Il giorno prima della felicità Il giorno prima della felicità

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Gertrude Opinione inserita da Gertrude    20 Mag, 2021
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OSSERVARE, PENSARE, TRARRE CONCLUSIONI, AGIRE

Erri De Luca ha una scrittura che mi piace molto, ben definita senza tentennamenti un po' come il personaggio Don Gaetano, saturo di saggezza di esperienze di vita, come la guerra che lascia in eredità raccontando i fatti al ragazzo orfano lasciato in custoda da un padre che uccide la moglie per lavare l'onore e poi fuggitivo in America. Don Gaetano anticipa le mosse, come si fa con il gioco delle carte, senza sbagliarne una, ed è questo che rimprovero scherzosamente a De Luca, con l'espediente di leggere i pensieri delle persone; allora Don Gaetano non ha dubbi, capisce e agisce per il ragazzo e per la vedova e per i condomini. Sa quando il ragazzo deve essere iniziato all'amore, quando la vedova ha "bisogno" di uno dei due, senza che si ponga una domanda, un dubbio, se sia etico o meno se ne hanno voglia o no. Gli rimprovero la tempestività con cui intuisce il ritorno di Anna, dell'arma donata in caso di emergenza. Il ragazzo anche lui senza farsi domande accetta il sacrificio che Anna gli chiede. Perché è così che interpreto lo scritto; Anna, gli chiede di liberarla dal suo uomo maltrattante, e accetta il duello senza ma e senza se in nome di un amore sbocciato spontaneamente e mai vissuto pienamente anzi utilizzato per risolvere il problema e cambiare il destino all'improvviso. Detto questo ho amato tantissimo le considerazioni sul giorno prima della felicità; De Luca è un abile narratore, intreccia sapientemente i luoghi i personaggi e la storia. Credo che leggerò ancora libri scritti da lui.

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valepd Opinione inserita da valepd    08 Settembre, 2018
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Colpita e affondata

Un modo di scrivere riflessivo e dalle sfumature nostalgiche caratterizza un po' quello che è lo stile dell'autore nel corso di questo libro.
Ogni singola vicenda narrata, dai racconti sulla guerra di Don Gaetano -che già di natura lasciano una scia malinconica-, alla vera e propria vita del protagonista hanno un retrogusto agrodolce.
Flashbacks riguardanti la guerra che spezzando la realtà narrativa arricchiscono anche le conoscenze storiche del lettore.
Tali racconti non fanno altro che caratterizzare il personaggio di Don Gaetano che colpisce per la sua saggezza e riflessività suscitando nel lettore ammirazione e interesse.

Con una scrittura schietta ma non fredda e spigolosa. è possibile trovare una sorta di "conforto" nella lettura di questo libro.
E' una compagnia lieve ma presente che necessita di meritata attenzione, ma che al contempo lascia una sorta di completezza a chi si lascia trasportare da questo libro.
Un'attenzione verso tutti le sfumature di un momento, di una condizione, ecco una caratteristica principale. Un'attenzione costante che aiuta il protagonista a superare degli ostacoli, alcuni dal punto di vista amoroso, e a crescere, infatti vedremo anche dei cambiamenti di pensiero in lui, anche nella sfera sentimentale.

Una visione del mondo napoletano del tempo, sia relativo alle vicende principali del libro, sia riguardanti le memorie della seconda guerra mondiale, ci dà modo di vedere il tutto da un preciso punto di vista, Napoli.
La presenza di personaggi che parlano in napoletano, i dettagli riguardanti l'infanzia dei quartieri descritti, le abitudini e i modi di fare delle donne delimitano il corso della storia, evitando di rendere il romanzo vago e dispersivo.

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Antonella76 Opinione inserita da Antonella76    20 Giugno, 2016
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Lo smilzo diventa uomo...


Erri De Luca sa scrivere, conosce le parole e sa raccontare una storia.
È delicato, lieve...
La sua scrittura è decisamente poetica...ed io, generalmente, quando un libro è scritto in questo modo...mi annoio!
Me ne accorgo perché, mentre sto leggendo, mi viene da pensare ad altro, divago, mi perdo...
In effetti durante le prime 30/40 pagine di questo romanzo ho faticato per mantenere viva l'attenzione... poi...non so...la storia mi ha catturato, mi ha anche emozionato...o, forse, ho semplicemente imparato a cercare la vibrazione nascosta sotto la poesia...e l'ho trovata.
Si cambia, si cresce anche come lettori...
Ho amato la sua "napoletanità"...stranamente!
Dico stranamente perché non essendo napoletana, ovviamente, non mi ci rispecchio...ma ho trovato ugualmente odori, sapori ed espressioni di un passato universale, che ci accomuna tutti.
È un romanzo breve, ma denso di storia, di amore, di onore...c'è la guerra, il dopoguerra, l'iniziazione amorosa di un adolescente...e c'è Don Gaetano...protagonista assoluto del libro!
Il primo libro che lessi di questo autore ("I pesci non chiudono gli occhi") non mi piacque affatto...sono contenta di avergli dato un'altra possibilità.

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Francesco Martinazzi Opinione inserita da Francesco Martinazzi    09 Marzo, 2016
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Una storia magica

