimare, va subentra un ostacolo (un numero) a tenerli distanti e separati. Un po il destino dell'umanità che sembra sempre sul punto di poter trovare un via di redenzione univoca, ma che alla fine è destinata a restare separata e soprattutto a non riuscire a superare il proprio singolo interesse personale.

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Come Dio comanda
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Opinione inserita da Tom Sawyer    18 Settembre, 2019

Elogio dell'autocommiserazione e dell'inerzia.

Osannato oltre misura, direi che questo romanzo è come una nave che affonda: piena di buchi. Per dire:

1) non esiste che un istruttore di sci porti gli studenti in pista con visibilità zero, se lo fa, è perché è funzionale alla storia;
2) non esiste che l’allieva si allontani per fare i suoi bisogni senza avvisare e senza che l’istruttore ne sia ignaro, se lo fa, è perché è funzionale alla storia;
3) l’unico – ma davvero l’unico – personaggio che fa del suo meglio e che si assume le proprie responsabilità (anche se con un carattere ben poco affabile) è proprio il padre di Alice, che viene invece mostrato come il personaggio più negativo del romanzo e causa di ogni male;
4) Fabio pare un mentecatto – un paramecio lo batterebbe anche a briscola - e non si accorge del disturbo alimentare di Alice: se la sposa e non se ne accorge? Voglio dire, te la sposi e non ti accorgi che quella tutti i santi giorni va a vomitare ciò che ha mangiato, mattina, mezzogiorno e sera, festivi compresi?
E poi, da quando si fa sesso con la moglie usando sempre il preservativo? Neanche fosse un’impestata! Tant’è che si dice a chiare lettere che non lo usa per la prima volta solo quando vuole metterla incinta. Naturalmente lei non prova nulla. E Fabio è uno che - poverina lei – non la capisce. No, Fabio è solo uno in buona fede (fin troppa, da sconfinare nella cecità di quanto accade) che sta con la sfigata di turno. E sarebbe il meno, se non fosse che la sfigata è purtroppo fiera e orgogliosa di esserlo.
5) la situazione in cui la sorella di Mattia scompare è - a dir poco - inverosimile: lui sarà anche mostrato come personaggio di grande intelligenza, ma Mattia è più scemo di sua sorella, che ci rimette solo perché lui vuole andare alla festa di compleanno…ma portarla a casa prima no, vero? Era assolutamente ovvio che qualche ora dopo l’avrebbe ritrovata dove l’aveva lasciata, lo sanno tutti, giusto? Alto intelletto?
6) i personaggi diventano adulti per l’anagrafe, ma mentalmente Mattia e Alice rimangono bamboccioni che passano il tempo a commiserarsi e a scaricare le loro miserie sugli altri, che infine non è colpa loro per quel che è successo, giusto? Ma diventare grandi significa piantarla di dire “è colpa degli altri se sono così”, senza darsi una mossa. Più che romanzo di formazione: questo sembra un romanzo sull’autocelebrazione delle proprie pare mentali…
Fermo restando che la gamba storpia è davvero colpa di Alice e che la scomparsa della sorella è davvero colpa di Mattia. Più che di colpa parlerei di dolo grave.
Capirei l’autocommiserazione, più che giustificata se si trattasse della tegola che ti è caduta in testa, ma qui si tratta di averla cercata e aver fatto di tutto per farsela cadere in testa, quella tegola!
Di formazione non ne ho vista: insulsi erano da piccoli e insulsi sono rimasti da grandi;
7) Viola da tipetta intelligente e sveglia diventa rintronata cronica: a scuola mostra notevole intelligenza unita a scaltrezza e anche una buona dosa di perfidia, poi – anni dopo - fa la parte della fessa totale al matrimonio, quand’è più che evidente che Alice fa di tutto per rovinarle il servizio fotografico. Lo è doppiamente, per il fatto di aver affidato l’incarico proprio a colei che aveva trattato come una pezza da piedi in precedenza.
Ma anche questo era funzionale alla trama, e del resto l’autore doveva dare al lettore l’idea di una specie di giusto contrappasso. Che poi, non si capisce come Alice possa avere quest’unico spunto di cattiveria e reazione ai torti subiti per poi ricadere nello stato precedente. Questo l’avevo interpretato all’inizio come un cambiamento nella protagonista e l’avevo visto con favore, ma poi mi sono reso conto che si trattava solo di un contentino per il lettore.
Peccato: Viola era uno dei personaggi più interessanti e resi al meglio. Meglio di Alice di sicuro.
8) nessuna emozione. La storia mi è sembrata poco diversa da un elettroencefalogramma piatto;
9) salti temporali fra i capitoli che lasciano a volte interdetti (avesse l’autore il buon gusto di dividere il romanzo in parti, almeno una sua logica l’avrebbe avuta);
10) ma questa è la peggiore: ho avuto l’idea di capitoli scritti da almeno due persone; ho trovato cioè paragrafi che mi hanno dato l’impressione di essere diversi nello stile e nella scelta delle parole, come se fossero state mani diverse a scrivere. Se è opera di interventi dell’editor allora si tratta di uno che non ha capito che si deve rispettare lo stile dell’autore.

Giudizio finale: romanzo scritto apposta per partecipare al premio Strega. Detto tutto.

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WottaCambija Opinione inserita da WottaCambija    29 Gennaio, 2019
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La debolezza dell'anima

Il disagio. Questo libro esprime essenzialmente disagio dalla prima all'ultima pagina. E' una realtà cruda e a volte fastidiosa. Un peso che molte persone nella vita di tutti i giorni si portano appresso, come un fardello di cui non sanno e in alcuni momenti non vogliono liberarsi. I protagonisti di questo libro sono immersi nei loro disagi dall'infanzia alla maturità, dalla prima all'ultima pagina. Non è una fiaba. Nessuno spazio alla soddisfazione al senso di compiuto che ti lasciano le trame delle favole. Solo vita reale, nuda e cruda, montagne di complessi difficili da scalare. Tra le righe di questo romanzo però si legge anche il dolce sentimento di chi ha fatto della propria solitudine la sua migliore amica. Alcuni sentimenti vanno oltre a fatti e parole, esattamente come il rapporto che c'è tra i due protagonisti, due essenze fragili e due anime al limite della trasparenza e della dissolvenza.

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Consigliato a chi ha una forte sensibilità per saper leggere tra le righe anche quello che non c'è, e a chi ama immergersi nella mente umana. Consiglio di non vedere il film né prima né dopo. Solitamente i film che prendono spunto dai libri deludono, ma questo è veramente brutto ed è capace di intaccare nella sua bruttezza il libro stesso.
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Crudista Opinione inserita da Crudista    08 Marzo, 2018
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LA SOLITUDINE DEI NUMERI ULTIMI

LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI? se si continua così anche ultimi!
Mi ero riproposto trattandosi di un opera prima di usare guanti di velluto,
cosa difficile per me,
specie quando col guanto mi ci sentivo schiaffeggiato a ogni voltar di pagina.
Mattia e Alice protagonisti antieroi moderni, sono due personaggi che vivono un infanzia che Virginia Wolf in confronto è Pippi Calze lunghe, tra sorelle sperdute, gambe rotte e autolesionismo (anche per cancellare tatuaggi), non c'è neanche uno straccio di un doveroso psicologo ad aiutarli a superare il trauma,
ma indubbiamente lo psicologo sarebbe un segno di speranza!! esiliato!
Game of thrones? No, La solitudine dei numeri primi di Giordano,
un libro che mi hanno consigliato tutti, ottimo motivo per non leggerlo ma la tentazione fa il fratello unico, e Mattia lo sa bene.
Dopo i brutti fattacci adolescenziali Passano gli anni e si comincia a sperare in una redenzione nella maturità psicologica dei personaggi, sognando delle fenici che risorgono dalle ceneri che imparano ad amare anche le loro cicatrici...ma col cavolo! figurati!!
Per i due protagonisti la maturità è la sagra del mai una gioia!
E dove mancano alla storia nuove disgrazie per Alice e Mattia, il cinico scrittore risolve tramutando i suoi protagonisti inperfetti asociali e pieni di psicosi.
Così Mattia diventa un misto tra Leopardi e il contabile Silvano di camera cafè, e Alice diventa una bridget Jones al contrario, anoressica e distruggi matrimoni.
Ecco che lentamente a metà libro cominci a capire che Giordano si crogiola nel cercare di stupire il lettore con scenari sempre più depressi e desolati.
Certo i drammi infantili e adolescenziali li abbiamo avuti un po' tutti e tutti li portiamo per tutta la vita ma questo non ci tramuta per tutta la vita in sfigati cronici alla Paolino Paperino.
Unico barlume di speranza era la sorella menomata che poteva non essere morta e naturalmente cancellata subito.
Se Giordano avesse messo un cane nella storia a metà libro sarebbe morto investito.
Concludo dicendo che in un romanzo dove nessuno si salva, ma manco un vicino, il libro non è un percorso di vita, è un percorso di morte, sabbie mobili senza rami, un affogare col sorriso che lascia un vuoto ai lettori nelle ultime pagine che per superarlo dovremo andare in analisi noi!
Numeri primi? Visto l'andazzo facciamo anche ultimi!

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andrea70 Opinione inserita da andrea70    08 Gennaio, 2018
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Le certezze della solitudine

Alice, figlia di un agiato professionista, soffre la maniacale e persecutoria aspirazione paterna di farne una campionessa dello sci.
Mattia è il fratello fortunato di una gemella nata con un grave handicap.
L'insofferenza che tracima , il peso delle responsabilità, il disagio per certe situazioni familiari e sociali, il destino, fanno di Alice e Mattia due vittime, segnate per sempre nel corpo e nell'anima. Alice si infortuna in maniera gravissima rimanendo zoppa, Mattia abbandona la sorella in un parco per recarsi da solo ad una festa di compleanno di un amico in quanto si vergogna dell'handicap della sorella: non la ritroverà mai più.
Dolore, senso di inadeguatezza e rancore, dolore e senso di colpa li affliggeranno negli anni a venire.
Alice e Mattia si incontreranno da ragazzi, creando tra loro l'empatia di chi soffre , di chi si sente estraneo ai coetanei, crescono, cercano e raggiungono una loro gratificazione professionale , alieni alla socialità che li circonda, soli anche in mezzo ad una folla.
Ognuno dei due con i propri problemi di socializzazione, ognuno attratto dall'altro, ma per lasciarsi andare , per perdersi in un abbraccio senza inibizioni manca sempre qualcosa o c'è sempre qualcosa che turba uno dei due. Alice e Mattia si frequenteranno anche da adulti, ma per accettare di amare ed essere amati ci vuole coraggio, bisogna spogliarsi dentro , accettare l'incertezza del rapporto con un essere umano così importante.
Senza questo atto di coraggio ci si rifugia nelle certezze della propria solitudine .
Nessuno dei due riesce ad aiutare l'altro dandogli le certezze che non ha, si comportano prima da adolescenti impauriti , poi da adulti inariditi , fuggendo dalle possibilità che la vita ha messo loro davanti, viste dai due protagonisti come incertezze cupe e invalicabili preferendo rapporti meno coinvolgenti e profondi, liberi dal senso di responsabilità, dal bisogno reciproco e della paura che implica l'amore, quasi che l'eventuale fallimento di questi rapporti non possa essere vissuto come una nuova sconfitta.

