Il barone rampante Il barone rampante

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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    04 Aprile, 2022
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Il pathos della distanza

Secondo romanzo della cosiddetta Trilogia degli antenati, “Il barone rampante” è probabilmente il romanzo più conosciuto dei tre, e forse tra i romanzi più famosi di Italo Calvino. Tuttavia devo dire che l’ho apprezzato meno del suo predecessore “Il visconte dimezzato”.
A parte i gusti - che sono opinabili - le vicende di Cosimo barone di Rondò hanno inizio a partire dalla sua decisione di ritirarsi sugli alberi, in seguito a un alterco familiare che ha per protagoniste le lumache cucinate da sua sorella che lui si rifiuta di mangiare. Per palesare la sua disapprovazione nei confronti di questo pasto - ma molto più probabilmente di una famiglia composta da personalità particolari, con le quali non può più convivere - Cosimo deciderà di arrampicarsi sugli alberi accanto alla tenuta: una decisione che parrà inizialmente frutto di un capriccio infantile e temporaneo, ma che finirà per trasformarsi in un proposito solido dal quale il protagonista non si staccherà mai, per alcun motivo al mondo.
Ma per quale motivo Cosimo trasforma questa sua ribellione in una specie di ideale? Perché questa presa di posizione? Difficile da dire, sta di fatto che mai il protagonista verrà meno a questa sua decisione, e nemmeno l’amore profondo per due donne - Viola e Ursula - sarà in grado di smuoverlo da questa posizione. Da questo punto di vista Cosimo è l’emblema del perfetto idealista che non scende mai a compromessi: di colui il quale sacrifica sé stesso a qualcosa e non è mai disposto a indulgere su nulla, a costo di provocare a sé stesso un’enorme sofferenza.
Nella postfazione dell’edizione Mondadori viene citato quello che Nietzsche chiama il pathos della distanza, che pone certi individui - aristocratici - a una sopraelevata distanza rispetto agli altri. Questo concetto viene applicato proprio a Cosimo il quale non solo concettualmente, ma anche letteralmente si trova a una posizione sopraelevata rispetto agli altri personaggi e pare poterli osservare meglio, oltre che risparmiarsi le brutture che una visione ravvicinata comporterebbe (metaforicamente parlando, ovviamente). A Cosimo, da questo punto di vista, si può associare la figura dell’intellettuale che, seppur possa porsi a una posizione di superiorità rispetto agli altri, deve poi fare i conti con l’alienazione che ne deriva. Cosimo, tuttavia, non si separa mai totalmente dagli altri esseri umani: non è un misantropo, anzi, lungo la sua vita ricerca sempre la presenza delle altre persone, il calore della passione, eppure non viene meno al suo proposito. Ma il distacco è sempre evidente, sempre impossibile da colmare, e sebbene Cosimo participi a tutti i grandi eventi a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, non può mai prendervi parte pienamente né giocarvi un ruolo che sia effettivamente importante, separato com’è dal resto del mondo.
Cos’è dunque Cosimo? un vincitore o un vinto, per metterla su un livello verghiano?
Tutto sta nel comprenderne i motivi… ma questo non è assolutamente semplice. Se il suo intento è una dimostrazione d’integrità, allora Cosimo è un vincitore a tutti gli effetti.
Negli altri casi, beh… il dibattito è aperto.

“- Mio fratello sostiene, - risposi, - che chi vuole guardare bene la terra deve tenersi alla distanza necessaria, - e il Voltaire apprezzò molto la risposta.”

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La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    31 Marzo, 2019
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Cosimo inventa il treeclimbing

Seguito ideale de “Il visconte dimezzato”, “Il barone rampante” è la parte centrale della trilogia nota come I nostri antenati. Anche questo romanzo si presenta come una fiaba, sebbene abbia dei toni un po' meno oscuri rispetto alla precedente, e ripercorre la vita di Cosimo Piovasco di Rondò che all'età di dodici anni sale su un albero per una puerile ripicca contro la famiglia; dagli alberi, il giovane nobiluomo, non scenderà più per tutta la vita, ritrovandosi così protagonista di avventure incredibili.
Narratore della storia è il fratello minore Biagio, che compone una sorta di puzzle biografico accostando i racconti di Cosimo stesso agli episodi riportati da vicini e conoscenti, mettendo in evidenza gli eventi più significativi come la battaglia contro i pirati o l’incontro con Napoleone Bonaparte.
Il primo aspetto che colpisce nella lettura è l’attenta descrizione degli alberi e, più in generale, dell’ambiente agreste in cui si muove il protagonista, vicino alla civiltà eppure così selvaggio all’apparenza. Allo stesso modo, Cosimo viene presentato di volta in volta come un semplice nobile dagli usi bizzarri o come un uomo selvaggio che spesso viene scambiato dai forestieri per una qualche creatura mitologica.
Notevole rilevanza ottiene la relazione tra Cosimo e la volubile Viola: un amore che come tutto in questo romanzo è ad un tempo possibile ed impossibile, diventando per i personaggio e per i lettori fonte di gioia ed anche di grandi sofferenze. L’aspetto storico acquisisce a tratti la predominanza sulla scena, e viene trattato con grande attenzione e precisione nelle informazioni; un buon lavoro di ricerca è di certo stato fatto anche per poter inserire dialoghi in diverse lingue straniere.
Un romanzo struggente ed evocativo, che si mantiene sempre federe al suo registro narrativo e capace di dare spessore anche alle comparse. Non potrei desiderare di meglio.