"Il giorno prima della felicità" è un romanzo raccontato in prima persona dal protagonista, basato su una storia vera, la storia della grande città di Napoli durante la seconda guerra mondiale e nel dopoguerra; una città caotica fra cielo, mare e Vesuvio.
Il racconto narra di un ragazzo orfano, chiamato "Smilzo" o "a scigna", che ha come maestro di vita Don Gaetano, il portinaio del suo palazzo, uomo saggio e vissuto, capace di leggere i pensieri della gente. Il ragazzo durante la sua umile e semplice vita, grazie a Don Gaetano, riesce a imparare sempre più cose e si sente arricchito sempre di più, ogni giorno che passa.
Don Gaetano cerca di insegnare la vita al ragazzo. Gli insegna a giocare a scopa, a svolgere lavoretti da idraulico, muratore e elettricista, a come mettersi in gioco e gli fa conoscere l'amico pescatore; gli racconta i segreti di Napoli durante i suoi giorni di ribellione contro i nazzisti oppressori, la liberazione grazie ai soldati statunitensi e la storia di un ebreo che durante le rappresaglie si nasconde in un sotterraneo, protetto dal portinaio. Don Gaetano racconta i suoi viaggi immersi nella natura dell'Argentina, e vuole far capire al ragazzo che la felicità non va cercata, ma si può solo aspettare, e quando arriva non ci si ricorda più del tempo che abbiamo atteso tanto.
Per il ragazzo la felicità arriva quando rivede Anna, la bambina del terzo piano che da piccolo ammirava dal cortile, e che cercava di raggiungere tutte le volte che si arrampicava a recuperare i palloni persi, nel tentativo di farsi notare. I due si danno appuntamento e quando si rivedono scendono nello stanzino sottoterra, il nascondiglio dell'ebreo, e fanno l'amore. Anna è una ragazza autistica che non parla mai con nessuno, ma con lo smilzo tira fuori tutta la sua passione, fino a quasi strangolarlo. Anna se ne va e il ragazzo spera di rivederla, ma non la aspetta; subito dopo chiede consiglio a Don Gaetano, che è contento per lui ma gli rivela che Anna è già promessa sposa a un camorrista, attualmente in galera; così dona allo Smilzo un coltello per difendersi.
Un giorno il ragazzo vince per la prima volta a scopa contro Don Gaetano; quel giorno il camorrista lo viene a cercare seguito dalla disperata Anna e vuole duellare. I due si scontrano e lo Smilzo ha la meglio.
Don Gaetano accorre e decide di accompagnare il ragazzo al porto sul mare, in modo da nasconderlo alle guardie ; gli ripete la frase che gli diceva da quando era solo un bambino e perdeva a scopa: "t'aggia'mparà e t'aggia perdere" (quando ti avrò insegnato, ti dovrò abbandonare). Nell'atmosfera del vento e delle onde che si infrangono sugli scogli, Don Gaetano regala allo Smilzo un biglietto di sola andata per l'Argentina, dei soldi risparmiati, un mazzo di carte napoletane e un dizionario di spagnolo.
E' commovente l'addio che il ragazzo dà a Napoli, la sua città maestra, colei che gli ha donato tutte le esperienze che ha vissuto fin'ora e l'ha reso ormai l'uomo che è. Il ragazzo nella nave immagina le luci dei lampioni come se fossero tanti fazzoletti bianchi, e attorno a lui i passeggeri piangono. Mi ha colpito inoltre come l'autore abbia scelto, credo spontaneamente, di non descrivere la scena del saluto fra il protagonista e Don Gaetano, come a evidenziare questo distacco che c'è nell'amore reciproco fra queste due persone. Sembra che il ragazzo sia figlio solo della città, e non dell'uomo che l'ha accudito per tutti questi anni.
Questo libro mi è piaciuto moltissimo, perchè l'ho trovato molto profondo. E' una sorta di poesia e adoro il fascino di questo stile di scrittura, che riesce a descrivere tutto quanto con così poche parole, che però sono molto spesse e concise.
Le frasi esprimono una grande forza e le metafore fanno pensare; infatti ho impegnato tanto tempo a leggere questo libro, perchè ad ogni punto bisogna fermarsi a riflettere. Mi sono piaciute molto anche le forme dialettali che Erri De Luca inserisce nei dialoghi, e mi è piaciuta ancor di più la descrizione reale di Napoli, una città di grande bellezza con i suoi pro e i suoi contro. Una città in cui nei vicoli i napoletani si sentono quasi prigionieri, ma a cui il mare riesce a donare un pezzo di libertà.
Colpiscono molto i racconti sulla guerra di Don Gaetano, e colpisce molto anche la passione che viene sprigionata dalla descrizione delle scene di sesso.
Inoltre mi ha fatto molto riflettere la parte in cui Don Gaetano rivela al ragazzo, dopo anni di silenzio, l'identità dei suoi genitori: la madre si innamorò di un soldato americano e il padre, furioso, la uccise e partì per l'America. Il ragazzo in questo punto si sente negato un pezzo di libertà: la libertà di essere chi voleva e di non assomigliare a nessuno. Chi ha dei genitori, infatti, trova spesso dei punti di somiglianza con essi, e deve per forza rispecchiarsi in loro, togliendosi la libertà di cominciare "da zero". Lo Smilzo, non volendosi rispecchiare ne' in una puttana, ne' in un assassino, decide di non pensarci più, e di vivere la vita come l'ha sempre vissuta.
Fortissima è la descrizione della rivolta raccontata da Don Gaetano:
"...Un momento stai davanti a tutti, poi altri ti superano, qualcuno cade morto e gli altri continuano in nome suo quello che è iniziato. E' una cosa che somiglia alla musica. Ognuno suona uno strumento e quello che ne viene fuori non è la somma dei suonatori ma è la musica, una corrente che si muove a onde, scortica il mare, è una fame che ti fa vedere il pane buttato a terra, e tu lo lasci a un altro, una madre che passa un sasso al figlio, la commozione che fa salire agli occhi il sangue e non le lacrime. Non te la so spiegare la Rivolta. Se ti troverai dentro di una, la farai e non somiglierà a questa che ti racconto. Eppure sarà uguale, perchè sono tutte sorelle le rivolte di popolo contro le forze armate. "
Un racconto molto reale, che ci offre uno spaccato indimenticabile della storia d'Italia.

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Donnie*Darko Opinione inserita da Donnie*Darko    25 Giugno, 2015
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Gaetano e lo Smilzo

Napoli benedice l’'amicizia tra un ragazzino rimasto solo e un uomo dalla grande saggezza.
Costui persona umile e gentile, portiere di un palazzo, mai altezzoso o arrogante nell’ergersi a guida, gran conoscitore del mondo e della gente. Leggenda vuole che sia in possesso di prodigiose capacità, come quella di captare gli altrui pensieri.

In realtà Don Gaetano sguazza nel mondo circostante come pochi altri, sa leggere nel cuore delle persone senza aver bisogno di alcuna capacità profetica.
Con fare sornione introduce quel ragazzino sparuto -chiamato lo Smilzo- all'età adulta, ponendosi come amico e padre putativo.
Affamato di sapere e volenteroso, rimasto solo troppo presto, il ragazzo non lancia strali verso il destino infame, bensì ribalta le carte in tavola trasformando la sfortuna in un flusso di speranza sotto l'egida di quell’uomo mosso da un altruismo commovente, appreso durante la guerra, mentre i tedeschi fomentavano il terrore all'ombra del Vesuvio.