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SabrinaRanieri Opinione inserita da SabrinaRanieri    15 Mag, 2015
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Una boccata di solitudine

Questo libro non è per tutti, per capirlo davvero, per assorbirlo, bisogna aver provato sulla propria pelle la solitudine. Può darsi che molte persone lo leggano e lo trovino noioso, niente di speciale o che i personaggi siano eccessivamente noiosi.
Io sono riuscita a leggere questo libro in due giorni e mezzo: non sento di averlo letto, ma piuttosto assorbito. L'ho letto in un periodo particolare della mia vita, in cui sentivo la solitudine fino a farmi male e questo libro è stato per me un rifugio; attraverso la vita dei personaggi si può capire che cosa significa la solitudine, la diversità, e quanto possa essere speciale, a mio avviso, essere dei "numeri primi" in una società di numeri perfetti e ordinari.
Se ne leggono tanti di libri nel corso della propria vita, ma pochi sono i libri che CI leggono; e questo è uno di quelli.
Concludo la mia breve opinione su questo romanzo con una citazione di Kafka che racchiude il modo in cui mi sono sentita mentre leggevo questo libro: "....che tu sia per me il coltello con il quale frugo dentro me stesso".

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Daffadillies Opinione inserita da Daffadillies    18 Febbraio, 2015
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Troppo vicini e troppo distanti

Questo libro mi ha permesso di ritrovare fiducia nella letteratura moderna; dopo anni di letteratura classica ho trovato la profondità che cercavo.
Paolo Giordano, incredibilmente giovane tanto quanto sensibile, è una grande promessa. La Solitudine dei Numeri Primi è indubbiamente costruito su più livelli. Se vogliamo limitarci a vederne la superficie, troviamo innanzitutto la storia di due bambini che condividono inconsapevoli una solitudine così profonda da sfociare in comportamenti autodistruttivi: l'autolesionismo per Mattia e l'anoressia per Alice.
Purtroppo questi argomenti creano una spaccatura tra lettori che non conoscono né possono cogliere la difficoltà di queste problematiche e quelli che ne capiscono bene le dinamiche grazie alla conoscenza, diretta o indiretta, delle due questioni. Sarebbe opportuno, piuttosto che un atteggiamento difensivo, adottare l'accoglienza di fronte a questo libro: Giordano descrive i fatti non schermandosi ma da dentro. Questo può non essere immediato, non tutti sono tanto empatici da passare al livello più profondo di questo libro ove è possibile, quasi richiesto, il lasciarsi andare alle emozioni dei personaggi, parola dopo parola, e sentirle con il cuore.
Ancora più in fondo troviamo le dinamiche profonde di due famiglie con enormi lacune emotive, il silenzio, l'ignoranza dei genitori verso l'identità dei figli, è quasi tangibile. Dinamiche che non potranno che ritrovarsi nella relazione tra i due, Mattia e Alice, ormai diventati grandi. Due anime profondamente legate ma mai abbastanza vicine da toccarsi davvero; nessuno ha insegnato loro a sopportare la paura di perdersi, la grandezza del loro legame non basta quando la paura di sentirsi soli, insieme, è molto più grande.
Un libro, l'unico libro, che ho letto più volte, che mi ha toccato come nessun altro.
Giordano sa toccare corde diverse, quelle dell'incertezza, della paura, della sofferenza che nella nostra società sono spesso viste come demoni da evitare.
Questo libro resta nel cuore, c'è tanta verità, lasciatevi cullare.

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ELEONORA FRACCARO Opinione inserita da ELEONORA FRACCARO    12 Febbraio, 2015
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Primi gemelli

La solitudine dei numeri primi, romanzo di Paolo Giordano, fa entrare il lettore in punta dei piedi nella vita di Alice e Mattia, due protagonisti legati da un rapporto che li tieni così vicini e, al tempo stesso, così lontani, come i numeri primi costretti a rimanere soli nello spazio di un frammento matematico.
“Nella serie infinita dei numeri naturali, esistono alcuni numeri speciali, i numeri primi, divisibili solo per se stessi e per uno. Se ne stanno come tutti gli altri schiacciati tra due numeri, ma hanno qualcosa di strano, si distinguono dagli altri e conservano un alone di seducente mistero che ha catturato l'interesse di generazioni di matematici. Fra questi, esistono poi dei numeri ancora più particolari e affascinanti, gli studiosi li hanno definiti "primi gemelli": sono due numeri primi separati da un unico numero. L'11 e il 13, il 17 e il 19, il 41 e il 43… A mano a mano che si va avanti questi numeri compaiono sempre con minore frequenza, ma, gli studiosi assicurano, anche quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatterà in altri due gemelli, stretti l'uno all'altro nella loro solitudine”.
Alice, dopo essere caduta su una pista da sci, diventa zoppa, mentre Mattia, superdotato nella matematica e gemello di Michela, soffrirà per la scomparsa della sorella, e assumerà atteggiamenti autolesionistici che lo porteranno a ferirsi con strumenti taglienti.
Alice e Mattia, sono rappresentati appunto come due primi gemelli, ossia “coppie di numeri primi separati da un solo numero pari, accomunati per singolarità ma destinati a rimanere distanti”. I due ragazzi si incontreranno, si cercheranno, si perderanno e si ritroveranno dopo diversi anni e dopo una vita che li tieni uniti da quello che è loro destino, il destino di tutti i numeri primi.

La solitudine dei numeri primi, a mio parere, è un bel romanzo delicato e terribilmente attuale, che disegna e colora le forme di due protagonisti così imperfetti e al tempo stesso “unici”. Tutta la storia racconta i loro turbamenti, i loro traumi e la loro incapacità di vivere appieno i loro successi. Sorprendente è la scrittura di Paolo Giordano, fluida, semplice ma efficace.

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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    10 Gennaio, 2015
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Urgono ripetizioni di matematica...

Se questo libro fosse una favola si concluderebbe con 'E vissero tutti tristi, soli ed insoddisfatti'...
E quando scrivo 'tutti' intendo proprio tutti... non solo i due protagonisti Alice e Mattia ma anche tutti coloro che ruotano intorno a loro.. e non s'intravede alcun spiraglio di luce, per nessuno.
Beh.. io sinceramente ho sempre immaginato i numeri primi in modo diverso, proprio per la loro particolarità, proprio per il fatto di essere numeri speciali, consci della loro singolarità, li ho sempre immaginati come dotati di una 'personalità' forte, decisa, autorevole... e non invece come 'numeri' che sentono il disagio di questa loro diversità tanto da isolarsi ed allontanarsi da tutti gli altri... anzi, se potessero, lascerebbero volentieri dei buchi, dei salti nella progressione dei numeri e fuggirebbero via al riparo da tutto e tutti per vivere la loro eternità in completa solitudine, magari all'ombra di una rassicurante radice quadrata...
Così come accade appunto ad Alice e Mattia; d'accordo, entrambi sono stati 'segnati' sin dall'infanzia da una brutta vicenda le cui ripercussioni si dilatano negli anni seguenti: Mattia si autocolpevolizza per la scomparsa della sorellina gemella avendola incautamente lasciata sola in un parco e ne sopporta poi il 'peso delle conseguenze' con la sua tendenza all'autolesionismo, Alice invece colpevolizza il padre per l'incidente che le ha praticamente paralizzato una gamba, rendendola una 'storpia' agli occhi degli altri, ma soprattutto ai suoi, e a cui cerca di 'porre rimedio' rifiutando il cibo e sfociando nell'anoressia.
Due numeri primi, quindi, nell'accezione del termine imposta dall'autore, due persone sole, ciascuna con la propria 'particolarità' che non vogliono condividere con nessuno perchè nessuno può comprenderli, nessuno è come loro... ed ogni volta che cercano di avvicinarsi, ogni volta che avvertono forte il desiderio di abbandonarsi l'uno nell'altro interviene sempre un pensiero, un dubbio, un'indecisione che fa perdere l'attimo, l'istante decisivo.. perchè è vero che "le scelte si fanno in pochi secondi e si scontano per il tempo restante".
Però, diamine, ci vuole pure una gran sfiga, eh! Perchè per quanto il destino sia in genere tendenzialmente avverso e mai favorevole, non può sempre andare tutto storto... più che numeri primi, siamo di fronte a numeri sfigati, come il 13 e il 17.. che neanche a farlo apposta sono pure numeri primi..
Sarà che poi non sopporto le persone poco reattive, cioè chi si lascia trascinare dalle difficoltà della vita senza mai reagire, senza neanche tentare di opporsi, di prendere una decisione in modo autonomo piuttosto che accettare passivamente tutto ciò che gli capita davanti... per questo non riesco a provare neanche simpatia verso i due protagonisti, in particolare Mattia.
In definitiva, un libro che si lascia leggere in modo abbastanza scorrevole ma che non lascia un messaggio degno di nota in chi legge, almeno nel sottoscritto.

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FediMons Opinione inserita da FediMons    30 Settembre, 2014
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La triste realtà

Che dire...veramente tante aspettative, forse troppe, e quindi una prevedibile delusione.
La storia si legge bene, parla di quel problema che attanaglia tutti ragazzi di oggi, e che non si risolve quando diventano uomini: la solitudine.
La solitudine si manifesta nei personaggi in modi diversi e sfocia in complessi e malattie difficili da superare, spesso impossibili, come nella realtà.
I personaggi sono molto complessi, come è giusto che sia dato che nessuno è in grado di conoscere se stesso veramente, figuriamoci gli altri. Spesso però questa complessità, durante la lettura, crea una velata noia che distoglie l'attenzione e non ti fa capire dove lo scrittore vuole arrivare.
Mi sarebbe di certo piaciuto un finale diverso, durante la lettura ho aspettato più volte un lieto fine, per questi ragazzi "sopravvissuti", ma nella vita, come nel libro, questo non arriva mai!

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diogneto Opinione inserita da diogneto    31 Luglio, 2014
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solitudo sola beatitudo?

Tutti lo leggono e ti senti fin stupido a non farlo pure tu! Allora ti avvicini al libro, lo compri, corri a casa e lo divori per rimanere con un pallone vuoto nello stomaco... poi ti viene in mente di vedere il film, cosa da non fare mai perché il film, come dicono tutti, è una delusione se prima hai letto il libro. E' un luogo comune come dire che i sequel fanno tutti pena se confrontati con il primo ma torniamo a noi...

La solitudine è un senso profondo che avvolge il libro e ti attanaglia la gola donandoti quella tristezza antropologica che, solo in pochi momenti della vita, può servire.

Il libro è scritto bene, pensate che è un opera prima, si fa leggere, come ho scritto prima, velocemente e volentieri... tratta di sentimenti pesanti che ti si piazzano sullo stomaco e non vanno nè su nè giù rimangono li dandoti fastidio la notte portandoti a pensare anche su argomenti che non senti vicino.

Ho detto tutto ed ho detto niente? Io di trama non ne parlo preferisco lasciar intendere il sottile filo che lega le vite dei personaggi! Poi, a voi l giudizio!