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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    03 Giugno, 2018
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Essere se stessi con tutte le proprie forze

Calvino dipinge fiabe, situazioni paradossali che strizzano l'occhio al reale, personaggi sopra le righe, mondi paralleli; lo fa con estro creativo e umorismo, utilizzando un linguaggio fiorito che allieta lo spirito.
Questo romanzo sembra narrato dalla voce del vento: del Libeccio ha la vivacità, dello Scirocco la follia, del Maestrale l'audacia – proprio come Cosimo, il protagonista, che un giorno sceglie di trascorrere la sua vita sugli alberi senza mai più mettere piede in terra, per osservare il mondo da una prospettiva autentica, sua e di nessun altro.
Una scelta che come una vocazione comporta nuove scoperte ma non poche rinunce, e a cui Cosimo non può in nessun caso sottrarsi senza perdere la parte più importante di sé, la linfa vitale che sembra assorbire dagli alberi, saltando di ramo in ramo come un passero, imparando il gorgheggio dei pennuti, libero come loro e in complicità con la Natura.
Leggendo le sue avventure scopriamo che la vita può diventare un'opera d'arte per chi abbia il coraggio di avventurarsi fuori dagli schemi, uscendo dalla gabbia di categorie prestabilite anche (ed è questa l'impresa più ardua) a costo di perdere chi si ama, perché “non ci può essere amore se non si è se stessi con tutte le proprie forze”.

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lapis Opinione inserita da lapis    01 Ottobre, 2016
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Spietatamente se stesso

E’ davvero difficile scrivere un commento a questo famosissimo romanzo di Calvino perché è una lettura quanto mai funambolica, tutta giocata sul sottile confine tra avventura umoristica, ricca di divertimento e fantasia, e riflessioni profonde, in cui l’ironia veicola densi pensieri sulle dinamiche della società, la figura dell’intellettuale e, più in generale, l’uomo e le sue scelte.

E’ una scelta, infatti, un brevissimo istante, un apparente capriccio, che cambia per sempre la vita di Cosimo Piovasco di Rondò quando, quel 15 Giugno 1767, decide di rifiutarsi di mangiare un piatto di lumache. Decide di ribellarsi a un padre autoritario, ancorato al mito di un passato nobiliare ormai tramontato, a una madre “militaresca”, chiusa in un mondo tutto suo, ad aspettative e convenzioni sociali. Decide di rifugiarsi su un albero.
Ma “la ribellione non si misura a metri. Anche quando pare di poche spanne, un viaggio può restare senza ritorno”. E Cosimo porterà la propria decisione di essere spietatamente se stesso fino alle estreme conseguenze e dagli alberi non scenderà mai più.

Essere ribelli non significa infischiarsene delle regole e fare i propri comodi, ma seguire la propria strada di autenticità con inflessibile coerenza e seria disciplina. Essere se stessi non significa erigere un muro verso gli altri ma essere nel mondo, con intelligenza, rispetto e generosità.
Cosimo infatti non vivrà da eremita ma intesserà continuamente rapporti umani, raccontando storie, accadute e inventate, per comunicare ciò che il proprio punto di osservazione speciale della terra gli permette di vedere. Combatterà i pirati per sfamare i poveri di Ombrosa, si inventerà un modo per far collaborare la gente contro lupi e incendi, lotterà sempre contro l’ottusità intellettuale, studiando, leggendo e corrispondendo con i più grandi filosofi del tempo. E si innamorerà, insegnandoci che anche l’amore in fondo non può esistere se non si è se stessi con tutte le proprie forze.

Tutto questo lo farà continuando a saltellare di albero in albero, senza lasciarsi mai afferrare da chi lo vorrà portare a terra. E allo stesso modo in queste pagine Italo Calvino saltella tra l’ironia di figure al limite del grottesco, la fantasia di incredibili avventure, la poesia di una natura accogliente e la commozione di una madre, apparentemente rigida e anaffettiva, che ama a distanza quel figlio così eccentrico e sul letto di morte gioca con le bolle di sapone che lui le manda dal suo ramo.
Come Cosimo, anche questo libro non si lascia afferrare e si presta a letture, interpretazioni e riflessioni diverse e senza tempo. Imperdibile per tutti, a tutte le età.