Si consuma un percorso di crescita in cui le orme lasciate dal mentore vengono nuovamente solcate da quello che potrebbe essere il suo successore.
Tutt' intorno una Napoli viva e solare, nonostante le ferite riportate durante un conflitto riferito in racconti spesso dolorosi, ma anche eroici e allegri, sopravvissuti all’oblio generato dallo scorrere del tempo, conservati da una memoria storica impressa a fuoco nell'anima di tante, troppe, persone.

La città partenopea si riflette nella prosa di De Luca, che è commistione riuscita tra dialetto autoctono e lingua italiana.
Un ibrido verbale capace di creare passaggi di grande profondità, battute folgoranti e aforismi tutt'altro che banali.
Semmai a latitare un poco è la storia, seppur il bilanciamento tra ironia e tragedia sia sempre adeguatamente composto dall'autore, bravo ad incarnare il carattere dissacrante e al tempo stesso composto della cornice geografica, luogo in cui il ragazzino si fa uomo conoscendo il piacere del sesso, la passione dell’amore e la paura del sangue. Non senza dimenticare gli amati libri, maestri di vita quanto l’uomo che al suo fianco lo instrada con ferma dolcezza.
L’infatuazione per la bella Anna viaggia seguendo coordinate spiazzanti, a dimostrazione che spesso l’amore infantile/adolescenziale è idealizzato sino a diventare chimera. Se non altro ennesimo utile tassello per una presa di coscienza basilare, per una crescita indispensabile in perpetuo divenire.
Fino a raggiungere una nave pronta a solcare l’oceano, il bambino si è fatto uomo.
Ora sarà artefice del suo destino.

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MAZZARELLA Opinione inserita da MAZZARELLA    03 Aprile, 2015
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Il giorno prima della felicità


Anna: "Hai paura?"
Smilzo: "Sì."
Anna: "Di me?"
Smilzo: "Sì e nessun coraggio sarà bello come questa paura."

Tu sai stare a sentire. Questa è la prima qualità di chi deve parlare.

Un libro che definirei concentrato e non breve, perché la capacità di sintesi di Erri De Luca è unica quanto la scelta di comporre frasi che ti penetrano dentro. Non a caso ho citato questi passi del libro, per sperare di colpire chi le legge…Non sono frasi d’amore o di circostanza, sono frasi di vita, parole semplici, ma forti. Così scrive Erri De Luca, in toni che non condannano, ma che fanno comprendere la sostanza delle cose ed il valore dei principi morali. Ogni suo libro è una raccolta di aforismi e citazioni! Quella che definirei prosa totalmente impregnata di poesia.
“Il giorno prima della felicità” è la storia di un uomo Don Gaetano, semplice ma in realtà con un’esperienza di vita non indifferente, che cerca di trasmettere il mestiere della “vita” ad un giovane orfano chiamato “Smilzo”. Lo scenario è la Napoli degli anni cinquanta, bella ma difficile poiché si sta risvegliando dalla guerra e dall’occupazione.
Smilzo non sa nulla o meglio crede di non sapere nulla della vita, per cui ha tutte le premesse per apprendere (come disse Socrate “sapiente è colui che sa di non sapere”): apprendere l’arte del mestiere, la felicità e per finire l’amore. Don Gaetano invece sa il fatto suo, conosce tutti i mestieri della cosiddetta “manovalanza”, ha imparato sulla sua pelle cosa significa la sofferenza, subire i torti e la stupidità (la cattiveria di Napoli è figlia dell’ignoranza). Don Gaetano conduce il suo “figlioccio” Smilzo sul trapasso dell’adolescenza, ed in men che non si dica, il ragazzo diventa uomo. L’incontro con il lato femminile, lo porterà ad intraprendere l’intricato cammino dell’amore e del sesso ma soprattutto a designare il suo futuro, ad avere coraggio prima verso se stesso e poi verso la vita. Smilzo capisce l’importanza dell’agire con chi, della parola (soprattutto per quell’epoca) non ne sa fare uso. Ecco che per prendersi ciò che vuole e per difendere ciò che ama, lo Smilzo conoscerà ciò che Erri De Luca definisce il “sangue”.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    26 Dicembre, 2014
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EDUCARE ALLA VITA

Avete presente il mare cristallino d’estate? Immaginate di essere su una spiaggia, da soli, alle prime luci dell’alba, quando il sole sale dal mare e si vedono tutti gli scintilli sull'acqua, sentite quella sensazione di pace e di bellezza? E’ la stessa sensazione che ho provato io leggendo questo libro fantastico.
Adoro lo stile di De Luca, pulito ed essenziale, la logica della “lingua” napoletana trasformata e resa fruibile a tutti, la filosofia dietro questa “lingua” che da sola è insegnamento e modo di pensare.
Eccezionale la figura di Don Gaetano, filosofia pura, la guida e il faro nella vita dello Smilzo, fa crescere il ragazzo, che rapito dal suo magnetismo ascolta i suoi racconti di vita. Ci insegna l’importanza dell’educare che etimologicamente significa appunto “tirar fuori ciò che sta dentro”, “condurre”. Don Raimondo, il libraio, educa con i libri: “Il vuoto in faccia a un muro, lasciato da una libreria venduta, è il più profondo che conosco. Porto via con me i libri mandati in esilio, do loro una seconda vita”.
Un romanzo sul rispetto, sull'amore, sulla vita, un destino parallelo che porterà ad una sorpresa finale, affrontare la vita a testa alta, senza timori o paure. Don Gaetano è sempre li, fino alla fine, ha già capito tutto, lui sa, capisce le persone.
Il giorno prima della felicità è la felicità stessa? E’ quello che ci porterà ad essere pieni e felici?
E’ un libro, come altri di De Luca, che mi ha profondamente toccato ricordandomi l’ultimo periodo di vita di mio nonno, una scena in particolare, quando una sera mi raccontò della sua esperienza di vita in Africa, durante la guerra. Mio nonno morì qualche mese dopo, il ricordo di quella sera sarà con me per sempre, come il nome Riccardo che condividevamo, come questo libro e la commozione che ho provato nel leggerlo.

