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L'età fragile
 
L'età fragile 2024-12-03 16:53:56 Bruno Izzo
Voto medio 
 
2.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
3.0
Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    03 Dicembre, 2024
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Cadute, traumi, contusioni

Come è noto, questo è il romanzo vincitore del prestigioso Premio Strega 2024. Chapeau, nulla da eccepire, si tratta in effetti di una lettura piacevole.
Una discreta prova di una autrice che ha già avuto modo in precedenza, con i suoi lavori, di farsi apprezzare da molti, sia in termini di critica che di vendite.
Un testo scritto con uno stile tutto suo, inconfondibile, leggibile in breve, mai i suoi libri contano troppe pagine. Una scrittura essenziale, un linguaggio asciutto, preciso. Donatella Di Pietrantonio va subito al dunque, magari anche in modo spiccio, forse eccessivamente sintetico, qualcuno direbbe una prosa scabra, però efficace, e anche efficiente per il suo voler dire. Tuttavia, a mio modesto parere, il premio più che a questo libro in sé, è stato dato, come dire, alla carriera, al complesso dei suoi elaborati e non specificamente a “L’età fragile”. Un premio meritato sì, ma alla scrittrice, al complesso della sua produzione. “L’età fragile”, in sé e per sé, non mi convince in pieno; per esempio “ L’Arminuta”, colei che ritorna, la riportata a forza, partita e rimandata indietro quasi fosse un campione deteriorato, che è il suo testo forse più noto e di buon successo, e a ragione, mi piacque tantissimo, molto di più dell’ “Età fragile”, era veramente un piccolo gioiello. Una storia di abbandono, molto incisiva, commovente ma terribilmente reale, raccontava un ritorno coatto che però si tramutava in una occasione, una opportunità di riscoperta delle proprie radici, e di un affetto unico, quello che solo una sorella può darti. Anche il sequel di questo, “Borgo sud”, mi è parso di una spanna superiore all’”Età fragile”, e dire che è appunto una continuazione, e si sa, la puntata successiva, l’opera seconda, non riesce mai bene come quello che lo ha preceduto, sarà perché il lettore si aspetta inconsciamente il “già visto”, il rischio di deluderlo è alto. Insomma, finanche i più datati “Mia madre è un fiume”, storia di una anziana che si perde nella nebbia dei suoi ricordi che svaniscono e di una figlia che se ne prende cura aiutandola a ricostruirli, o “Bella mia”, un testo attualissimo, non tanto perché ambientato all’epoca del terremoto all’ Aquila, ma per il tema, quella della maternità per interposta persona, mi sono apparsi, come dire, superiori. Di molto superiori. Intendiamoci, la penna è la sua, pregevole; però a mio parere, “L’età fragile” è appunto fragile, si ferma in superficie, non incrina la linea piatta delle acque, si limite alla trasparenza anziché tuffarsi per esplorare, e descrivere, al meglio i fondali. Che pure sembrerebbero meritevoli di più accurata osservazione: per me, non è la sua opera meglio riuscita. Detto questo, Donatella Di Pietrantonio prende spunto per questo suo ultimo da un tragico episodio di cronaca nera realmente avvenuto sulle pendici boscose della Maiella anni fa. Vittime, povere ragazze, giovani turiste, un femminicidio commesso a scopo di libidine da un individuo in cui erano incappate del tutto casualmente. L’assassinio, un giovane slavo, era un pastore confinato in estrema solitudine nell’assolvere il suo miserabile servizio, davvero in assoluto isolamento, mal retribuito e in condizioni miserevoli, uno schiavo, letteralmente, che l’esistenza di stenti e privazioni aveva desensibilizzato di ogni umanità regredendolo ancor di più alla condizione di bestia selvaggia. Ancora più bestia erano da etichettare però coloro che, persone cosiddette “civili”, avevano pensato bene, tra l’altro, di provvedere certosinamente ai propri meschini interessi, e cioè di armare la bestia perché meglio custodisse le greggi affidategli, infischiandosene delle conseguenze, salvo poi negare ogni responsabilità, scaricando tutte le colpe su quel disgraziato, ancora più colpevole perché un bruto, un diverso, una bestia selvatica, giustappunto. Ecco, tutto questo è preso a pretesto, sullo sfondo agisce il vero protagonista di questo romanzo, la terra natale della scrittrice, l’Abruzzo, il luogo vero protagonista, il personaggio principe e ambivalente, il solo che ha una grande età ma non è per niente fragile, reso a perfezione, e con orgoglio, nei suoi due aspetti precipui: la durezza e la magnificenza. Questa la location, e il pretesto narrativo: poi il romanzo è una storia di famiglia, un rapporto madre figlia. La madre, Lucia, che quel tragico evento che abbiamo detto lo ha vissuto, e la figlia Amanda che, tra un lockdown da covid e accidenti vari, ritorna alla casa natale abbandonando improvvisamente gli studi, e si rinchiude in se stessa, oltre che nella sua camera. In ambedue i casi è una storia di dolori, di cadute, di traumi, ma così è la vita, né più né meno, è quanto succede a tutti, a tanti, a molti, quello che differenzia gli uni dagli altri è il modo come reagisci al dolore, ti rialzi dalla caduta, ricomponi i traumi. Quello che non ti uccide, non è detto che necessariamente ti rafforzi: ma certamente ti insegna che, se vuoi vivere, sarai pure fragile per età o per altro, ma devi darti una mossa, in qualche modo, devi raccogliere almeno i cocci più grandi, e ricostruire un manufatto più o meno funzionante, almeno alla meno peggio. Qualcuno ci riesce, spesso più di uno, e talora davvero bene proprio quelli insospettabili, creduti meno capaci, che al momento utile sanno tirare fuori tutto quello che hanno, capacità volitive ignote finanche a se stessi, e bene o male ce la fanno. Perché è così che si fa, siamo tutti fragili, e forti a un tempo, se solo lo vogliamo. Il che significa che possiamo farcela tutti, a volerlo. Serve però…parlarne.
Ecco, è questo che non funziona. È un romanzo di silenzi, d'interruzione delle comunicazioni, quelle tra madre e figlia protagoniste, ma anche tra coppie, tra amici, tra le vittime di eventi tragici. Un libro che dice, non a parole, con i silenzi, troppi però. I vuoti silenzi non sono utili a indurci alla riflessione, resta un distacco tra libro e lettore, le emozioni ci sono, ma appena accennate, in superficie.
Così però non ti coinvolgono, non evolvi, resti fragile, a prescindere dall’età.
Libro compreso.

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Donatella Di Pietrantonio
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Commenti

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Bruno, è sempre interessante leggerti.
Le tematiche di tanti autori italiani attuali di successo non riescono a interessarmi. Mi pare non possiedano quel 'respiro internazionale' che vari scrittori stranieri contemporanei hanno.
In risposta ad un precedente commento
Bruno Izzo
05 Dicembre, 2024
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Concordo, Emilio, neanche un pò. Sempre più raramente mi capita di leggere qualcosa di super, conto buone letture, anche gradevoli, ma gioielli sempre meno. Oggi vanno di più i monili di cristallo anzichè l'oro puro. O tempora o mores. Un caro saluto!
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