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sonia fascendini Opinione inserita da sonia fascendini    22 Marzo, 2016
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Per un piatto di lumache

Cosimo, adolescente della seconda metà del 1700 nobile, ricco, educato e con una buona istruzione a seguito di quello che sembra una innocua ribellione giovanile si rintana su un leccio. Causa dello sbotto di rabbia è il suo rifiuto di mangiare un piatto di lumache, a cui aveva tentato invano di dare la libertà prima che finissero in padella. Di fronte al'ultimatum del padre si alza, si arrampica sull'albero e dichiara che non toccherà mai più terra. Coerente fino alla fine a questa decisione Cosimo passando di ramo in ramo, di tronco in troco scoprirà un mondo del tutto inaspettato. Dal suo luogo privilegiato potrà vedere cose precluse agli altri e molte altre non le vedrà per nulla. Farà amicizie, si innamorerà, si farà una cultura e diventerà un rivoluzionario. Solo di una cosa si priverà: quella di toccare il suolo.
Libro brillante a metà strada tra una favola e un racconto storico che merita di essere letto almeno una volta, sia in età giovanile che da adulti. Diversa età corrisponde ad una diversa visione dei personaggi e delle loro vicende.

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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    01 Marzo, 2015
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Il barone rampante

Malgrado la giovane età del suo protagonista, la ribellione di Cosimo di Rondò si rivela ben presto un’iniziativa da non prendere sotto gamba: il rifiuto degli stanchi riti della sua famiglia appartenente alla piccola nobiltà di provincia e la scelta di salire sugli alberi vengono affrontati assumendone in pieno le conseguenze così che il dodicenne decide di non mettere più piede a terra, proposito che manterrà fino alla morte. A narrarne le peripezie è il fratello minore Biagio, che ne vive le avventure per interposta persona continuando a condurre una banale esistenza terricola: Cosimo dimostra come, a dispetto di una situazione non proprio comoda, si possa passare una vita fatta di passioni e interessi che però ha il pregio di essere libera dalle convenzioni (da quasi tutte, almeno). Ingegnandosi con piccoli accorgimenti, il protagonista del romanzo predispone la sua residenza arborea e lì si fa una cultura, ama ed è riamato, vive da protagonista – per quanto possibile – il suo tempo fatto di importanti ribaltamenti. Cosimo inizia ad andare per i rami nella seconda metà del Settecento e, quando arrivano gli eventi di fine secolo, è più che pronto perché si è imbevuto di idee illuministiche leggendo libri su libri: la sua ribellione sembra armonizzarsi con quella che si scatena contro immobilismi secolari tanto che la caduta delle illusioni contribuisce ad accelerarne la fine molto di più della sopravveniente vecchiaia. Di egual peso è invece la fuga dell’amore della sua vita, quella capricciosa Violante detta Viola che fa sempre prevalere il tornaconto personale anche a dispetto dei sentimenti: l’addio definitivo è un altro dei colpi dai quali Cosimo non si riprende più. Come si vede, sono molti gli spunti che l’autore inserisce fra le pagine di questo bel lavoro che risulta ancora freschissimo a sessant’anni dalla sua prima uscita, non ultimo quello di un certo parallelismo con ‘Le confessioni di un Italiano’ suggerito da Calvino stesso (il periodo storico, la presa di coscienza di Cosimo come quella di Carlo, Viola come una versione assai più antipatica della Pisana): ciò non toglie che si tratti anche e soprattutto di un brillante romanzo di avventura – ci sono anche i pirati - in cui il protagonista deve superare una serie di situazioni difficili. Nato dal più classico dei ‘cosa succederebbe se’, il libro segue Cosimo nelle battute di caccia che gli garantiscono più della sopravvivenza, nelle sue amicizie con gli umili siano essi contadini o i miseri carbonai che vivono nel bosco, nel suo trasfigurarsi per le menti altrui da realtà a leggenda: una serie di episodi che sono stati alla base della divertita lettura giovanile che ricordavo e che hanno dimostrato la loro capacità di intrattenere anche in età adulta. Una capacità in cui non è secondaria la limpida scrittura calviniana che sa risultare semplice pur essendo intessuta di molte immagini e accurate descrizioni che servono a ricostruire l’angolo di mondo in cui si svolge l’azione: un’insenatura ligure dalla fitta vegetazione che non si chiama Ombrosa mica per niente (al giorno d’oggi Cosimo avrebbe qualche problema in più a vivere e soprattutto a spostarsi sugli alberi) in fondo alla quale occhieggia pacifico il mare.

