Dettagli Recensione
restituitemi i soldi spesi per il libro
La prosa poetica è la scrittura che caratterizzerebbe questo romanzo breve. Ma io del romanzo, breve o non breve che sia, non ci ho trovato nulla. Una trama che non c’è. Se poi lanciare un ritmo (il "voi" dei dialoghi, si sa, intriga ma ciò non è mica merito dell'autore) e seguirlo nella varie peripezie dei dialoghi e della scrittura significa offrire una trama al lettore, allora vabbé: abbiamo il romanzo breve. Io non so fino a che punto intriga il lettore questo testo per palati forti (palati forte, forse nel senso che ci vuole forza e coraggio a leggerlo fino alla fine). Posso solo dire cosa ha suscito in me Stabat Mater. Autentica noia!
Il finale è abbandonato a se stesso, e rivela gli sforzi profusi dall’autore nel condurre una non trama, un lasci e corri.
Laddove dall’inizio fino in prossimità dell’epilogo si strazia il lettore con una sorta di canto del morto - di un’improbabile orfanella che dialoga con la sua morte, di un’orfanella che si diletta a scrivere lettere struggenti alla madre - un finale psichedelico ti offre un lieto fine inaspettato: e inaccettabile, perché a quel punto il lettore si aspetta la tragedia.
Inizi a leggere che correlativi oggettivi ti mostrano un’orfana ricoperta di merda, scusate il termine, ma è proprio così che Scarpa mostra le scene: una piramide di M. Per raccontarci il dramma attinge chissà dove, e si capisce che tutto è di seconda mano: l’orfana nel romanzo non viene resa, l'orfanatrofio nisba: ci sono espedienti di prosa poetica che cercano disperatamente di convincerti che quel personaggio è una adolescente orfana. Non convince nemmeno un palo luce. L’unico dialogo convincente è quello che l’orfana fa con la sua morte: la morte con i capelli a serpente. Ma questo dialogo fatto da anafore per allocchi è troncato nel finale, buttato in un canto e non si capisce la sua funzione nel romanzo. Il personaggio morte è liquidato, dimenticato. Il finale del romanzo traduce in tutte le lingue il libro: una voce narrante e un abbandonarsi al ritmo, un gloriarsi di sé (autore), specchiarsi nello specchio e dirsi quanto son bello! Poi che diavolo ci azzecca Vivaldi! I luoghi sono mostrati in penombra: quattro tocchi, perché se apri gli occhi forse vedi troppe cose che non vanno. Non c’è respiro, in compenso c'è il nulla mischiato col niente. Una prosa vetusta.