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Ti prendo e ti porto via
 
Ti prendo e ti porto via 2009-12-05 18:09:21 Arcangela Cammalleri
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
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Arcangela Cammalleri Opinione inserita da Arcangela Cammalleri    05 Dicembre, 2009
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Ti prendo e ti porto via di Niccolò Ammaniti

Letto quando era uscito, mi era piaciuto per lo stile dell’autore e per la storia dei personaggi fuori da certi schemi: balordi, incasinati, problematici, ingenui; insomma la gamma infinita dei caratteri umani. Una galleria d’individui viva e tragicomica, data in pasto ai lettori. Oggi rileggerlo, offre le stesse sensazioni positive, non certo di un libro dalla lettura frettolosa e via al prossimo. Un vero libro si rivela e poi si conferma quando una seconda lettura è più interessante e apre altre chiavi d’interpretazione e approfondisce pensieri e suggestioni. La trama in breve: a Ischiano Scalo, piccolo paese con poche opportunità di svago e di cultura vivono i nostri eroi: due ragazzini Pietro e Gloria, compagni di scuola, d’estrazione sociale ed economica diversi. Gloria, bella e spavalda, di famiglia ricca e perbene e Pietro, timido e introverso, di famiglia proletaria che più non si può, e anche disastrata: padre violento e alcolizzato, madre con problemi psichici e un fratello incolto che nutre vaghi ed assurdi sogni; insomma un bambino definito, secondo il linguaggio scolastico, un caratteriale. Tra l’altro perseguitato da tre compagni bulli e balordi, che così esprimono il degrado e il disagio di certe realtà umane: lo opprimono con continue offese verbali e fisiche. Eppure tra questi due ragazzi Pietro e Gloria c’è una sintonia d’intenti e una vicinanza affettiva che va oltre una semplice amicizia adolescenziale. L’altra coppia scombinata è quella di Graziano Biglia play boy da strapazzo, un po’ attempato che insegue ancora futilità e vanaglorie trascorse e la professoressa Flora Palmieri, donna trentenne dall’aspetto misteriosamente bello e dal carattere riservato e solitario. Eppure casualmente i due destini ad un certo punto del loro curriculum vitae s’incrociano e le due diversità si combinano.
Ammaniti scandisce le tappe della vita, contrassegnate da rituali obbligati, marcatori dei passaggi generazionali e lo fa con graffiante ironia e con partecipe adesione sentimentale.
L’autore ci ammannisce con un lessico immediato ed autentico ed un periodare breve e conciso; alterna una scrittura calibrata e precisa, ad un’altrettanta scrittura non osservante di precise schemi narrativi. Alterna registri verbali diversificati dando la misura del suo profondo scavare nel centro delle vite umane e restituendoci non tanto personaggi, ma persone in carne ed ossa. Carpisce con sorprendente inquietudine i lati oscuri e controversi dell’animo umano dosando malinconiche asprezze e ironiche dolcezze. Senz’altro questo romanzo più che godibile, è amabile come certi vini dal sapore dolce e dal retrogusto asprigno.

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Dello stesso autore "Io non ho paura" e altro...
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