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pupa Opinione inserita da pupa    05 Luglio, 2014
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I NOSTRI ANTENATI

Questa trilogia coniuga alla perfezione la fantasia alla fiaba, la logica narrativa del possibile e verosimile all'impossibile: il primo racconto "Il visconte dimezzato" fa suoi questi temi che saranno sviluppati in opere successive. Il visconte Medardo di Terralba durante la guerra tra Austria e Turchia è diviso in due da una palla di cannone. Due distinti personaggi, il Gramo e il Buono, derivano da questo personaggio. L'uno si dedica sistematicamente al male, l'altro al bene. Alla fine gli opposti torneranno a riunirsi grazie a un miracoloso intervento chirurgico ed ai sotterfugi dell'astuta Pamela che si era promessa in sposa ad entrambi. Il secondo racconto, "il barone rampante", è incredibile e si muoverà per linee orizzontali, occupando però una posizione "sopraelevata". Qui il rifiuto delle regole preconcette, il discostarsi da ciò che è considerato la normalità emerge con ironia e semplicità. Il motivo del doppio tanto caro alla narrativa otto-novecentesca è in Calvino appariscente, egli struttura il racconto ispirandosi soprattutto a Stevenson ed alla narrativa settecentesca di Rudolph Raspe col suo barone di Munchhausen. Fuga, accettazione delle diversità e disobbedienze sono significative perché diventano disciplina morale più difficile e rigorosa di quella a cui ci si ribella. Vi si può leggere anche una metaforica raffigurazione dei compiti dell'intellettuale, che ottiene una lungimirante consapevolezza solo staccandosi dai pregiudizi della società, con il conseguimento di un punto di vista più chiaro, libero e indipendente: disubbidire al padre significa anche, allora, rifiutare il principio di autorità. Nel terzo ed ultimo romanzo di questa trilogia, "il cavaliere inesistente", il personaggio principale viene svuotato e lo si riduce a un puro involucro esteriore: un'armatura di metallo, che costituisce l'unica corporeità di Aginulfo dei Guildinverni, un essere invisibile che sente, pensa ed agisce. Qui Calvino si confronta con i meccanismi delle strutture narrative, mettendole in moto anche al di là della consistenza del personaggio. Aginulfo potrebbe essere il fantasma dei nostri sogni e desideri, delle nostre speranze, ma anche l'emblema del vuoto che c'è dentro di noi, dei rischi - per l'uomo - di ridursi a un essere meccanico. Ma si può vedere anche la difficoltà di conciliare l'astratta razionalità con la dimensione concreta dell'esistenza: il progetto è destinato alla sconfitta, quando venga meno la forza di volontà; così Aginulfo si ucciderà ai piedi di una quercia, dissolvendosi .

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LE PETIT PRINCE
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Martiii08 Opinione inserita da Martiii08    30 Gennaio, 2014
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QUEL RAGAZZO DEGLI ALBERI

[...] "- Vivi sugli alberi e hai la mentalità d'un notaio con la gotta.
- Le imprese più ardite vanno vissute con l'animo più semplice".

E' questa la filosofia di Cosimo, che sin dalla sua infanzia dimostra di avere una mentalità diversa dai ragazzini della sua età. E' il figlio del barone d'Ombrosa, città immaginaria che Calvino s'è inventato per ambientare questa storia dai tratti degni di un grande capolavoro. Un giorno, giocando col fratello Biagio, libera delle lumache che sarebbero dovute essere il suo pranzo, e finisce in punizione per ben tre giorni. Ed è così che per ribellarsi, Cosimo finisce per condurre una vita sugli alberi. Ovviamente all'inizio nessuno lo crede, e si fanno beffe di lui; questo fino a quando non capiscono che lui ha davvero intenzione di restare lassù per tutta la vita. La vita di Cosimo passa, assiste alle scene di vita familiare (anche se sempre dall'alto del suo albero) e inizia a fare visita agli Ondariva, suoi vicini di casa, accorgendosi subito della piccola Violante, della quale si infatua. I due entrano in contatto, ma quando i genitori di lei vengono a sapere dei loro incontri, la spediscono in collegio, privando Cosimo di ogni possibilità di rivederla. Calvino ha saputo proporci un romanzo di alto livello e mi ha condotto sino all'ultima pagina proprio mentre mi domandavo che fine avrebbe fatto la vicenda del protagonista. Ho adorato Violante sin dalla sua comparsa nei primi capitoli, e ho trovato questo voler vivere sugli alberi un modo per liberarsi ma al contempo stare prigioniero. Cosimo si ritrova ad essere vittima di questa promessa, di questa scelta che ha fatto: probabilmente la sua vita avrebbe preso una diversa piega se fosse stato, letteralmente, coi piedi per terra. L'autore ha assegnato al romanzo un contesto ironico che poi tanto ironico non è: esso è metafora di una libertà tanto ardentemente desiderata e tanto ardentemente riscossa. Ero scettica prima di leggerlo (nonostante Calvino abbia scritto tutte opere stupende), ma non mi sono pentita neppure un secondo dell'acquisto fatto. E' un libro a portata di mano, sia per prezzo sia per contenuto, adatto tranquillamente ad un pubblico di quattordici o quindici anni, ma al contempo adulto. Lo stile di Calvino è quello che conosciamo: termini che sono un po "classicheggianti" ma in un certo modo a noi contemporanei. Se avrete voglia di isolarvi un po' dal resto del mondo, magari non arrampicandovi sugli alberi e restandoci tutta la vita, vi auguro una buona lettura.