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Opinione inserita da Luca    03 Luglio, 2014

Bello sino ad un certo punto

Questo libro tratta un tema interessante: la solitudine. I protagonisti sono soli, ma scelgono di essere asociali, quindi non vengono rinnegati dalla società come spesso succede al giorno d'oggi.
"La Solitudine Dei Numeri Primi" è un romanzo che si presenta bene, tutto sommato. Essendo un primo romanzo, si notano alcuni alti\bassi durante il racconto. Ci sono parti che scorrono veloci, altre che vengono descritte con una tale precisione, da diventare quasi noioso. Il tema della solitudine viene trattato in modo brusco, portando esempi "al limite" della vita degli adolescenti, descrivendo talvolta alcuni eventi particolari con tale scioltezza da risultare apparentemente irrilevanti. Fatto sta che il libro rimane scorrevole, sino a che si parla dell'adolescenza. Quando, attorno alla pagina numero 120, si inizia a parlare dell'età adulta dei protagonisti, il libro diventa noioso. Anzi, Pesante, con la P maiuscola. Tutta la voglia di arrendersi, di mollare e di fuggire classica dell'adolescenza, viene riflessa nell'età adulta dei personaggi. Il racconto diventa macchinoso, senza avere più uno scopo o niente da raccontare. Sono pagine e pagine di parole, scritte a caso, che non vogliono più dire niente. I personaggi non si evolvono, rimangono al loro stato "larvale", senza cambiare atteggiamento. Per questo il libro diventa scialbo, senza dare l'appiglio giusto per continuare a leggere. Credo che Paolo Giordano volesse usare il linguaggio degli scrittori Giapponesi, come i primi dei Murakami, che usavano linguaggi crudi per descrivere situazioni realissime dell'epoca. Le situazioni che descrive l'autore, invece, sono praticamente fuori dal mondo, cose che non succedono. Mancano anche le descrizioni dei personaggi. Non si possono scrivere centinaia di pagine su due persone senza neanche dire come sono "fatte".

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MicheleZacca Opinione inserita da MicheleZacca    29 Mag, 2014
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POSITIVISSIMO.

Trovo questo libro a dir poco splendido, è diventato il mio preferito fin da quando sono arrivato al secondo capitolo. Ho capito che tipo di libro era, e, anche se talvolta descritto molto crudamente, lo trovo bellissimo. Mi è rimasto impresso soprattutto un atto di autolesionismo da parte di Mattia, il quale prese il taglierino e se lo portò dall'inizio della mano fino al polso, aprendosi il braccio. Ecco: quando immagino questa scena mi viene da rabbrividire subito, anzi, rabbrividisco. Il libro è scritto davvero molto bene, con termini colti ma allo stesso tempo facili da capire anche per un lettore che non ha un linguaggio molto dotto, quale potrei essere io, per esempio. Seppure spesso i bestsellers si rivelano una cosa "trita e ritrita", questo non lo è stato per nulla. Ho letto un altro bestseller sempre edito da Oscar Mondadori, di cui non faccio nome, e non sono riuscito a finirlo. Insomma, era tutto un fine a scopo commerciale, invece questo testo no. La solitudine dei numeri primi, seppure best seller, è un libro che deve essere acquistato pe r forza, a mio parere. Dà insegnamenti molto belli e porta le persone a capire anche di più sui problemi dell'autolesionismo o dell'anoressia, che sono spesso molto sottovalutati. Seppure i due protagonisti siano molto diversi da me, li ho sentiti molto vicini per il modo che Giordano li ha descritti. Insomma, quando loro provavano tristezza, in un certo senso la provavo anche io. Mi ha coinvolto tanto questo libro.
Ho visto anche la trasposizione filmica di questo testo, ma non ha nulla a che vedere con il libro. Il film ha reso abbastanza stupida la trama e priva di senso logico, saltando degli episodi che invece sono importantissimi, che chi non ha letto il libro non potrà mai venirne a conoscenza, e questo dispiace molto.

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Consiglio a tutti la lettura di questo libro, solo se avete un minimo di maturità.
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F.Angeli Opinione inserita da F.Angeli    12 Mag, 2014
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IL DRAMMA DELLA SOLITUDINE

Raccontare una storia che tocchi le corde del cuore e che resti impressa nei ricordi di chi la legge non è cosa da poco: Paolo Giordano è riuscito nel suo esordio a dare vita a un libro con la L maiuscola, degno del premio strega che ha vinto. Le storie drammatiche di Mattia e Alice danno luogo a un senso di morbosa curiosità di conoscere l'andamento della storia e allo stesso tempo di avversione a concluderlo, la storia riesce a coinvolgere tanto da leggerla più lentamente.
Ogni capitolo è segnato da un particolare evento, quasi sempre drammatico, dando forma a una realtà purtroppo molto verosimile; nel libro vengono trattati temi come l'anoressia, l'autolesionismo,
il bullismo (la scena della caramella è davvero forte), l'accettazione dell'omosessualità e ovviamente la solitudine, che non è relativa solo ai protagonisti, anche i personaggi che interagiscono con loro convivono con questo problema, Denis a causa della sua omosessualità, Fabio e Nadia per il rapporto sentimentale sofferente che vivono con i due protagonisti. Il tutto viene plasmato in un'ambientazione che viene descritta secondo le percezioni dei personaggi presenti (un foglio di carta secondo il punto di vista di Mattia è uno strumento affilato per infliggersi lesioni).
Un libro che in cui i protagonisti sono abbastanza diversi da noi, ma con cui soffriamo e compiangiamo le sventure delle loro condizioni, i loro allontanamenti dalle persone e i loro disagi emotivi.

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Ci vuole una certa maturità per comprendere pienamente e apprezzare il libro, se non la si ha potrebbe non piacere.
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maria76 Opinione inserita da maria76    18 Marzo, 2014
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Pregi e difetti di un’opera prima

Non male per essere un’opera prima di un ragazzo classe 1982. Scrittura limpida e scorrevole a tratti quasi avvincente.
Mi ha lasciato tuttavia l’impressione che la stesura iniziale del romanzo, o semplicemente la storia che l’autore avesse in mente di scrivere, abbia perso per strada interi pezzi della narrazione.
Salti temporali, spunti interessanti non ripresi, danno l’idea di un libro che non ha saputo o voluto cogliere le potenzialità della sua originale idea.

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mia77 Opinione inserita da mia77    02 Dicembre, 2013
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La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano

La storia di due numeri primi gemelli e della loro vita: si sfiorano di continuo, senza incontrarsi mai veramente. Questo romanzo, premio Strega e premio Campiello ( non sarà stato un pò sopravvalutato?) tratta il tema dell'inadeguatezza, fisica o mentale, dei protagonisti. Alice, Mattia e Michela sono dei "disadattati" e si sentono sempre inadeguati, come spesso accade a ciascuno di noi. La trama è semplice, il romanzo è abbastanza scorrevole, ma c'è sempre un'angoscia di fondo che non ti abbandona mai. Non che ogni romanzo debba essere per forza allegro, ma così è un pò troppo... La prima volta che l'ho letto non mi è piaciuto per niente. In questi ultimi tempi l'ho riletto e devo dire che sono riuscita ad arrivare alla fine in poco tempo, però non l'ho rivalutato. Non è sicuramente un romanzo che consiglierei.

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maria68 Opinione inserita da maria68    19 Novembre, 2013
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incapacità

  "c'era uno spazio tra di loro, i cui confini non erano ben delineati, dove sembrava non mancare nulla e dove l'aria pareva immobile imperturbata"  

Ed è l'aria che manca in queste pagine, cariche di una drammaticità inaudita che trasuda da ogni pagina.   Alice e Mattia con le loro vite spezzate da un destino crudele: l'incapacità di emozionarsi, di amare, di perdere il controllo è ciò che manca a loro, ma anche il coraggio di provare a voltare pagina.
La rabbia, il senso di colpa inespresso, talmente radicate, fungeranno da fondamenta per quel solido muro di confine che li separerà dal mondo esterno. Un mondo esterno, carico di vita, di amore, di colore che loro continueranno a rifiutare a dispetto di tutti.  
Con prepotenza emerge l'immobilismo dei genitori, impreparati ad ammettere che esiste un problema e che ciò andrebbe affrontato con i giusti mezzi per imparare a perdonare e perdonarsi.  
Il tempo scorre inesorabilmente, lasciando dietro di se tutta l'amarezza per Alice, Mattia e i loro genitori che con i loro silenzi non hanno saputo prendersi per mano e attraversare insieme quel tunnel buio che li avrebbe condotti verso la via della speranza per una esistenza migliore.

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T.D. Lemon Opinione inserita da T.D. Lemon    01 Novembre, 2013
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REDENZIONE NEL 2013

Due persone, un uomo e una donna legati da episodi tragici in una età dove tutto si ricorda e nulla si scorda.
Mattia e Alice appunto hanno avuto ognuno il suo trauma infantile e li, ahimè, per loro sono rimasti in gabbia per tutta la vita, senza il minimo segno di reazione.
Interessante come Giordano struttura il romanzo, un capitolo per uno, dando equo spazio sia alla storia di Mattia che a quella di Alice: storie che in alcuni pezzi si uniscono dando vita ad una scrittura superiore, rendendo giustizia al vero intento di quella scrittura, infatti, durante la lettura del libro si percepisce sempre quest’attrazione, esigenza, che il libro ha di fare stare insieme quei due: Mattia e Alice.
Lo scrittore è abile a descrivere i problemi psichici dei personaggi che purtroppo sono sempre più frequenti nei nostri “tempi moderni” e parliamo di: anoressia, autolesionismo, misantropia, insomma vere e proprie patologie che per chi in minima parte conosce ( per esperienza diretta o indiretta) sa che alcuni traumi infantili o rapporti conflittuali con i genitori possono sfociare in vere e proprie malattie.
Ammetto che non è un libro per tutti e che ci vuole una certa sensibilità per “reggere la botta” che l’autore ci da, un colpo fatto di angoscia,ansia, malessere, un pugno nello stomaco in grado di farti mancare l’aria.
Ammetto di essere entrato talmente tanto in empatia con Mattia e Alice che ad un certo punto del romanzo ero arrabbiato e urlavo in silenzio :” andate in terapia, fatevi aiutare” come se qualcuno, lì, potesse sentire il mio consiglio. Mi sono sentito uno sciocco.
Poi ho pensato a Troisi in ricomincio da tre e alla celebre frase che disse a Robertino :
“ … tu devi uscire, ti devi salvare, t'hanno chiuso dint' 'a stù museo, tu devi uscire, và mmiezo 'a strada,
tocc 'e femmene, va a arrubbà, fa chello che vuo' tu!"
ed è stata come acqua nel deserto per me. Ah!! la superficialità. Alcune situazioni andrebbero affrontate con quest’arma ma non a tutti è concesso il lusso di saperla usare.
E cosi alla fine del libro, scrivendo il commento ti ritrovi a contare le lettere del nome Mattia poi quelle di Alice e scopri che il risultato è undici,un numero primo.

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Martiii08 Opinione inserita da Martiii08    19 Settembre, 2013
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CADERE E' ANCHE SAPERSI RIALZARE

"Il mondo è pieno di gente che si assomiglia. Pieno di casualità stupide ed insignificanti. [...] L'unica cosa certa era che lui era tornato e che lei avrebbe voluto non se ne andasse più."

