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Il canto muto della poesia
La storia del “ viddrano che si maritò con una sirena”, Camilleri la ascoltò per la prima volta dalle labbra di Minicu, il mezzadro di suo nonno, che con i suoi fantastici racconti, esortava lo scrittore, allora bambino, a chiudere gli occhi per riuscire a scorgere la magia insita nelle cose( pi vidiri le cosi fatate), quella che non può essere vista con gli occhi dischiusi alla ragione.
Camilleri ora ci invita a sua volta a farlo, regalandoci questa bellissima favola, questo poetico “cuntu” che, con il suo dialetto armonioso e incantatore, ci trasporta in un mondo dove mito, storia, scienza, leggenda e verità si abbracciano e ci abbracciano strettamente in una terra magica che ci rapisce e si fonde con la parte bambina della nostra intima essenza.
La vicenda inizia a Vigata, a cavallo tra l’Ottocento ed il Novecento e finisce con lo sbarco degli Alleati in Sicilia . Gnazio, il nostro antieroe, l’antiulisse per eccellenza, non volendo essere considerato un “pidocchio” come quello che, dimenticato da Dio e dagli uomini dovette nascondersi tra i capelli del Patriarca Noè per poter sopravvivere, parte per l’America in cerca di fortuna, attraversando un mare che lo impaurisce e lo sgomenta. Ma il suo sogno è tornare nella terra natìa: vuole vivere e morire là, in quella sua meravigliosa isola e come Ulisse agogna il ritorno alla sua Itaca. Vi rientra dopo 25 anni di assenza e compra una lingua di terreno incolto e circondato dalle acque nella contrada Ninfa. Nonostante la sua avversione per il mare che circonda la proprietà, Gnazio viene affascinato da un grande ulivo secolare accanto al quale decide di costruire la sua casa. Sotto le sue abili cure la terra rifiorisce. Passati i quarant’anni Gnazio decide di prender moglie e si rivolge alla ‘gna Pina, erborista e sensale, che gli fa conoscere la bellissima Maruzza Musumeci che vive con la sua enigmatica e conturbante bisnonna Minica. Gnazio ne rimane folgorato. Maruzza e Minica, nonostante le femminee sembianze, appartengono al popolo del mare; sono le creature dal canto ammaliatore che mai dimenticarono l’affronto di Ulisse; sono sirene che ormai vivono in mezzo agli uomini senza mai scordare i loro riti ed i loro impellenti bisogni che sempre le legano fortemente alle profondità marine. Sono esseri capaci di produrre splendidi canti che non hanno parole e soffiare dentro le conchiglie musiche antiche che raggiungono solo i cuori di chi conserva la capacità d’amare. Posseggono una memoria remota, parlano il greco rifacendosi ai grandi versi dell’Odissea e bramano l’acqua che regala loro una vita al di là del tempo e dello spazio, al di là della morte. Dopo essersi vendicate dell’onta di Ulisse, in un’aura di premonizioni, di sospette morti e sparizioni e dopo la celebrazione di un fatato matrimonio notturno non scevro di arcaici e spesso cupi e misteriosi rituali, Gnazio, accogliendo la diversità della sua sposa, inizia con lei una nuova vita basata sulla serenità e la concordia, in una totale fusione delle loro molteplici differenze. Nascono quattro figli. Il primogenito Cola, con la mente completamente rivolta al cielo e agli astri e che diventerà un astronomo famoso, ha tutte le caratteristiche del padre. La sorella Resina (anagramma di Sirena) è una novella sirenetta, come la madre. Gli altri due figli, Calorio e Ciccina, appartengono totalmente al mondo degli umani. Tra Cola e Resina si formerà un legame talmente indissolubile che scavalcherà la morte e si imprigionerà in uno spazio atemporale dal quale sarà possibile, ancora, ricevere un messaggio di vita e di speranza.
Una favola deliziosa questa di Camilleri, una favola che attraversa lieve tanti temi importanti della vita: un libro sull’amore, anche quello che sembra inattuabile, un libro sulla diversità che può unire invece che disgiungere. Un libro commovente, che contiene l’esplicito invito alla comprensione e all’accettazione dell’altro. Anche il lettore, non può che restare ammaliato dalla scrittura e dalla liricità del romanzo, che trasuda un sogno dai contorni sfumati di realtà, realtà che appare e scompare come onda del mare sulla risacca, lasciando dentro il dolce canto muto della vera poesia.