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Per Calvino non c'è mai un "a chi ha letto.." potete iniziare benissimo con questo romanzo o con altri suoi, che non ne resterete delusi.
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    19 Ottobre, 2013
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Acronimo rampante

Il figlio primogenito dodicenne di nobile famiglia decaduta
Le regole dell’etichetta mal sopporta nella

Baronia d’Ombrosa, irreale paese ligure. Cosimo su un
Albero si rifugia e promette che non scenderà più. Il
Ragazzo non scherza, diviene arboricolo e nel giardino degli
Ondariva, vicini di casa, conosce e s’innamora di Violante.
Nel suo mondo Cosimo dorme, mangia, crea una capanna
E prende lezioni dall’abate; per mangiare impara a cacciare.

Rampante sì, ma intesse anche rapporti sociali
Al punto da divenir famoso in tutta Europa. Tra
Mille peripezie e avventure, anche amorose, alla morte del
Padre diviene barone; non verrà mai meno
Alla promessa inziale, raro esempio di coerenza,
Neppure all’atto della scomparsa… in mongolfiera!
Tra i nostri antenati è il mio preferito: avventuroso
E avventuriero, impersona con ironia l’anticonformismo.

Bruno Elpis

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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    07 Aprile, 2013
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Per aria, con i piedi per terra

Famoso racconto di Calvino, di un'intensità spicciola e leggera, ma al tempo stesso coinvolgente e sognante. E' la storia di un piccolo barone, indomabile ribelle, che a 12 anni sale su un albero per non ridiscenderne mai più, diventando però un adulto tenace, profondo e coraggioso. Un libro semplice, pieno di malinconia, ma anche di umorismo, libro con un'essenza delicata che fa osservare la natura con altri occhi e che è testimonianza di una grande ricchezza interiore dell'autore. Cosimo vive per aria, ma con i piedi per terra, e la sua storia ci fa inoltre riflettere su una realtà, che ciò che si sente è il più delle volte inesprimibile.

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AndCor Opinione inserita da AndCor    18 Gennaio, 2013
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Una piccola, grande metafora

Questo romanzo, in apparenza semplice, dimostra come Calvino scriva guardando oltre le apparenze: l'obiettivo è quello di portare il lettore a una condizione di 'misticismo del significante' in modo da permettergli di osservare la storia con i suoi stessi occhi e di carpirne l'essenza più profonda.

Il protagonista è Cosimo, eroe dell'anticonformismo e della ribellione, che ha l'impellente bisogno di dare sfogo al proprio Io (lirico?) sino al gesto estremo di passare il resto della propria vita sugli alberi.
Questa inusuale reazione implica una vera e propria fuga dal presente, caratterizzato da un periodo storico-culturale di grande instabilità - il tempo della storia comprende l'ultima parte dell'Ancien Régime, la Rivoluzione Francese e la Restaurazione -, e un desiderio recondito di rievocare l'infanzia.
L'ambiente è tanto "vivo" quanto surreale, e l'autore spesso lo richiama in chiave pessimistica per dimostrare come il consumismo e l'edonismo del periodo storico avessero ormai completamente intaccato la puerile innocenza di Ombrosa, paesino ligure che di affascinante ha solo il nome.

La conclusione è probabilmente la parte più bella del romanzo, perché lascia volutamente la porta aperta a molteplici interpretazioni. Segno inequivocabile e principale punto di forza di un romanzo poliedrico costruito su più livelli di significato.