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MALIKA Opinione inserita da MALIKA    12 Giugno, 2014
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ARIA DI NAPOLI

“Il napoletano [dialetto] è romanzesco, fa spalancare le orecchie e pure gli occhi.”

Come dare torto all’autore che del napoletano italianizzato ha fatto poesia?
Accostamenti di termini insoliti che dipingono immagini comuni colorandole di luce nuova, questo è lo stile di Erri De Luca che in IL GIORNO PRIMA DELLA FELICITA’ racconta la storia di due orfani, uomo l’uno ragazzo l’altro, portiere di palazzo l’uno studente l’altro. Don Gaetano è l’iniziatore del giovane “guaglione” all’età critica dell’adolescenza, alla sessualità, al rapporto complesso con la ragazza, Anna, promessa ad un carcerato poco raccomadabile. Il ruolo di maestro di vita è esplicato però dal basso, dalle storie quotidiane, dai racconti della resistenza napoletana ai tedeschi. Sottile il paragone tra gli scritti di Platone e i racconti di don Gaetano:

“Lo scrittore dev’essere più piccolo della materia che racconta. Si deve vedere che la storia gli scappa da tutte le parti e che lui ne raccoglie solo un poco. Chi legge ha il gusto dell’abbondanza che trabocca oltre lo scrittore. Con Platone invece la storia sta chiusa tutta dentro il suo recinto, lui non lascia scappare fuori nessun guizzo di vita indipendente. I suoi dialoghi sono schierati in fila per due, botta e risposta, e avanti march.”

Don Gaetano è l’uomo di Napoli, quello cristallizzato da Eduardo De Filippo, che racconta Napoli attraverso le piccole cose, attraverso lo sguardo di quelli che “devono vedere tutto non come i ricchi che vedono solo ciò che vogliono”. Ha la capacità di leggere i pensieri e prevedere il futuro che però non ha nulla di paranormale, è la capacità di leggere la gente attraverso lo sguardo, un semplice movimento, un’espressione del volto. Una capacità affinata nel tempo da una persona che ha visto il mondo e ha imparato a conoscerlo da solo.
La trama è semplice, lineare e lenta, i colpi di scena prevedibili perché non è sulla trama che si fonda il racconto, ma su una crescita interiore di cui il lettore diventa testimone. Non ho trovato una collocazione precisa dei dialoghi con l’inquilino La Capa che ricalcano un po’ il teatro di Eduardo senza però rimarcare, al contrario di quest’ultimo, una finalità alla trama o al tema se non una divertente e piacevole distrazione.
Lo stile è semplicemente NAPOLETANO nei dialoghi e per napoletano non intendo dire che sia scritto in dialetto, ma ha il colore di Napoli: l’ironia sottile, la saggezza “povera”, l’umiltà dell’animo.

Ci sono AUTORI in grado di tenere incollati al libro a colpi di colpi di scena (scusate il gioco di parole) e ci sono SCRITTORI capaci di accarezzare lentamente con pennellate ai sentimenti e alle atmosfere. Se poi sono atmosfere di Napoli, la Napoli di Eduardo…

...scusatemi ma sono di parte!

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Consigliato a chi ha letto...
Verga, Il teatro di Eduardo e a tutti coloro che sanno apprezzare la saggezza popolare
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    14 Mag, 2014
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Il pittore

“Ci voltammo a vedere la città prima d'infilarci dentro. In mezzo al golfo c'era all'ancora una portaerei americana, intorno s'inseguivano cento barchette a vela in corsa tra le boe. Con tutto il mare intorno si affollavano in un piccolo spazio. Pure le storie di don Gaetano erano assai e stavano in una persona sola. Lui diceva perché aveva vissuto in basso, e le storie sono acque che vanno in fondo alla discesa. Un uomo è un bacino di raccolta delle storie, più sta in fondo più ne riceve”.

Erri De Luca non scrive: dipinge.
Prende una manciata tra parole e segni grammaticali, e stende sul foglio. E lì le frasi acquistano i loro colori, pennellate che compongono più immagini... Periodi brevi, che però riescono a spiegare tanto: una storia, l'umore della natura in un particolare momento, le sensazioni degli uomini fatti di carne fragile e predisposizione agli attimi che fuggono o che furono...

Lo smilzo ragazzino che insegue il pallone, infilatosi in una fenditura tra le gambe della statua di Ruggiero il normanno, è convinto di aver trovato – in quel particolare punto del cortile, all'apparenza irraggiungibile – un segreto di cui solo lui è a conoscenza. Di certo non lo sa nemmeno don Gaetano.
E invece don Gaetano – l'uomo di mondo che ora è portiere di quel condominio – lo sa, eccome! Perché in quella stanza sotterranea che si scopre spostando una piccola botola, nella lunga estate del '43 ha “custodito” un uomo, ebreo, avvolgendolo in un indistruttibile silenzio e riportandolo alla luce del sole dopo mesi, all'arrivo degli Alleati in una Napoli prostrata. Insieme guardarono il cielo, quel giorno, entrambi vivi.
Ma don Gaetano, dall'alto della sua saggezza pratica, sa proteggere gli uomini anche in tempo di pace... e anche quando sono ancora ragazzini. E' grazie a lui che “'a scimmia” – così lo chiamano i compagni delle partite di pallone, per la sua agilità – si affaccia alle soglie della vita da adulto e inizia ad imparare cose: a raccontare storie, pescare, giocare a scopa, capire gli istinti del sesso, fare lavoretti di elettricità e idraulica, convincersi che il batticuore di un bambino può tornare come amore in età adulta, prepararsi a vivere...
Forse don Gaetano può prevedere persino che un giorno la stanza sotterranea e sconosciuta a tutti diventerà l'alcova di una storia d'amore impossibile, una storia che viene a riprendersi quel ragazzino diventato un po' più grande...

Di fronte a uno stile di scrittura così personale, può succedere di inebriarsi, e percepire persino i vuoti nella tela come un “pieno”.
Allora non si riescono a contestare le mancanze di misura di alcuni dialoghi, specie dialettali, né il tratto così veloce da sembrare parziale. Perché è ciò che l'autore paga per essere se stesso, e lo dice espressamente, in un passo nel quale finge di rimproverare la “pignoleria” di Platone e invece spiega la sua concezione della scrittura:
“Lo scrittore deve essere più piccolo della materia che racconta. Si deve vedere che la storia gli scappa da tutte le parti e che lui ne raccoglie solo un poco. Chi legge ha il gusto di quell'abbondanza che trabocca oltre lo scrittore”.