Molte volte mi sono trovata davanti alla fatidica domanda "Ma tu, se dovessi consigliarmi un libro, cosa mi consiglieresti?", e molte volte mi sono trovata nelle condizioni di rispondere, senza pensarci neanche su, "La solitudine dei numeri primi". In realtà, avrei voluto che ci fosse stato qualcuno a farlo per me, in modo da poterlo leggere subito e da rendermi conto del capolavoro che avevo davanti. Ma nessuno, ahimè, mi ha mai dato questo input. Ebbene oggi lo faccio io, o almeno ci provo, per quanto è nelle mie possibilità tra 397 opinioni utili ed interessanti. Non parlerò della famosa metafora sui numeri primi che si legge dappertutto, bensì di quanto questo libro mi abbia cambiato la visione di molte cose. I due protagonisti, Mattia e Alice, non sono i classici personaggi che ci si aspetterebbe di trovare in un romanzo. I classici adolescenti dalla vita perfetta, dal sorriso facile e dagli amici infiniti. Giordano ha scelto di incentrare la sua storia su due ragazzi dal passato difficile e tortuoso. Alice e l'incidente, la sua gamba zoppa, e poi c'è Mattia, il terribile senso di colpa dovuto alla scomparsa della sorellina disabile che gli ha stravolto l'esistenza. Apparentemente è Mattia il più disastrato, ma anche Alice ha i suoi problemi: è spesso vittima di bullismo e la famiglia non sembra capirla. E poi ci sono Viola, Soledad, Denis, e il tempo, quel tempo che va di fretta e sembra sempre faccia di tutto per volerli dividere. Ma in un modo o in un altro, la vita trova sempre il modo di mettere qualche toppa. Un romanzo tutto da scoprire, che insegna che a volte, anche se le cose non vanno sempre come si vorrebbe, bisogna trovare la forza di rialzarsi.
Un grande grazie a Paolo Giordano.

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McLennon Opinione inserita da McLennon    27 Agosto, 2013
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Mah...

La storia tra Mattia e Alice è sofferta, sono due poli che si attraggono senza mai riuscire a toccarsi, sono vittime di un dramma che li ha menomati ma che allo stesso tempo li rende unici; in generale il romanzo trasmette un profondo senso di malinconia ed è pervaso da una generale sensazione di infelicità.

Nel complesso non mi ha entusiasmato..non so..non mi ha catturato vuoi per la trama che ho trovato inconcludente, vuoi per lo stile narrativo che mi è parso lento a parte qualche sporadico caso soprattutto all'inizio subito dopo la sparizione di Matilde; tuttavia è risultato una lettura scorrevole e fluente.

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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    30 Luglio, 2013
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Acronimo

Lui si chiama Mattia Balossino, lei
Alice della Rocca: entrambi sono accomunati da una

Storia di sofferenza infantile. Mattia si sente causa
O responsabile della scomparsa della sorella handicappata;
Lei, Alice, per compiacere le ambizioni del padre, subisce un
Incidente praticando lo sci, che odia, e rimarrà zoppa.
Tutti e due sviluppano senso di inadeguatezza che li relega in
Una condizione di solitudine e
Di incomunicabilità. Le vicende successive della vita
Imporranno a entrambi un destino difficile: di anoressia
Nervosa per Alice, di autolesionismo per Mattia.
E l’amicizia sincera tra i

Due è destinata a non concretizzarsi
E a rimanere confinata
In un imbarazzato rapporto di affinità intellettuale.

Nonostante il matrimonio fallito di Alice, nonostante
Un’esperienza estera trionfale da ricercatore universitario per
Mattia, i due avranno un’occasione per incontrarsi ancora
E forse superare la barriera che li separa. Ma capiranno che
Rimane un diaframma tra di loro, che sono proprio come
I numeri primi gemelli.

Premio Strega e Premio Campiello opera prima nel 2008,
Rimane nel mio cuore un libro unico, come unici sono
I numeri primi della metafora matematica di vicenda e titolo.
Mi sono piaciute storia e stile di un autore che ho
Incontrato e conosciuto alla presentazione de “Il corpo umano”.

P.S.: i numeri primi gemelli (il 2760889966649 per Mattia e il 2760889966651 per Alice) sono solitari e isolati, ma vicinissimi fra loro in quanto separati da un solo numero. I protagonisti del romanzo, pur accomunati da caratteristiche personali e attratti l'uno verso l'altra, non riescono mai a convergere perché si sentono divisi da un ostacolo invisibile, probabilmente connaturato alla loro essenza umana.
Un’altra magica rappresentazione del concetto “ogni uomo è un’isola”…

Bruno Elpis

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piccicuia Opinione inserita da piccicuia    16 Mag, 2013
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PRIMI GEMELLI

2760889966649

E' un numero primo che difficilmente qualcuno abbia mai preso in considerazione. Evidentemente Mattia non era “qualcuno”. Mattia era quel numero. Un numero primo!
Quindi divisibile soltanto per uno o per se stesso.
“I numeri primi se ne stanno al loro posto nell'infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi”
Mattia è un ragazzo dal cervello assai pieno. Pieno di cifre e numeri che si accavallano fra loro alla ricerca di una mera spiegazione. Mattia è bravo a trovare spiegazioni, così come tenta in ogni modo di restarsene da solo rimpiangendo il suo triste passato.
Mattia ha fatto qualcosa di brutto e la solitudine per lui, rappresenta senz'altro la più triste delle pene, ma la più efficace.... Ma Mattia, da intelligente matematico quale è, sa benissimo che il suo numero ha un gemello.
2760889966651. E' il numero che affibbia ad Alice. Anche lei un numero primo. Anche lei con un passato brutto. Qualcosa che ha segnato per sempre la loro vita. O meglio, la loro solitudine.
Numeri primi a cui sarebbe tanto piaciuto essere come tutti, solo dei numeri qualunque.
Ma che non ne erano affatto capaci. I loro di numeri sono PRIMI GEMELLI.
“Sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché fra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero”

Questo stupendo romanzo mi ha fatto trascorrere due o tre giorni tristi. Non lo consiglio a coloro che cercano qualcosa di più frivolo o semplice, perché questo romanzo non ha nulla di semplice. Lo stile è scorrevole certo, ma il contenuto è davvero tanto profondo quanto malinconico.
E il finale poi............. Mi ha lasciata più che esterrefatta!!!
Di certo, il libro lo lascerò a polverizzarsi nella mia libreria per un bel po' prima di riprenderlo. E lo farò solo quando sarò triste, così mi risolleverò un po' vedendo che c'è gente che se la passa anche peggio....

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Nanà_ Opinione inserita da Nanà_    19 Aprile, 2013
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Vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero.

Mattia e Alice. Personaggi complessi, dalle mille sfaccettature, la cui psicologia è resa dall'autore in maniera semplice e lineare, fino al finale.
Interessante è il personaggio di Mattia, tormentato dal passato, rintanato in se stesso e infinitamente solo. Vive di matematica, incapace di fargli del male, in continua fuga dal mondo e da ciò che potrebbe renderlo felice. Alice: "stanca, di quella stanchezza che sa dare solo il vuoto", l'emblema dell'incomprensione e dell'arrendevolezza.
Storia meravigliosa, concetti profondi resi con uno stile semplice, molto scorrevole.

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valeceleste Opinione inserita da valeceleste    27 Marzo, 2013
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I numeri primi

IL TESTO CONTIENE SPOILER.
Buon libro (finito in meno di una settimana) che indaga sulla vita ai margini di Alice e Mattia, due esistenze segnate da profondi traumi infantili mai risolti. L'analisi sui personaggi è molto approfondita (soprattutto della controparte maschile, Mattia) e molto bella e calzante l'analogia con i numeri primi, sperduti e separati tra loro all'interno dei numeri naturali. Lo stile è ricercato ma senza troppi stancanti virtuosismi (così irritanti da parte dei giovani letterati). In generale è una buona opera, piacevole e apprezzata maggiormente da chi si sente in un certo suo senso speciale e reietto nei confronti della società e degli altri. Unica cosa che mi ha deluso è l'improvvisa e non certa ricomparsa del personaggio di Michela, ormai adulta, questa cosa mi ha un pochino deluso perchè ero rimasta affascinata dalla scena iniziale in cui la sorella gemella scompare nel nulla, come inghiottita dal parco. Questa improvvisa ricomparsa, che poi non provoca nessuna conseguenza nella vicenda, mi ha lasciato stranita e mi ha tolto parte di interesse nei confronti del romanzo. Sarebbe stato bello poi che il rapporto fra Alice e Mattia, almeno nel finale, si evolvesse maggiormente, invece semplicemente un bacio? Non so. Poi chiaramente va a gusti e a sensazioni personali.
Nel complesso lo consiglio.

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S. Opinione inserita da S.    01 Marzo, 2013
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Il finale è scadente

E' un gran bel libro, ma il finale è scadente! Sono rimasta delusa, aspettavo un finale diverso. Certo, allude al fatto che non ha più bisogno di nessuno per andare avanti, che ormai è forte, ma non mi ha emozionato più di tanto. Comunque credo che sia un libro da leggere, mette in evidenza tanti problemi della società di oggi quali la solitudine, la sofferenza, problemi come l'anoressia e farsi del male. Secondo me da un insegnamento e cioè i problemi non si possono risolvere nascondendosi dietro una maschera, anzi li potrebbe maggiormente aggravare, quindi bisogna andare avanti con tutto te stesso anche se non hai più forze per farlo.

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farma70 Opinione inserita da farma70    26 Febbraio, 2013
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Ghiaccio.....

Se dovessi paragonare le figure di Alice e Mattia ad un qualsiasi oggetto, non avrei dubbio li paragonerei a del ghiaccio: freddo ed ustionante......, infatti per tutta la durata del romanzo i protagonisti sono immersi e dispensano gelo e, chiunque tenti di "toccarli" , o meglio, di "toccare" la loro personalità ne rimane ustionato. E' capibile che una parte dei loro dolori siano stati causat,i in un caso da un padre padrone (ma quanti ce sono) e dall'altra da da genitori inconsapevoli nell'accettare che per Mattia e Michela si dovevano sviluppare scelte educative diverse.....ma questo, a mio avviso, non giustifica completamente il loro comportamento da adulti.
Leggendo le varie recensioni non ne ho trovata una che parli ad esempio delle figure rispettivamente di Fabio e Nadia, io li ho trovati disarmanti nel loro tentativo di amare persone troppo difficili ed egoiste, specie Fabio, in fondo non chiedeva troppo da una moglie e dalla vita stessa.....ma ne è rimasto "ustionato" e mi chiedo era poi giusto rovinargli la vita a quel modo?
Comunque un buon libro, scritto bene e scorrevole, ne consiglio vivamente la lettura.

