Dettagli Recensione
Bucolico
Tre studenti torinesi scoprono insieme le notti cittadine: passano le serate a bere, a parlare e rientrando all’alba. L’io narrante, di cui non sappiamo il nome, è uno dei tre , insieme a Pieretto e a Oreste; l’ultimo studia per diventare medico, gli altri due Legge.
In una delle loro notti goliardiche, incontrano Poli, un ragazzo più grande, ricco viziato e vizioso e ne rimangono sensibilmente affascinati. La sua vita oltre gli schemi, il suo pensiero profondo e filosofico che s’interroga spesso sul senso della vita, li seduce al punto di unirsi a lui nelle sue scorribande in città.
Poli ha una specie di fidanzata, Rosalba, anche lei sopra le righe, che nel corso di una lite violenta, spara a Poli e lo ferisce, mandandolo all’ospedale.
Con la scomparsa di Poli dalla scena cittadina il romanzo si sposta su un altro piano, le vacanze estive, che i tre decidono di passare insieme nella casa in campagna della famiglia di Oreste. Qui proseguono le loro avventure adolescenziali, fin quando scoprono che Poli sta trascorrendo la convalescenza nella sua proprietà sulla collina del Greppio, poco distante dalla casa di Oreste. Decidono così di fargli visita. Lì scoprono che Poli vive in una grande proprietà, ha una moglie, Gabriella e che Rosalba si è suicidata.
Poli vive un forte malessere psichico e fa uso di alcool e droghe, Gabriella gli sta accanto come può, e pensa che la compagnia degli amici non possa fargli che bene, così invita i tre studenti a passare un periodo con loro. In questo luogo vivranno tutti una serie di eventi che darà uno scossone alla vita di ognuno di loro, e che li farà crescere irrimediabilmente, perdendo quell’ingenuità, così pura, tipica della gioventù.
Il romanzo è un inno alla natura, tanto forti e dettagliate sono le descrizioni dei paesaggi, delle campagne, dei boschi, della terra coltivata dai contadini. Scorrendo le pagine si percepisce la fatica e il sudore di chi lavora la terra e la felicità per la raccolta del frutto del suo lavoro. “Allora parlammo di Davide e Cinto, dei vini, dell’uva nel secchio, di com’è bella la vita genuina”
In netto contrasto c’è la classe borghese, ricca, annoiata e immobile, arroccata nelle sue dimore sfarzose.
L’altro forte conflitto è quello tra i due mondi, maschile e femminile, l’uno dedito al lavoro,al pensiero e al cameratismo virile, l’altro destinato alla cura della casa e della famiglia.
E poi c’è l’io narrante, che osserva, riflette e critica, probabilmente Pavese stesso, che torna nei luoghi dell’infanzia illudendosi di ritrovare tutto al proprio posto per accorgersi invece che tutto è cambiato, e perciò diventa prepotente il suo senso di estraneità, il volersi ritrovare spesso solo e lontano da tutti, come se la solitudine fosse la sua vera dimensione.
D’altronde “vivere è facile quando si sa liberarsi dalle illusioni”.
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Commenti
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Un saluto
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Anche a me è piaciuto questo breve romanzo ; mi è sembrato di trovarvi il Pavese più autentico.