Tutto si può dire. Però, se si potesse guardare la penna che ha in mano Erri De Luca quando scrive, ci si accorgerebbe che in realtà è un pennello...

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Cla93 Opinione inserita da Cla93    22 Giugno, 2012
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La vita, che strano mare.

Volando sulle parole di De Luca arrivate a Napoli.
Siete a Napoli, pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Siete un ragazzo che è vissuto senza genitori, e che si sente figlio della città.
Amate la scuola: infatti leggete e studiate tantissimo.
E, come tutti i ragazzi, avete un amore: Anna, una bambina che mentre giocate a pallone nel cortile, vi osserva dalla finestra.
Ma un giorno Anna scompare e di lei altro non vi è rimasto che un ricordo.
Nel frattempo, lavorate nella portineria del palazzo dove viveva Anna, assieme a don Gaetano, un uomo che si prende cura di voi e che vi insegna a vivere; raccontandovi soprattutto dei fatti avvenuti durante la liberazione della città; quando a Napoli arrivarono gli alleati, di fatto la città era già libera grazie alla popolazione che aveva attuato una rivolta.
E voi ascoltate, annuite, comprendete.
E non potete far altro che innamorarvi di Napoli e dei suoi nascondigli di tufo.
Un giorno, però, quando ormai siete quasi uomini – state per compiere diciotto anni! – Anna ritorna, e con lei tutti i sogni dell’infanzia…
E vi chiedete: quando arriva la felicità? Ce ne accorgiamo? Esiste un “giorno prima”?
Lo stile di De Luca rende la storia scorrevole, piacevole, leggera; commovente in alcuni punti e in altri più divertente: infatti spesso vi si dipingerà un sorriso sul volto.
Improvvisamente però tutto viene stravolto e catapultato in un finale tragico, ma comunque speranzoso.
E arrivati al finale, voi continuerete a viaggiare con la mente.
Da leggere se amate De Luca; anche se ho preferito “I pesci non chiudono gli occhi”. Buona lettura!

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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    19 Marzo, 2012
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Budda partenopeo

Si vede che Erri De Luca conosce ed ama dal profondo la sua Napoli, si vede dal tono orgoglioso con cui ne parla in questo romanzo.
Lo scrittore ricorda lo spirito indomito della città, che con un'insurrezione popolare riuscì a cacciare i nazisti prima dell'intervento degli americani, attraverso le parole del portinaio don Gaetano, concentrato di saggezza, specie di Budda partenopeo capace di leggere nel pensiero e di prevedere il futuro. Intense le righe che ne tratteggiano la figura: “Perciò sapeva i fatti di tutti quanti, perciò teneva una tristezza pronta al peggio e un mezzo sorriso per buttarla via. Ai lati degli occhi si aprivano le rughe e da lì scolava la malinconia”.
Sarà proprio don Gaetano, tra “pastepatate” che non hanno eguali, caffè e partite a scopa, ad accompagnare per mano il giovane protagonista nel suo passaggio all'età adulta.
E saranno i suoi racconti, “le storie della guerra che mi aprivano le orecchie e mi allargavano il cuore”, ad avvicinare il ragazzo alle sue radici, comunicandogli un senso di appartenenza alla città mai provato fino ad allora.
I passaggi concernenti le origini del “guaglio'” non convincono del tutto, sono un po' superficiali e non privi di qualche incongruenza, e i suoi sentimenti per Anna, donna del destino sognata fin dall'infanzia, non sembrano abbastanza profondi da suscitare la felicità di cui tanto si parla nel corso della narrazione.
Non ne risente comunque lo scopo principale del libro, che è quello di raccontare un pezzo di storia di Napoli e di uno dei suoi figli prediletti, la “roba buona” protetta dal sole che la città lascia andare dopo essere stata saggia maestra di vita.

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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    07 Marzo, 2012
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Tutto torna. Il giono prima...

Rievocativo.
Cosi' per qualche ora son tornata quella bimbetta alta e magra, coi codini e i sandaletti rossi che passava i pomeriggi col nonno. Lui mi portava al santuario , l'immancabile gelato a forma di Pantera Rosa , mi parlava. Io ascoltavo e ridevo.
Quanto mi faceva ridere mio nonno. Avevo paura delle sirene antibomba che sembravano suonare ancora attraverso la sua memoria. E lo adoravo, le sue parole sulla guerra, sull'emigrazione in Argentina, raccontava le sue storie in dialetto. Oh no, non in napoletano, qui non siamo a Napoli.
Ma poco importa, cambia l'idioma ma la musicalita' e la peculiarita' di un dialetto locale sono immutabili. Cambia la forma ma i concetti restano, poi le persone se ne vanno, purtroppo. Restano i ricordi, restano i libri a rievocare e poi tutto torna.

"T'aggia 'mparà e t'aggia perdere"
- Ti devo insegnare e poi ti devo perdere -.

Napoli, sono gli anni Cinquanta.
Con la solita deliziosa scrittura poetica Erri de Luca ci porta in un caseggiato popolare , splendida farcitura la lingua napoletana con cui l'autore gioca e scherza, questo dialetto pastoso, musicale e un po' malandrino che ruba la scena , cosi' colorato , beffardo e teatrale.
Un bimbo orfano , un uomo orfano.
Un bimbo senza padre, un padre senza figlio.
Don Gaetano insegna quel che puo' al ragazzo figlio delle mura di quel palazzo e tra una giornata e l'altra in portineria, ascoltiamo i suoi racconti sulla guerra, una Napoli assediata, la Resistenza.
E il ragazzino crescera', la passione vorace per i libri, il ricordo di un amore di bambino appena sfiorato, una donna che ritorna, la passione, l'onore, le gioie e i dolori che ti accolgono inevitabilmente con l'incalzare della vita.
Divertente, delicato, commovente, accogliente.