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Taip Opinione inserita da Taip    22 Gennaio, 2013
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Un uomo solo è sempre in buona compagnia

Avevo voglia di rileggerlo, volevo rivivere quella sensazione di complicità e meraviglia che ebbi la prima volta che incontrai la storia di quel allora esordiente Paolo Giordano. Ci aveva stupito un pò tutti, noi che pensavamo con un pò di arroganza e superficialità che un fisico non potesse che ragionare con la matematica infallibilità della scienza; ci aveva colti impreparati, messo in dubbio le nostre certezze; bisogna ammetterlo con "La solitudine dei Numeri primi" era riuscito tramutare in scritto la storia che la maggior parte di noi aveva dentro ma non risuciva ad esprimere a parole. E' uno di quei libri che ognuno di noi vorrebbe poter aver scritto;parla della solitudine delle persone di talento; della maggioranza silenziosa, che esiste ma è annullata dall'esibizionismo e dalla sfrontatezza di chi ha un pò meno talento, un pò meno intelletto, ma sa vendersi negli affari del mondo un pochino meglio e con la sicurezza di chi sa di non avere nulla da perdere. Non c'è peggior cosa che sentirsi speciali in questo mondo, perchè anche inconsapevolmente ci creiamo barriere e muri difficili da abbattere:Quante volte come Giordano ci insegna, passiamo accanto a persone con la nostra sofferenza, il nostro stesso senso di smarrimento e vuoto; ma come dei perfetti numeri primi non ci tocchiamo mai; cosi puri e leggiadri da essere unici anche nella nostra stessa emarginazione. Non voglio fare il riassunto del libro, non voglio togliere a chi ha avuto la colpa di non averlo ancora letto la meraviglia nel vedere che questo libro come sempre i piu belli, parla soprattutto di lui,di Noi. Voglio dire ai piu critici e disillusi che sono presenti,che spesso ci lamentiamo del nostro bizzarro paese, dei suoi personaggi da cabaret, di piccoli servi del potere, di ammaestrati del pensiero;ma tanto piu sovente ci dimentichiamo di rendere merito e salvaguardare chi ci rende orgogliosi di vivere in questa straordinaria penisola; bè Paolo Giordano è la miglior risposta al grigiore che ci eravamo abituati;è una luce in fondo al tunnel, volutamente una perchè a mio parere tante altre aspettano solo che gli sia data fiducia......

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Giraffa Opinione inserita da Giraffa    22 Gennaio, 2013
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Bellissimo libro

C'è chi pensa che sia un libro pesante da leggere a causa della storia da molti considerata non adatta a tutti. Io penso che nella lettura non ci debbano essere limiti di età. Come in ogni recensione, ci tengo a precisare che ho solamente quindici anni. E' una storia straziante, triste, ma che coinvolge. Sembra quasi che l'autore voglia trascinarti dentro la storia, e tu cerchi tutto d'un fiato di finire il libro per uscirne fuori. Ottimo, davvero. Lo consiglio vivamente.

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nannarè Opinione inserita da nannarè    29 Dicembre, 2012
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dolceamaro

Due giorni e due eventi, anzi, due tragedie, hanno cambiato per sempre la vita di due bambini, poi adolescenti, poi adulti. Alice e Mattia crescono con il peso della loro infanzia, dei loro segreti, con il dolore di non essere compresi e perdonati dai loro genitori. diventano così due numeri primi che, purtroppo, vorrebbero stare vicini e uniti per sempre ma tra di loro ci sarà sempre un altro numero a separarli. il finale è amaro ma dopotutto, le leggi matematiche non possono essere confutate....neanche dai sentimenti.

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moira Opinione inserita da moira    14 Dicembre, 2012
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stupendo

ho trovato questo libro speciale, perche i protagonisti si sentono diversi e quindi esclusi da chi li circonda e io mi ci sono immedesimata molto e ho provato molta tristezza e compassione per loro, non solo nei due giorni in cui ho letto il libro, ma ancora adesso, che sono passati due mesi, quando sento il nome Alice o Mattia, sento qualcosa dentro che mi fa commuovere e emozionare.
è una storia emozionante e capace di far aprire gli occhi a molta gente.

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kudra276 Opinione inserita da kudra276    01 Dicembre, 2012
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argomento importante ma trattato in modo triste

mi ha lasciato un senso di angoscia questo libro. Davvero non ho capito tutta questa malinconia e tristezza che non porta da nessuna parte. Ma forse l'adolescenza è così e l'ho dimenticato.
L'argomento è importante e forse la storia è in qualche modo vera, ma un po' di ottimismo nella vita non guasterebbe mai, qui manca la speranza.
Consiglio comunque la lettura del libro perchè i libri vanno letti tutti e tentare di capire e leggere tra le righe. Qualcuno ci si può ritrovare e scoprire la sua verità.

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LuigiDeRosa Opinione inserita da LuigiDeRosa    26 Novembre, 2012
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Alice e Mattia

Paolo Giordano scava nelle paure e nelle debolezze di due ragazzini Alice e Mattia, racconta il loro disagio nel rapportarsi col mondo degli adulti è il caso di Alice che non sopporta le imposizioni paterne, e di Mattia che è chiamato ad occuparsi della sorella Michela che a causa di un handicap mentale non è autonoma, ma il fratello in un episodio cruciale della storia,l'abbandona nel parco. Gli adolescenti di Giordano sono completamente diversi da quelli descritti in altri romanzi come "Bianca come il latte rossa come il sangue" o "Tre metri sopra il cielo" , hanno, a mio modesto parere, qualcosa in più: sono imperfetti e vivono con i piedi ben piantati a terra."Sono numeri primi" non fantasie. L'altro punto di forza di questo romanzo è il linguaggio, studiato, nulla è lasciato al caso, ne i tempi e nemmeno , per dire, le subordinate,un vero maestro questo scrittore torinese,peccato solo che , come spesso accade, da questo romanzo hanno tratto un film che non rende la bellezza del romanzo.

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La solitudine dei numeri primi
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Opinione inserita da andrea    17 Novembre, 2012

Quando la matematica diventa simbolo dell'animo

Ho letto questo libro due anni fa, a 13 anni, e sin dalle prime pagine mi sono innamorato di questo capolavoro. Questo romanzo racconta la vita di due ragazzi, Alice e Mattia, "vicini ma non abbastanza per toccarsi davvero", come i primi gemelli, coppie di numeri primi separati solo da un numero pari, come 3 e 5, 11 e 13, 17 e 19 e così via. Questa metafora, che io trovo geniale, dimostra che la matematica non è una disciplina fredda come molti pensano, ma può assumere anche un significato poetico, arrivando ad affascinare ed emozionare. Altra importante peculiarità del libro è che esso tocca numerose tristi problematiche della società attuale, soprattutto dell'adolescenza: il difficile rapporto tra genitori, e figli, le trasgressioni giovanili come l'alcol e la droga, la solitudine, l'anoressia, l'autolesionismo. Altri temi toccati sono l'autismo,la situazione dei "cervelli in fuga", i problemi di coppia, l'omosessualità. Sono rimasto affascinato dal personaggio di Mattia, un genio incompreso, asociale, autolesionista, che rifiuta molte convenzioni sociali (come prendere la patente), che in ogni fenomeno che osserva si ricollega alla matematica. Mi è piaciuto molto lo stile, moderno, scorrevole, talvolta vicino alla lingua parlata e con toni un po' rudi. Non dimenticherò mai questo libro. Definirlo stupendo è poco.

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giulia89 Opinione inserita da giulia89    18 Ottobre, 2012
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NUMERI PRIMI GEMELLI: VICINI MA NON ABBASTANZA PER

SPOILER

Numeri primi gemelli: vicini ma non abbastanza per toccarsi, questi sono Alice e Mattia. La prima rovinata nel fisico a causa di un incidente sulla neve. Una bambina che non riusciva ad assecondare le aspettative del padre e poi un'adolescente e un'adulta che vive una vita in bilico tra il sentirsi fuori posto e il sentirsi finalmente nel posto giusto.
Il secondo invece ha una storia troppo difficile da raccontare e da sostenere: una gemella, ritardata mentalmente, abbandonata nel parco e mai più ritrovata. Con un'intelligenza di gran lunga sopra la media, si rifugia nell'ordinato mondo dei numeri dove tutto è c.v.d. (come volevasi dimostrare).
I numeri primi gemelli sono divisibili solo per uno e per se stessi e hanno solo un numero che li tiene separati, come un crudele scherzo del destino che vuole tenere lontane due cose troppo uguali...per questo Alice e Mattia non possono incontrarsi davvero.
Sarebbe stato troppo semplice e banale far mettere insieme i 2 protagonisti e probabilmente, il 90% dei lettori sarebbe stato più soddisfatto ma a mio avviso, la vita non preserva sempre un "vissero per sempre felici e contenti" e questo romanzo lo dipinge con realistica crudeltà.
In molti decidono di non rischiare, di non abbandonare il mondo ordinato che faticosamente ci si costruisce nel corso di una vita anche se è l'amore, quello vero, che ti chiama.
Per quanto riguarda il finale, dopo aver letto vari commenti, mi aspettavo di rimanere delusa, mi ero già preparata psicologicamente e invece, a mio avviso questo romanzo non poteva avere un finale più azzeccato.
Conforme con il titolo è il finale... i numeri primi sono divisibili solo per se stessi...

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marty96 Opinione inserita da marty96    14 Agosto, 2012
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CATTIVO .... MA REALE

