Dettagli Recensione
Madre o non madre
«[…] Ho imparato che la speranza quando è troppa diventa certezza. Che non è verde e nemmeno gialla. La speranza è nera, perché ti distrugge.»
“Cose che non si raccontano” è un romanzo dalle tinte autobiografiche che arriva al lettore per la naturalezza e autenticità dei contenuti. Da ammirare anche il coraggio dell’autrice che si mette a nudo, e ci mette a nudo, su una tematica non semplice e non scontata che riguarda la difficoltà delle gravidanze passando dal desiderio della maternità e arrivando a quelle che sono le complicanze mediche ivi correlate.
Ed è proprio partendo da questo presupposto che arriva sin da subito la schiettezza dolorosa della penna di una persona che ha tanti dubbi, paure, quesiti. Ha anche un compagno, Andrea, tanti amici affezionati, ma pochi sono coloro a cui davvero può confidarsi e/o aprirsi. Tanti, ancora, i sensi di colpa, le speranze che accompagnano nel viaggio. Perché oggi come oggi è un po’ come se si fosse “incompiuti” senza una prole al seguito, ma è anche vero che la maternità non è una scelta di tutti e per tutti. Ed è ancora più vero quel senso di colpa che sopraggiunge per due aborti compiuti in una giovane età dove figli non erano possibili rispetto a una età adulta dove non sembrano proprio voler arrivare.
Un desiderio di maternità che viene osteggiato anche dalle circostanze lavorative, dal Covid e tante piccole cose che sembrano sommarsi per complicare ulteriormente il proposito.
«[…] Che ho una diga nella testa dove stanno nascoste tutte le cose che fanno davvero troppo male. Quelle cose, io non voglio dirle a nessuno. Io non voglio pensarle, quelle cose. Io voglio che non sono mai esistite. E se non le dico non esistono.»
Tra queste pagine tanto è rimandato al passato con la consapevolezza di un presente e di scelte prese e su cui si riflette a posteriori. Ci rivolge al passato in modo lento e talvolta discontinuo per poi tornare a sognare verso un futuro ancora ignoto. C’è un desiderio latente di condivisione, c’è un desiderio latente di espressione del proprio sogno e del proprio vissuto. Come un memoir, come un frammento da ricostruire e dove nulla è lasciato al caso o è per caso.
«Le persone non sanno mai quello che fai per loro. E tu non sai mai quello che fanno per te.»
“Cose che non si raccontano” di Antonella Lattanzi non è un libro per tutti. Tratta un tema presente ma spesso taciuto e lo fa impostando il testo come un lungo soliloquio condotto con se stessa. Se da un lato la scrittura è dolorosa e intima, dall’altro suscita un effetto respingente che fatica a trattenere. Alcuni caratteri sono maggiormente approfonditi rispetto ad altri che, al contrario, sono vissuti in modo più superficiale (volontariamente). Non di tutte le voci è presente una caratterizzazione specifica e questo può suscitare un senso di mancanza.
Una lettura che si pone e ci pone molte domande ma che non ha la pretesa di trovare anche le risposte a queste.
«La vita è quello che succede mentre combatti contro la paura? Oppure sono tutti gli attimi di gioia e inconsapevolezza che riesci a ricavarti per non farti prendere dalla paura?»