" E se la liberta' lo trovava morto il giorno dopo ? Era peggio se lo trovava nascosto.
La liberta' uno se la deve guadagnare e difendere. La felicita' no, quella e' un regalo. Non dipende se uno fa bene il portiere e para i rigori. "

Grazie di questo libro.
Buona lettura.

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Opinione inserita da rita rucco    01 Febbraio, 2012

Una prosa che segna l'anima


Il giorno prima della felicità è anche il giorno prima della lettura di alcune pagine,o immagini, o solo di alcuni accostamenti grammaticali che segnano l'anima.
Ed Erri de Luca ci regala attimi di quella felicità immediata e sincera che si deposita dentro per il ...giorno dopo, il giorno della normalità.
Il contesto del romanzo è quello degli anni 50 e 60, coincidenti con la formazione spirituale, culturale e sociale dell'autore. Sullo sfondo l'ossimorica Napoli,"monarchica e anarchica" di cui ascoltiamo le grida di gioia e di violenza,di cui vediamo il sangue e la generosità. Come la generosità di don Gaetano, tanto simile ad un padre, ma che padre non è. In questa storia si scontano due solitudini: quella di don Gaetano e quella del ragazzino, abbandonato. Due esclusioni che fanno coppia, ma non una famiglia perché non c'è memoria, né esperienza di un nucleo familiare. Il giovane è senza madre, senza padre e senza nome. E' appartenuto ad un palazzo, luogo di vita nascosta e testimone dell'amore tra il giovane protagonista e Anna, la donna della felicità e del sangue.La ragazzina eterea del terzo piano è, infatti, diventata una donna forse pazza, certamente volitiva che procura allo "smilzo" la consequenziale infelicità, che si conclude con l'espatrio forzato in Argentina.Don Gaetano aiuterà il giovane a trovare la strada della fuga per la propria salvezza.
E la felicità è solo il ricordo del giorno prima del suo verificarsi.

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Ally79 Opinione inserita da Ally79    04 Dicembre, 2011
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Poesia

Io il coraggio di recensire Erri De Luca non ce l'ho quindi anticipo che questa è una mia personale ovazione nei suoi confronti.E' uno scrittore, un poeta, un filosofo,un Napoletano,un uomo verso cui volgere uno sguardo ammirato.In questo libro c'è la mia Napoli,l'orgoglio della mia città difficile.C'è la generosità e la saggezza di un portiere popolano che si dona a un ragazzino orfano.C'è un amore sognato,immaginato,anelato e brevemente vissuto.C'è la criminalità,la durezza dell'arroganza.C'è il sesso,la guerra e un rifugiato.C'è il rito del caffè.Ci sono i palazzi che nella nostra tradizione,ormai un po' persa, diventano delle comuni in cui i segreti sono difficili da tenere.C'è il tempo per parlare davvero.C'è la solitudine e i libri che si riappropriano del loro scopo primario:insegnare.Poi c'è il giorno prima della felicità...quello che ancora non conosci.
De Luca non è una scrittura scorrevole:devi tornare indietro al passaggio precedente,ti ci devi soffermare,devi interiorizzare il concetto,devi spalancare un po'gli occhi sorpresa dalla poesia e dalla semplicità con cui narra.De Luca ti incanta,ti interroga e ti trascina.
Per caso si è capito che lo consiglio?Non lasciatevelo scappare.

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manu chan Opinione inserita da manu chan    02 Dicembre, 2011
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Il giorno prima di...

Napoli, un palazzo tenuto in ordine da un portiere, don Gaetano, che per il bimbo solo dell'edificio è un padre, un fratello, un confidente. Ha 5 anni quando, per via di una palla da calcio finita dietro la statua del cortile, scopre un nascondiglio che fu di un ebreo nel periodo della seconda guerra mondiale, riuscito a evadere al massacro che ha coinvolto tutti quelli del suo popolo. Il pensiero della ragazza distante e lontana della finestra non sarà poi intoccabile e la scuola è la sua passione: ogni materia da una spiegazione alla vita, al mondo e alla città. Un romanzo da leggere tutto d'un fiato, per la scorrevolezza delle parole e la fluidità del pensiero, nel cuore pulsante di un ragazzo cresciuto tra le pagine di un libro...

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Dilo Opinione inserita da Dilo    19 Novembre, 2011
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In Bilico...

Il racconto è in prima persona, il che porta lo scrittore ad usare una lingua che è un misto fra Italiano e dialetto. Effettivamente tutto il libro resta in bilico, tra bene e male, tra detto e non detto, tra miseria e ricchezza, fra cultura e miseria, fra amore e sesso, tra vista e morte. Siamo nella Napoli dell'immediato dopoguerra e il protagonista, nonché voce narrante, è un ragazzino che vediamo crescere giorno dopo giorno, pagina dopo pagina. Lo "smilzo" (questo è l'unico nome che conosciamo e conosceremo), cresce grazie all'aiuto di don Gaetano, il portiere di un palazzo, orfano anche lui. Sullo sfondo vediamo una Napoli ferita, ma viva, con tanta voglia di riscatto e di essere ancora una volta popolo, come durante la liberazione dai tedeschi, una Napoli bellissima, ma a volte crudele con i suoi figli.
I personaggi non sono particolarmente caratterizzati e le descrizioni fisiche sono poco dettagliate, o meglio, conosciamo solo qualche dettaglio dei personaggi, ma non ne abbiamo una visione globale, ma non da fastidio, anzi aiuta l'immaginazione.
Fin dall'inizio, c'è la figura di una bambina, che poi rincontreremo da adulta, ma anche lì non sapremo mai se è amore o meno, anche qui resta in bilico. L'unica cosa che non è in bilico è l'amore incondizionato per Napoli.
Per quanto riguarda la fine....che dire la fine di un libro non è mai facile, ma sicuramente si può fare di meglio, infatti questo libro finisce con un inizio, così dopo aver accompagnato il ragazzo fino alla maggiore età non ci è dato sapere più o meno come finirà.
E' un libro piacevole,ma non fa ridere e non fa piangere, ti lascia IN BILICO.