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Dilo Opinione inserita da Dilo    08 Ottobre, 2012
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Incredibile

Una Famiglia ligure, nobile, alla fine del 1700. Potrebbe essere un racconto come altri, ma qui chi scrive è Italo Calvino, e quindi un nobile di 12 anni che per un litigio con la sorella ma soprattutto con il padre, decide di salire su un albero e di non scendere mai più. Cosa chiarissima fin dalla prime righe e raccontata con una naturalezza incredibile e in pochissime parole "ti farò vedere io appena scendi!" -"E io non scenderò mai più". E mantenne la parola. Chiaro, limpido, cosa c'è di strano?!
Chi narra è il fratello minore di Cosimo e questo ci aiuta ad affezionarci al barone un po' di più, a conoscerlo un po' meglio e a non sapere mai se ciò che ci viene raccontato è la verità oggettiva, oppure una verità aggiustata qua e là con aggiunta o omissioni di particolari. Cosa che non accadrebbe con il classico narratore onniscente estraneo alla storia che quindi tutto sa e tutto vede, questa scelta, inoltre rende il libro, a mio modesto avviso, ancora più spassoso.
Calvino, racconta racconta, ma non si capisce dove vuole arrivare, ma non si può fare a meno di leggerlo, proprio perché il suo modo di scrivere è geniale, divertente, pieno di particolari e si ha, soprattutto all'inizio, l'impressione che lo scrittore si sia messo davanti la macchina da scrivere, durante un pomeriggio uggioso e abbia semplicemente cominciato a raccontare la storia, così, come gli veniva in mente, senza fare troppi progetti sul futuro del suo libro e di Cosimo, il Barone Rampante. Ma piano piano, in mezzo a stranissimi personaggi, comincia a delinearsi una storia ben precisa, la nostra storia. La Storia, quella che solitamente si studia sui libri di scuola, si intreccia incredibilmente con la storia di Cosimo. IIl barone diventa il protagonista della storia, quest'uomo pur vivendo sugli alberi e con gli alberi, ha una vita ricchissima, non fugge dalle persone, anzi le cerca e tenta di migliorarne la vita. Come vi chiederete, voi, questo lo scoprirete leggendolo. Perché chi non vorrebbe sapere come si fa a parlare per circa 250 pagine di un Barone che vive sugli alberi, ma continua le sue relazioni sociali con chi sta con i piedi ben piantati per terra?

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a chi apprezza calvino in generale, ma soprattuto se avete letto il visconte dimezzato e il cavaliere inesistente, visto che fa parte di una trilogia
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Yoshi Opinione inserita da Yoshi    28 Agosto, 2012
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Gli alberi.

Cosimo è un ragazzino fortunato, una famiglia nobile, un fratellino cui fare da esempio, un padre padrone, una madre generalessa e una sorella che vorrebbe diventare suora.
Chi sconvolgerà l'equilibrio di questa famiglia così particolare?
Cosimo è il rivoluzionario, colui che sconvolgerà tutto e creerà scompiglio a destra e a manca. Irremovibile prende la sua decisione di salire sugli alberi per non scndere mai più e così sarà.
La storia viene raccontata con gli occhi e l'amore del fratello che narrerà la vita di Cosimo dall'inizio alla fine passanto per l'amore, l'amicizia, la cultura, il lavoro e infine la morte.
La scrittura, neanche a dirlo, è scorrevole e la vicenda interessante connubio per cui le pagine vengono girate velocemente e senza neanche accorgersene.
Per me è stata una bellissima ed interessante scoperta questo libro perchè il modo in cui vengono descritte le scene è magico e molto facile da immaginare, trovando un veloce feeling con i personaggi e le ambientazioni.
Ti immerge in un mondo circondato dagli alberi e dagli animali, usando espressioni ed emozioni che ti fanno venir voglia di arrampicarti su un albero e mandare tutto a quel paese.
Cosimo però non è un solitario, bensì una persona che vive a modo suo ma a contatto con la società senza nuocere o far male a nessuno, anzi apportando aiuto e suggerimenti utili alla società in cui vive.
Credo che questo sia un punto fondamentale della storia in cui traspare il messaggio dell'autore che vuole far capire che nonostante le stranezze e le diversità di ogni persona, tutti abbiamo bisogno di comunicare o di essere accettati per quello che si è.
Tutti possiamo o potremmo fare del bene e aiutarci nonostante ognuno sia un mondo a parte.
La vita è fatta di connessioni e ponti con le persone che questi vivano sugli alberi o in case di ghiaccio, mattoni o fango.
Insomma, un libro piacevole da leggere.
Unico neo, per me, è stato l'inserimento di alcune frasi e dialoghi in francese o russo senza la dovuta traduzione che ho dovuto lasciare ad interpretazione.
Ad ogni modo è una di quelle storie che non vorresti mai che finissero proprio perchè ciò che ricrea è un po l'essenza di ognuno di noi.
La vita, gli alberi, la natura, l'amore, la solitudine e la morte.
C'è un Cosimo in ognuno di noi e sarebbe bello avere tempo e luogo per poterlo scoprire.