“Alice Della Rocca odiava la scuola di sci.” Inizia così il romanzo d’esordio di Giordano che alcuni di noi hanno letto in questo mese.
Il libro racconta la storia di Alice e Mattia, la prima ha sette anni e frequenta una scuola di sci, pur non mostrando alcuna attitudine allo sport non ha il coraggio di affrontare il padre che ripone in lei grandissime aspettative, una mattina, però, Alice si stacca dal gruppo, esce di pista finendo giù per un dirupo, la bambina in seguito all’incidente rimarrà zoppa. Il secondo, Mattia, è un bambino intelligentissimo al contrario la sorella gemella Michela è ritardata, la presenza costante della bambina isola Mattia dai coetanei che lo ritengono molto strano…
Un giorno inaspettatamente Mattia riceve un invito alla festa di compleanno di un bambino, il nostro protagonista vorrebbe andare da solo ma obbligato dalla madre a prendere con sé Michela, decide di lasciare la sorella nel parco con la promessa di tornare a prenderla, purtroppo però la bambina sparisce e non viene più trovata dai genitori. In seguito a questi traumi infantili si innescano nelle menti dei bambini particolari reazioni. Alice soffre di anoressia e viene continuamente presa in giro dai compagni per il fatto che zoppica, un giorno però viene accolta sotto la protezione di Viola, la compagna più bella della classe, e aiutata da lei cerca di fare colpo su Mattia, che nel frattempo si è chiuso ancora più in se stesso e spesso ha pericolose tendenze autolesioniste.
Nonostante le problematiche di questi ragazzi i due riescono a legare molto bene, prima diventano buoni amici e poi scoprono qualcosa di più profondo nel loro rapporto, purtroppo nessuno dei due avrà mai la tenacia e il coraggio per combattere e riconoscere il loro reciproco “amore”. Quella di Alice e Mattia è una relazione molto particolare ognuno si limita a vivere nella propria autonomia e individualità ma nello stesso tempo entrambi si cercano disperatamente. Questo accade anche dopo il liceo quando Mattia decide di iscriversi alla facoltà di matematica e Alice, che in un primo momento, sotto l’influenza del padre, decide di proseguire gli studi, diventa fotografa.
Nello stesso periodo Fernanda la madre di Alice si ammala di cancro e viene ricoverata in ospedale, qui Alice incontra Fabio un dottore molto giovane con cui lega abbastanza velocemente. Dopo la laurea viene offerto a Mattia un lavoro in un università del Nord Europa, il ragazzo non sa se accettare e in questo contesto che Mattia racconta ad Alice di Michela. Dopo una discussione fra i due protagonisti Mattia decide di accettare l’offerta di lavoro e si trasferisce. Dopo qualche anno Alice si sposa con Fabio, un matrimonio il loro che declina lentamente, Fabio infatti desidera un figlio che però purtroppo non arriva, per questo motivo si vanno a formare delle tensioni nella coppia che vanno a sfociare in una inevitabile separazione. Alice nel disperato tentativo di riassemblare i pezzi di una vita coniugale dilaniata corre in ospedale da Fabio, ma invece di trovare il marito intravede una ragazza che somiglia tantissimo a Mattia, così le riviene alla mente Michela e sull’onda di una soddisfazione personale per aver ritrovato la gemella del protagonista invita Mattia a tornare in Italia. Anche se il ragazzo non sa il motivo dell’avviso si reca da Alice, ma questa non avendo il coraggio di raccontare la scoperta a Mattia si limita a passare un piacevole pomeriggio con lui. Nel frattempo il protagonista consegue grandi successi nel mondo del lavoro e una sera conosce una ragazza Nadia con cui avrà un piccola storia. Il libro termina con la separazione dei due ragazzi che però sono pronti l’una ad affrontare la separazione dal marito e l’altro a iniziare una nuova vita.
La storia è ambientata in Italia precisamente a Torino anche se l’autore non fa rifermino al capoluogo di regione piemontese lo si può intendere attraverso i monumenti e/o gli edifici citati come la chiesa della Gran Madre dove si è sposata Viola, la basilica di Superga oppure l’ospedale di Maria Ausiliatrice dove è ricoverata Fernanda.
Mattia Balossino è un ragazzo intelligentissimo e molto particolare, infatti, racchiude in sé tantissime problematiche. Segnato da un trauma infantile è caratterizzato da una personalità estremamente riservata, chiusa in se stessa, sfugge al mondo reale per nascondersi in un mondo di numeri, è un ragazzo molto insicuro, fragile ma determinato questo si vede dalla tenacia con cui ha risolto il problema da inserire nella tesi sfidando la poca fiducia che riponeva in lui il professore, lo si può definire un ragazzo vuoto non perché insensibile ma perché non ha affetti derivanti dal mondo esterno. Questa situazione in parte se l’è creata da solo scavando un fossato intorno a lui e impedendo agli altri di oltrepassarlo. Alice e la matematica sono forse le poche ragioni che lo tengono invita. È un ragazzo morso dai sensi di colpa cerca di esternare i suoi sentimenti e le sue sofferenze in occhiate fugaci o attraverso atti di autolesionismo.
Alice la incontriamo per la prima volta all’età di sette anni, purtroppo non ha il coraggio di ribellarsi al padre che la vorrebbe precoce campionessa di sci e che tutte le mattine, invece di consentirle di godersi le vacanze in montagna, la trascina in un campetto, affidandola ad un maestro di sci insieme ad altri bambini della sua età. Si sente particolarmente inadeguata e goffa e vive la situazione come una terribile costrizione, in seguito riterrà responsabile del suo incidente il padre. È una ragazza compatibile con Mattia, forse fin troppo compatibile. È sola, ma non fa niente per integrarsi, non si accetta e non si vuole bene, combatte contro il cibo per raggiungere lo stereotipo di Viola, ma nello stesso tempo comprende da sola di non essere adeguata a quel ruolo, è impacciata nelle nuove relazioni, ha un rapporto difficilissimo con il padre e anche con la madre a cui non attribuisce nessuna colpa se non quella di aver sempre taciuto accondisceso le scelte educative del marito senza mai esprimersi, forse Alice è così insicura e fragile anche per non avere avuto due figure importanti nella fase sia infantile che adolescenziale, infatti, viene presa in considerazione dal padre solo quando si parla, da bambina di sci e da grande di università, i genitori non ascoltano la figlia e non tentano di capirla anche se si preoccupano per il suo continuo rifiuto nei confronti del cibo. Alice incarna tutti i problemi degli adolescenti ( disturbi alimentari, disturbi della personalità, conflitti tra genitori, inadeguatezza nei confronti del gruppo amici) senza però avere la tenacia e il coraggio necessari per affrontarli.
Michela è la sorella di Mattia non la si può analizzare psicologicamente in quanto ritardata mentale, ma si può prendere in considerazione il suo ruolo nella vicenda. Come già detto è la gemella del protagonista, la ragione per cui Mattia si torturerà tutta una vita, il rimorso più grande, quello di averla lasciata al parco, di lei si ricorderà solamente lo sguardo di pietà che le rivolge quando imbocca la strada per la casa di Riccardo. Michela personifica la non accettazione della diversità. La diversità che fa male e che ti porta a pensare che la normalità è l’ordinarietà, ovvero una sorta di standarlizzazione dei sentimenti. Un mondo in cui tutti devono essere uguali a tutti. Un mondo dove un papavero rosso in un campo di grano non rappresenta la decorazione ma un fiore da estirpare per non rovinare la monocromia, unico modello stilistico di riferimento accettato dalla società. Mattia abbandonerà la sorella al suo destino in un parco. È proprio in nome di quell’ordine che poi Mattia si chiuderà in se stesso rifiutando il mondo esterno e rifiutando, per certi versi, se stesso.
Viola è la ragazza più gettonata nella classe di Alice, che vede in lei l’idolo da seguire. Per un certo periodo di tempo Viola vede nella protagonista un’amica da aiutare, per questa la invita alla festa di compleanno e la incoraggia a parlare con Mattia. Per la ragazza, Alice si farà addirittura un tatuaggio che chiederà a Mattia di cancellare senza però che lui acconsenta. Viola abbandona Alice perché la vede soddisfatta mano nella mano con Mattia, felice di qualcosa che a lei era stato negato precedentemente, è una ragazza gelosa, invidiosa e un po’ egocentrica.
Denis è il migliore amico di Mattia. È segretamente innamorato di lui, anche lui a causa dell’omosessualità fa molta fatica a legare con gli altri. Nonostante il carattere scontroso di Mattia sarà uno dei pochi ad essere capace di stargli vicino. Dopo il liceo l’università le loro vite si separano uno va a lavorare nel nord Europa e l’altro va ad abitare in Spagna.
Infine Fabio è il dottore dell’ospedale in cui è ricoverata Fernanda, lì conosce e si interessa di Alice che alla fine sposerà. La ragazza non ama il marito ma lo sposa convinta da lui che l’amore di Fabio basti per tutti e due. Il rapporto fra i due inizialmente è di grande complicità e armonia mentre verso la fine appare conflittuale e si chiude con una separazione.
Le citazioni che secondo me possono riassumere il libro sono essenzialmente due:
“Le scelte si fanno in pochi secondi e si scontano per il tempo restante.”
“Aveva imparato a rispettare il baratro che lui aveva scavato tutto intorno a se... anni prima aveva provato a saltarlo quel baratro e ci era cascato dentro... ora si accontentava di sedersi sul ciglio con le gambe a penzoloni nel vuoto!”
Il libro ha una narrazione non proprio lineare in quanto fra un capitolo e quello successivo solitamente intercorrono anche più anni fatta eccezione per i primi due fra cui c’è solo un anno, per il resto il romanzo è gestito bene senza feedback o altri particolari escamotage del genere da parte dell’autore. La narrazione tutto sommato è chiara, concisa, sintetica anche se nello stesso tempo può sembrare ambigua e oscura, lì sta al lettore scavare dietro le righe e cercare il vero significato, il vero messaggio che l’autore vuole trasmettere, traspare un lessico non troppo ricercato. È un libro molto scorrevole, si legge molto velocemente anche grazie ad un crescendo che si va ad intensificare sempre più capitolo dopo capitolo sfociando in un finale inaspettato ma che comunque rispecchia le personalità dei ragazzi. Vi sono alcuni dialoghi toccanti e alcuni passaggi veramente commoventi, vi sono alcune descrizioni anche se non troppo curate l’autore, infatti, non si prefigge, secondo me, di illustrare al lettore le sembianze o le esteriorità delle persone o dei luoghi presi in considerazione ma la parte più intrinseca di essi, quella più remota e inaccessibile.
I temi principali sono molteplici e svariati, quelli che si presentano più frequentemente e palesemente sono l’anoressia e l’autolesionismo che in questo caso scaturiscono nei protagonisti a causa di situazioni familiari conflittuali e principalmente per il fatto che Mattia e Alice non si vogliono bene, sono indifferenti a loro stessi, queste problematiche possono essere inserite nei disturbi della personalità che nel nostro caso derivano dalla grandissima solitudine che circonda i protagonisti, solitudine che per altro si sono creati loro stessi con le loro scelte e con le loro azioni.
Un altro grande ostacolo nella vita di Mattia e Alice è il rapporto con i genitori che non li rassicurano e non li incoraggiano ad affrontare le situazioni e le problematiche di cui la vita è intrisa al contrario i genitori di Alice non la considerano più di tanto, sì sono preoccupati e dispiaciuti perché non riescono a svolgere il loro compito: educare la figlia ad affrontare la vita, i genitori di Mattia invece sono quasi impauriti per la stranezza del figlio che oltre a non avere legami con il mondo esterno si chiude sempre più in se stesso esternizzando ed esorcizzando il male che ha fatto a sua sorella sulla sua pelle. Questi rapporti conflittuali li abbiamo visti anche negli altri libri letti in classe tra cui vediamo Cristopher protagonista de “ lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” con il padre che viene visto un po’ come l’antagonista del racconto e allo stesso modo si vede questo rapporto particolare tra padre e figlio nel romanzo “io non ho paura”.
La vera protagonista di questo romanzo rimane però la solitudine. La solitudine che avvolge tutte le cose, la solitudine che esiste e sussiste anche se siamo insieme a tantissima gente, una solitudine interiore, non sentirsi parte del mondo che ci circonda, sentirsi diversi e per questo emarginati. sia chiaro questo tipo di solitudine solitamente non te la crea attorno la società ma sei tu con i tuoi pensieri e con le tue ossessioni che te la formi intorno e finché non prendi coscienza della tua situazione sicuramente quella sensazione di inadeguatezza verso il mondo esterno non ti lascerà.