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silvia71 Opinione inserita da silvia71    30 Mag, 2011
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Il giorno prima della felicità

Quest'opera di De Luca appartiene al genere di romanzo in cui la trama narrativa viene tratteggiata con un tenue chiaro-scuro, in quanto strettamente funzionale a far emergere le tinte forti che danno colore ai protagonisti, portavoci delle tematiche trattate dell'autore.
Non è una storia d'azione, ma è una lezione di vita, che scorre lentamente dalla voce di un portinaio tuttofare che con il suo fardello di esperienza, aiuta un giovane orfano a districarsi nei meandri bui di un'esistenza difficile, fatta di solitudine, assenza di affetti e incontri pericolosi.
L'ambientazione che fa da sfondo al racconto è un popoloso quartiere di Napoli,durante il secondo dopoguerra, abitato da una nutrita galleria di personaggi rappresentati con tratti rapidi e fugaci, tuttavia in maniera incisiva, caratterizzandone le diverse peculiarità che li contraddistinguono, poiché questo piccolo universo è lo specchio dei vizi e delle virtù del mondo intero.
Scorrono lungo le pagine le vicende vissute dall'uomo maturo, il quale attinge dal passato i ricordi più importanti, quelli che l'hanno fatto crescere e l'hanno plasmato, grazie ai quali oggi è un uomo saggio, consapevole dei problemi della vita e del miglior modo per affrontarli.
Di fronte alla sicurezza di uomo che ha già scoperto e interpretato le pieghe più nascoste e complicate dell'esistenza, troviamo un bambino prima ed un adolescente poi, ancora ignaro del mondo, pronto ad abbeverarsi alla fonte della conoscenza e disposto a seguire gli insegnamenti del suo maestro, con fiducia e gratitudine.
E' un romanzo dal contenuto profondo, ricco di pensieri e massime dal sapore filosofico, da centellinare per poter captare tutti i messaggi sottesi alla narrazione. Ad un simile contesto ben si adatta l'utilizzo di uno stile asciutto ed essenziale, oserei dire quasi scarno, senza alcuna parola superflua.
La lettura è consigliata a chi abbia voglia di soffermarsi a riflettere sull'uomo, sulla solitudine, sulla necessità di integrarsi con l'ambiente circostante e infine sulla instancabile ricerca della felicità che appartiene a tutti, ma non tutti riescono ad assaporare nel momento giusto: sarà il portinaio con la sua saggezza a svelare al ragazzo, e quindi al lettore, il segreto per poterne godere appieno.

Non è un romanzo semplice da leggere, ma è indubbio ed apprezzabile il suo contenuto.

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di artemisia Opinione inserita da di artemisia    23 Gennaio, 2011
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M’è ‘mparat e m’è perduta.

“T’aggia ‘mparà e t’aggia perdere”.
Don Gaetano insegna all’orfano a giocare a carte e a giocare la partita della vita.
E l’orfano apprende la sua storia e quella della sua città, l’ammore, il dolore , il sangue, l’abbandono.
E apprende che la felicità non è che l’attimo tra la lunga attesa e il doloroso distacco.
Tuttavia trama e personaggi e sfondo (tra l’altro ricorrenti anche in Montedidio), sono un pretesto per parentesi evocative-educative su tematiche molto diverse.
L’impressione è quella di un racconto “diseguale” e “dissonante”. Resta, potente, la magia incantatrice della parola: la dolcezza dei suoni, la sostanzialità e rarefazione del linguaggio. Piuma, goccia e scintilla.
Però l’ho capito, e non mi infervora più. Con "Montedidio" è stato innamoramento puro. Ora gli voglio bene, senza sussulti del cuore né subbuglio dell’anima.
M’è ‘mparat e m’è perduta.

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Consigliato a chi ha letto...
consigliato a chi non ha letto nulla di De Luca, che per gli altri il "far cassetta" può irritare alquanto.
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Cristina V Opinione inserita da Cristina V    24 Novembre, 2010
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Indimenticabile!

Il giorno prima della felicità.
Qual è?
Quando è?

Primo romanzo di Erri De Luca che ho letto.
Indimenticabile.Un condensato di emozioni.
Erri De Luca, col suo stile unico e poetico, a cavallo tra italiano e riminiscenze dialettali napoletane, racconta una storia delicata e triste.

La storia dello Smilzo, bambino orfano che vive in uno stanzino, in compagnia del portiere del condominio in cui abita.
Don Gaetano, questo è il suo nome, è per lui tutto: famiglia, maestro.
Gli prepara il cibo, gli insegna a giocare a carte, gli racconta il passato, ma , soprattutto, gli insegna a vivere.
Una frase che Don Gaetano gli ripete spesso: " T'aggia 'mparà e t'aggia perdere"; Devo insegnarti tutto, e poi devo perderti.

Il romanzo racconta le vicissitudini del ragazzino per crescere; il suo amore per Anna, una misteriosa ragazza affacciata alla finestra del terzo piano; la sua iniziazione all' amore fisico da parte di una matura vedova con la veletta;episodi del passato di don Gaetano, legati alla guerra.
Un racconto commovente, in cui la storia dei singoli si intreccia con la "storia" di un popolo, quello napoletano.

Questo romanzo è stato per me una rivelazione:ho letto e riletto molti punti, semplici, ma che contengono verità ed insegnamenti profondi. O che sono semplicemente poetici!

Qualche riga che mi ha colpita particolarmente, per la sua poesia.

"Don Gaetano sapeva i fatti di tutti quanti, perciò teneva UNA TRISTEZZA PRONTA AL PEGGIO E UN MEZZO SORRISO PER BUTTARLA VIA.
Ai lati degli occhi si aprivano le rughe, e da lì scolava la malinconia".

Ed ancora, splendida frase d'amore, detta alla ragazza del terzo piano, Anna.
"Ti ho aspettato FINO A DIMENTICARE COSA.
Mi è rimasta un'attesa nei risvegli, saltando giù dal letto incontro al giorno. Apro la porta non per uscire, ma per farlo entrare".

Qual è, infine, il Giorno prima della felicità?
Non l'ho capito, in realtà; l'attesa di questa felicità che deve venire, che potrebbe arrivare, pervade tutta la storia, si respira, e le dà una veste quasi magica, irreale. Anche quando racconta tristezze!

Imperdibile.