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rakovic Opinione inserita da rakovic    07 Luglio, 2012
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Straordinario, ma non fermatevi alle apparenze....

La cosa meravigliosa di questo romanzo è che può essere letto e gustato da un ragazzo delle scuole medie e dal più letterato degli adulti. Il primo sarà attratto dalla trama con le mirabolanti avventure di un ragazzo che decide di passare tutta la propria vita sugli alberi, mentre l'adulto leggendo tra le righe scopre i significati reconditi dell'opera: la caparbietà del ragazzo, il fatto di non fermarsi di fronte ai pregiudizi, che tutto è possibile quando lo si vuole, anche le cose apparentemente più proibitive. Bello anche il finale che lascia il beneficio del dubbio. Dieci e lode

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il visconte dimezzato, il cavaliere inesistente, marcovaldo
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taxan Opinione inserita da taxan    17 Dicembre, 2011
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Capolavoro calviniano

Questo romanzo è tanto storico (Settecento rivoluzionario-napoleonico) quanto fantastico (un aristocratico rampollo che decide per occasionale ripicca adolescenziale di vivere tutta intera la sua vita rigorosamente sugli alberi di un'Arborea peraltro molto ligure). Per me è il capolavoro di Italo Calvino, che di ottimi libri ha fatto in tempo a scriverne molti. Ciò che viene raccontato e il modo di raccontarlo sono speculari: una realistica e inverosimile vita arborea ma sociale resa con uno stile funambolico che riunisce mirabilmente verosimile e inverosimile in modi del tutto nuovi, tra l'altro estranei ai modi precedenti e successivi del realismo magico. Cìè persino una concezione, settecentesca-novecentesca, di possibile riforma sociale intravista guardando la vita umana da sugli alberi.

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o ascoltato storie
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lucia ciciarelli Opinione inserita da lucia ciciarelli    13 Ottobre, 2011
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fuga dalla quotidianità

Si racconta che Calvino abbia scritto questa storia ispirato dal racconto di un suo amico che da piccolo, giocando ai goonies, aveva vissuto un'avventura arrampicandosi su un albero.

Secondo libro della "trilogia araldica" dopo il visconte dimezzato, meraviglioso e ironico quanto il primo,appare come una storia meno originale ma più movimentata...

Tutto ruota attorno alle vicende di Cosimo che, stanco della vita di tutti i giorni, e ancor più delle persone che lo circondano, decide di fuggire da tutto, isolandosi in un mondo tutto suo attraverso una separazione fisica, cioè interponendo una barriera (salire su un albero)ed evitando accuratamente di toccare terra in ogni situazione; la cosa sorprendente è la sua coerenza nel fatto che una volta presa la sua decisione, giusta o sbagliata che sia, non torni più indietro, tanto che quello che all'inizio sembra essere una semplice rivolta nei confronti dei genitori, alla fine diventa un vero e proprio stile di vita, con delle regole ancora più rigide di quelle dategli dai suoi genitori. Ovviamente questo gli provoca subito la nomina di essere etichettato come pazzo.

Il succo della storia è proprio questo: Cosimo non è affatto pazzo, ma è solo un ragazzo molto intelligente che, constatando che nel mondo non c’è posto per lui, decide di farsi notare in un altro modo,conducendo una vita particolare e mantenendo fra sé e gli altri una minima ma invalicabile distanza che gli permetta di avere sempre il controllo della situazione.

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letteratura fantasy...anche d'autore!
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manu chan Opinione inserita da manu chan    24 Settembre, 2011
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Il barone rampante

Un libro molto interessante e anche divertente, visto quello che accade a Cosimo, dodicenne che a causa di un'asprezza durante un cena in famiglia decide di salire su un albero e, ostinato, ci rimarrà tutta la vita. Durante questa lunga esperienza non si fa mancare proprio niente: si adatta alle intemperie, trova una soluzione per suoi bisogni fisiologici, per la sua istruzione, anche per l'amore (purtroppo tradito) e per i viaggi. Da ramo a ramo troverà il modo di scoprire nuovi luoghi e nuovi popoli, di intessere amicizie con essi e ritornare a casa, ma mai scendere.
Il libro affronta il problema dell'adolescenza, che si trasforma in una certezza di vita. Il protagonista è un esempio di forza interiore e di forte personalità, che riesce a mantenere nonostante i numerosi tentativi di persuasione da parte della famiglia. Un libro toccante, che ti apre le porte alla riscoperta di te stesso.
Ancora una volta Italo Calvino mette in mostra la sua abilità stilistica e narrativa.

