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La magìa del fuoco
E’ da diverso tempo che non leggevo un libro così, uno di quei testi che ti avvincono piano piano e che arrivati a un certo punto ti impongono di non sostare, ma di continuare per arrivare fino alla fine in un crescendo di tensione emotiva.
Non è né un noir, né un giallo, anche se c’è una certa vicenda di incendi che conferisce una leggera atmosfera di mistero; è invece un romanzo di sentimenti, di vita vissuta e di profonde riflessioni.
Ambientato fra le due guerre, è uno spaccato di vita contadina descritta con finezza e rara abilità, con una famiglia patriarcale, dove il primogenito è padre e padrone e in cui le leve del potere e del denaro sono predominanti.
In questo contesto spicca la figura di Benvenuto (per tutti Nuto), un bimbo nato zoppo e con uno straordinario talento naturale per la pittura e la scultura. La libertà innata dell’artista cambierà ataviche tradizioni e consuetudini e proietterà un mondo antico verso il nuovo.
Ma è anche una storia di sentimenti, di iniziazione alla vita sessuale raccontata con una mano leggera che è riuscita a nobilitare istinti e passioni con sfumature e dolcezza. La scabrosità, nonostante alcune situazioni, è del tutto inesistente e questa è una grande capacità dell’autore che non scivola mai, ma che anzi ci concede un erotismo raffinato, dove carnalità e amore si fondono in un unico pathos.
Seguire passo passo la vicenda di Nuto è come immergersi nella magia di un mondo quasi sconosciuto, ma reale, dove la capacità di osservare dello scrittore si traduce in pagine di notevole bellezza, alcune delle quali simili alla prosa poetica.
E questo accade grazie a uno stile sobrio, mai ridondante, dove l’autore, pur presente, riesce a celarsi perfettamente dietro i suoi personaggi, così che ne deriva una lettura agile, scorrevole e appunto assai gradevole.
Non c’è una parola di troppo, né una di meno, in un’armonia che rasenta la perfezione e che contribuisce non poco a infondere al lettore un senso di grande serenità.
Aggiungo che stupisce anche la capacità di descrivere l’arte pittorica e addirittura quella delle ceramiche, illustrata in modo mai greve, anzi direi avvincente.
Dulcis in fundo, il romanzo termina in modo logico, anche se non del tutto scontato, ma soprattutto come inconsciamente il lettore desidera che avvenga.
Definire questo libro un capolavoro mi sembrerebbe forse eccessivo, anche se vi si avvicina molto, ma comunque resta sempre un’opera di alta eccellenza, un autentico gioiello nel panorama letterario non solo italiano.
La lettura, quindi, non è solo consigliabile, ma veramente raccomandabile.