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Indigowitch Opinione inserita da Indigowitch    25 Mag, 2010
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Una storia semplice e affascinante

Questo libro è il primo di Erri de Luca che ho letto.
Da tempo volevo avvicinarmi a questo autore interessante, e sono contenta di averlo fatto con questo libro, perché è stato amore a prima vista.
Il suo stile è essenziale, privo di fronzoli, diretto. Ogni frase, però, è pregna di significato, intrisa di una verità che non sapresti perché la definisci tale, ma è così.
Il segreto di una buona lettura sta nel non farsi scivolare addosso queste perle di saggezza popolare che l'autore infila con grazia nel suo racconto.
Bella la figura del protagonista, un ragazzino cresciuto in una situazione precaria, senza genitori, con la sola compagnia di don Gaetano, eppure malinconicamente sereno, dotato di un'intelligenza e di una saggezza così lontane dallo sfarzo delle apparenze in cui viviamo noi giovani adesso.
Memorabili le pillole di storia di don Gaetano, specie la scena della rivolta popolare a Napoli contro i nazifascisti (il ragazzetto che distrugge un carrarmato servendosi solo della sua agilità e di un tocco essenziale di furbizia è indimenticabile).
Bella la storia d'amore complessa e inusuale che percorre l'infanzia e l'adolescenza del protagonista.
In sostanza, un'opera che dà una bella lezione di stile a tanti autori inutilmente sofisticati e che non trasmettono un briciolo di emozione autentica.

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gianoulinetti Opinione inserita da gianoulinetti    03 Luglio, 2009
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"T'aggia 'mpara' e t'aggia perdere"

Quando il giovane protagonista ha imparato a battere a scopa il maestro, la sua formazione è terminata. Il libro di Erri De Luca è un bel libro: racconto poetico di formazione che accompagna un ragazzino napoletano fino ai diciotto anni e alla sua maturità morale. Pieno di personaggi secondari e di immagini che rappresentano in modo efficace la Napoli del secondo dopoguerra. L’episodio più articolato riguarda la liberazione della città dai nazifascisti prima dell’arrivo degli americani, raccontato con partecipazione e senza un briciolo di retorica.

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Arcangela Cammalleri Opinione inserita da Arcangela Cammalleri    30 Aprile, 2009
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Il giorno prima della felicità di Erri De Luca

Scritto in prima persona, un ragazzino, a Napoli, nel secondo dopoguerra, vive da solo senza più la sua madre adottiva. Mentre gioca al pallone scopre un nascondiglio, dietro la nicchia di una statua, nel cortile del palazzo in cui abita. Dal portinaio, Don Gaetano che sentiva i pensieri della gente, scoprirà che durante l’occupazione dei nazifascisti a Napoli stava nascosto un Ebreo. Il portinaio sarà la voce narrante della Storia, delle quattro gloriose giornate di Napoli in cui il popolo napoletano insorse contro i nemici per poi ritornare ad essere una folla di persone. Sarà il suo mèntore, gli insegnerà a giocare a carte, la vita come lotta e conquista della felicità. “O Guagliò” ( così chiamato dal portinaio) sarà la voce narrante della storia individuale, della passione divorante per i libri e per la ragazzina, Anna, intravista dietro i vetri di una finestra, serberà nel suo cuore l’incanto di questa fascinazione. Gli abitanti del palazzo, lo scarparo arricchito, La Capa che non conosce l’italiano, la vedova del secondo piano che chiama Don Gaetano per dei piccoli “Lavoretti”, il conte che si gioca le proprietà al circolo, il libraio Don Raimondo che farà prendere il vizio della lettura al protagonista della storia, di cui non ci è dato sapere il nome, sono emblematici di caratteri tipici umani di una certa letteratura partenopea, dove l’ignoranza è supplita dalla furbizia e dove l’arte di arrangiarsi diventa una filosofia di vita. “ Il palazzo e gli abitanti sono il medioevo che si è infilato i pantaloni del presente,” “I pensieri, l’umanità da dentro fa spavento, carne da arrostire all’inferno.” Queste alcune delle citazioni sagaci di Don Gaetano che trasmette la sua esperienza di vita al ragazzino diventato poi diciottenne che tra calcio e scuola vive i suoi rapporti di rimessa. L’incontro con Anna adulta farà scoprire al nostro protagonista di quanto l’attesa sia preannuncio di una piena felicità sia pure effimera e fugace. Il titolo del romanzo “ Il giorno prima della felicità” è per l’Ebreo nascosto, la vigilia del capodanno, che cade a settembre, secondo il rito, una pietra viene gettata nel mare, per liberarsi dalle colpe. Il giorno prima della felicità è quello precedente alla rivolta dei Napoletani. Il giorno prima della felicità è quello che precede l’incontro con Anna di “O Guagliò,” il giorno d’amore con quella del terzo piano, il giorno della felicità, il più terribile della sua poca vita. Il giorno dopo la felicità si sente un alpinista che sbanda in discesa. In questo breve romanzo si fondono due storie: quella individuale del ragazzo e la sua fulminea educazione sentimentale con Anna, una ragazza passionale che gli regalerà attimi di lampante felicità e la Storia collettiva di Napoli in rivolta contro i nazifascisti. Erri De Luca ci trasporta in questa Napoli umana e in perenne lotta con se stessa dove la lingua colorita e ricca di sfumature delinea dei personaggi forse un po’di maniera e datati come immagini oleografici, ma ci regala momenti poetici che illuminano la scena narrativa come quando la natura solidarizza con il popolo e lo stesso sole scalda quelli senza cappotto, perché vuole bene e protegge l’umanità derelitta e semplice.

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FrancoCentola Opinione inserita da FrancoCentola    05 Febbraio, 2009
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Il giorno prima...

Cosa si cela dietro una risata? Spesso un pensiero incerto, un fraintendimento. E dietro un pensiero profondo? Forse una risata, una sensazione di giocosa armonia. E' questa la sensazione che si ha leggendo Erri de Luca. Tutto diventa il contrario e l'insieme dell'esistenza dei personaggi. Questo è un gran bel romanzo che potrebbe dire molto ma quel molto in certi momenti preferisce tenerlo per se, per dare la possibilità al lettore di scovarlo in maniera intima e personale. L'amore secondo Erri De Luca è crudo, proprio perchè amare significa sentire dolore e gioia, sentimenti che si provano con crudeltà e un pizzico di indolenza. Complimenti a De Luca, un romanzo consigliato...

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Tre Cavalli, tu, mio.
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