Molti pensano che sia un brutto libro, non l’ho trovato brutto forse cattivo, un libro cattivo perché esprime in modo chiaro e un po’ crudo le svariate situazioni che si possono presentare nel corso della vita. mi è sembrato un romanzo estremamente verosimile, questa mia opinione è nata soprattutto dalla grande delusione del finale ma che riflettendo meglio e a mente fredda si addice perfettamente all’idea che vuole dare l’autore dell’esistenza dei protagonisti, infatti, volendo rispecchiare la loro vita di certo non si può pensare che dopo quasi trent’ anni / duecentocinquanta pagine di tentennamenti e solitudine Alice e Mattia si svegliassero non è, infatti, possibile che avvenga un cambiamento così profondo e radicale nell’animo di due persone fermamente circondate dal vuoto, non è possibile che Alice un mattina si svegli e pensi oggi finalmente dico a Mattia che lo amo e che starò con lui per sempre! Sarebbe una clamorosa contraddizione alle duecentocinquanta pagine precedenti! Detto questo che il libro mi è servito tanto per analizzare una nuova sfaccettatura della psiche umana quella che prende in considerazione le molteplice debolezze, insicurezze, fragilità derivate da traumi profondi e radicati nell’uomo, ho apprezzato moltissimo tutte quelle definizioni della parola solitudine che l’autore lancia dietro ad ogni riga, ad ogni dialogo, ad ogni descrizione contribuendo a farmi conoscere nuovi modi di vedere questa senza però essere invadente o ripetitivo. Ho trovato molto originale e intrigante l’introduzione, di solito l’incipit è la parte , a mio pare, più complessa nella stesura di un romanzo in quanto bisogna presentare i personaggi, i luoghi, le problematiche e spesso può risultare un passaggio noioso, al contrario ne ”La solitudine dei numeri primi” ho riscontrato un’ introduzione particolarmente interessante che sicuramente mi ha incoraggiato a proseguire nella lettura. È un libro da valorizzare anche per le tematiche che tratta, certo lo stile dell’autore è a mio avviso ancora un po’ da formare ma rimane comunque una buonissima prova sia di talento sia di coraggio in quanto non trovo semplice cimentarsi su problematiche di questo livello al primo romanzo. Ma la prima cosa che mi ha colpito nel libro è stato il titolo, così intrigante, pieno di intelligenza e originalità, l’ho trovato molto arguto, è stata un po’ una delusione sapere che è stato il titolo originale dato da Giordano è “Dentro e fuori dall’acqua” e che la Mondadori lo ha cambiato in favore di quello che tutti noi conosciamo.
Forse ci sono troppe cose in questo romanzo. Troppi tormenti, troppe tensioni, troppe sfumature. Forse troppi temi. Ma mi chiedo: non è la vita stessa che ha dentro di se tutte queste cose? Questo libro è un libro che si legge in apnea e che in apnea ti lascia quando lo hai finito. Sarà anche questo un indicatore che ci dice che è un buon romanzo destinato forse a rimanere nel tempo!

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Alessandro d'Avenia
romanzi di formazione
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La Toni Opinione inserita da La Toni    25 Luglio, 2012
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Divisibili soltanto per 1 e per sè stessi.

Come i numeri primi.
Come l'11 e il 13, o come il 17 e il 19, il 41 e il 43, oppure come... il 2760889966649 e il 2760889966651.

“Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava MERAVIGLIOSI. Certe volte pensava che in quella sequenza ci fossero finiti per sbaglio, che vi fossero rimasti intrappolati come perline infilate in una collana. Altre volte, invece, sospettava che anche a loro sarebbe piaciuto essere come tutti, solo dei numeri qualunque, ma che per qualche motivo non ne fossero capaci. In un corso del primo anno Mattia aveva studiato che tra i numeri primi ce ne sono alcuni ancora più speciali. I matematici li chiamano PRIMI GEMELLI: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi, quasi vicini,perchè fra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero”
Non tutti i libri sono uguali.
Alcuni ti folgorano.
Si lasciano divorare.
Ti rapiscono attraverso parole che senti davvero tue, parole che ti “inghiottono” ti entrano nell’anima per non andarsene mai più…

"La solitudine dei numeri primi" è uno di questi.
L’ho letto quasi tutto d'un fiato, in due mezze nottate. Ma è uno di quei libri che non potrei rileggere, almeno non per ora. Mi ha fatto male nella carne.

In molti lo hanno definito il classico racconto adolescenziale “stile Moccia”.
Neanche per sogno.
La solitudine dei numeri primi è un pugno nello stomaco! Non è un romanzetto per ragazzine innamorate! Non c'è una principessa e nemmeno un principe azzurro.
I protagonisti sono lontani anni luce dagli “splendidi e perfetti” che popolano le pagine del Federico nazionale!

Alice e Mattia. Uniti e divisi da tragici eventi. La loro anima è messa a nudo. Due personaggi che toccano il cuore, con i loro impacci, gli slanci imprudenti, i gridi taciuti, i silenzi, le paure ed il coraggio.
Chiusi nei loro ostinati silenzi... perché l'essenziale non si dice mai…mai.

Alice e Mattia vivono nella consapevolezza di essere diversi dagli altri, e questo non fa che accrescere le barriere che li separano dal mondo.

Alice e Mattia e il “peso delle conseguenze”, da cui è IMPOSSIBILE FUGGIRE, la minaccia, la condanna, il prezzo di quelle scelte che si fanno in pochi secondi e si scontano per il resto della vita.
Il peso delle conseguenze...

Alice e Mattia due numeri primi. Due persone speciali che viaggiano sullo stesso binario ma destinati a non incontrarsi mai.
Coincidenza di destino, di vita, di aspirazioni. Ma destino, vita, aspirazioni non bastano a fare in modo che Alice e Mattia si incontrino davvero.
Due universi implosi, incapaci di aprirsi al mondo che li circonda, di comunicare i pensieri e i sentimenti che affollano i loro abissi. Si trovano, si capiscono, eppure c’è puntualmente qualcosa che continua a separarli.

Mattia è un pò come me: una nave in balia delle onde, fragile e forte nello stesso tempo. Mi piace e mi affascina la sua psicologia contorta, la sua mente somigliante ad un labirinto inespugnabile. Non chiede niente a nessuno, va avanti da solo con le sue forze, vuole essere totalmente indipendente. La sua corazza è inespugnabile, è un’armatura contro il mondo.
Mattia è speciale, ma lascia scivolare su di sé la vita, quasi con indifferenza, consumando la vita alla ricerca di sé, ancorato ad un ricordo da cui non riesce a staccarsi.

La solitudine di Mattia è la solitudine di tutti quelli che si lasciano intrappolare in una trama di rapporti che alla fine si rivelano vuoti, inconsistenti ed insignificanti. Rapporti che non riescono a produrre il collante indispensabile a unire, a legare intimamente.

"La paura di Mattia è quella di avere rapporti talmente intensi da non poter dare loro un nome... sarebbe come togliersi l’anima. Abbandonarsi a qualcun altro è in effetti perdere una parte di se stessi."
Se impedisci agli altri di entrarti nel cuore, non potranno mai farti del male…

Mattia la pensa così. Ed io… forse… sono d'accordo con lui.

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Nené Opinione inserita da Nené    11 Giugno, 2012
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Banalitá

I casi letterari molto spesso si rilevano non all'altezza delle aspettative. E per questo non li leggo.
Ma poi ci sono libri come questo che sono "invasivi", che in un modo o nell'altro entrano a casa tua senza che tu lo voglia, e te li ritrovi in mano in una noiosa giornata in cui sei a letto con l'influenza.

Sicuramente é una lettura scorrevole, leggera, abbastanza piacevole. Ma qui si fermano le mie note positive.
La trama non riserva nulla di eccezionale, i personaggi sono due adolescenti - poi adulti - sicuramente problematici ma non unici. La descrizione delle loro paure ed ossessioni cade spesso nella banalitá. Non so nulla dell'autore, potrei sbagliare, ma l'impressione che ho avuto leggendo il libro é quella di un soggetto esterno che parla una realtá che non conosce, che non ha mai vissuto in prima persona, e che quindi per raccontarla si rifá a stereotipi piuttosto banali.

Salvo solo la metafora dei numeri primi che ha dato il titolo al libro. D'effetto e, al contrario del resto, lontana da cliché.

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francescavacca Opinione inserita da francescavacca    02 Giugno, 2012
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La solitudine che alberga in tutti noi

Ho iniziato a leggere questo libro attratta dai grandi paroloni che su di esso si sprecavano! Sicuramente l'autore non è uno scrittore navigato perchè lo stile e le parole utilizzate sono estremamente colloquiali. Il contenuto l'ho trovato davvero interessante e devo dire di essermi immedesimata tantissimo nella storia dei due protagonisti, perchè l'autore ha raccontato perfettamente , con le dovute proporzioni, la solitudine che è in ognuno di noi. Avrei voluto che vi fosse il lieto fine, ma già della primissime pagine, ho immaginato che in questo libro non vi fosse spazio per l'happy end! Il dolere dei due protagonisti traspare da ogni parola utilizzata ed entrambi, a loro modo, si fanno del male perchè si sentono inadeguati alla vita.

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Lary Opinione inserita da Lary    31 Mag, 2012
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Dolcemente insoddisfacente

Questo libro per me è stato dolcemente..triste.
Non l'ho letto per la fama, ma per la trama dolce amara. A me piace leggere libri la cui conclusione faccia più o meno felice il maggior numero di protagonisti,e anche nei libri dell'horror, mi piace che il protagonista,magari anche con qualche arto mozzato,riesca a sopravvivere.
La solitudine dei numeri primi è una storia tanto triste quanto vicina alla realtà: Non ci sono storie di famiglie del mulino bianco,non ci sono uomini che,divenuti adulti, si riscattano dalle prese in giro del periodo adolescenziale. Non ci sono amori persi e poi ritrovati.
Scegliere di leggere questo libro è come camminare in una strada illuminata ogni sera,e poi,un giorno,per caso, svoltare e allontanarsi dalla strada illuminata, ed immettersi in un vicoletto buio.
Così vicino al nostro cammino ma così poco considerato.
In questo libro c'è una storia triste e vera. Due persone che potrei incontrare ovunque, che non faranno parte delle mie amicizie o del mio giro di conoscenze ma comunque due persone che potrebbero essere nei racconti di " un amico di quella amica che.."
Più leggevo più speravo che i traumi dei due protagonisti magicamente venissero superati, per affrontare una vita insieme senza paure, e quando finalmente li ho avvertiti vicini, tanto vicini da sfiorarsi con anima e mente, le loro paure li hanno afferrati,e ho capito il perchè del titolo: la solitudine che loro stessi hanno creato e che non riusciranno a superare, questi ragazzi si ritraggono dalla vita e dalla felicità,perchè forse non lo sanno nemmeno cosa è la felicità. Perchè la vita è anche così, a volte una depressione talmente insopportabile, una tristezza invincibile schiacciano ogni buon proposito, ogni visione rosea del futuro. E questo libro mi fa restare con i piedi per terra, mi fa riflettere sulla tristezza, sulla forza d'animo e sull'impotenza che si può provare di fronte alla vita che non sempre tutti riusciamo a reggere. La vita non sarà un film, ma di certo può essere un bel libro, e questo è un bel libro.
Io lo consiglio perchè è scritto bene, perchè i personaggi sono veri e interessanti. Lo consiglio perchè non finisce come vorresti ma rifletti su come vorresti e dovresti affrontare le tue paure e ostacoli.