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la bibliografia di Italo Calvino
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chicca Opinione inserita da chicca    02 Marzo, 2010
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il barone rampante

Questo splendido romanzo è ambientato in un paese del golfo ligure,Ombrosa, in esso traspare tutto l'amore dell'autore per questa magnifica terra e la paura ( ahimè fondata) per la forte urbanizzazione in atto. Calvino scrive questo romanzo negli anni intorno al 1957. Il romanzo è collocato storicamente nel 1700, tra nobili, gesuiti, giacobini e nientemeno che Napoleone stesso. Su tutti svetta, non solo metaforicamente, il personaggio di Cosimo che trova una nuova forma di " eremitaggio sociale" decidendo di passare l'intera esistenza sugli alberi ma senza disdegnare la partecipazione alla vita del paese e non solo. Cosimo si dimostra uomo dai valori morali ben saldi, si lascia guidare esclusivamente dalla razionalità, non cede mai alla superstizione, legge e studia tutta la vita, intrattiene rapporti epistolari con i più grandi filosofi del tempo.Marcata è la sua passione per la gente più umile, in tutta la sua esistenza si schiererà sempre dalla parte del più debole. Davvero un bel personaggio.

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uzzy Opinione inserita da uzzy    01 Febbraio, 2010
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Semplicemente geniale

Un grande libro, credo uno dei migliori scritti da un autore italiano nel 900'.
Mi è piaciuto molto di più del visconte dimezzato (infatti mi pento un pò del voto che ho dato a questo libro) perchè i personaggi sono più approfonditi nelle convinzioni, nelle passioni, nel loro essere persone a cui un lettore può accostarsi.
Il barone rampante è geniale nello svolgersi della vicenda, una specie di esposizione di personaggi con caratteristiche marcate ed accentuate, e toccante del suo epilogo.
In questi giorni in cui un Avatar ci vuole descrivere una volta di più la il rapporto che dovremo avere con natura e persone di altre razze, Il barone rampante me ne fà prendere atto con meno colori inebrianti e battaglie vorticanti, ma sicuramente con più poesia.

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Il visconte dimezzato, il cavaliere inesistente
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    17 Giugno, 2009
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Fantastico

Italo Calvino, per completezza Italo Giovanni Calvino Mameli, è stato senza ombra di dubbio un intellettuale di notevole impegno politico, civile e culturale. Autore eclettico, che sapeva spaziare dalla saggistica al racconto e infine al romanzo, è stato ed è ancora un preciso punto di riferimento per la sua attività di sperimentazione letteraria, oltre a essere considerato uno dei più importanti autori del genere fantastico. Lo spirito anarchico, di cui era permeato, si rifletterà anche nelle vicissitudini politiche, ma soprattutto in quell’andare controcorrente nella narrativa, con una sua particolare interpretazione del fantastico, che tende a evidenziare un aspetto onirico, la concretizzazione, sia a pure a livello di scrittura, di un sogno permanente di libertà assoluta e in ciò di ampio anticonformismo.

E’ questa una produzione di grande valore che comprende, fra l’altro, Il barone rampante, opera ambientata in un immaginario paese della riviera ligure, Ombrosa e connotata dalla vicenda del primogenito del barone Arminio Piovasco di Rondò, Cosimo, che ancora fanciullo, a seguito di un litigio avvenuto il 15 giugno 1767, decide di punto in bianco di andare a vivere sugli alberi. La storia è narrata dal fratello minore Biagio che invece preferisce restarsene nella casa patrizia, pur invidiando la scelta di campo di Cosimo.

Detta così può sembrare la vicenda dello scemo di paese o di un fenomeno da baraccone, ma la figura di questo arboricolo si staglia netta in una serie di personaggi godibilissimi, vere e proprie caricature, e in un intreccio di fatti che gradualmente finiscono per il coinvolgere il lettore, al punto di desiderare di poter godere della stessa immensa libertà.

Cosimo è per alcuni un originale, per altri un pazzo, ma in effetti rappresenta la massima aspirazione per una vita slegata dalle consuetudini, da qualsiasi cerimoniale e scevra da leggi e laccioli, tranne quelli della natura.

Non è improbabile, anzi penso sia più che possibile che l’arboricolo sia l’alter ego di Calvino stesso. Del resto, il personaggio presenta comuni caratteristiche, quali quelle di essere un intellettuale e di battersi in favore della povera gente, che lo capisce infatti, al punto che, divenuto vecchio e malato, lo assiste amorevolmente, sempre senza che lui, da quando salì sugli alberi quella prima volta, debba mettere i piedi per terra.

Questo desiderio di elevarsi dal mondo, di essere solo e unicamente padrone di se stesso, trova poi una geniale conclusione nella sua dipartita, una toccante ascesa in cielo.

Il barone rampante è sicuramente un romanzo di grande valore e ne consiglio vivamente la lettura.

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