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La Strigossa
"Fu proprio allora che la bambina si guadagnó il nome di Fumana, che poi nella bassa vuol dire appunto nebbia".
Nell’ultimo libro di Paolo Malaguti la storia di Fumana nata “vestita”, e quindi secondo le credenze popolari dotata di un talento non comune che si manifesta nella capacità di “sapere segnare” certe malattie, si riesce a comprendere a pieno solamente legandola al territorio in cui vive. La provincia di Rovigo ed il basso Veneto, quella terra di confine “dove non sai dire con certezza cosa è terra, cosa mare e cosa fiume perché tutto è impastato e confuso”, abitata da agricoltori e pescatori di anguille che frequentano “Il Canal Bianco” e le golene. Un territorio immobile in cui “le nebbie levano ogni prospettiva, che non sai più dove vai”, nel quale lo spazio si mescola con il tempo e la storia di Provincia si trasforma progressivamente nella storia d’Italia di fine ‘800 e metà ‘900, quando le vicende nazionali come l'avvento del fascismo prima e la Seconda Guerra Mondiale dopo, permeano e condizionano le vicende personali. In questo humus si colloca la storia di formazione di Fumana, allevata dal nonno Petrolio, pescatore di anguille, poi cresciuta dalla Lena, la “Strigossa” della zona che la inizia ai segreti delle erbe e della Natura con l’intento di curare la gente. Fumana a sua volta ne prenderà il posto, ma sta proprio in questa dimensione che Malaguti riesce a mostrare ai nostri occhi di lettori del XXI° secolo, l’arretratezza di un mondo contadino in fin dei conti non così lontano, nel quale essere guaritrice, diventare una "Striga" significa anche essere considerata un’emarginata, una diversa, una donna temuta ed odiata al tempo stesso, ad esempio dalla suocera che non le perdonerà mai di avere addescato e sedotto il proprio figlio.
Partendo da questi elementi il romanzo acquisisce un valore aggiunto perché si manifesta come una storia di ribellione, di emancipazione femminile. Fumana non teme le etichette affibiatele, ed orgogliosamente si costruisce il proprio futuro, decide di dare speranza ad una bambina rimasta orfana, soffre ed a denti stretti continua a progredire in quanto comprende “di essere in grado di fare del bene, e di avere quindi un senso, un ruolo preciso in quella fetta di mondo nella quale era nata”. Il tutto viene altresì raccontato avvalendosi di uno stile ibrido, in quanto il Malaguti veneto riesce ad alternare il registro della lingua italiana agli idiomi dialettali e popolari, con l'effetto di rendere la narrazione più realistica e piacevole.