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Opinione inserita da Francesca    19 Mag, 2012

Romanzo anonimo

Non vorrei essere troppo critica, ma sono davvero sconvolta dalla fama che ha raggiunto questo romanzo rispetto a quello che poi si è rivelato essere. Mi spiace, perché si vede l'impegno di chi l'ha scritto e la sua intelligenza, ma ho trovato questo romanzo zoppo... come la sua protagonista.
Ho cercato pagina dopo pagina emozioni, coinvolgimento... niente... inodore, incolore, piatto e banale.
Mi sono domandata se avessi sbagliato fascia di età, ipotizzando che fosse un testo per adolescenti... Ma mi sono risposta che non lo farei leggere nemmeno ad un ragazzino di scuola media.
Sono capitata qui cercando di capire cosa sia piaciuto di questo romanzo a chi lo ha apprezzato, ma nessuno mi ha convinto finora.
Non sono stata in grado di trovare arricchimento di nessun tipo, né di lessico, né di trama.
In definitiva, mi aspettavo un romanzo con un minimo di spessore, ma si è rivelato esserne privo.
Valore soggettivo: 1€

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Opinione inserita da rita rucco    18 Aprile, 2012

Alice e ritorno

Alice e ritorno.
Alice adolescente, Alice donna.
Un prima e un poi in un apparente turbinio di storie contorte di vita.
La vita, in realtà, presenta una logica stringente: due numeri primi, Alice e Mattia, i due protagonisti non possono che rimanere due separati numeri primi, appena tangenti, mai secanti, mai intrecciati.
Due solitudini, due sofferenze, due tragedie seminascoste. Mattia si segna le mani per un inenarrabile senso di colpa: ha abbandonato sua sorella gemella Michela, una minorata, in un parco, vicino ad un fiume, per presentarsi alla festa di un amico.
Alice si ribella al padre, allo sci, si procura un’infermità permanente alla gamba, e sprofonda in una autodistruttiva anoressia. L’energia vitale la accompagna, nonostante tutto.
Un incontro, un ritorno, un’attesa, un timido intreccio. Poi nulla. Mattia, dopo essere fuggito dal suo passato, che è anche Alice, ritorna ai propri numeri, ai conti della sua università americana dove tutto ha una logica, tutto si incastra dopo aver trovato il metodo.
Ma la vita sembra distante, è tutt’altro per Mattia.
Alice si sposa, ma non è felice e non può rendere felice il suo uomo che non può diventare padre: il ventre di Alice è secco e lei non vuole nutrirlo.
Due solitudini, due dolori, due negazioni fino a quando la verità di ciascuno non ha nomi e volti, fino a quando i rapporti familiari non vengono alla luce, fino a quando non ci si rigira il coltello nelle ferite.
Sullo sfondo due madri anaffettive che lasciano i padri, soli, nella gestione dei rapporti difficili.
Solo così, dopo una sopraggiunta coscienza delle cause, il dolore, dopo il feroce approfondimento, lascerà posto alla normalità ed alla fusione in Alice del dovere e dell’ attesa: Alice è distesa sul greto del fiume dove ha avuto origine la sconfitta di Mattia.
E diviene donna e madre, accogliendo e comprendendo il proprio e l’altrui dolore.

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ramona balan Opinione inserita da ramona balan    17 Aprile, 2012
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Un macigno chiamato solitudine

Il romanzo narra le vicende di due ragazzi: Alice e Mattia. Le loro vite vengono segnate profondamente già nell' infanzia: Mattia abbandona la gemella (affetta da una grave forma di autismo) nel parco, in seguito non la rivedrà mai più; Alice precipita in un burrone durante una lezione di sci. Questi avvenimenti porteranno molto dolore ai due personaggi. Infatti da adolescenti, Mattia, intelligentissimo frequenta la scuola con il massimo dei voti, ma si rinchiude nella propria solitudine ritenendosi responsabile della scomparsa della sorella e ha la malsana propensione per l' autolesionismo. Alice invece, che soffre di anoressia, è continuamente snobbata e presa in giro dai propri compagni perchè è zoppa, reduce dall' incidente.
I due si incontrano a una festa di compleanno ed iniziano a frequentarsi. Vengono paragonati a due numeri primi gemelli:numeri primi solitari ed isolati, ma incapaci di riunirsi.
Le vite dei due personaggi proseguono e sono destinate a dividersi ed incontrarsi più volte. Mattia studia e poi lavora in una prestigiosa Università in Svezia, Alice scopre la pressione per la fotografia e si sposa.
Nonostante i due siano innamorati l' uno dell' altra, non riusciranno mai a superare la difficoltà di poter comunicare e quindi il loro rapporto non avrà sviluppi.

I messaggi che l' autore ci lancia sono molteplici. Emerge il sentimento di inadeguatezza dei due protagonisti, consapevoli di essere così diversi dai coetanei, quindi di due persone a disagio nei riguardi della vita.
Questo romanzo fa riflettere anche sulla solitudine interiore dell' essere umano, una solitudine che a volte può essere talmente forte da non potersi mettere in relazione con altre persone. Anche il tema della crescita umana e adolescenziale è trattato con molta attenzione.

La trama non è scontata ed il linguaggio è molto scorrevole, semplice e coinvolgente.

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Polly* Opinione inserita da Polly*    10 Aprile, 2012
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E di nuovo le tarme,brulicanti nel cranio

Non avrei mai pensato di leggerlo. Troppo discusso e menzionato da svariate persone. Tutti entusiasti,sopratutto all'uscita. La mia opinione si discosta leggermente. Credo sia un bel libro,piacevole, ma che ogni tanto,si cristallizzi. Ci sono capitoli intensi,ricchi di belle frasi,ma a volte è come se qualcosa non venisse espresso.Alcuni punti morti.
La solitudine inebriante culla durante tutta la lettura del romanzo. Per tipi malinconici o semplicemente per chi ha voglia di fare un salto nel mondo complicato dell'adolescenza.

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mariaangela Opinione inserita da mariaangela    27 Marzo, 2012
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ma che delusione

quando ascoltai l'intervista all'autore, appena vincitore del premio strega, l'intervistatore sottolineava una particolarità: anche chi odia la matematica potrà appassionarsi e riscoprirne il fascino... si vabbè, solo perchè la storia è banalmente incentrata sui 2 protagonisti che sembrano ovviamente vicini perchè alla fine uguali, ma non si incontreranno mai veramente come banalmente potremmo aspettarci. Ma non è neanche questo il punto. E' proprio il racconto, il contenuto, la storia, così normale da essere assolutamente banale. E' un libro leggerissimo, un pomeriggio sono troppe ore per finirlo. E questo non è bene.

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peucezia Opinione inserita da peucezia    26 Marzo, 2012
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ESISTENZIALISMO CONTEMPORANEO

Si potrebbe dire niente di nuovo sotto al sole: due giovani seguiti dalla loro infanzia ,ambedue con gravi problemi socio-esistenziali che si incontrano, si sfiorano ma non riescono mai a fare un definitivo percorso insieme perché numeri primi, unici e condannati alla solitudine.
Romanzo contemporaneo con un occhio all'esistenzialismo della fine degli anni Cinquanta che Camus e Sartre propugnavano. I protagonisti della storia sono come il personaggio di Camus "strani" e "stranieri" perché non riescono ad adattarsi alle situazioni dell'esistenza, perché hanno avuto un'infanzia difficile. In questo l'autore non aggiunge nulla rispetto a altri romanzi scritti nel passato. Lo stile è sicuramente scorrevole e avvincente e ciò colpisce positivamente il lettore.
Peccato che nella narrativa colpisce sempre la tendenza a piangersi addosso e a creare personaggi estremi. Interessante ma non eccezionale.

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romanzi contemporanei
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websurfer78 Opinione inserita da websurfer78    26 Marzo, 2012
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Enciclopedia del dolore...

Alice e Mattia,anoressica e claudicante la prima,sociofobico e autolesionista il secondo,esseri soli,come i numeri primi di cui Mattia è uno studente appassionato,si incontrano ai tempi della scuola,si frequentano,o meglio,si fanno compagnia per diversi anni,prima che Mattia si trasferisca all'estero per lavorare.Dopo un decennio,su richiesta di Alice,che nel frattempo si è sposata,Mattia torna in Italia,ma ricostruire un rapporto tra loro si rivelerà praticamente impossibile...
"La solitudine dei numeri primi",ovvero il dolore e la solitudine in tutte le forme,due aspetti che coinvolgono i protagonisti come i personaggi secondari,nessuno escluso,dai genitori di entrambi,alla sorella di lui,al datore di lavoro di lei.Qual è il senso di questa descrizione del baratro della natura umana? Io non sono riuscito a trovarlo,sembra tutto fine a se stesso,i personaggi appaiono passivi e incapaci di reagire alla propria condizione,non c'è speranza,non c'è riscatto.
L'impressione che ne ho tratto è che il successo di questo romanzo sia figlio della spettacolarizzazione del dolore,tipica dei nostri giorni,e i particolare di questo Paese,in cui i i programmi TV,i talk-show,i giornali speculano e si nutrono delle lacrime della gente.
Assolutamente sconsigliato,per il senso di vuoto che trasmette...credo che nel momento sociale in cui ci troviamo,la cultura nazionale ha il dovere di indurci alla reazione,alla ricerca del "meglio",piuttosto che al piangerci addosso,che non porta da nessuna parte...se non a vendere libri...

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Opinione inserita da Sofia    21 Marzo, 2012

Triste

Il titolo può sembrare promettente, un libro quasi filosofico che affronta l'argomento delle solitudine dei numeri primi che può essere davvero un argomento molto attuale su cui riflettere a lungo. Ma il contenuto e la trama sono zero. Il finale soprattutto sembra che hanno strappato le pagine dal libro: come finisce? che insegnamento ha portato? cosa ci ha insegnato?

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Sa305 Opinione inserita da Sa305    21 Marzo, 2012
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Solitudine e delusione

Mi spiace dover ammettere di essere stata delusa da un libro di cui avevo sentito parlare veramente molto bene. C'è da dire che i temi trattati sono davvero interessanti: l'anoressia, la depressione, la tendenza all'isolamento, l'autolesionismo, ecc. Si tratta per la maggior parte di problemi che vengono associati principalmente al periodo dell'adolescenza, ma che in questo caso Paolo Giordano prolunga e fa evolvere anche fino alla matura età. I protagonisti sono annichiliti, sempre rassegnati e in balia degli eventi ma quest’aspetto non necessariamente dovrebbe implicare un giudizio negativo da parte della critica. Molto bella è anche l'immagine con cui uno dei due protagonisti, Mattia, paragona lui e Alice a due numeri primi gemelli: vicini ma isolati da qualcosa che impedisce loro di toccarsi veramente. Secondo mio modesto parere la vera nota negativa sta nello stile forse troppo semplice e lineare per spiegare questo genere di situazioni. La trama inoltre sembra sempre sul punto di far giungere ad un vero e proprio colpo di scena, ma questo non arriva mai, addirittura nemmeno nel finale.
Pur non essendo stata molto soddisfatta lo consiglio perchè la sua lettura non ruba molto tempo. Le pagine scorrono davvero velocissime e date le opinioni discordanti al riguardo qualcuno potrebbe trovarlo piacevole.

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Deborahblues Opinione inserita da Deborahblues    16 Marzo, 2012
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Schifezza

Anche questo un altro obrobrio della "letteratura"...
angosciante in tutto e per tutto e dove si mette così tanta carne al fuoco da non soffermarsi mai su nulla.
Inizia anonimo e "finisce" anonimo. Non capisco come faccia ad emozionare una storia così angosciante e triste. Quando leggo vorrei essere felice e soddisfatta ma leggendo questi scrittori improvvisati mi angoscio sempre. Da come ne avevano parlato sembrava dovesse essere un libro rivelazione ma invece come al solito è stata una grandissima delusione. che schifo

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